Conferenza
Episcopale Italiana
EDUCARE ALLA
VITA BUONA DEL VANGELO
Orientamenti
pastorali dell'Episcopato Italiano
per il decennio
2010-2020
PRESENTAZIONE
Gli
Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 intendono offrire alcune
linee di fondo per una crescita concorde delle Chiese in Italia nell’arte
delicata e sublime dell’educazione.
In essa
noi Vescovi riconosciamo una sfida culturale e un segno dei tempi, ma prima
ancora una dimensione costitutiva e permanente della nostra missione di rendere
Dio presente in questo mondo e di far sì che ogni uomo possa incontrarlo,
scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità, in una vita
nuova caratterizzata da tutto ciò che è bello, buono e vero. È questo un tema a
cui più volte ci ha richiamato Papa Benedetto XVI, il cui magistero costituisce
il riferimento sicuro per il nostro cammino ecclesiale e una fonte di
ispirazione per la nostra proposta pastorale.
La scelta
di dedicare un’attenzione specifica al campo educativo affonda le radici nel IV
Convegno ecclesiale nazionale, celebrato a Verona nell’ottobre 2006, con il suo
messaggio di speranza fondato sul “sì” di Dio all’uomo attraverso suo Figlio,
morto e risorto perché noi avessimo la vita. Educare alla vita buona del
Vangelo significa, infatti, in primo luogo farci discepoli del Signore Gesù,
il Maestro che non cessa di educare a una umanità nuova e piena. Egli parla
sempre all’intelligenza e scalda il cuore di coloro che si aprono a lui e
accolgono la compagnia dei fratelli per fare esperienza della bellezza del
Vangelo. La Chiesa continua nel tempo la sua opera: la sua storia bimillenaria è
un intreccio fecondo di evangelizzazione e di educazione. Annunciare Cristo,
vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità e quindi seminare
cultura e civiltà. Non c’è nulla, nella nostra azione, che non abbia una
significativa valenza educativa.
La scelta
dell’Episcopato italiano per questo decennio è segno di una premura che nasce
dalla paternità spirituale di cui siamo rivestiti per grazia e che condividiamo
in primo luogo con i sacerdoti. Siamo ben consapevoli, inoltre, delle energie
profuse con tanta generosità nel campo dell’educazione da consacrati e laici,
che testimoniano la passione educativa di Dio in ogni campo dell’esistenza
umana. A ciascuno consegniamo con fiducia questi orientamenti, con l’auspicio
che le nostre comunità, parte viva del tessuto sociale del Paese, divengano
sempre più luoghi fecondi di educazione integrale.
Maria,
che accompagnò la crescita di Gesù in sapienza, età e grazia, ci aiuti a
testimoniare la vicinanza amorosa della Chiesa a ogni persona, grazie al
Vangelo, fermento di crescita e seme di felicità vera.
Roma, 4
ottobre 2010
Festa di
San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia
Angelo Card. Bagnasco
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
INTRODUZIONE
Alla
scuola di Cristo, maestro e pedagogo
1.
Nel corso dei secoli Dio ha educato il suo popolo,
trasformando l’avvicendarsi delle stagioni dell’uomo in una storia di salvezza:
«Egli lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo
circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio. Come un’aquila
che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo
prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore, lui solo lo ha guidato, non c’era
con lui alcun dio straniero» (Dt 32,10-12). Di questa storia noi ci
sentiamo partecipi.
La guida
di Dio, in tutta la sua forza e tenerezza, si è fatta pienamente e
definitivamente visibile in Gesù di Nazaret. Clemente Alessandrino, un autore
del II secolo, gli attribuì il titolo di “pedagogo”: è Lui il maestro e il
redentore dell’umanità, il pastore le cui orme guidano al cielo.
Clemente
individua nella Chiesa, sposa e madre del maestro, la “scuola” dove Gesù
insegna, e conclude con questa esortazione: «O allievi della divina pedagogia!
Orsù, completiamo la bellezza del volto della Chiesa e corriamo, noi piccoli,
verso la Madre buona; diventando ascoltatori del Logos, glorifichiamo il divino
piano provvidenziale, grazie al quale l’uomo viene sia educato dalla pedagogia
divina che santificato in quanto bambino di Dio: è cittadino dei cieli, mentre
viene educato sulla terra; riceve lassù per Padre colui che in terra impara a
conoscere»1.
Mentre
risuonano in noi le parole del Vangelo – «uno solo è il vostro Maestro e voi
siete tutti fratelli» (Mt 23,8) – vorremmo poter dire con Sant’Agostino:
«Parliamo a voi come a
condiscepoli alla stessa scuola del Signore… Sotto questo Maestro, la cui
cattedra è il cielo – è per mezzo delle sue Scritture che dobbiamo essere
formati – fate dunque attenzione a quelle poche cose che vi dirò»2.
All’educazione, dunque, intendiamo dedicare questo decennio.
Un
rinnovato impegno ecclesiale
2.
Da sempre la Chiesa riserva peculiare attenzione
all’educazione. La nostra scelta intende, in particolare, riproporre e
approfondire l’insegnamento del Concilio Vaticano II: «La santa madre Chiesa,
nell’adempimento del mandato ricevuto dal suo divin Fondatore, che è quello di
annunziare il mistero della salvezza a tutti gli uomini e di edificare tutto in
Cristo, ha il dovere di occuparsi dell’intera vita dell’uomo, anche di quella
terrena, in quanto connessa con la vocazione soprannaturale; essa perciò ha un
suo compito specifico in ordine al progresso e allo sviluppo dell’educazione»3.
Molti
passi del recente cammino della Chiesa in Italia hanno trovato convergenza sul
tema educativo. Il decennio appena concluso è stato illuminato dall’esperienza
spirituale del Grande Giubileo
del 2000, che incoraggiava a “prendere il
largo”, come fecero un giorno gli Apostoli, rispondendo all’invito del Signore
(cfr Lc 5,4). La coincidenza del Giubileo con l’inizio del nuovo
millennio ha aiutato a collocare con ancora maggiore chiarezza il mistero di
Cristo nel grande orizzonte della storia della salvezza. Il cristianesimo,
infatti, è religione calata nella storia. Lo scriveva Giovanni Paolo II,
spiegando che l’incarnazione del Figlio nel grembo di Maria, culminata nella
Pasqua e nel dono dello Spirito, «costituisce il cuore pulsante del tempo, l’ora
misteriosa in cui il Regno di Dio si è fatto vicino (cfr Mc 1,15), anzi
ha messo radici, come seme destinato a diventare un grande albero (cfr Mc
4,30-32), nella nostra storia»4.
Frutto di
questa consapevolezza sono stati gli Orientamenti pastorali pubblicati nel 2001,
Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia5.
A essi seguì nel 2004 la Nota pastorale Il
volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia6,
dove l’attenzione si rivolgeva in modo speciale a queste comunità, perché in
esse trova concretezza la vocazione della Chiesa a essere segno della fecondità
del Vangelo nel territorio.
Al centro
del decennio, si è situato il IV Convegno ecclesiale nazionale, tenuto a Verona
nell’ottobre 2006. In esso si è manifestato il volto di «un popolo in cammino
nella storia, posto a servizio della speranza dell’umanità intera, con la
multiforme vivacità di una comunità ecclesiale animata da una sempre più robusta
coscienza missionaria»7.
A Verona siamo stati sostenuti dalla parola di Benedetto XVI, il quale ci ha
riproposto il grande sì che in Gesù Cristo «Dio ha detto all’uomo e alla
sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza»8.
3.
Alla luce di questa esperienza, sono state focalizzate alcune
scelte di fondo: il primato di Dio nella vita e nell’azione delle nostre
Chiese, la testimonianza quale forma dell’esistenza cristiana e l’impegno in una
pastorale che, convergendo sull’unità della persona, sia in grado di «rinnovarsi
nel segno della speranza integrale, dell’attenzione alla vita, dell’unità tra le
diverse vocazioni, le molteplici soggettività ecclesiali, le dimensioni
fondamentali dell’esperienza cristiana»9.
Al tempo stesso ha incontrato un consenso crescente l’opzione di declinare la
testimonianza nel mondo secondo gli ambiti fondamentali dell’esistenza umana,
cercando nelle esperienze quotidiane l’alfabeto per comporre le parole con le
quali ripresentare al mondo l’amore infinito di Dio10.
In tal
modo si è fatta strada la consapevolezza che è proprio l’educazione la sfida che
ci attende nei prossimi anni: «ci è chiesto un investimento educativo capace di
rinnovare gli itinerari formativi, per renderli più adatti al tempo presente e
significativi per la vita delle persone, con una nuova attenzione per gli
adulti»11.
Il Santo
Padre ci incoraggia in questa direzione, mettendo in evidenza l’urgenza di
dedicarsi alla formazione delle nuove generazioni. Egli riconosce che l’educare,
se mai è stato facile, oggi assume caratteristiche più ardue; siamo di fronte a
«una grande ‘emergenza educativa’, confermata dagli insuccessi a cui troppo
spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di
collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita»12.
4.
Queste ragioni ci inducono a impegnarci nel decennio
pastorale 2010-2020 in un’approfondita verifica dell’azione educativa della
Chiesa in Italia, così da promuovere con rinnovato slancio questo servizio al
bene della società. In piena docilità allo Spirito, vogliamo operare con
disponibilità all’ascolto e al dialogo, mettendo a disposizione di tutti la
buona notizia dell’amore paterno di Dio per ogni uomo.
In
qualità di pastori, posti a servizio delle comunità che ci sono affidate,
proponiamo le nostre riflessioni sull’educazione a partire dall’incontro con
Gesù Cristo e il suo Vangelo, del quale quotidianamente sperimentiamo la forza
sanante e liberante.
A noi sta
a cuore la proposta esplicita e integrale della fede, posta al centro della
missione che la Chiesa ha ricevuto dal Signore. Questa fede vogliamo annunciare,
senza alcuna imposizione, testimoniando con gioia la bellezza del dono ricevuto,
consapevoli che porta frutto solo quando è accolto nella libertà.
Il
Vangelo fa emergere in ognuno le domande più urgenti e profonde, permette di
comprenderne l’importanza, di dare un ordine ai problemi e di collocarli
nell’orizzonte della vita
sociale.
Una
speranza affidabile, anima dell’educazione
5.
Tra i compiti affidati dal Maestro alla Chiesa c’è la cura
del bene delle persone, nella prospettiva di un umanesimo integrale e
trascendente13.
Ciò comporta la specifica responsabilità di educare al gusto dell’autentica
bellezza della vita, sia nell’orizzonte proprio della fede, che matura nel dono
pasquale della vita nuova, sia come prospettiva pedagogica e culturale, aperta
alle donne e agli uomini di qualsiasi religione e cultura, ai non credenti, agli
agnostici e a quanti cercano Dio.
Chi educa
è sollecito verso una persona concreta, se ne fa carico con amore e premura
costante, perché sboccino, nella libertà, tutte le sue potenzialità. Educare
comporta la preoccupazione che siano formate in ciascuno l’intelligenza, la
volontà e la capacità di amare, perché ogni individuo abbia il coraggio di
decisioni definitive14.
Riecheggia in queste parole l’insegnamento del Concilio Vaticano II: «Ogni uomo
ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana integrale, in cui
eccellono i valori della intelligenza, della volontà, della coscienza e della
fraternità, che sono fondati tutti in Dio Creatore e sono stati mirabilmente
sanati ed elevati in Cristo»15.
Non
ignoriamo, certo, le difficoltà che l’educazione si trova oggi a fronteggiare.
Fra queste, spicca lo scetticismo riguardo la sua stessa possibilità, sicché i
progetti educativi diventano programmi a breve termine, mentre una corrente
fredda scuote gli spazi classici della famiglia e della scuola. Noi stessi ne
siamo turbati e sentiamo l’esigenza impellente di ribadire il valore
dell’educazione proprio a partire da questi suoi luoghi fondamentali.
Come
pastori della Chiesa il nostro pensiero va pure a tutte le altre resistenze,
provocate dal peccato che distoglie e indebolisce la volontà dell’uomo e lo
induce ad azioni malvagie16.
Cogliamo in tutta la loro gravità le parole del Papa, quando avverte che «oggi
la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di ridiventare anche
noi, come gli antichi pagani, uomini ‘senza speranza e senza Dio in questo mondo
’, come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso (Ef 2,12).
Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera
educativa: alla radice della crisi dell’educazione c’è infatti una crisi di
fiducia nella vita»17.
«Anima
dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile»18.
La sua sorgente è Cristo risuscitato da morte. Dalla fede in lui nasce una
grande speranza per l’uomo, per la sua vita, per la sua capacità di amare. In
questo noi individuiamo il contributo specifico che dalla visione cristiana
giunge all’educazione, perché «dall’essere ‘di’ Gesù deriva il profilo di un
cristiano capace di offrire speranza, teso a dare un di più di umanità alla
storia e pronto a mettere con umiltà se stesso e i propri progetti sotto il
giudizio di una verità e di una promessa che supera ogni attesa umana»19.
Mentre,
dunque, avvertiamo le difficoltà nel processo di trasmissione dei valori alle
giovani generazioni e di formazione permanente degli adulti, conserviamo la
speranza, sapendo di essere chiamati a sostenere un compito arduo ed
entusiasmante: riconoscere nei segni dei tempi le tracce dell’azione dello
Spirito, che apre orizzonti impensati, suggerisce e mette a disposizione
strumenti nuovi per rilanciare con coraggio il servizio educativo.
6.
Ci rivolgiamo anzitutto alle nostre comunità, cui intendiamo
offrire le linee pastorali che emergono dalla scelta dell’educazione come
attenzione portante di questo decennio e che si intrecciano con tutto l’agire
della Chiesa. Confidiamo in tal modo di offrire una proposta significativa per
ogni persona a cui sta a cuore il futuro dell’umanità e delle nuove generazioni.
A partire
dalle linee guida contenute in questo documento, negli anni a venire saranno
indicati ulteriori approfondimenti e sviluppi su aspetti specifici, connessi con
il tema dell’educazione. Fin da ora chiediamo alle comunità cristiane di
procedere alla verifica degli itinerari formativi esistenti e al consolidamento
delle buone pratiche educative in atto.
Invitiamo
specialmente i presbiteri e quanti condividono con loro il servizio e la
responsabilità educativa ad accogliere con cuore aperto questi orientamenti:
essi non intendono aggiungere cosa a cosa, ma stimolano a esplicitare le
potenzialità educative già presenti, aprendosi con coraggio alla fantasia dello
Spirito e al soffio della missione. Solo un’educazione che aiuti a penetrare il
senso della realtà, valorizzandone tutte le dimensioni, consente di immettervi
germi di risurrezione capaci di rendere buona la vita, di superare il
ripiegamento su di sé, la frammentazione e il vuoto di senso che affliggono la
nostra società.
Con
umiltà e con vivo senso dei nostri limiti, ma pure con evangelica parresía
e confidenza nel tesoro che il Signore ha posto nelle nostre mani, ci
esortiamo a vicenda a metterci a servizio del Vangelo per l’educazione integrale
di quanti vorranno accogliere il dono che abbiamo ricevuto e che offriamo a
tutti.
Capitolo 1 – Educare in
un mondo che cambia
È tempo
di discernimento
7.
L’opera educativa della Chiesa è strettamente legata al
momento e al contesto in cui essa si trova a
vivere, alle dinamiche culturali di cui è parte e che vuole contribuire a
orientare. Il “mondo che
cambia” è ben più di uno scenario in cui la comunità cristiana si muove: con le
sue urgenze e le sue
opportunità, provoca la fede e la responsabilità dei credenti. È il Signore che,
domandandoci di
valutare
il tempo, ci chiede di interpretare ciò che avviene in
profondità nel mondo d’oggi, di cogliere
le domande e i desideri dell’uomo: «Quando vedete una nuvola salire da ponente,
subito dite:
‘Arriva la pioggia’, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: ‘Farà
caldo’, e così accade.
Ipocriti!
Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non
sapete
valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?» (Lc
12,54-57). «Bisogna,
infatti, conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue
aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico», ci ha ricordato il Concilio
Vaticano II, indicando pure il
metodo: «Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di
scrutare i segni dei tempi
e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna
generazione, possa
rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e
futura e sulle loro
relazioni reciproche»20.
Tutto il popolo di Dio, dunque, con l’aiuto dello Spirito, ha il compito di
esaminare ogni cosa e di tenere ciò che è buono (cfr 1Ts 5,21),
riconoscendo i segni e i tempi
dell’azione creatrice dello Spirito. Compiendo tale discernimento, la Chiesa si
pone accanto a ogni uomo,
condividendone gioie e speranze, tristezze e angosce e diventando così solidale
con la storia del
genere umano.
Mentre
sperimentiamo le difficoltà in cui si dibatte l’opera educativa in una società
spesso incapace
di assicurare riferimenti affidabili, nutriamo una grande fiducia, sapendo che
il tempo
dell’educazione non è finito. Perciò vogliamo metterci alla ricerca di risposte
adeguate e non ci
scoraggiamo, sapendo di poter contare su una “riserva escatologica” alla quale
quotidianamente
attingere: la speranza che non delude (cfr Rm 5,5).
Così
sostenuti, vogliamo prendere coscienza, insieme a tutti gli educatori, di alcuni
aspetti
problematici della cultura contemporanea – come la tendenza a ridurre il bene
all’utile, la verità a
razionalità empirica, la bellezza a godimento effimero – cercando di riconoscere
anche le domande
inespresse e le potenzialità nascoste, e di far leva sulle risorse offerte dalla
cultura stessa.
8.
Un segno dei tempi è senza dubbio costituito dall’accresciuta
sensibilità per la libertà in tutti gli
ambiti dell’esistenza: il desiderio di libertà rappresenta un terreno d’incontro
tra l’anelito dell’uomo
e il messaggio cristiano. Nell’educazione, la libertà è il presupposto
indispensabile per la crescita
della persona. Essa, infatti, non è un semplice punto di partenza, ma un
processo continuo verso il
fine ultimo dell’uomo, cioè la sua pienezza nella verità dell’amore. «L’uomo può
volgersi al bene
soltanto nella libertà. I nostri contemporanei stimano grandemente e perseguono
con ardore tale
libertà, e a ragione… La dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo
scelte consapevoli e libere…
L’uomo perviene a tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù di
passioni, tende al suo fine
mediante la scelta libera del bene»21.
Questa ricerca diffusa di libertà e di amore rimanda a valori a
partire dai quali è possibile proporre un percorso educativo, capace di offrire
un’esperienza integrale
della fede e della vita cristiana.
Un’autentica educazione deve essere in grado di parlare al bisogno di
significato e di felicità delle
persone. Il messaggio cristiano pone l’accento sulla forza e sulla pienezza di
gioia (cfr Gv 17,13)
donate dalla fede, che sono infinitamente più grandi di ogni desiderio e attesa
umani. Il compito
dell’educatore cristiano è diffondere la buona notizia che il Vangelo può
trasformare il cuore
dell’uomo, restituendogli ragioni di vita e di speranza. Siamo nel mondo con la
consapevolezza di essere portatori di una visione della persona che, esaltandone
la verità, la bontà e la
bellezza, è davvero alternativa al sentire comune.
Nei nodi
della cultura contemporanea
9.
Considerando le trasformazioni avvenute nella società, alcuni
aspetti, rilevanti dal punto di vista
antropologico, influiscono in modo particolare sul processo educativo: l’eclissi
del senso di Dio e
l’offuscarsi della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione
dell’identità personale in un contesto
plurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le generazioni, la
separazione tra
intelligenza e affettività. Si tratta di nodi critici che vanno compresi e
affrontati senza paura,
accettando la sfida di trasformarli in altrettante opportunità educative.
Le
persone fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all’esistenza. Ne sono
sintomi il
disorientamento, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo, il desiderio
insaziabile di possesso e di
consumo, la ricerca del sesso slegato dall’affettività e dall’impegno di vita,
l’ansia e la paura,
l’incapacità di sperare, il diffondersi dell’infelicità e della depressione. Ciò
si riflette anche nello
smarrimento del significato autentico dell’educare e della sua insopprimibile
necessità. Il mito dell’uomo
“che si fa da sé” finisce con il separare la persona dalle proprie radici e
dagli altri,
rendendola alla fine poco amante anche di se stessa e della vita.
Le cause
di questo disagio sono molteplici – culturali, sociali ed economiche – ma al
fondo di tutto
si può scorgere la negazione della vocazione trascendente dell’uomo e di quella
relazione fondante
che dà senso a tutte le altre: «Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce
nemmeno a
comprendere chi egli sia»22.
Siamo
così condotti alle radici dell’“emergenza educativa”, il cui punto cruciale sta
nel
superamento di quella falsa idea di autonomia che induce l’uomo a concepirsi
come un “io” completo
in se stesso, laddove, invece, egli diventa “io” nella relazione con il “tu” e
con il “noi”.
Tale
distorsione è stata magistralmente illustrata dal Santo Padre: «Una radice
essenziale consiste – mi sembra
– in un falso concetto di autonomia dell’uomo: l’uomo dovrebbe svilupparsi solo
da se stesso,
senza imposizioni da parte di altri, i quali potrebbero assistere il suo
autosviluppo, ma non entrare
in questo sviluppo. In realtà, è essenziale per la persona umana il fatto che
diventa se stessa solo
dall’altro, l’‘io’ diventa se stesso solo dal ‘tu’ e dal ‘noi’, è creato per il
dialogo, per la comunione
sincronica e diacronica. E solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre
l’‘io’ a se stesso.
Perciò la
cosiddetta educazione antiautoritaria non è educazione, ma rinuncia
all’educazione: così non viene
dato quanto noi siamo debitori di dare agli altri, cioè questo ‘tu’ e ‘noi’ nel
quale si apre l’‘io’ a
se stesso»23.
10.
Oggi la formazione dell’identità personale
avviene in un contesto plurale, caratterizzato da diversi
soggetti di riferimento: non solo la famiglia, la scuola, il lavoro, la comunità
ecclesiale, ma anche
ambienti meno definiti e tuttavia influenti, quali la comunicazione multimediale
e le occasioni
del tempo libero.
La
molteplicità dei riferimenti valoriali, la globalizzazione delle proposte e
degli stili di vita, la
mobilità dei popoli, gli scenari resi possibili dallo sviluppo tecnologico
costituiscono elementi nuovi e
rilevanti, che segnano il venir meno di un modo quasi automatico di prospettare
modelli di identità
e inaugurano dinamiche inedite. La cultura globale, mentre sembra annullare le
distanze, finisce
con il polarizzare le differenze, producendo nuove solitudini e nuove forme di
esclusione sociale.
Anche i
rapporti con culture ed esperienze religiose diverse, resi più intensi
dall’aumento dei flussi
migratori e dalla facilità delle comunicazioni, possono costituire una risorsa
feconda, da
valorizzare senza indulgere a irenismi e semplificazioni o cedere a eccessivi
timori e diffidenze.
Queste
condizioni, in cui si colloca oggi il percorso formativo, se comportano maggiore fatica e
rischi inediti rispetto al passato, accrescono lo spazio di libertà della
persona nelle proprie decisioni
e fanno appello alla sua responsabilità. Ciò è di fondamentale importanza anche
per la scelta
religiosa, perché al centro della relazione dell’uomo con Dio c’è la libertà.
In una
società caratterizzata dalla molteplicità di messaggi e dalla grande offerta di
beni di consumo,
il compito più urgente diventa, dunque, educare a scelte responsabili. Per
questo, sin dai primi
anni di vita, l’educazione non può pensare di essere neutrale, illudendosi di
non condizionare la
libertà del soggetto. Il proprio comportamento e stile di vita – lo si voglia o
meno – rappresentano di fatto
una proposta di valori o disvalori. È ingiusto non trasmettere agli altri ciò
che costituisce il senso
profondo della propria esistenza. Un simile travisamento restringerebbe
l’educazione nei confini
angusti del sentire individuale e distruggerebbe ogni possibile profilo
pedagogico.
Di fronte
agli educatori cristiani, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, si
presenta, pertanto,
la sfida di contrastare l’assimilazione passiva di modelli ampiamente divulgati
e di superarne
l’inconsistenza, promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico della
ragione.
11.
In tale contesto è importante individuare un’altra
radice dell’emergenza educativa nello
scetticismo e nel relativismo, che Benedetto XVI interpreta come esclusione
delle «due fonti che orientano
il cammino umano», cioè la natura e la Rivelazione: «La natura viene considerata
oggi come una
cosa puramente meccanica, quindi che non contiene in sé alcun imperativo morale,
alcun
orientamento valoriale: è una cosa puramente meccanica, e quindi non viene alcun
orientamento
dall’essere stesso. La Rivelazione viene considerata o come un momento dello
sviluppo storico, quindi
relativo come tutto lo sviluppo storico e culturale, o – si dice – forse c’è
rivelazione, ma non comprende
contenuti, solo motivazioni. E se tacciono queste due fonti, la natura e la
Rivelazione, anche la
terza fonte, la storia, non parla più, perché anche la storia diventa solo un
agglomerato di decisioni
culturali, occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e per il
futuro»24.
Per
questo, prosegue il Santo Padre, «fondamentale è quindi ritrovare un concetto
vero della natura
come creazione di Dio che parla a noi; il Creatore, tramite il libro della
creazione, parla a noi e ci
mostra i valori veri. E poi così anche ritrovare la Rivelazione: riconoscere che
il libro della
creazione, nel quale Dio ci dà gli orientamenti fondamentali, è decifrato nella
Rivelazione, è applicato
e fatto proprio nella storia culturale e religiosa, non senza errori, ma in una
maniera
sostanzialmente valida, sempre di nuovo da sviluppare e da purificare. Così, in
questo ‘concerto’ – per così
dire – tra creazione decifrata nella Rivelazione, concretizzata nella storia
culturale che sempre va
avanti e nella quale noi ritroviamo sempre più il linguaggio di Dio, si aprono
anche le
indicazioni per un’educazione che non è imposizione, ma realmente apertura
dell’‘io’ al ‘tu’, al ‘noi’ e
al ‘Tu’ di Dio»25.
12.
L’educazione è strutturalmente legata ai rapporti
tra le generazioni, anzitutto all’interno della
famiglia, quindi nelle relazioni sociali. Molte delle difficoltà sperimentate
oggi nell’ambito educativo
sono riconducibili al fatto che le diverse generazioni vivono spesso in mondi
separati ed estranei.
Il dialogo richiede invece una significativa presenza reciproca e la
disponibilità di tempo.
All’impoverimento e alla frammentazione delle relazioni, si aggiunge il modo con
cui avviene
la trasmissione da una generazione all’altra. I giovani si trovano spesso a
confronto con figure
adulte demotivate e poco autorevoli, incapaci di testimoniare ragioni di vita
che suscitino amore e
dedizione. A soffrirne di più è la famiglia, primo luogo dell’educazione,
lasciata sola a
fronteggiare compiti enormi nella formazione della persona, senza un contesto
favorevole e adeguati
sostegni culturali, sociali ed economici. Lo sforzo grava soprattutto sulle
donne, alle quali la cura
della vita è affidata in modo del tutto speciale. La famiglia, tuttavia, resta
la comunità in cui si
colloca la radice più intima e più potente della generazione alla vita, alla
fede e all’amore.
13.
La formazione integrale è resa particolarmente
difficile dalla
separazione
tra le dimensioni
costitutive della persona,
in special modo la razionalità e l’affettività, la corporeità e la spiritualità. La
mentalità odierna, segnata dalla dissociazione fra il mondo della conoscenza e
quello delle emozioni,
tende a relegare gli affetti e le relazioni in un orizzonte privo di riferimenti
significativi e dominato
dall’impulso momentaneo. Si avverte, amplificato dai processi della
comunicazione, il peso
eccessivo dato alla dimensione emozionale, la sollecitazione continua dei sensi,
il prevalere
dell’eccitazione sull’esigenza della riflessione e della comprensione.
Questa
separazione tra le dimensioni della persona ha inevitabili ripercussioni anche
sui modelli
educativi, per cui educare equivale a fornire informazioni funzionali, abilità
tecniche,
competenze professionali. Non raramente, si arriva a ridurre l’educazione a un
processo di
socializzazione che induce a conformarsi agli stereotipi culturali dominanti26.
Il
modello della spontaneità porta ad assolutizzare emozioni e pulsioni: tutto ciò
che “piace” e si può
ottenere diventa buono. Chi educa rinuncia così a trasmettere valori e a
promuovere
l’apprendimento delle virtù; ogni proposta direttiva viene considerata
autoritaria.
Già Paolo
VI, indicando alcune linee fondamentali di quella che egli chiamava «l’arte sovrana
di educare», osservava: «Se l’educatore fermasse la sua fatica soltanto ad un
paziente,
meticoloso, e, se volete, scientifico rilievo dell’ambiente, in cui oggi il
ragazzo svolge la sua vita, fa la sua
esperienza e plasma la sua personalità, non farebbe opera completa...
L’educatore non è un
osservatore passivo dei fenomeni della vita giovanile; deve essere un amico, un
maestro, un
allenatore, un medico, un padre, a cui non tanto interessa notare il
comportamento del suo pupillo in
determinate circostanze, quanto preservarlo da inutili offese e allenarlo a
capire, a volere, a godere, a
sublimare la sua esperienza»27.
Benedetto XVI, a sua volta, spiega che l’educazione non può
risolversi in una didattica, in un insieme di tecniche e nemmeno nella
trasmissione di principi; il suo scopo è,
piuttosto, quello di «formare le nuove generazioni, perché sappiano entrare in
rapporto con il mondo,
forti di una memoria significativa che non è solo occasionale, ma accresciuta
dal
linguaggio di Dio che troviamo nella natura e nella Rivelazione, di un
patrimonio interiore
condiviso, della vera sapienza che, mentre riconosce il fine trascendente della
vita, orienta il pensiero,
gli affetti e il giudizio»28.
Una vera
relazione educativa richiede l’armonia e la reciproca fecondazione tra sfera razionale
e mondo affettivo, intelligenza e sensibilità, mente, cuore e spirito. La
persona viene così orientata
verso il senso globale di se stessa e della realtà, nonché verso l’esperienza
liberante della continua
ricerca della verità, dell’adesione al bene e della contemplazione della
bellezza.
Dall’accoglienza all’integrazione
14.
In questo tempo di grande mobilità dei popoli, la
Chiesa è sollecitata a promuovere
l’incontro e l’accoglienza tra gli uomini: «i vari popoli costituiscono infatti
una sola comunità. Essi hanno una
sola origine»29.
In tale
prospettiva, la nostra attenzione si rivolge in modo particolare al fenomeno
delle
migrazioni di persone e famiglie, provenienti da culture e religioni diverse.
Esso fa emergere
opportunità e problemi di integrazione, nella scuola come nel mondo del lavoro e
nella società. Per la Chiesa
e per il Paese si tratta senza dubbio di una delle più grandi sfide educative.
Come
sottolinea Benedetto XVI, «l’avvenire delle nostre società poggia sull’incontro
tra i popoli,
sul dialogo tra le culture nel rispetto delle identità e delle legittime
differenze»30.
I diritti
fondamentali della persona devono costituire il punto focale dell’impegno di
corresponsabilità delle
istituzioni pubbliche nazionali e internazionali, che riusciranno a offrire
prospettive di convivenza tra i
popoli solo «tramite linee oculate e concertate per l’accoglienza e
l’integrazione, consentendo occasioni
di ingresso nella legalità, favorendo il giusto diritto al ricongiungimento
familiare, all'asilo
e al rifugio, compensando le necessarie misure restrittive e contrastando il
deprecabile traffico
di persone»31.
All’accoglienza deve seguire la capacità di gestire la compresenza di culture,
credenze ed
espressioni religiose diverse. Purtroppo si registrano forme di intolleranza e
di conflitto, che talora sfociano
anche in manifestazioni violente. L’opera educativa deve tener conto di questa
situazione e aiutare a
superare paure, pregiudizi e diffidenze, promuovendo la mutua conoscenza, il
dialogo e la
collaborazione. Particolare attenzione va riservata al numero crescente di
minori, nati in Italia, figli di
stranieri.
L’acquisizione di uno spirito critico e l’apertura al dialogo, accompagnati da
una maggiore
consapevolezza e testimonianza della propria identità storica, culturale e
religiosa, contribuiscono a far
crescere personalità solide, allo stesso tempo disponibili all’accoglienza e
capaci di favorire processi
di integrazione.
La
comunità cristiana educa a riconoscere in ogni straniero una persona dotata di
dignità
inviolabile, portatrice di una propria spiritualità e di un’umanità fatta di
sogni, speranze e progetti. Molti di
coloro che giungono da lontano sono fratelli nella stessa fede: come tali la
Chiesa li accoglie,
condividendo con loro anche l’annuncio e la testimonianza del Vangelo.
L’approccio educativo al fenomeno dell’immigrazione può essere la chiave che
spalanca la porta a
un futuro ricco di risorse e spiritualmente fecondo.
Per la
crescita integrale della persona
15.
In questo quadro si inserisce a pieno titolo la
proposta educativa della comunità cristiana, il cui
obiettivo fondamentale è promuovere lo sviluppo della persona nella sua
totalità, in quanto soggetto
in relazione, secondo la grandezza della vocazione dell’uomo e la presenza in
lui di un germe
divino. «La vera formazione consiste nello sviluppo armonioso di tutte le
capacità dell’uomo e della
sua vocazione personale, in accordo ai principi fondamentali del Vangelo e in
considerazione del suo fine ultimo, nonché del bene della collettività umana di
cui l’uomo è membro e
nella quale è chiamato a dare il suo apporto con cristiana responsabilità»32.
Così la
persona
diventa capace di cooperare al bene comune e di vivere quella fraternità
universale che
corrisponde alla sua vocazione33.
Per tali
ragioni la Chiesa non smette di credere nella persona umana: «il primo
contributo che
possiamo offrire è quello di testimoniare la nostra fiducia nella vita e
nell’uomo, nella sua ragione e
nella sua capacità di amare. Essa non è frutto di un ingenuo ottimismo, ma ci
proviene da quella
‘speranza affidabile’ (Spe salvi, 1) che ci è donata mediante la fede
nella redenzione operata da Gesù
Cristo»34.
Impegnandosi nell’educazione, la Chiesa si pone in fecondo rapporto con la
cultura e le scienze,
suscitando responsabilità e passione e valorizzando tutto ciò che incontra di
buono e di vero. La
fede, infatti, è radice di pienezza umana, amica della libertà,
dell’intelligenza e dell’amore.
Caratterizzata dalla fiducia nella ragione, l’educazione cristiana contribuisce
alla crescita del corpo sociale e
si offre come patrimonio per tutti, finalizzato al perseguimento del bene
comune.
Le virtù
umane e quelle cristiane, infatti, non appartengono ad ambiti separati. Gli
atteggiamenti virtuosi della vita crescono insieme, contribuiscono a far
maturare la persona e a
svilupparne la libertà, determinano la sua capacità di abitare la terra, di
lavorare, gioire e amare, ne
assecondano l’anelito a raggiungere la somiglianza con il sommo bene, che è Dio
Amore.
Capitolo 2 – Gesù, il
Maestro
16.
Di fronte ai nodi che oggi
caratterizzano la sfida educativa, ci mettiamo ancora una volta alla scuola di
Gesù. Lo facciamo con grande fiducia, sapendo che egli è il «Maestro buono» (Mc
10,17), che ha
parlato e ha agito, mostrando nella vita il suo insegnamento. Nel gesto della
lavanda dei piedi dei
suoi discepoli, nell’ora in cui li amò sino alla fine, egli si presenta ancora
come colui che ci educa
con la sua stessa vita (cfr Gv 13,14).
Gesù è
per noi non “un” maestro, ma “il” Maestro. La sua autorità, grazie alla presenza dinamica
dello Spirito, raggiunge il cuore e ci forma interiormente, aiutandoci a
gestire, nei modi e nelle
forme più idonee, anche i problemi educativi.
«Si mise
a insegnare loro molte cose»
17.
«Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe
compassione di loro, perché erano
come pecore
che non hanno pastore, e si
mise ad insegnare loro molte cose… E ordinò loro di farli sedere tutti, a
gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i
cinque pani e i due
pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava
ai suoi discepoli perché li
distribuissero a loro» (Mc 6,34.39-41). Questa pagina del Vangelo secondo
Marco è un testo
ricco di risonanze anticotestamentarie35:
ci mostra Gesù nell’atteggiamento del pastore che raccoglie
le sue pecore e se ne prende cura mediante l’insegnamento e, con una prodigiosa
frazione del pane,
sfama cinquemila persone.
La folla
segue Gesù mossa dalla speranza di ricevere qualcosa di decisivo. Pur provenendo da città
e situazioni diverse, appare animata da un desiderio comune. Gesù stesso si fa
interprete delle
attese profonde dei presenti. Lo sguardo che rivolge loro non è distaccato, ma
partecipe, perché
non scorge una folla anonima, bensì persone, di cui coglie il bisogno
inespresso. Gesù vede in loro
«pecore che non hanno pastore»: è una metafora che rivela la situazione di un
popolo che soffre
per la mancanza di una guida autorevole o è disorientato da maestri
inaffidabili.
Lo
smarrimento della folla suscita in Gesù una “compassione”, che non è un’emozione
superficiale, ma è lo stesso sentire con cui Dio, nella vicenda dell’esodo, ha
ascoltato il gemito del suo
popolo e se ne è preso cura con vigore e tenerezza. Il bisogno delle persone
interpella
costantemente Gesù, che risponde ogni volta manifestando l’amore compassionevole
del Padre.
18.
La prima azione di Gesù è l’insegnamento: «si mise a
insegnare loro molte cose». Potrebbe sorgere
spontanea la domanda se non sarebbe stato più opportuno provvedere subito al
nutrimento di tanta
gente. Gesù, però, è cosciente di essere anzitutto il Maestro: per questo, con
l’autorevolezza che viene
dal Padre, comincia con l’indicare le vie della vita autentica. Egli rivela il
mondo nuovo voluto da
Dio e chiama a esserne parte, sollecitando ciascuno a cooperare alla sua
edificazione nella pace. Il
popolo che egli pasce è invitato ad ascoltare la sua parola, che conduce e fa
riposare su pascoli
erbosi (cfr Sal 23,2). Gesù non smetterà di insegnare, parlando al cuore,
neppure di fronte
all’incomprensione della folla e dei suoi stessi discepoli.
Il dono
della parola si completa in quello del pane: «spezzò i pani e li dava ai suoi
discepoli perché li
distribuissero». L’ascolto della parola costituisce la premessa indispensabile
della
condivisione. Si vede già, in filigrana, la prassi eucaristica della comunità
cristiana. Nello stesso tempo,
Gesù si prende cura dei bisogni concreti delle persone, preoccupandosi che tutti
abbiano da mangiare.
Nel gesto
della moltiplicazione dei pani e dei pesci è condensata la vita intera di Gesù
che si dona per
amore, per dare pienezza di vita. Neppure il suo corpo ha tenuto per sé:
«prendete»,
«mangiate». L’insegnamento del Maestro trova compimento nel dono della sua
esistenza: Gesù è la parola
che illumina e il pane che nutre, è l’amore che educa e forma al dono della
propria vita: «Voi stessi
date loro da mangiare» (Mc 6,37).
Dio educa
il suo popolo
19.
Non mancano, certo, nel Vangelo altri episodi in cui
Gesù mostra il suo volto di educatore. Anche nel
racconto dei due discepoli di Emmaus, ad esempio, Gesù è il Maestro che apre la
mente dei
discepoli e scalda loro il cuore spiegando «in tutte le Scritture ciò che si
riferiva a lui» (Lc
24,27).
Nella prima moltiplicazione dei pani, però, Gesù è presentato come il pastore
del tempo ultimo,
il depositario della premura di Dio per il suo popolo. Alla luce di Cristo,
compimento di tutta la
rivelazione, possiamo leggere nella storia della salvezza il progetto di Dio che
educa il suo popolo.
Ripercorriamone le tappe fondamentali.
L’esodo
dall’Egitto è il tempo della formazione d’Israele, perché, accogliendo e
mettendo in pratica i
comandamenti di Dio, diventi il popolo dell’alleanza (cfr Dt 8,1). Il
cammino nel deserto ha un
carattere esemplare: le crisi, la fame e la sete, sono descritte come atti
educativi, «per sapere quello
che avevi nel cuore… per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma
che l’uomo vive di
quanto esce dalla bocca del Signore» (Dt 8,2-3). L’esortazione divina
crea la
consapevolezza interiore: «Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo
corregge il figlio, così il
Signore, tuo Dio, corregge te» (Dt 8,5).
Anche
nell’annuncio dei profeti la storia è intesa come un cammino educativo, segnato
da conflitti
e riconciliazioni, perdite e ritrovamenti, tensioni e incontri. Come negli
scritti sapienziali, Dio è
presentato attraverso le figure del padre, della madre e del maestro.
L’immagine paterna è proposta dal profeta Osea. Il Signore ama e perciò chiama
il suo figlio,
Israele: gli insegna a camminare, lo prende in braccio e lo cura, lo attrae a sé
con legami di bontà e
vincoli d’amore, lo solleva alla guancia e si china per nutrirlo, mettendo in
conto anche i
fallimenti (cfr Os 11,3-4).
Isaia, a
sua volta, propone un’immagine materna di toccante tenerezza: «Voi sarete
allattati e portati
in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un
figlio, così io vi
consolerò; a Gerusalemme sarete consolati» (Is 66,12-13).
Nel libro
del Siracide, infine, Dio appare come educatore attraverso la mediazione degli uomini,
specialmente nella relazione fra maestro e discepolo. Il maestro si sente padre
del
discepolo, che chiama «figlio mio»; gli si presenta anzitutto come innamorato
della sapienza e gli si propone
come modello (cfr Sir 24,30-34), esortandolo a seguirlo con zelo e a
frequentarlo ogni giorno,
fino a consumare la soglia della sua casa (cfr Sir 51,23-27). Nell’opera
d’insegnamento egli genera il
giovane discepolo, aiutandolo a diventare adulto, capace di giudicare e di
scegliere.
Nella
storia della salvezza, dunque, si manifestano la guida provvidenziale di Dio e
la sua pedagogia
misericordiosa, che raggiungono la pienezza in Gesù Cristo; in lui trovano
compimento e
risplendono la legge e i profeti (cfr Mc 9,2-10). «È Lui il Maestro alla
cui scuola riscoprire il compito
educativo come un’altissima vocazione alla quale ogni fedele, con diverse
modalità, è chiamato»36.
Gesù
Cristo è la via, che conduce ciascuno alla piena realizzazione di sé
secondo il disegno di Dio. È
la verità, che rivela l’uomo a se stesso e ne guida il cammino di
crescita nella libertà. È la
vita,
perché in lui ogni uomo trova il senso ultimo del suo esistere e del suo
operare: la piena comunione
di amore con Dio nell’eternità.
Prima di
ritornare al Padre, Gesù promette ai suoi discepoli il dono dello Spirito Santo,
attraverso il quale continuerà la sua opera educativa. Lo Spirito di verità è
mandato per aiutare coloro
che lo riceveranno a comprendere e interiorizzare tutto quello che Gesù ha detto
e insegnato e per
parlare delle cose future (cfr Gv 16,13).
La Chiesa
discepola, madre e maestra
20.
La Chiesa è luogo e segno della permanenza di Gesù
Cristo nella storia. Anche nel suo compito
educativo, come in tutto ciò che essa è e opera, attinge da Cristo e ne diventa
discepola,
seguendone le orme, grazie al dono dello Spirito Santo37.
Gli Atti
degli Apostoli descrivono in forma tipica la vita della Chiesa appena nata e la
sua crescita
nella fede: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella
comunione, nello spezzare
il pane e nelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa
in comune; vendevano
le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di
ciascuno.
Ogni
giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case,
prendevano cibo con
letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il
popolo» (At 2,42-47). Ascolto
assiduo della parola di Dio, celebrazione liturgica e comunione nella carità
sono, dunque,
le dimensioni costitutive della vita ecclesiale; esse hanno un’intrinseca forza
educativa, poiché
mediante il loro continuo esercizio il credente è progressivamente conformato a
Cristo. Mentre
testimonia la fede in letizia e semplicità, la comunità diviene capace di
condividere i beni materiali
e spirituali. Già così il compito educativo si mostra quale «esigenza
costitutiva e
permanente della vita della Chiesa»38.
21.
La Chiesa educa in quanto madre, grembo
accogliente, comunità di credenti in cui si è generati
come figli di Dio e si fa l’esperienza del suo amore. A lei si rivolgeva
Sant’Agostino: «Oh Chiesa
cattolica, oh madre dei cristiani nel senso più vero… tu educhi ed ammaestri
tutti: i fanciulli con
tenerezza infantile, i giovani con forza, i vecchi con serenità, ciascuno
secondo l’età, secondo le sue
capacità non solo corporee ma anche psichiche. Chi debba essere educato,
ammonito o
condannato, tu lo insegni a tutti con solerzia, mostrando che non si deve dare
tutto a tutti, ma a tutti amore e a
nessuno ingiustizia»39.
Avendo il
compito di servire la ricerca della verità, la Chiesa è anche maestra.
Essa «per obbedire
al divino mandato: ‘Istruite tutte le genti’ (Mt 28,19), è tenuta ad
operare instancabilmente ‘affinché
la parola di Dio corra e sia glorificata’ (2Ts 3,1)... Per volontà di
Cristo la Chiesa cattolica è maestra
di verità e sua missione è di annunziare e di insegnare autenticamente la verità
che è Cristo, e
nello stesso tempo di dichiarare e di confermare autoritativamente i principi
dell'ordine morale
che scaturiscono dalla stessa natura umana»40.
Formare
alla vita secondo lo Spirito
22.
La Chiesa promuove nei suoi figli anzitutto
un’autentica vita spirituale, cioè un’esistenza secondo
lo Spirito (cfr Gal 5,25). Essa non è frutto di uno sforzo
volontaristico, ma è un cammino
attraverso il quale il Maestro interiore apre la mente e il cuore alla
comprensione del mistero di Dio e
dell’uomo: lo Spirito che «il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa
e vi ricorderà tutto ciò
che io vi ho detto» (Gv 14,26).
Lo
Spirito forma il cristiano secondo i sentimenti di Cristo, guida alla verità
tutta intera, illumina
le menti, infonde l’amore nei cuori, fortifica i corpi deboli, apre alla
conoscenza del Padre e del
Figlio, e dà «a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità»41.
La
formazione spirituale tende a farci assimilare quanto ci è stato rivelato in
Cristo, affinché la nostra
esistenza possa corrispondere ogni giorno di più al suo dono: «Non conformatevi
a questo mondo, ma
lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter
discernere la volontà
di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2).
L’azione
dello Spirito plasma la vita in questa prospettiva: «Il culto gradito a Dio
diviene così un
nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell’esistenza in cui ogni particolare
viene esaltato,
in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio»42. Rinati
nel battesimo per mezzo dello Spirito Santo, possiamo camminare in una vita
nuova, liberi
dalla schiavitù del peccato e resi capaci di amare Dio e i fratelli con lo
stesso amore di Cristo:
«camminate secondo lo Spirito – ci esorta San Paolo – e non sarete portati a
soddisfare il desiderio della
carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha
desideri contrari alla carne;
queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste» (Gal
5,16-17).
I santi
rivelano con la loro vita l’azione potente dello Spirito che li ha rivestiti dei
suoi doni e li ha
resi forti nella fede e nell’amore. Ogni cristiano è chiamato a seguirne
l’esempio, cogliendo il frutto
dello Spirito, che è «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà,
fedeltà, mitezza, dominio
di sé» (Gal 5,22).
Promuovere un’autentica vita spirituale risponde alla richiesta, oggi diffusa,
di
accompagnamento personale. Si tratta di un compito delicato e importante, che
richiede profonda
esperienza di Dio e intensa vita interiore. In questa luce, devono essere
attentamente vagliati i segni di
risveglio religioso presenti nella società: essi possono rivelare l’azione dello
Spirito e la ricerca di un senso
che dia unità all’esistenza.
23.
L’accoglienza del dono dello Spirito porta ad
abbracciare tutta la vita come vocazione. Nel nostro
tempo, è facile all’uomo ritenersi l’unico artefice del proprio destino e
pertanto concepirsi «senza
vocazione»43.
Per questo è importante che nelle nostre comunità ciascuno impari a
riconoscere la vita come dono di Dio e ad accoglierla secondo il suo disegno
d’amore.
Come ha
affermato il Concilio Vaticano II, Gesù Cristo, manifestandoci il mistero del
Padre e del suo
amore, ha rivelato anche l’uomo a se stesso, rendendogli nota la sua altissima
vocazione44,
che è
essenzialmente chiamata alla santità, ossia alla perfezione dell’amore45.
La nostra
azione educativa deve «riproporre a tutti con convinzione questa ‘misura
alta’ della
vita cristiana ordinaria:
tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare
in questa direzione»46.
La Chiesa attinge alla sua grande tradizione spirituale, proponendo ai fedeli
cammini di santità, con un’adeguata direzione spirituale, necessaria al
discernimento della chiamata.
24.
Lo Spirito del Signore Gesù suscita e alimenta le
molteplici dimensioni dell’azione
educativa. Ne richiamiamo alcune in dettaglio.
La
dimensione missionaria. «Riceverete la forza dallo
Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me
sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai
confini della terra» (At
1,8). È lo Spirito a formare la Chiesa per la missione, la testimonianza e
l’annuncio. Grazie alla sua
forza, la Chiesa diventa segno e strumento della comunione di tutti gli uomini
tra loro e con Dio,
manifesta l’amore fraterno da cui ciascuno può riconoscere i discepoli del
Signore (cfr Gv
13,35) e
proclama in ogni lingua le grandi opere di Dio tra i popoli (cfr At
2,9-11).
La
dimensione ecumenica e dialogica. Lo Spirito è
principio di unità: «un solo corpo e un solo
Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella
della vostra
vocazione» (Ef 4,4). Egli unisce intimamente in Cristo tutti i
battezzati, suscitando in loro il desiderio
della comunione visibile; ispira l’incontro tra le diverse confessioni
cristiane, perché
convergano verso l’unità voluta dal Signore; incoraggia il dialogo con i
credenti di altre religioni e con ogni
uomo di buona volontà.
La
dimensione caritativa e sociale. Il punto culminante
della formazione secondo lo Spirito è
l’amore: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la
carità, sarei come bronzo
che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se
conoscessi tutti i
misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le
montagne, ma non
avessi la carità, non sarei nulla» (1Cor 13,1-2). Con la sua opera
educativa la Chiesa intende essere
testimone dell’amore di Dio nell’offerta di se stessa; nell’accoglienza del
povero e del
bisognoso; nell’impegno per un mondo più giusto, pacifico e solidale; nella
difesa coraggiosa e profetica
della vita e dei diritti di ogni donna e di ogni uomo, in particolare di chi è
straniero, immigrato
ed emarginato; nella custodia di tutte le creature e nella salvaguardia del
creato.
La
dimensione escatologica. L’educazione cristiana
orienta la persona verso la pienezza della
vita eterna. È lo Spirito che «attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli,
siamo anche eredi: eredi di
Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per
partecipare anche alla sua
gloria» (Rm 8,16-17). Ciò non allontana dall’impegno nelle realtà
terrene, ma preserva dal cadere
nell’idolatria di se stessi, delle cose e del mondo47.
La persona umana, infatti, «è un’unità di anima e
corpo, nata dall’amore creatore di Dio e destinata a vivere eternamente.
L’essere umano si sviluppa
quando cresce nello spirito, quando la sua anima conosce se stessa e le verità
che Dio vi ha
germinalmente impresso, quando dialoga con se stesso e il suo Creatore»48.
Capitolo 3 – Educare,
cammino di relazione e di fiducia
Un
desiderio che trova risposta
25.
In Gesù, maestro di verità e di vita che ci raggiunge
nella forza dello Spirito, noi siamo coinvolti
nell’opera educatrice del Padre e siamo generati come uomini nuovi, capaci di
stabilire relazioni
vere con ogni persona. È questo il punto di partenza e il cuore di ogni azione
educativa.
Una delle
prime pagine del Vangelo secondo Giovanni ci aiuta a ritrovare alcuni tratti
essenziali della relazione educativa tra Gesù e i suoi discepoli, fondata
sull’atteggiamento di amore di Gesù e
vissuta nella fedeltà di chi accetta di stare con lui (cfr Mc 3,14) e di
mettersi alla sua sequela.
Giovanni
Battista posa il suo sguardo su Gesù che passa e lo indica ai suoi discepoli.
Due di loro,
avendo udito la testimonianza del Battista, si mettono alla sequela di Gesù. A
questo punto, è lui a
volgersi indietro e a prendere l’iniziativa del dialogo con una domanda, che è
la prima parola che
l’evangelista pone sulle labbra del Signore.
«Che cosa
cercate?» (1,38): suscitare e riconoscere un
desiderio. La domanda di Gesù è una prima
chiamata che incoraggia a interrogarsi sul significato autentico della propria
ricerca. È la domanda
che Gesù rivolge a chiunque desideri stabilire un rapporto con lui: è una
“pro-vocazione” a
chiarire a se stessi cosa si stia cercando davvero nella vita, a discernere ciò
di cui si sente la mancanza,
a scoprire cosa stia realmente a cuore. Dalla domanda traspare l’atteggiamento
educativo di Gesù:
egli è il Maestro che fa appello alla libertà e a ciò che di più autentico abita
nel cuore, facendone
emergere il desiderio inespresso. In risposta, i due discepoli gli domandano a
loro volta: «Maestro,
dove dimori?». Mostrano di essere affascinati dalla persona di Gesù, interessati
a lui e alla
bellezza della sua proposta di vita. Prende avvio, così, una relazione profonda
e stabile con
Gesù,
racchiusa nel verbo “dimorare”.
«Venite e
vedrete» (1,39): il coraggio della proposta.
Dopo una successione di domande, giunge la
proposta. Gesù rivolge un invito esplicito («venite»), a cui associa una
promessa
(«vedrete»). Ci mostra, così, che per stabilire un rapporto educativo occorre un
incontro che susciti una
relazione personale: non si tratta di trasmettere nozioni astratte, ma di
offrire un’esperienza da
condividere. I due discepoli si rivolgono a Gesù chiamandolo Rabbì, cioè
maestro: è un chiaro segnale
della loro intenzione di entrare in relazione con qualcuno che possa guidarli e
faccia fiorire la vita.
«Rimasero
con lui» (1,39): accettare la sfida. Accettando
l’invito di Gesù, i discepoli si mettono
in gioco decidendo d’investire tutto se stessi nella sua proposta. Dall’esempio
di Gesù
apprendiamo che la relazione educativa esige pazienza, gradualità, reciprocità
distesa nel tempo. Non è
fatta di esperienze occasionali e di gratificazioni istantanee. Ha bisogno di
stabilità,
progettualità coraggiosa, impegno duraturo.
«Signore,
da chi andremo?» (6,68): perseverare nell’impresa.
L’itinerario educativo dei discepoli
di Gesù ci conduce a Cafarnao (cfr 6,1-71). Dopo aver ascoltato le sue parole
esigenti, molti si
erano scoraggiati e non erano più disposti a seguirlo. Il loro abbandono suscita
la reazione di Gesù,
che pone ai Dodici una domanda sferzante: «Volete andarvene anche voi?» (6, 67).
I discepoli
misurano così il prezzo della scelta. La relazione con Gesù non può continuare
per inerzia. Ha,
invece, bisogno di una rinnovata decisione, come dichiara pubblicamente Pietro:
«Signore, da chi
andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu
sei il Santo di Dio» (6,
68-69). Egli solo ha parole che rendono la vita degna di essere vissuta.
«Signore,
tu lavi i piedi a me?» (13,6):
accettare di essere amato.
Nel Cenacolo, prima della festa di
Pasqua, la relazione di Gesù con i discepoli vive un nuovo e decisivo passaggio
quando questi
apre il suo animo compiendo il gesto della lavanda dei piedi (cfr 13,2-20).
L’evangelista prepara
il lettore al sorprendente racconto con un’espressione che ricapitola tutta la
vita di Gesù: «Avendo
amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (13,1). La lavanda dei
piedi è un gesto
rivoluzionario che rovescia i rapporti abituali tra maestro e discepoli, tra
padrone e servi. Il rifiuto
di Pietro di farsi lavare i piedi lascia intuire l’incomprensione del discepolo
davanti a
un’iniziativa così sconvolgente e lontana dalle sue aspettative. Pietro fa
fatica ad accettare di essere in
debito: è arduo lasciarsi amare, credere in un Dio che si propone non come
padrone, ma come servitore
della vita. È difficile ricevere un dono con animo libero: nell’atto di essere
“lavato” da Cristo,
Pietro intuisce di dovergli tutto.
«Come io
ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri»
(13,34):
vivere la relazione
nell’amore. Prima di
congedarsi dai suoi, Gesù consegna loro il suo testamento. Tra le sue parole spicca il
comandamento dell’amore fraterno (cfr 13,34-35; 15,9-11). L’amore è il
compimento della
relazione, il fine di tutto il cammino. Il rapporto tra maestro e discepolo non
ha niente a che vedere con la
dipendenza servile: si esprime nella libertà del dono. Tre sono le sue
caratteristiche: l’estrema dedizione
(«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri
amici»: 15,13); la
familiarità confidente («tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto
conoscere a voi»: 15,15); la scelta
libera e gratuita («Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi»: 15,16). Il
frutto di questa
esperienza è la missione che Gesù affida ai suoi discepoli: «Da questo tutti
sapranno che siete miei
discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (13,35; cfr 15,12-17).
Un
incontro che genera un cammino
26.
«Cristiani si diventa, non si nasce»49.
Questo notissimo detto di Tertulliano sottolinea la necessità
della dimensione propriamente educativa nella vita cristiana. Si tratta di un
itinerario
condiviso, in cui educatori ed educandi intrecciano un’esperienza umana e
spirituale profonda e
coinvolgente.
Educare
richiede un impegno nel tempo, che non può ridursi a interventi puramente
funzionali e frammentari; esige un rapporto personale di fedeltà tra soggetti
attivi, che sono
protagonisti della relazione educativa, prendono posizione e mettono in gioco la
propria libertà.
Essa si
forma, cresce e matura solo nell’incontro con un’altra libertà; si verifica solo
nelle relazioni personali
e trova il suo fine adeguato nella loro maturazione.
27.
Esiste un nesso stretto tra educare e generare:
la relazione educativa s’innesta nell’atto
generativo e nell’esperienza di essere figli50.
L’uomo non si dà la vita, ma la riceve. Allo stesso modo, il
bambino impara a vivere guardando ai genitori e agli adulti. Si inizia da una
relazione
accogliente, in cui si è generati alla vita affettiva, relazionale e
intellettuale.
Il legame
che si instaura all’interno della famiglia sin dalla nascita lascia un’impronta
indelebile. L’apporto di padre e madre, nella loro complementarità, ha un
influsso decisivo nella vita dei
figli. Spetta ai genitori assicurare loro la cura e l’affetto, l’orizzonte di
senso e
l’orientamento nel mondo. Oggi viene enfatizzata la dimensione materna, mentre
appare più debole e
marginale la figura paterna. In realtà, è determinante la responsabilità
educativa di entrambi. È proprio
la differenza e la reciprocità tra il padre e la madre a creare lo spazio
fecondo per la crescita piena del
figlio. Ciò è vero perfino quando i genitori vivono situazioni di crisi e di
separazione.
Il ruolo
dei genitori e della famiglia incide anche sulla rappresentazione e
sull’esperienza di Dio. Il
loro compito di educare alla fede si inserisce nella capacità generativa della
comunità
cristiana, volto concreto della Chiesa madre. Pure in questo ambito, si tratta
di avviare un processo che dal
battesimo si sviluppi in un percorso di iniziazione che accompagni, nutra e
porti a
maturazione.
28.
La risposta al dono della vita si attua nel corso
dell’esistenza. L’immagine del cammino ci fa
comprendere che l’educazione è un processo di crescita che richiede pazienza.
Progredire verso la maturità
impegna la persona in una formazione permanente, caratterizzata da alcuni
elementi
chiave:
il tempo, il coraggio, la meta.
L’educazione, costruita essenzialmente sul rapporto educatore ed educando, non è
priva di rischi e
può sperimentare crisi e fallimenti: richiede quindi il coraggio della
perseveranza. Entrambi sono
chiamati a mettersi in gioco, a correggere e a lasciarsi correggere, a
modificare e a rivedere le proprie
scelte, a vincere la tentazione di dominare l’altro.
Il
processo educativo è efficace quando due persone si incontrano e si coinvolgono
profondamente, quando il rapporto è instaurato e mantenuto in un clima di
gratuità oltre la logica della
funzionalità, rifuggendo dall’autoritarismo che soffoca la libertà e dal
permissivismo che rende
insignificante la relazione. È importante sottolineare che ogni itinerario
educativo richiede che sia
sempre condivisa la meta verso cui procedere.
Al centro
dell’esperienza cristiana c’è l’incontro tra la libertà di Dio e quella
dell’uomo, che non si
annullano a vicenda. La libertà dell’uomo, infatti, viene continuamente educata
dall’incontro con Dio,
che pone la vita dei suoi figli in un orizzonte nuovo: «Abbiamo creduto
all’amore di Dio – così il
cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio
dell’essere cristiano non c’è
una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con
una Persona,
che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva»51.
La meta
del cammino consiste nella perfezione dell’amore. Il Maestro ci esorta: «Siate perfetti
come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Nell’itinerario verso
la vita piena, Gesù ci invita
a seguirlo sulla via delle beatitudini, strada di gioiosa pienezza, e sul
sentiero della croce, supremo
atto d’amore consumato sino alla fine (cfr Gv 19,30; 13,1).
Con la
credibilità del testimone
29.
Ogni adulto è chiamato a prendersi cura delle nuove
generazioni, e diventa educatore quando ne
assume i compiti relativi con la dovuta preparazione e con senso di
responsabilità.
L’educatore è un testimone della verità, della bellezza e del bene, cosciente
che la propria umanità è
insieme ricchezza e limite. Ciò lo rende umile e in continua ricerca. Educa chi
è capace di dare
ragione della speranza che lo anima ed è sospinto dal desiderio di trasmetterla.
La passione educativa
è una vocazione, che si manifesta come un’arte sapienziale acquisita nel tempo
attraverso
un’esperienza maturata alla scuola di altri maestri. Nessun testo e nessuna
teoria, per quanto
illuminanti, potranno sostituire l’apprendistato sul campo.
L’educatore compie il suo mandato anzitutto attraverso l’autorevolezza della sua
persona. Essa
rende efficace l’esercizio dell’autorità; è frutto di esperienza e di
competenza, ma si acquista
soprattutto con la coerenza della vita e con il coinvolgimento personale.
Educare è un lavoro complesso
e delicato, che non può essere improvvisato o affidato solo alla buona volontà.
Il senso
di responsabilità si esplica nella serietà con cui si svolge il proprio
servizio. Senza regole di
comportamento, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, e senza
educazione della libertà non si forma la coscienza, non si allena ad affrontare
le prove della vita, non si
irrobustisce il carattere.
Infine,
l’educatore si impegna a servire nella gratuità, ricordando che «Dio ama chi
dona con gioia» (2Cor
9,7). Nessuno è padrone di ciò che ha ricevuto, ma ne è custode e
amministratore, chiamato
a edificare un mondo migliore, più umano e più ospitale. Ciò vale pure per i
genitori, chiamati
non soltanto a dare la vita, ma anche ad aiutare i figli a intraprendere la loro
personale
avventura.
Passione
per l’educazione
30.
Quanti accettano la scommessa dell’educazione possono
talvolta sentirsi disorientati. Viviamo,
infatti, in un contesto problematico, che induce a dubitare del valore della
persona umana, del
significato stesso della verità e del bene e, in ultima analisi, della bontà
della vita. Ciò
indebolisce l’impegno a «trasmettere da una generazione all’altra qualcosa di
valido e di certo, regole di
comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita»52.
Tali
difficoltà, però, non sono insuperabili; «sono piuttosto, per così dire, il
rovescio della medaglia di quel dono
grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente
l’accompagna»53.
Illuminati dalla fede nel nostro Maestro e incoraggiati dal suo esempio, noi
abbiamo invece buone
ragioni per ritenere di essere alle soglie di un tempo opportuno per nuovi
inizi. Occorre, però, ravvivare
il coraggio, anzi la passione per l’educare. È necessario formare gli educatori,
motivandoli a livello personale e sociale, e riscoprire il significato e le
condizioni dell’impegno
educativo. Infatti, «a differenza di quanto avviene in campo tecnico o
economico, dove i progressi di oggi
possono sommarsi a quelli del passato, nell’ambito della formazione e della
crescita morale delle
persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà
dell’uomo è sempre
nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e
in proprio,
le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono
semplicemente essere
ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta,
scelta personale»54.
Una
relazione che si trasforma nel tempo
31.
La credibilità dell’educatore è sottoposta alla sfida
del tempo, viene costantemente messa alla
prova e deve essere continuamente riconquistata. La relazione educativa si
sviluppa lungo tutto il corso
dell’esistenza umana e subisce trasformazioni specifiche nelle diverse fasi.
Le età
della vita sono profondamente mutate: oggi è venuto meno quel clima di relazioni
che
agevolava, con gradualità e rispetto del mondo interiore, il passaggio alle età
successive. Si parla di “infanzia
rubata”, cioè di una società che rovescia sui bambini messaggi e stimoli
pensati per i grandi.
La sete
di conoscenza e di relazioni amicali caratterizza i ragazzi, che
accolgono l’azione educativa
quando essa è volta non solo al sapere, ma anche al fare e alla valorizzazione
delle loro capacità.
L’esperienza cattura il loro interesse e li rende protagonisti: è riscontrabile
quando sono coinvolti
come gruppo in servizi verso gli altri. Il processo educativo è fortemente
legato alla sfera
affettiva, per cui è rilevante la qualità del rapporto che l’educatore riesce a
stabilire con ciascuno.
Per
crescere serenamente, il ragazzo ha bisogno di ambienti ricchi di umanità e
positività. Gli
adolescenti percorrono le tappe della crescita con stati d’animo che
oscillano tra
l’entusiasmo e lo scoraggiamento. Soffrono per l’insicurezza che accompagna la
loro età, cercano
l’amicizia, godono nello stare insieme ai coetanei e avvertono il desiderio di
rendersi autonomi dagli
adulti e in specie dalla famiglia di origine. In questa fase, hanno bisogno di
educatori pazienti e
disponibili, che li aiutino a riordinare il loro mondo interiore e gli
insegnamenti ricevuti, secondo una
progressiva scelta di libertà e responsabilità. Nella vita di relazione e
nell’azione maturano la loro
coscienza morale e il senso della vita come dono. Un tratto centrale della
crescita, che oggi per vari
aspetti assume caratteri problematici, è quello dello sviluppo affettivo e
sessuale: va affrontato
serenamente, ma anche con la massima cura, perché incide profondamente
sull’armonia della persona.
32.
Ai giovani vogliamo dedicare un’attenzione
particolare. Molti di loro manifestano un profondo
disagio di fronte a una vita priva di valori e di ideali. Tutto diventa
provvisorio e sempre
revocabile. Ciò causa sofferenza interiore, solitudine, chiusura narcisistica
oppure omologazione al gruppo,
paura del futuro e può condurre a un esercizio sfrenato della libertà. A fronte
di tali
situazioni, è presente nei giovani una grande sete di significato, di verità e
di amore. Da questa domanda,
che talvolta rimane inespressa, può muovere il processo educativo. Nei modi e
nei tempi
opportuni, diversi e misteriosi per ciascuno, essi possono scoprire che solo Dio
placa fino in fondo questa
sete.
Benedetto
XVI, dopo aver riconosciuto quanto nell’odierno contesto culturale sia difficile per un
giovane vivere da cristiano, aggiunge: «Mi sembra che questo sia il punto
fondamentale nella nostra
cura pastorale per i giovani: attirare l’attenzione sulla scelta di Dio, che è
la vita. Sul fatto che Dio
c’è. E c’è in modo molto concreto. E insegnare l’amicizia con Gesù Cristo»55.
Questo
cammino, con le sue esigenze radicali, deve tendere all’incontro con Gesù
mediante il
riconoscimento della sua identità di Figlio di Dio e Salvatore; l’appartenenza
consapevole alla Chiesa;
la conoscenza amorevole e orante della Sacra Scrittura; la partecipazione attiva
all’Eucaristia; l’accoglienza delle esigenze morali della sequela; l’impegno di
fraternità verso tutti gli
uomini; la testimonianza della fede sino al dono sincero di sé.
Particolarmente importanti risultano per i giovani le esperienze di condivisione
nei gruppi
parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti, nel volontariato, nel servizio
in ambito sociale e nei
territori di missione. In esse imparano a stimarsi non solo per quello che
fanno, ma soprattutto per
quello che sono. Spesso tali esperienze si rivelano decisive per l’elaborazione
del proprio
orientamento vocazionale, così da poter rispondere con coraggio e fiducia alle
chiamate esigenti
dell’esistenza cristiana: il matrimonio e la famiglia, il sacerdozio
ministeriale, le varie forme di
consacrazione, la missione ad gentes, l’impegno nella professione, nella
cultura e nella politica56.
Occorre
tenere presenti, poi, alcuni nodi esistenziali propri dell’età giovanile:
pensiamo ai problemi
connessi a una visione corretta della relazione tra i sessi, alla precarietà
negli affetti, alla devianza,
alle difficoltà legate al corso degli studi, all’ingresso nel mondo del lavoro e
al ricambio
generazionale.
La
comunità cristiana si rivolge ai giovani con speranza: li cerca, li conosce e li
stima; propone
loro un cammino di crescita significativo. I loro educatori devono essere ricchi
di umanità, maestri,
testimoni e compagni di strada, disposti a incontrarli là dove sono, ad
ascoltarli, a ridestare le
domande sul senso della vita e sul loro futuro, a sfidarli nel prendere sul
serio la proposta
cristiana, facendone esperienza nella comunità.
I giovani
sono una risorsa preziosa per il rinnovamento della Chiesa e della società. Resi
protagonisti del proprio cammino, orientati e guidati a un esercizio
corresponsabile della libertà, possono
davvero sospingere la storia verso un futuro di speranza.
Negli
ambiti della vita quotidiana
33.
L’opera educativa si gioca sempre all’interno delle
relazioni fondamentali dell’esistenza; è efficace
nella misura in cui incontra la persona, nell’insieme delle sue esperienze. Come
è emerso dal
Convegno ecclesiale di Verona, gli ambiti della vita affettiva, del lavoro e
della festa, della fragilità
umana, della tradizione e della cittadinanza rappresentano un’articolazione
molto utile per rileggere
l’impegno educativo, al quale offrono stimoli e obiettivi.
Si mostra
così la rilevanza antropologica dell’educazione cristiana e si favorisce una
considerazione unitaria della persona nell’azione pastorale. Attraverso questa
multiforme attenzione
educativa, potrà «emergere soprattutto quel grande ‘sì’ che in Gesù Cristo Dio
ha detto all’uomo e alla sua
vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come,
pertanto, la fede nel Dio
dal volto umano porti la gioia nel mondo»57.
In questo modo, la comunità dei credenti
testimonia l’amore profondo della Chiesa per l’uomo e per il suo futuro e
l’atteggiamento di servizio
che la anima.
Una
storia di santità
34.
Nell’opera educativa della Chiesa emerge con evidenza
il ruolo primario della
testimonianza, perché l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni
che i maestri, e se ascolta i
maestri lo fa perché sono anche testimoni credibili e coerenti della Parola che
annunciano e vivono58.
Nella storia della Chiesa in Italia sono presenti e documentate innumerevoli
opere e
istituzioni formative – scuole, università, centri di formazione professionale,
oratori – promosse da diocesi,
parrocchie, istituti di vita consacrata e aggregazioni laicali. Molte sono le
figure esemplari – tra cui
non pochi santi – che hanno fatto dell’impegno educativo la loro missione e
hanno dato vita a
iniziative singolari, parecchie delle quali mantengono ancora oggi la loro
validità e sono un prezioso
contributo al bene della società.
L’azione
di questi grandi educatori si fonda sulla convinzione che occorra «illuminare la mente per
irrobustire il cuore» e sull’intima percezione che «l’educazione è cosa del
cuore, e che Dio solo
ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne
insegna l’arte e non ce ne
mette in mano la chiave»59.
Nell’opera dei grandi testimoni dell’educazione cristiana, secondo
la genialità e la creatività di ciascuno, troviamo i tratti fondamentali della
azione educativa:
l’autorevolezza dell’educatore, la centralità della relazione personale,
l’educazione come atto di amore,
una visione di fede che dà fondamento e orizzonte alla ricerca di senso dei
giovani, la
formazione integrale della persona, la corresponsabilità per la costruzione del
bene comune.
Insieme a
tali figure, dobbiamo ricordare il segno lasciato da tanti educatori che, in
ogni stato di
vita, con la loro testimonianza umile e quotidiana, hanno inciso in modo
profondo sulla nostra
maturazione. Mentre va riconosciuto e apprezzato il lavoro straordinario di
numerosi
insegnanti, animatori e catechisti, si avverte il bisogno di suscitare e
sostenere una nuova
generazione di cristiani che si dedichi all’opera educativa, capace di assumere
come scelta di vita la passione
per i ragazzi e per i giovani, disposta ad ascoltarli, accoglierli e
accompagnarli, a far loro proposte
esigenti anche in contrasto con la mentalità corrente.
Particolare importanza assume la formazione dei seminaristi, dei diaconi e dei
presbiteri al ruolo di
educatori. La vicinanza quotidiana dei sacerdoti alle famiglie li rende per
eccellenza i formatori
dei formatori e le guide spirituali che, nella comunità, sostengono il cammino
della fede di ogni
battezzato.
Capitolo 4 – La Chiesa,
comunità educante
«Un solo
corpo e un solo spirito»
35.
Nell’unico corpo di Cristo, che è la Chiesa, ogni
battezzato ha ricevuto da Dio una personale chiamata
per l’edificazione e la crescita della comunità: «Un solo corpo e un solo
spirito, come una sola è la
speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione... Ed
egli ha dato ad alcuni di
essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere
evangelisti, ad altri di essere
pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo
di edificare il corpo di
Cristo» (Ef 4,4.11-12).
Nella
Chiesa unità non significa uniformità, ma comunione di ricchezze personali.
Proprio
esprimendo nella loro diversità l’abbondanza dei doni di Gesù risorto, i vari
carismi concorrono alla vita e
alla crescita del corpo ecclesiale e convergono nel riconoscimento della
signoria di Cristo: «finché
arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino
all’uomo perfetto,
fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo… agendo secondo verità
nella carità, cerchiamo
di crescere in ogni cosa, tendendo a lui, che è il capo, Cristo» (Ef
4,13.15).
Dall’unità in Cristo scaturisce l’impegno a vivere questo dono nei diversi
ambiti della vita, a
cominciare dalla famiglia: tra coniugi (cfr Ef 5,21-33) e tra genitori e
figli: «Figli, obbedite ai vostri genitori
nel Signore, perché questo è giusto… E voi, padri, non esasperate i vostri
figli, ma fateli crescere
nella disciplina e negli insegnamenti del Signore» (Ef 6,1.4). Anche
nella vita sociale i cristiani
sono chiamati a manifestare questo spirito di comunione e di unità (cfr Ef
6,5-9).
La
complessità dell’azione educativa sollecita i cristiani ad adoperarsi in ogni
modo affinché si
realizzi «un’alleanza educativa tra tutti coloro che hanno responsabilità in
questo delicato ambito della
vita sociale ed ecclesiale»60.
Fede, cultura ed educazione interagiscono, ponendo in rapporto dinamico
e costruttivo le varie dimensioni della vita. La separazione e la reciproca
estraneità dei cammini
formativi, sia all’interno della comunità cristiana sia in rapporto alle
istituzioni civili,
indebolisce l’efficacia dell’azione educativa fino a renderla sterile. Se si
vuole che essa ottenga il suo
scopo, è necessario che tutti i soggetti coinvolti operino armonicamente verso
lo stesso fine. Per questo
occorre elaborare e condividere un progetto educativo che definisca obiettivi,
contenuti e metodi su
cui lavorare.
Il
primato educativo della famiglia
36.
Nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia
resta la prima e indispensabile comunità educante.
Per i genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla
trasmissione della
vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti;
insostituibile e
inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato61.
Educare
in famiglia è oggi un’arte davvero difficile. Molti genitori soffrono, infatti,
un senso di
solitudine, di inadeguatezza e, addirittura, d’impotenza. Si tratta di un
isolamento anzitutto sociale,
perché la società privilegia gli individui e non considera la famiglia come sua
cellula
fondamentale.
Padri e
madri faticano a proporre con passione ragioni profonde per vivere e,
soprattutto, a dire dei
“no” con l’autorevolezza necessaria. Il legame con i figli rischia di oscillare
tra la scarsa cura e
atteggiamenti possessivi che tendono a soffocarne la creatività e a perpetuarne
la
dipendenza62. Occorre ritrovare la
virtù della fortezza nell’assumere e sostenere decisioni
fondamentali, pur nella consapevolezza che altri soggetti dispongono di mezzi
potenti, in grado di
esercitare un’influenza penetrante.
La
famiglia, a un tempo, è forte e fragile. La sua debolezza non deriva solo da
motivi interni alla vita
della coppia e al rapporto tra genitori e figli. Molto più pesanti sono i
condizionamenti esterni:
il sostegno inadeguato al desiderio di maternità e paternità, pur a fronte del
grave problema
demografico; la difficoltà a conciliare l’impegno lavorativo con la vita
familiare, a prendersi cura dei
soggetti più deboli, a costruire rapporti sereni in condizioni abitative e
urbanistiche sfavorevoli.
A ciò si
aggiunga il numero crescente delle convivenze di fatto, delle separazioni
coniugali e dei divorzi,
come pure gli ostacoli di un quadro economico, fiscale e sociale che
disincentiva la
procreazione. Non si possono trascurare, tra i fattori destabilizzanti, il
diffondersi di stili di vita che rifuggono
dalla creazione di legami affettivi stabili e i tentativi di equiparare alla
famiglia forme di
convivenza tra persone dello stesso sesso.
Nonostante questi aspetti, l’istituzione familiare mantiene la sua missione e la
responsabilità primaria
per la trasmissione dei valori e della fede. Se è vero che la famiglia non è la
sola agenzia
educatrice, soprattutto nei confronti dei figli adolescenti, dobbiamo ribadire
con chiarezza che c’è
un’impronta che essa sola può dare e che rimane nel tempo. La Chiesa, pertanto,
si impegna a sostenere
i genitori nel loro ruolo di educatori, promuovendone la competenza mediante
corsi di
formazione, incontri, gruppi di confronto e di mutuo sostegno.
37.
L’educazione alla fede avviene nel contesto di
un’esperienza concreta e condivisa. Il figlio vive
all’interno di una rete di relazioni educanti che fin dall’inizio ne segna la
personalità futura. Anche
l’immagine di Dio, che egli porterà dentro di sé, sarà caratterizzata
dall’esperienza religiosa vissuta
nei primi anni di vita. Di qui l’importanza che i genitori si interroghino sul
loro compito educativo
in ordine alla fede: «come viviamo la fede in famiglia?»; «quale esperienza
cristiana
sperimentano i nostri figli?»; «come li educhiamo alla preghiera?». Esemplare
punto di riferimento resta la
famiglia di Nazaret, dove Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio
e agli uomini» (Lc
2,52).
Ogni
famiglia è soggetto di educazione e di testimonianza umana e cristiana e come
tale va
valorizzata, all’interno della capacità di generare alla fede propria della
Chiesa. A essa sacerdoti,
catechisti e animatori devono riferirsi, per una stretta collaborazione e in
spirito di servizio.
L’impegno
della comunità, in particolare nell’itinerario dell’iniziazione cristiana, è
fondamentale per
offrire alle famiglie il necessario supporto. Spetta ai genitori, insieme agli
altri educatori,
promuovere il cammino vocazionale dei figli, anche attraverso esperienze
condivise, nelle quali i ragazzi
possano affrontare i temi della crescita fisica, affettiva, relazionale per una
positiva
educazione all’amore casto e responsabile63.
Una particolare attenzione dovrà essere offerta, inoltre, ai
genitori rimasti soli, per sostenerli nel loro compito.
La
preparazione al matrimonio deve assumere i tratti di un itinerario di riscoperta
della fede e di
inserimento nella vita della comunità ecclesiale64.
Il tempo del fidanzamento può essere
valorizzato come un’occasione unica per introdurli alla bellezza del Vangelo,
che essi possono percepire
in modo più profondo perché la sperimentano nella ricerca di una relazione
d’amore. È quindi
auspicabile che nelle comunità parrocchiali incontrino coppie mature da cui
essere
incoraggiate e sostenute nel passo decisivo. La cura delle giovani coppie è
altrettanto importante: si tratta di
custodire le fasi iniziali della vita coniugale, di farsi loro compagni e di
porre le basi di un cammino
di formazione che duri per tutta la vita.
38.
La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa
protagonista attiva dell’educazione non solo per i
figli, ma per l’intera comunità. Deve crescere la consapevolezza di una
ministerialità che
scaturisce dal sacramento del matrimonio e chiama l’uomo e la donna a essere
segno dell’amore di Dio che
si prende cura di ogni suo figlio65.
Corroborate da specifici itinerari di spiritualità, le famiglie devono a loro
volta aiutare la
parrocchia a diventare «famiglia di famiglie»66.
Gruppi di sposi possono costituire modelli di
riferimento anche per le coppie in difficoltà, oltre che aprirsi al servizio
verso i fidanzati e i genitori che
chiedono il battesimo per i figli, verso le famiglie segnate da gravi
difficoltà, disabilità e
sofferenze. Si sente il bisogno di coppie cristiane che affrontino i temi
sociali e politici che toccano
l’istituto familiare, i figli e gli anziani. Sostenere adeguatamente la
famiglia, con scelte politiche ed
economiche appropriate, attente in particolare ai nuclei numerosi, diventa un
servizio all’intera
collettività.
Nel
cantiere dell’educazione cristiana
39.
Ogni Chiesa particolare dispone di un potenziale
educativo straordinario, grazie alla sua capillare
presenza nel territorio. In quanto luogo d’incontro con il Signore Gesù e di
comunione tra fratelli,
la comunità cristiana alimenta un’autentica relazione con Dio; favorisce la
formazione della coscienza
adulta; propone esperienze di libera e cordiale appartenenza, di servizio e di
promozione sociale,
di aggregazione e di festa.
La
parrocchia, in particolare, vicina al vissuto delle persone e agli ambienti
di vita,
rappresenta la comunità educante più completa in ordine alla fede. Mediante
l’evangelizzazione e la
catechesi, la liturgia e la preghiera, la vita di comunione nella carità, essa
offre gli elementi
essenziali del cammino del credente verso la pienezza della vita in Cristo.
La
catechesi, primo atto educativo della Chiesa nell’ambito della sua missione
evangelizzatrice, accompagna la crescita del cristiano dall’infanzia all’età
adulta e ha come sua specifica
finalità «non solo di trasmettere i contenuti della fede, ma di educare la
‘mentalità di fede’, di
iniziare alla vita ecclesiale, di integrare fede e vita»67.
Per questo la catechesi sostiene in modo
continuativo la vita dei cristiani e in particolare gli adulti, perché siano
educatori e testimoni per le nuove
generazioni.
La
liturgia è scuola permanente di formazione attorno al Signore risorto,
«luogo educativo e
rivelativo»68
in cui la fede prende forma e viene trasmessa.
Nella celebrazione liturgica il cristiano impara a
«gustare com’è buono il Signore» (Sal 34,9; cfr 1Pt 2,3), passando
dal nutrimento del latte al cibo
solido (cfr Eb 5,12-14), «fino a raggiungere la misura della pienezza di
Cristo» (Ef 4,13). Tra le
numerose azioni svolte dalla parrocchia, «nessuna è tanto vitale o formativa
della comunità quanto la
celebrazione domenicale del giorno del Signore e della sua Eucaristia»69.
La
carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una
comunità che
testimonia la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e
degli ultimi, impara a
riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e
nel carcerato,
nell’ammalato e in ogni bisognoso. La comunità cristiana è pronta ad accogliere
e valorizzare ogni persona,
anche quelle che vivono in stato di disabilità o svantaggio. Per questo vanno
incentivate proposte
educative e percorsi di volontariato adeguati all’età e alla condizione delle
persone, mediante
l’azione della Caritas e delle altre realtà ecclesiali che operano in questo
ambito, anche a fianco
dei missionari.
40.
Esperienza fondamentale dell’educazione alla vita di
fede è l’iniziazione cristiana, che «non è quindi
una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica
l’esprimersi proprio
della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa
come madre»70.
Essa ha
gradualmente assunto un’ispirazione catecumenale, che conduce le persone a una
progressiva consapevolezza della fede, mediante itinerari differenziati di
catechesi e di esperienza di vita
cristiana. La celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, seguita da
un’adeguata
mistagogia, rappresenta il compimento di questo cammino verso la piena maturità
cristiana.
In un
ambiente spesso indifferente se non addirittura ostile al messaggio del Vangelo,
la Chiesa
riscopre il linguaggio originario dell’annuncio, che ha in sé due
caratteristiche educative
straordinarie: la dimensione del dono e l’appello alla conversione continua.
Il
primo annuncio della fede
rappresenta l’anima di ogni azione pastorale. Anche l’iniziazione cristiana deve
basarsi su questa
evangelizzazione iniziale, da mantenere viva negli itinerari di catechesi,
proponendo relazioni
capaci di coinvolgere le famiglie e integrate nell’esperienza dell’anno
liturgico. Il primo
annuncio
è rivolto in modo privilegiato agli adulti e ai giovani, soprattutto in
particolari momenti di vita come
la preparazione al matrimonio, l’attesa dei figli, il catecumenato per gli
adulti71.
La
parrocchia, crocevia delle istanze educative
41.
Solo una comunità accogliente e dialogante può trovare
le vie per instaurare rapporti di amicizia
e offrire risposte alla sete di Dio che è presente nel cuore di ogni uomo72.
Oggi si impone la
ricerca di nuovi linguaggi, non autoreferenziali e arricchiti dalle acquisizioni
di quanti operano
nell’ambito della comunicazione, della cultura e dell’arte73.
Per questo è necessario educare a una fede più
motivata, capace di dialogare anche con chi si avvicina alla Chiesa solo
occasionalmente, con i
credenti di altre religioni e con i non credenti. In tale prospettiva, il
progetto culturale orientato
in senso cristiano stimola in ciascun battezzato e in ogni comunità
l’approfondimento di una fede
consapevole, che abbia piena cittadinanza nel nostro tempo, così da contribuire
anche alla crescita
della società74.
La
parrocchia – Chiesa che vive tra le case degli uomini – continua a essere il
luogo
fondamentale per la comunicazione del Vangelo e la formazione della coscienza
credente;
rappresenta nel territorio il riferimento immediato per l’educazione e la vita
cristiana a un livello
accessibile a tutti; favorisce lo scambio e il confronto tra le diverse
generazioni; dialoga con le
istituzioni locali e costruisce alleanze educative per servire l’uomo.
Essa è
animata dal contributo di educatori, animatori e catechisti, autentici testimoni
di gratuità,
accoglienza e servizio. La formazione di tali figure costituisce un impegno
prioritario per la
comunità parrocchiale, attenta a curarne, insieme alla crescita umana e
spirituale, la competenza
teologica, culturale e pedagogica.
Questo
obiettivo resterà disatteso se non si riuscirà a dar vita a una “pastorale
integrata” secondo
modalità adatte ai territori e alle circostanze, come già avviene in talune
sperimentazioni avviate a
livello diocesano75.
42.
Un ambito in cui tale approccio ha permesso di
compiere passi significativi è quello dei giovani e
dei ragazzi. La necessità di rispondere alle loro esigenze porta a superare i
confini
parrocchiali e ad allacciare alleanze con le altre agenzie educative. Tale
dinamica incide anche su
quell’espressione, tipica dell’impegno educativo di tante parrocchie, che è l’oratorio.
Esso
accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i
laici protagonisti, affidando
loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio
esprime il volto e la
passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori
in un progetto volto a
condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e
il suo
linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione,
sport, musica, teatro,
gioco, studio.
43.
Nelle diocesi e nelle parrocchie sono attive tante
aggregazioni ecclesiali:
associazioni e
movimenti, gruppi e confraternite.
Si tratta di esperienze significative per l’azione educativa, che
richiedono di essere sostenute e coordinate. In esse i fedeli di ogni età e
condizione sperimentano la ricchezza
di autentiche relazioni fraterne; si formano all’ascolto della Parola e al
discernimento
comunitario; maturano la capacità di testimoniare con efficacia il Vangelo nella
società.
Tra
queste realtà, occupa un posto specifico e singolare l’Azione Cattolica, che da
sempre coltiva
uno stretto legame con i pastori della Chiesa, assumendo come proprio il
programma pastorale
della Chiesa locale e costituendo per i soci una scuola di formazione cristiana.
Le figure di grandi
laici che ne hanno segnato la storia sono un richiamo alla vocazione alla
santità, meta di ogni
battezzato.
44.
La pietà popolare costituisce anche ai giorni
nostri una dimensione rilevante della vita
ecclesiale e può diventare veicolo educativo di valori della tradizione
cristiana, riscoperti nel loro
significato più autentico. Purificata da eventuali eccessi e da elementi
estranei e rinnovata nei contenuti
e nelle forme, permette di raggiungere con l’annuncio tante persone che
altrimenti
resterebbero ai margini della vita ecclesiale. In essa devono risaltare la
parola di Dio, la
predicazione e la catechesi, la preghiera e i sacramenti dell’Eucaristia e della
riconciliazione e, non ultimo,
l’impegno per la carità verso i poveri.
45.
Un ruolo educativo particolare è riservato nella
Chiesa alla vita consacrata. Prima ancora che per
attività specifiche, essa rappresenta una risorsa educativa all’interno del
popolo di Dio per la sua
indole escatologica76.
In quanto caratterizzata da una speciale configurazione a Cristo casto, povero e
obbediente, costituisce una testimonianza fondamentale per tutte le altre forme
di vita
cristiana, indicando la meta ultima della storia in quella speranza che sola può
animare ogni autentico
processo educativo.
Gli
istituti di vita consacrata, poiché hanno per lo più una presenza che va oltre
la singola diocesi e
spesso sono composti anche da membri provenienti da altri Paesi, possono
favorire la comunione
tra le diverse Chiese particolari e la loro apertura alla mondialità. Una
particolare attenzione va riservata a quegli istituti che per carisma specifico
si dedicano
espressamente a compiti educativi: «questo è uno dei doni più preziosi che le
persone consacrate possono
offrire anche oggi alla gioventù, facendola oggetto di un servizio pedagogico
ricco di amore»77.
È importante, al fine di valorizzarne la presenza sul territorio, percorrere vie
di più stretta
collaborazione e intesa con le Chiese locali.
Anche
quando difficoltà vocazionali impongono agli istituti la scelta sofferta di
concentrare attività
e servizi, è bene che ogni decisione in merito tenga conto di un dialogo previo
e di una
valutazione comune con la Chiesa locale interessata.
La scuola
e l’università
46.
La scuola si trova oggi ad affrontare una sfida
molto complessa, che riguarda la sua stessa identità
e i suoi obiettivi. Essa, infatti, ha il compito di trasmettere il patrimonio
culturale elaborato nel
passato, aiutare a leggere il presente, far acquisire le competenze per
costruire il futuro,
concorrere, mediante lo studio e la formazione di una coscienza critica, alla
formazione del cittadino
e alla crescita del senso del bene comune. La forte domanda di conoscenze e di
capacità
professionali e i rapidi cambiamenti economici e produttivi inducono spesso a
promuovere un sistema
efficiente più nel dare istruzioni sul “come fare” che sul senso delle scelte di
vita e sul “chi essere”.
Di conseguenza, anche il docente tende a essere considerato non tanto un maestro
di cultura e di
vita, quanto un trasmettitore di nozioni e di competenze e un facilitatore
dell’apprendimento; tutt’al
più, un divulgatore di comportamenti socialmente accettabili78.
Consapevole di ciò, la comunità cristiana vuole intensificare la collaborazione
permanente con le
istituzioni scolastiche attraverso i cristiani che vi operano, le associazioni
di genitori, studenti e
docenti, i movimenti ecclesiali, i collegi e i convitti, mettendo in atto
un’adeguata ed efficace pastorale
della scuola e dell’educazione.
Occorre
investire, con l’apporto delle diverse componenti del mondo scolastico,
ecclesiale e civile,
in una scuola che promuova, anzitutto, una cultura umanistica e sapienziale,
abilitando gli studenti
ad affrontare le sfide del nostro tempo. In particolare, essa deve abilitare
all’ingresso
competente nel mondo del lavoro e delle professioni, all’uso sapiente dei nuovi
linguaggi, alla
cittadinanza e ai valori che la sorreggono: la solidarietà, la gratuità, la
legalità e il rispetto delle
diversità. Così la scuola mantiene aperto il dialogo con gli altri soggetti
educativi – in primo luogo la
famiglia – con i quali è chiamata a perseguire obiettivi convergenti. Il
carattere pubblico non ne
pregiudica l’apertura alla trascendenza e non impone una neutralità rispetto a
quei valori morali che sono alla
base di ogni autentica formazione della persona e della realizzazione del bene
comune.
In questa
prospettiva, è determinante la formazione degli insegnanti, dei dirigenti
scolastici e del
personale amministrativo e ausiliario, chiamati a essere capaci di
ascolto delle esperienze che ogni
alunno porta con sé, accostandosi a lui con umiltà, rispetto e disponibilità.
47.
Al raggiungimento di questi obiettivi può dare un
qualificato contributo il
docente di religione
cattolica, che insegna una
disciplina curriculare inserita a pieno titolo nelle finalità della scuola e
promuove un proficuo dialogo con i colleghi, rappresentando – in quanto figura
competente e qualificata – una forma di servizio della comunità ecclesiale
all’istituzione scolastica.
L’insegnamento della religione cattolica permette agli alunni di affrontare le
questioni inerenti
il senso della vita e il valore della persona, alla luce della Bibbia e della
tradizione cristiana.
Lo studio
delle fonti e delle forme storiche del cattolicesimo è parte integrante della
conoscenza del
patrimonio storico, culturale e sociale del popolo italiano e delle radici
cristiane della cultura europea.
Infatti, «la dimensione religiosa... è intrinseca al fatto culturale, concorre
alla formazione globale
della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita»79.
Per questo motivo
«la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di
umanità, nei quali,
decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a
scoprire il bene e a crescere
nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico,
ad attingere dai doni del
passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso
il futuro»80.
48.
La scuola cattolica e i centri di formazione
professionale d’ispirazione cristiana fanno parte a pieno
titolo del sistema nazionale di istruzione e formazione. Nel rispetto delle
norme comuni a tutte le
scuole, essi hanno il compito di sviluppare una proposta pedagogica e culturale
di qualità, radicata
nei valori educativi ispirati al Vangelo.
Il
principio dell’uguaglianza tra le famiglie di fronte alla scuola impone non solo
interventi di
sostegno alla scuola cattolica, ma il pieno riconoscimento, anche sotto il
profilo economico,
dell’opportunità di scelta tra la scuola statale e quella paritaria. La scuola
cattolica potrà essere così sempre
più accessibile a tutti, in particolare a quanti versano in situazioni difficili
e disagiate. Il confronto
e la collaborazione a pari titolo tra istituti pubblici, statali e non statali,
possono
contribuire efficacemente a rendere più agile e dinamico l’intero sistema
scolastico, per rispondere meglio
all’attuale domanda formativa.
La scuola
cattolica costituisce una grande risorsa per il Paese. In quanto parte
integrante della
missione ecclesiale, essa va promossa e sostenuta nelle diocesi e nelle
parrocchie, superando forme di
estraneità o di indifferenza e contribuendo a costruire e valorizzare il suo
progetto
educativo. In quanto scuola paritaria, e perciò riconosciuta nel suo carattere
di servizio pubblico, essa
rende effettivamente possibile la scelta educativa delle famiglie, offrendo un
ricco patrimonio culturale
a servizio delle nuove generazioni.
49.
L’università svolge un ruolo determinante per
la formazione delle nuove generazioni,
garantendo una preparazione che consente di orientarsi nella complessità
culturale odierna. Il mondo
universitario ha il compito di promuovere competenze che abbraccino l’ampiezza dei
problemi, attente alle esigenze di senso e alle implicazioni etiche degli studi
e delle ricerche nei diversi
campi del sapere. «Tale capacità – scriveva il Beato John H. Newman – è il
risultato di una
formazione scientifica della mente; è una facoltà acquisita di giudizio,
chiarezza di visione, sagacia, sapienza,
ampiezza filosofica della mente e auto-controllo e serenità intellettuali»81.
«Che cosa
è l’università? Qual è il suo compito? … Penso si possa dire che la vera, intima origine
dell’università stia nella brama di conoscenza che è propria dell’uomo. Egli
vuole sapere che cosa
sia tutto ciò che lo circonda. Vuole verità»82.
L’università rappresenta pertanto un luogo di incontro
e di dialogo tra studenti, docenti e personale tecnico e amministrativo, che
condividono un ambiente
ricco di risorse per l’intera società. Il raccordo tra l’università e la Chiesa
locale è promosso
attraverso la pastorale universitaria, pienamente inserita nell’impegno di
evangelizzazione della cultura e di formazione dei giovani. Va valorizzato il
particolare contributo reso dai
cristiani: con il «servizio del pensiero, essi tramandano alle giovani
generazioni i valori di un
patrimonio culturale arricchito da due millenni di esperienza umanistica e
cristiana»83.
In
dialogo con le istituzioni universitarie statali, un ruolo peculiare spetta alle
Facoltà
teologiche e agli
Istituti superiori di scienze religiose presenti su tutto il territorio
nazionale, all’Università
Cattolica del Sacro Cuore e alla LUMSA. Essi mirano alla formazione
integrale della persona,
suscitando la ricerca del bello, del buono, del vero e dell’uno; a far maturare
competenze per una
comprensione viva del messaggio cristiano e a renderne ragione nel contesto
culturale odierno;
«a promuovere una nuova sintesi umanistica, un sapere che sia sapienza capace di orientare
l’uomo alla luce dei principi primi e dei suoi fini ultimi, un sapere illuminato
dalla fede»84.
La
responsabilità educativa della società
50.
La comunità cristiana offre il suo contributo e
sollecita quello di tutti perché la società
diventi
sempre più terreno favorevole all’educazione. Favorendo condizioni e stili di
vita sani e
rispettosi dei valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della
persona, educare
all’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e
al senso della festa, alla sobrietà
e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla
responsabilità etica
nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie85.
Ciò
richiede il coinvolgimento non solo dei genitori e degli insegnanti, ma anche
degli uomini
politici, degli imprenditori, degli artisti, degli sportivi, degli esperti della
comunicazione e dello
spettacolo. La società nella sua globalità, infatti, costituisce un ambiente
vitale dal forte impatto
educativo; essa veicola una serie di riferimenti fondamentali che condizionano
in bene o in male la
formazione dell’identità, incidendo profondamente sulla mentalità e sulle scelte
di ciascuno.
Inoltre,
i vari ambienti di vita e di relazione – non ultimi quelli del divertimento, del
tempo libero e
del turismo – esercitano un’influenza talvolta maggiore di quella dei luoghi
tradizionali, come la
famiglia e la scuola. Essi offrono perciò preziose opportunità perché non
manchi, in tutti gli spazi
sociali, una proposta educativa integrale.
La
comunicazione nella cultura digitale
51.
La comunità cristiana guarda con particolare
attenzione al mondo della comunicazione come a una
dimensione dotata di una rilevanza imponente per l’educazione. La tecnologia
digitale, superando
la distanza spaziale, moltiplica a dismisura la rete dei contatti e la
possibilità di
informarsi, di partecipare e di condividere, anche se rischia di far perdere il
senso di prossimità e di rendere
più superficiali i rapporti.
La
crescita vorticosa e la diffusione planetaria di questi mezzi, favorite dal
rapido sviluppo delle
tecnologie digitali, in molti casi acuiscono il divario tra le persone, i gruppi
sociali e i popoli.
Soprattutto, non cresce di pari passo la consapevolezza delle implicazioni
sociali, etiche e culturali che
accompagnano il diffondersi di questo nuovo contesto esistenziale.
Agendo
sul mondo vitale, i processi mediatici arrivano a dare forma alla realtà stessa.
Essi
intervengono in modo incisivo sull’esperienza delle persone e permettono un
ampliamento delle
potenzialità umane. Dall’influsso più o meno consapevole che esercitano, dipende
in buona misura la
percezione di noi stessi, degli altri e del mondo. Essi vanno considerati
positivamente, senza
pregiudizi, come delle risorse, pur richiedendo uno sguardo critico e un uso
sapiente e responsabile.
Il loro
ruolo nei processi educativi è sempre più rilevante: le tradizionali agenzie
educative sono
state in gran parte soppiantate dal flusso mediatico. Un obiettivo da
raggiungere, dunque, sarà anzitutto
quello di educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una
più diffusa
competenza quanto al loro uso.
Il modo
di usarli è il fattore che decide quale valenza morale possano avere. Su questo punto,
pertanto, deve concentrarsi l’attenzione educativa, al fine di sviluppare la
capacità di valutarne
il messaggio e gli influssi, nella consapevolezza della considerevole forza di
attrazione e di
coinvolgimento di cui essi dispongono. Un particolare impegno deve essere posto
nel tutelare
l’infanzia, anche con concreti ed efficaci interventi legislativi.
Pure in
questo campo, l’impresa educativa richiede un’alleanza fra i diversi soggetti.
Perciò sarà
importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e
costruttivo, e mostrare
alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette. Inoltre, si
rivela
indispensabile l’apporto dei mezzi della comunicazione promossi dalla comunità
cristiana (tv, radio, giornali,
siti internet, sale della comunità) e l’impegno educativo negli itinerari
di formazione proposti
dalle realtà ecclesiali. Un ruolo importante potrà essere svolto dagli animatori
della
comunicazione e della cultura, che si stanno diffondendo nelle nostre comunità,
secondo le
indicazioni contenute nel Direttorio sulle
comunicazioni sociali86.
L’impegno
educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni
a venire un
ambito privilegiato per la missione della Chiesa.
Capitolo 5 – Indicazioni
per la progettazione pastorale
52.
Le indicazioni che seguono
intendono suggerire alcune linee di fondo, perché ogni Chiesa
particolare possa progettare il proprio cammino pastorale in sintonia con gli
orientamenti nazionali.
La
condivisione di queste prospettive, accolte e sviluppate a livello locale,
favorirà l’azione concorde
delle comunità ecclesiali, chiamate ad assumere consapevolmente la
responsabilità educativa
nell’orizzonte culturale e sociale.
Esigenze
fondamentali
53.
Alla base del nostro cammino, sta la necessità di
prendere coscienza delle caratteristiche e
dell’urgenza della questione educativa. L’educazione, infatti, se è compito di
sempre, si presenta ogni
volta con aspetti di novità. Per questo non può risolversi in semplici
ripetizioni, ma deve anzitutto
prestare la giusta attenzione alla qualità e alle dinamiche della vita sociale.
Oggi è
necessario curare in particolare relazioni aperte all’ascolto, al
riconoscimento, alla stabilità
dei legami e alla gratuità. Ciò significa:
-
cogliere il desiderio di relazioni profonde che abita il cuore di ogni uomo,
orientandole alla ricerca
della verità e alla testimonianza della carità;
- porre
al centro della proposta educativa il dono come compimento della maturazione
della persona;
- far
emergere la forza educativa della fede verso la pienezza della relazione con
Cristo nella comunione
ecclesiale.
L’intera
vita ecclesiale ha una forte valenza educativa. La comunità cristiana, a partire
dalle
parrocchie, deve avvertire l’urgenza di stare accanto ai genitori per offrire
loro con disponibilità e
competenza proposte educative valide. In particolare, l’azione pastorale andrà
accompagnata da una costante
opera di discernimento, realisticamente calibrato sull’esistente, ma volto a
mettere in luce le
risorse e le esperienze positive su cui far leva.
Nell’ottica della corresponsabilità educativa della comunità ecclesiale, andrà
condotta
un’attenta verifica delle scelte pastorali sinora compiute:
- A
livello nazionale, sarà opportuno valutare gli effetti dei progetti educativi e
gli strumenti elaborati
dalla Conferenza Episcopale nei vari ambiti pastorali. Avendo particolare
attenzione
all’impostazione emersa dal Convegno ecclesiale di Verona, occorrerà considerare
quanto essa abbia
favorito lo sviluppo di una pastorale integrata e missionaria. A tale verifica
potranno offrire un valido
contributo anche le Conferenze Episcopali Regionali.
- A
livello locale, si tratta di considerare con realismo i punti di debolezza e di
sofferenza presenti
nei diversi contesti educativi, come pure le esperienze positive in atto. In
particolare, si
suggerisce un esame attento sia dei cammini di formazione dei catechisti, degli
operatori pastorali e degli
insegnanti di religione cattolica, sia dei percorsi educativi delle associazioni
e dei movimenti.
È
evidente che la valutazione dell’impegno educativo per un suo rilancio
progettuale può essere
attuata solo in riferimento all’integralità e alla centralità del soggetto
umano. Alla base della
progettazione pastorale vi è la visione cristiana della persona: l’idea di
educazione che da essa proviene
possiede una sua specifica originalità, anche se è aperta a diversi apporti e si
pone in dialogo
con tutti, in particolare con le scienze umane. Appare urgente valorizzare la
dimensione
trascendente dell’educazione, per la formazione di persone aperte a Dio e capaci
di dedicarsi al bene della
comunità.
Obiettivi
e scelte prioritarie
54.
La lettura della prassi educativa, alla luce dei
cambiamenti culturali, stimola nuove scelte di
progettazione, riferite ad alcuni ambiti privilegiati.
a.
L’iniziazione cristiana
L’iniziazione cristiana mette in luce la forza formatrice dei sacramenti per la
vita cristiana, realizza
l’unità e l’integrazione fra annuncio, celebrazione e carità, e favorisce
alleanze educative.
Occorre
confrontare le esperienze di iniziazione cristiana di bambini e adulti nelle
Chiese locali, al fine di
promuovere la responsabilità primaria della comunità cristiana, le forme del
primo annuncio, gli
itinerari di preparazione al battesimo e la conseguente mistagogia per i
fanciulli, i ragazzi e i giovani,
il coinvolgimento della famiglia, la centralità del giorno del Signore e
dell’Eucaristia,
l’attenzione alle persone disabili, la catechesi degli adulti quale impegno di
formazione
permanente87.
In questo
decennio sarà opportuno discernere, valutare e promuovere una serie di criteri
che dalle
sperimentazioni in atto possano delineare il processo di rinnovamento della
catechesi,
soprattutto nell’ambito dell’iniziazione cristiana. È necessario, inoltre, un
aggiornamento degli strumenti
catechistici, tenendo conto del mutato contesto culturale e dei nuovi linguaggi
della
comunicazione88.
b.
Percorsi di vita buona
Ogni
ambito del vissuto umano è interpellato dalla sfida educativa. Dobbiamo
domandarci come le
indicazioni maturate nel Convegno ecclesiale di Verona siano state recepite e
attuate in ordine al
rinnovamento dell’azione ecclesiale e alla formazione dei laici, chiamati a
coniugare una matura
spiritualità e il senso di appartenenza ecclesiale con un amore appassionato per
la città degli uomini e
la capacità di rendere ragione della propria speranza nelle vicende del nostro
tempo.
- Tra i
processi di accompagnamento alla costruzione dell’identità personale, merita
particolare rilievo l’educazione alla vita affettiva, a partire dai più
piccoli. È importante che a loro in modo
speciale sia annunciato «il Vangelo della vita buona, bella e beata che i
cristiani possono vivere
sulle tracce del Signore Gesù»89.
È urgente accompagnare i giovani nella scoperta della loro vocazione
con una proposta che sappia presentare e motivare la bellezza dell’insegnamento
evangelico sull’amore e sulla sessualità umana, contrastando il diffuso
analfabetismo affettivo90.
Particolare cura richiede la formazione al matrimonio cristiano e alla vita
familiare. Il rinnovamento di tali
itinerari è necessario per renderli cammini efficaci di fede e di esperienza
spirituale91.
Questo percorso
dovrà continuare anche mediante gruppi di sposi e di spiritualità familiare,
animati da coppie
preparate e testimoni di unità e fedeltà nell’amore.
- La
capacità di vivere il lavoro e la festa come compimento della vocazione
personale
appartiene agli obiettivi dell’educazione cristiana. È importante impegnarsi
perché ogni persona possa
vivere «un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie
radici a livello
personale, familiare e
spirituale»92, prendendosi cura degli
altri nella fatica del lavoro e nella gioia della
festa, rendendo possibile la condivisione solidale con chi soffre, è solo o nel
bisogno. Oltre a
promuovere una visione autentica e umanizzante di questi ambiti fondamentali
dell’esistenza, la comunità
cristiana è chiamata a valorizzare le potenzialità educative
dell’associazionismo legato alle
professioni, al tempo libero, allo sport e al turismo.
-
L’esperienza della fragilità umana si manifesta in tanti modi e in tutte
le età, ed è essa stessa,
in certo modo, una “scuola” da cui imparare, in quanto mette a nudo i limiti di
ciascuno. Per queste
ragioni il tema della fragilità entra a pieno titolo nella dinamica del rapporto
educativo, nella
formazione e nella ricerca del senso, nelle relazioni di aiuto e di
accompagnamento. Pur nella
particolarità di tali situazioni, che non si lasciano rinchiudere in schemi e
programmi, non possono mancare
nelle proposte formative la contemplazione della croce di Gesù, il confronto con
le domande
suscitate dalla sofferenza e dal dolore, l’esperienza dell’accompagnamento delle
persone nei
passaggi più difficili, la testimonianza della prossimità, così da costruire un
vero e proprio cammino
di educazione alla speranza.
- La
Chiesa esiste per comunicare: è essa stessa tradizione vivente,
trasmissione incessante del
Vangelo ricevuto, nei modi culturalmente più fecondi e rilevanti, affinché ogni
uomo possa
incontrare il Risorto, che è via, verità e vita. Nel suo nucleo essenziale, la
tradizione è trasmissione di una
cultura – fatta di atteggiamenti, comportamenti, costumi di vita, idee,
conoscenze,
espressioni artistiche, religiose e politiche – e di un patrimonio spirituale
all’interno del quale crescono
e si formano le persone nel volgere delle generazioni. Nell’ampio ventaglio di
forme in cui la Chiesa
attua questa responsabilità, un aspetto particolarmente importante è
l’educazione alla
comunicazione, mediante la conoscenza, la fruizione critica e la gestione dei
media. Anche questa nuova
frontiera passa attraverso le vie ordinarie della pastorale delle parrocchie,
delle associazioni e delle
comunità religiose, avvalendosi di apposite iniziative di formazione. Mentre
resta necessario investire
risorse adeguate – di persone e mezzi – in questo ambito, occorre sostenere
l’impegno di quanti
operano da cristiani nell’universo della comunicazione.
-
Avvertiamo infine la necessità di educare alla cittadinanza responsabile.
L’attuale dinamica
sociale appare segnata da una forte tendenza individualistica che svaluta la
dimensione sociale,
fino a ridurla a una costrizione necessaria e a un prezzo da pagare per ottenere
un risultato
vantaggioso per il proprio interesse. Nella visione cristiana l’uomo non si
realizza da solo, ma grazie
alla collaborazione con gli altri e ricercando il bene comune. Per questo appare
necessaria una seria
educazione alla socialità e alla cittadinanza, mediante un’ampia diffusione dei
principi della
dottrina sociale della Chiesa, anche rilanciando le scuole di formazione
all’impegno sociale e politico.
Una cura particolare andrà riservata al servizio civile e alle esperienze di
volontariato in Italia e
all’estero. Si dovrà sostenere la crescita di una nuova generazione di laici
cristiani, capaci di
impegnarsi a livello politico con competenza e rigore morale93.
c. Alcuni
luoghi significativi
Nell’ottica di una decisa scommessa per l’educazione e della ricerca di sinergie
e alleanze
educative, un’attenzione specifica andrà rivolta ad alcune esperienze peculiari.
-
La reciprocità tra famiglia, comunità ecclesiale e
società. Questi luoghi emblematici
dell’educazione devono stabilire una feconda alleanza per valorizzare gli
organismi deputati alla
partecipazione; promuovere il dialogo, l’incontro e la collaborazione tra i
diversi educatori; attivare e
sostenere iniziative di formazione su progetti condivisi. In questa alleanza va
riconosciuto e sostenuto
il primato educativo della famiglia. Nell’ambito parrocchiale, inoltre, è
necessario attivare la
conoscenza e la collaborazione tra catechisti, insegnanti – in particolare di
religione cattolica – e animatori
di oratori, associazioni e gruppi. La scuola e il territorio, con le sue
molteplici esperienze e forme
aggregative (palestre, scuole di calcio e di danza, laboratori musicali,
associazioni di
volontariato…), rappresentano luoghi decisivi per realizzare queste concrete
modalità di alleanza
educativa.
- La
promozione di nuove figure educative. Occorre
promuovere una diffusa responsabilità del
laicato, perché germini la sensibilità ad assumere compiti educativi nella
Chiesa e nella società. In
relazione ad ambiti pastorali specifici dovranno svilupparsi figure quali laici
missionari che portino
il primo annuncio del Vangelo nelle case e tra gli immigrati; accompagnatori dei
genitori che
chiedono per i figli il battesimo o i sacramenti dell’iniziazione; catechisti
per il catecumenato dei
giovani e degli adulti; formatori degli educatori e dei docenti; evangelizzatori
di strada, nel mondo
della devianza, del carcere e delle varie forme di povertà.
-
La formazione teologica. Per questi obiettivi, un
particolare contributo è richiesto alle
Facoltà
teologiche, ai Seminari, agli Istituti
superiori di scienze religiose, alle
scuole di formazione teologica.
Si potrà così contare su educatori e operatori pastorali qualificati per
un’educazione attenta
alle persone, rispondente alle domande poste alla fede dalla cultura e in grado
di rendere ragione
della speranza in Cristo nei diversi ambienti di vita.
55.
Consideriamo urgente puntare nel corso del decennio su
alcune priorità, al fine di dare impulso e
forza al compito educativo delle nostre comunità.
- La cura
della formazione permanente degli adulti e delle famiglie. Questa scelta
qualificante, già presente negli orientamenti pastorali dei decenni passati,
merita ulteriore sviluppo,
accoglienza e diffusione nelle parrocchie e nelle altre realtà ecclesiali.
Un’attenzione particolare andrà
riservata alla prima fase dell’età adulta, quando si assumono nuove
responsabilità nel campo del
lavoro, della famiglia e della società.
- Il
rilancio della vocazione
educativa degli istituti di vita consacrata, delle associazioni e dei
movimenti ecclesiali. Si
tratta di riproporre la tradizione educativa di realtà che hanno dato molto
alla formazione di sacerdoti, religiosi e laici. Bisogna perciò che le
parrocchie e gli altri soggetti
ecclesiali sviluppino una pastorale integrata e missionaria, in particolare
negli ambiti di frontiera
dell’educazione.
- La
promozione di un ampio dibattito e di un proficuo
confronto sulla questione educativa
anche
nella società civile, al fine di favorire convergenze e un rinnovato impegno da
parte di tutte le
istituzioni e i soggetti interessati.
Affidati alla guida
materna di Maria
56.
Il volto di un popolo si
plasma in famiglia. È qui che “i suoi membri acquisiscono gli
insegnamenti fondamentali. Essi imparano ad amare in quanto sono amati
gratuitamente, imparano il
rispetto di ogni altra persona in quanto sono rispettati, imparano a conoscere
il volto di Dio in quanto ne
ricevono la prima rivelazione da un padre e da una madre pieni di attenzione”94.
Soprattutto grazie alla donna è possibile riscoprire i valori che rendono umana
la società: ella
“conserva l’intuizione profonda che il meglio della sua vita è fatto di attività
orientate al risveglio
dell’altro, alla sua crescita, alla sua protezione”95.
Maria,
donna esemplare, porge alla Chiesa lo specchio in cui essa è invitata a
riconoscere la propria
identità, gli affetti del cuore, gli atteggiamenti e i gesti che Dio attende da
lei. Con
questa disponibilità, ci poniamo sotto lo sguardo della Madre di Dio, perché ci
guidi nel
cammino dell’educazione.
Maria,
Vergine del silenzio,
non
permettere che davanti alle sfide di questo tempo
la nostra
esistenza sia soffocata dalla rassegnazione o dall’impotenza.
Aiutaci a
custodire l’attitudine all’ascolto,
grembo
nel quale la parola diventa feconda
e ci fa
comprendere che nulla è impossibile a Dio.
Maria,
Donna premurosa,
destaci
dall’indifferenza che ci rende stranieri a noi stessi.
Donaci la
passione che ci educa a cogliere il mistero dell’altro
e ci pone
a servizio della sua crescita.
Liberaci
dall’attivismo sterile,
perché il
nostro agire scaturisca da Cristo, unico Maestro.
Maria,
Madre dolorosa,
che dopo
aver conosciuto l’infinita umiltà di Dio nel Bambino di Betlemme,
hai
provato il dolore straziante di stringerne tra le braccia il corpo martoriato,
insegnaci
a non disertare i luoghi del dolore;
rendici
capaci di attendere con speranza quell’aurora pasquale
che
asciuga le lacrime di chi è nella prova.
Maria,
Amante della vita,
preserva
le nuove generazioni
dalla
tristezza e dal disimpegno.
Rendile
per tutti noi sentinelle
di quella
vita che inizia il giorno in cui ci si apre,
ci si
fida e ci si dona.
Note :
1 CLEMENTE
ALESSANDRINO, Pedagogo III, 99, 1.
2 SANT’AGOSTINO,
Discorso 270, 1.
3 CONCILIO VATICANO
II, Dichiarazione Gravissimum educationis, proemio.
4 GIOVANNI PAOLO II,
Lettera apostolica Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, n. 5.
5 CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia.
Orientamenti pastorali
dell’Episcopato
italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno 2001.
6 CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in
un mondo che cambia, 30
maggio 2004.
7 CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, “Rigenerati
per una speranza viva” (1Pt 1,3): testimoni del grande “sì” di Dio
all’uomo.
Nota pastorale dopo il 4° Convegno ecclesiale
nazionale, 29 giugno 2007, n. 1.
8 BENEDETTO XVI,
Discorso ai partecipanti al IV Convegno nazionale della Chiesa italiana,
Verona, 19 ottobre 2006.
9“Rigenerati per
una speranza viva”, n. 4.
10 Cfr ib., n.
12.
11 Ib., n. 17.
12 BENEDETTO XVI,
Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione,
21 gennaio 2008.
13 Cfr BENEDETTO XVI,
Lettera enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 18.
14 Cfr BENEDETTO XVI,
Discorso ai partecipanti al IV Convegno nazionale della Chiesa italiana.
15 CONCILIO VATICANO
II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 61.
16 Cfr ib., n.
13.
17 Lettera alla
Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione.
18 Ib.
19 “Rigenerati per
una speranza viva”, n. 7.
20 Gaudium et spes,
n. 4.
21 Ib., n. 17.
22 Caritas in
veritate, n. 78.
23 BENEDETTO XVI,
Discorso alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010 (cfr
Appendice).
24 Ib.
25 Ib.
26 Cfr COMITATO PER
IL PROGETTO CULTURALE, La sfida educativa. Rapporto-proposta sull’educazione,
Laterza, Bari-
Roma 2009, pp. 8-10.
27 PAOLO VI,
Discorso per il 40° anniversario del Movimento Aspiranti della GIAC, 21
marzo 1964.
28
Discorso alla 61a
Assemblea Generale della CEI,
27 maggio 2010.
29 CONCILIO VATICANO
II, Dichiarazione Nostra aetate, n. 1.
30 BENEDETTO XVI,
Discorso all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della pastorale
per i migranti e gli
itineranti,
28 maggio 2010.
31 Ib.
32 PAOLO VI,
Discorso alla Federazione Europea per l’educazione cattolica degli adulti, 3
maggio 1971.
33 Cfr Gaudium et
spes, n. 3; Caritas in veritate, n. 11.
34 BENEDETTO XVI,
Discorso alla 59a Assemblea Generale della CEI, 28 maggio 2009.
35 Cfr Nm
27,17; 1Re 22,17; Gdt 11,19; Ez 34,8; Zc 10,2.
36
Discorso alla 59a
Assemblea Generale della CEI,
28 maggio 2009.
37 Cfr CONCILIO
VATICANO II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, n. 8.
38
Discorso alla 59a Assemblea Generale della CEI,
28 maggio 2009.
39 SANT’AGOSTINO,
I costumi della Chiesa cattolica e i costumi dei Manichei, I, 30, 62-63.
40 CONCILIO VATICANO
II, Dichiarazione Dignitatis humanae, n. 14.
41 Dei Verbum,
n. 5.
42 BENEDETTO XVI,
Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, 22 febbraio 2007, n. 71.
43 PONTIFICIA OPERA
DELLE VOCAZIONI ECCLESIASTICHE, Nuove vocazioni per una nuova Europa, 8
dicembre 1997, n.
11c.
44 Cfr Gaudium et
spes, n. 22.
45 Cfr Lumen
gentium, cap. V.
46 Novo millennio
ineunte, n. 31.
47 Cfr Gaudium et
spes, nn. 33-39.
48 Caritas in
veritate, n. 76.
49 TERTULLIANO,
Apologetico, 18,4.
50 Cfr GIOVANNI PAOLO
II, Lettera alle famiglie Gratissimam sane, 2 febbraio 1994, n. 16.
51 BENEDETTO XVI,
Lettera enciclica Deus caritas est, 25 dicembre 2005, n. 1.
52 Lettera alla
diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione.
53 Ib.
54 Ib.
55 BENEDETTO XVI,
Incontro quaresimale con il clero romano, 7 febbraio 2008.
56 Cfr CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno,
21 febbraio 2010, n.
17.
57 Discorso al IV
Convegno nazionale della Chiesa italiana.
58 Cfr PAOLO VI,
Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 41.
59 EUGENIO CERIA,
Memorie biografiche di san Giovanni Bosco, vol. XVI, SEI, Torino 1935, p.
447.
60 Discorso alla
59a Assemblea Generale della CEI, 28 maggio 2009.
61 Cfr GIOVANNI PAOLO
II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 36.
62 Cfr La sfida
educativa, pp. 25-48.
63 Cfr Il volto
missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7.
64 Cfr CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia
Annunciare,
celebrare, servire il
“Vangelo della famiglia”, 25 luglio 1993, cap. 3.
65 Familiaris
consortio, n. 39.
66 CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, Comunione e comunità nella Chiesa domestica, 1°
ottobre 1981, n. 24.
67 COMMISSIONE
EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI,
Annuncio e catechesi per la
vita cristiana,
4 aprile 2010, n. 2; cfr Gravissimum educationis, n. 4.
68 Comunicare il
Vangelo in un mondo che cambia, n. 49.
69 GIOVANNI PAOLO II,
Lettera apostolica Dies Domini, 31 maggio 1998, n. 35.
70 UFFICIO
CATECHISTICO NAZIONALE, La formazione dei catechisti per l’iniziazione
cristiana dei fanciulli e dei
ragazzi, 4
giugno 2006, n. 6.
71 Cfr COMMISSIONE
EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI,
Questa è la nostra fede.
Nota pastorale sul
primo annuncio del Vangelo, 15 maggio 2005.
72 Cfr COMMISSIONE
EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI,
Lettera ai cercatori di
Dio, 12
aprile 2009.
73 Cfr BENEDETTO XVI,
Incontro con gli artisti nella Cappella Sistina, 21 novembre 2009.
74 Cfr “Rigenerati
per una speranza viva”, n. 13.
75 Cfr Il volto
missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 11.
76 Cfr GIOVANNI PAOLO
II, Esortazione apostolica Vita consecrata, 25 marzo 1996, n. 26.
77 Ib., n. 96.
78 Cfr La sfida
educativa, pp. 49-71.
79 BENEDETTO XVI,
Discorso agli insegnanti di religione cattolica, 25 aprile 2009.
80 Ib.
81 J.H. NEWMAN,
L’idea di università, VII, 1, in Scritti sull’università, Bompiani,
Milano 2008, p. 313.
82 BENEDETTO XVI,
Allocuzione per l’incontro con l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”,
17 gennaio 2008.
83 GIOVANNI PAOLO II,
Esortazione apostolica Ecclesia in Europa, 28 giugno 2003, n. 59.
84 BENEDETTO XVI,
Discorso ai docenti dei
Pontifici atenei romani e ai partecipanti all’Assemblea generale della
federazione
internazionale delle università cattoliche,
19 novembre 2009.
85 Cfr Caritas in
veritate, n. 36.
86 Cfr CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della
Chiesa.
Comunicazione e
missione, 18 giugno 2004, cap. VI; cfr anche BENEDETTO XVI,
Discorso ai partecipanti al
Convegno nazionale
“Testimoni digitali”, 24 aprile 2010.
87 Oltre ai documenti
della CEI già citati, cfr le tre Note pastorali del Consiglio Episcopale
Permanente sull’iniziazione
cristiana:
L’iniziazione cristiana 1. Orientamenti per il catecumenato degli adulti, 30
marzo 1997; L’iniziazione
cristiana 2.
Orientamenti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14
anni, 23 maggio 1999;
L’iniziazione
cristiana 3. Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento
dell’iniziazione in età adulta, 8
giugno 2003.
88 Cfr Annuncio e
catechesi per la vita cristiana, n. 17.
89 Comunicare il
Vangelo in un mondo che cambia, n. 57.
90 Cfr “Rigenerati
per una speranza viva”, n. 12.
91 Cfr UFFICIO
LITURGICO NAZIONALE - UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE - UFFICIO NAZIONALE PER LA
PASTORALE
DELLA FAMIGLIA -
SERVIZIO NAZIONALE PER LA PASTORALE GIOVANILE, Celebrare il “mistero
grande” dell’amore.
Indicazioni per la
valorizzazione pastorale del nuovo Rito del matrimonio, 14 febbraio 2006.
92 Caritas in
veritate, n. 63.
93 Cfr BENEDETTO XVI,
Omelia nella Celebrazione eucaristica sul sagrato del Santuario di
Nostra Signora di Bonaria,
Cagliari, 7 settembre
2008.
94 CONGREGAZIONE PER
LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai
Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione
dell’uomo e della
donna nella Chiesa e nel mondo, 31
maggio 2004.
95 Ib.
APPENDICE
Discorso di Sua Santità
Benedetto XVI alla 61a Assemblea Generale della Conferenza
Episcopale Italiana, 27 maggio 2010
Venerati
e cari Fratelli,
nel
Vangelo proclamato domenica scorsa, Solennità di Pentecoste, Gesù ci ha
promesso: “Il
Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà
ogni cosa e vi ricorderà
tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14, 26). Lo Spirito Santo guida la
Chiesa nel mondo e nella
storia. Grazie a questo dono del Risorto, il Signore resta presente nello
scorrere degli eventi; è nello
Spirito che possiamo riconoscere in Cristo il senso delle vicende umane. Lo
Spirito Santo ci fa Chiesa,
comunione e comunità incessantemente convocata, rinnovata e rilanciata verso il
compimento del Regno di Dio. È nella comunione ecclesiale la radice e la ragione
fondamentale del vostro
convenire e del mio essere ancora una volta con voi, con gioia, in occasione di
questo
appuntamento annuale; è la prospettiva con la quale vi esorto ad affrontare i
temi del vostro lavoro, nel quale
siete chiamati a riflettere sulla vita e sul rinnovamento dell’azione pastorale
della Chiesa in
Italia. Sono grato al Cardinale Angelo Bagnasco per le cortesi e intense parole
che mi ha rivolto, facendosi
interprete dei vostri sentimenti: il Papa sa di poter contare sempre sui Vescovi
italiani. In voi
saluto le comunità diocesane affidate alle vostre cure, mentre estendo il mio
pensiero e la mia vicinanza
spirituale all’intero popolo italiano.
Corroborati dallo Spirito, in continuità con il cammino indicato dal Concilio
Vaticano II, e in
particolare con gli orientamenti pastorali del decennio appena concluso, avete
scelto di assumere l’educazione
quale tema portante per i prossimi dieci anni. Tale orizzonte temporale è
proporzionato alla radicalità e all’ampiezza della domanda educativa. E mi
sembra necessario andare
fino alle radici profonde di questa emergenza per trovare anche le risposte
adeguate a questa sfida. Io
ne vedo soprattutto due. Una radice essenziale consiste – mi sembra – in un
falso concetto di
autonomia dell’uomo: l’uomo dovrebbe svilupparsi solo da se stesso, senza
imposizioni da parte di altri,
i quali potrebbero assistere il suo autosviluppo, ma non entrare in questo
sviluppo. In realtà, è
essenziale per la persona umana il fatto che diventa se stessa solo dall’altro,
l’“io” diventa se stesso
solo dal “tu” e dal “noi”, è creato per il dialogo, per la comunione sincronica
e diacronica. E solo
l’incontro con il “tu” e con il “noi” apre l’“io” a se stesso. Perciò la
cosiddetta educazione
antiautoritaria non è educazione, ma rinuncia all’educazione: così non viene
dato quanto noi siamo debitori
di dare agli altri, cioè questo “tu” e “noi” nel quale si apre l’“io” a se
stesso. Quindi un primo
punto mi sembra questo: superare questa falsa idea di autonomia dell’uomo, come
un “io” completo
in se stesso, mentre diventa “io” anche nell’incontro collettivo con il “tu” e
con il “noi”.
L’altra
radice dell’emergenza educativa io la vedo nello scetticismo e nel relativismo
o, con parole
più semplici e chiare, nell’esclusione delle due fonti che orientano il cammino
umano. La prima
fonte dovrebbe essere la natura secondo la Rivelazione. Ma la natura viene
considerata oggi come una
cosa puramente meccanica, quindi che non contiene in sé alcun imperativo morale,
alcun
orientamento valoriale: è una cosa puramente meccanica, e quindi non viene alcun
orientamento
dall’essere stesso. La Rivelazione viene considerata o come un momento dello
sviluppo storico, quindi
relativo come tutto lo sviluppo storico e culturale, o – si dice – forse c’è
rivelazione, ma non comprende
contenuti, solo motivazioni. E se tacciono queste due fonti, la natura e la
Rivelazione, anche la
terza fonte, la storia, non parla più, perché anche la storia diventa solo un
agglomerato di decisioni
culturali, occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e per il
futuro.
Fondamentale è quindi ritrovare un concetto vero della natura come creazione di
Dio che parla a
noi; il
Creatore, tramite il libro della creazione, parla a noi e ci mostra i valori
veri. E poi così anche ritrovare
la Rivelazione: riconoscere che il libro della creazione, nel quale Dio ci dà
gli orientamenti
fondamentali, è decifrato nella Rivelazione, è applicato e fatto proprio nella
storia culturale e
religiosa, non senza errori, ma in una maniera sostanzialmente valida, sempre di
nuovo da
sviluppare e da purificare. Così, in questo “concerto” – per così dire – tra
creazione decifrata nella
Rivelazione, concretizzata nella storia culturale che sempre va avanti e nella
quale noi ritroviamo sempre
più il linguaggio di Dio, si aprono anche le indicazioni per un’educazione che
non è
imposizione, ma realmente apertura dell’“io” al “tu”, al “noi” e al “Tu” di Dio.
Quindi le
difficoltà sono grandi: ritrovare le fonti, il linguaggio delle fonti, ma, pur
consapevoli del peso di queste difficoltà, non possiamo cedere alla sfiducia e
alla rassegnazione.
Educare
non è mai stato facile, ma non dobbiamo arrenderci: verremmo meno al mandato che
il Signore
stesso ci ha affidato, chiamandoci a pascere con amore il suo gregge.
Risvegliamo piuttosto nelle
nostre comunità quella passione educativa, che è una passione dell’“io” per il
“tu”, per il “noi”,
per Dio, e che non si risolve in una didattica, in un insieme di tecniche e
nemmeno nella
trasmissione di principi aridi. Educare è formare le nuove generazioni, perché
sappiano entrare in rapporto
con il mondo, forti di una memoria significativa che non è solo occasionale, ma
accresciuta dal linguaggio di Dio che troviamo nella natura e nella Rivelazione,
di un patrimonio interiore
condiviso, della vera sapienza che, mentre riconosce il fine trascendente della
vita, orienta il
pensiero, gli affetti e il giudizio.
I giovani
portano una sete nel loro cuore, e questa sete è una domanda di significato e di rapporti
umani autentici, che aiutino a non sentirsi soli davanti alle sfide della vita.
È desiderio di un futuro,
reso meno incerto da una compagnia sicura e affidabile, che si accosta a
ciascuno con
delicatezza e rispetto, proponendo valori saldi a partire dai quali crescere
verso traguardi alti, ma
raggiungibili.
La nostra risposta è l’annuncio del Dio amico dell’uomo, che in
Gesù si è fatto prossimo
a ciascuno. La trasmissione della fede è parte irrinunciabile della formazione
integrale della
persona, perché in Gesù Cristo si realizza il progetto di una vita riuscita:
come insegna il Concilio
Vaticano II, “chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più
uomo” (Gaudium
et spes, n. 41). L’incontro personale con Gesù è la chiave per intuire la
rilevanza di Dio
nell’esistenza quotidiana, il segreto per spenderla nella carità fraterna, la
condizione per rialzarsi sempre
dalle cadute e muoversi a costante conversione.
Il
compito educativo, che avete assunto come prioritario, valorizza segni e
tradizioni, di cui l’Italia
è così ricca. Necessita di luoghi credibili: anzitutto la famiglia, con il suo
ruolo peculiare e
irrinunciabile; la scuola, orizzonte comune al di là delle opzioni ideologiche;
la parrocchia, “fontana del
villaggio”, luogo ed esperienza che inizia alla fede nel tessuto delle relazioni
quotidiane. In ognuno di
questi ambiti resta decisiva la qualità della testimonianza, via privilegiata
della missione
ecclesiale. L’accoglienza della proposta cristiana passa, infatti, attraverso
relazioni di vicinanza, lealtà e
fiducia. In un tempo nel quale la grande tradizione del passato rischia di
rimanere lettera morta,
siamo chiamati ad affiancarci a ciascuno con disponibilità sempre nuova,
accompagnandolo nel
cammino di scoperta e assimilazione personale della verità. E facendo questo
anche noi possiamo
riscoprire in modo nuovo le realtà fondamentali.
La
volontà di promuovere una rinnovata stagione di evangelizzazione non nasconde le
ferite da cui la
comunità ecclesiale è segnata, per la debolezza e il peccato di alcuni suoi
membri. Questa umile e
dolorosa ammissione non deve, però, far dimenticare il servizio gratuito e
appassionato di tanti
credenti, a partire dai sacerdoti. L’anno speciale a loro dedicato ha voluto
costituire
un’opportunità per promuoverne il rinnovamento interiore, quale condizione per
un più incisivo impegno
evangelico e ministeriale. Nel contempo, ci aiuta anche a riconoscere la
testimonianza di santità
di quanti – sull’esempio del Curato d’Ars – si spendono senza riserve per
educare alla speranza,
alla fede e alla carità. In questa luce, ciò che è motivo di scandalo, deve
tradursi per noi in richiamo
a un “profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la
purificazione, di imparare
da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia” (Intervista
ai giornalisti durante
il volo verso il Portogallo,
11 maggio 2010).
Cari
Fratelli, vi incoraggio a percorrere senza esitazioni la strada dell’impegno
educativo. Lo Spirito
Santo vi aiuti a non perdere mai la fiducia nei giovani, vi spinga ad andare
loro incontro, vi porti a
frequentarne gli ambienti di vita, compreso quello costituito dalle nuove
tecnologie di
comunicazione, che ormai permeano la cultura in ogni sua espressione. Non si
tratta di adeguare il Vangelo
al mondo, ma di attingere dal Vangelo quella perenne novità, che consente in
ogni tempo di
trovare le forme adatte per annunciare la Parola che non passa, fecondando e
servendo l’umana
esistenza. Torniamo, dunque, a proporre ai giovani la misura alta e trascendente
della vita, intesa come
vocazione: chiamati alla vita consacrata, al sacerdozio, al matrimonio, sappiano
rispondere con
generosità all’appello del Signore, perché solo così potranno cogliere ciò che è
essenziale per ciascuno.
La frontiera educativa costituisce il luogo per un’ampia convergenza di intenti:
la
formazione delle nuove generazioni non può, infatti, che stare a cuore a tutti
gli uomini di buona volontà,
interpellando la capacità della società intera di assicurare riferimenti
affidabili per lo sviluppo
armonico delle persone.
Anche in
Italia la presente stagione è marcata da un’incertezza sui valori, evidente
nella fatica di
tanti adulti a tener fede agli impegni assunti: ciò è indice di una crisi
culturale e spirituale,
altrettanto seria di quella economica. Sarebbe illusorio – questo vorrei
sottolinearlo – pensare di
contrastare l’una, ignorando l’altra. Per questa ragione, mentre rinnovo
l’appello ai responsabili della
cosa pubblica e agli imprenditori a fare quanto è nelle loro possibilità per
attutire gli effetti della
crisi occupazionale, esorto tutti a riflettere sui presupposti di una vita buona
e significativa, che
fondano quell’autorevolezza che sola educa e ritorna alle vere fonti dei valori.
Alla Chiesa, infatti,
sta a cuore il bene comune, che ci impegna a condividere risorse economiche e
intellettuali, morali e
spirituali, imparando ad affrontare insieme, in un contesto di reciprocità, i
problemi e le sfide del
Paese. Questa prospettiva, ampiamente sviluppata nel vostro recente documento su
Chiesa e
Mezzogiorno, troverà ulteriore approfondimento nella prossima
Settimana Sociale dei cattolici italiani,
prevista in ottobre a Reggio Calabria, dove, insieme alle forze migliori del
laicato cattolico, vi
impegnerete a declinare un’agenda di speranza per l’Italia, perché "le esigenze
della giustizia diventino
comprensibili e politicamente realizzabili" (Deus caritas est, n. 28).
Il
vostro ministero, cari
Confratelli, e la vivacità delle comunità diocesane alla cui guida siete posti,
sono la migliore
assicurazione che la Chiesa continuerà responsabilmente ad offrire il suo
contributo alla crescita sociale e
morale dell’Italia.
Chiamato
per grazia ad essere Pastore della Chiesa universale e della splendida Città di Roma,
porto costantemente con me le vostre preoccupazioni e le vostre attese, che nei
giorni scorsi ho
deposto – con quelle dell’intera umanità – ai piedi della Madonna di Fatima. A
Lei va la nostra
preghiera: “Vergine Madre di Dio e nostra Madre carissima, la tua presenza
faccia rifiorire il deserto
delle nostre solitudini e brillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare
la calma dopo la tempesta,
affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore, che ha il nome e il volto di
Gesù, riflesso
nei nostri cuori, per sempre uniti al tuo! Così sia!” (Fatima, 12 maggio
2010). Di cuore vi ringrazio
e vi benedico.
Città del
Vaticano, 27 maggio 2010
BENEDETTO
XVI
INDICE
Presentazione
Introduzione (1-6)
Alla
scuola di Cristo, maestro e pedagogo
Un
rinnovato impegno ecclesiale
Una
speranza affidabile, anima dell’educazione
Capitolo 1 – Educare in
un mondo che cambia (7-15)
È tempo
di discernimento
Nei nodi
della cultura contemporanea
Dall’accoglienza all’integrazione
Per la
crescita integrale della persona
Capitolo 2 – Gesù, il
Maestro (16-24)
«Si mise
a insegnare loro molte cose»
Dio educa
il suo popolo
La Chiesa
discepola, madre e maestra
Formare
alla vita secondo lo Spirito
Capitolo 3 – Educare,
cammino di relazione e di fiducia (25-34)
Un
desiderio che trova risposta
Un
incontro che genera un cammino
Con la
credibilità del testimone
Passione
per l’educazione
Una
relazione che si trasforma nel tempo
Negli
ambiti della vita quotidiana
Una
storia di santità
Capitolo 4 – La Chiesa,
comunità educante (35-51)
«Un solo
corpo e un solo spirito»
Il
primato educativo della famiglia
Nel
cantiere dell’educazione cristiana
La
parrocchia, crocevia delle istanze educative
La scuola
e l’università
La
responsabilità educativa della società
La
comunicazione nella cultura digitale
Capitolo 5 – Indicazioni
per la progettazione pastorale (52-55)
Esigenze
fondamentali
Obiettivi
e scelte prioritarie
Affidati alla guida
materna di Maria (56)
Appendice
Discorso di Sua Santità
Benedetto XVI alla 61a Assemblea
Generale della Conferenza Episcopale Italiana,
27 maggio 2010
Fonte :
www.chiesacattolica.it ;
www.chiesacattolica.it/cci_new/documenti_cei/2010-11/12-3/Orientamenti%20pastorali%202010.pdf
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