L'ORAZIONE
Don Columba Marmion O.S.B.
In un dialogo si ascolta e si
parla. L'anima si dà a Dio e Dio si comunica all'anima.
Per ascoltare Dio, per ricevere
la sua Luce, basta che il cuore sia pieno di sentimenti di fede, di reverenza,
di umiltà, di fiducia ardente, di amore generoso.
Per parlargli bisogna avere
qualche cosa da dirgli. Quale sarà il soggetto dei colloqui? Ciò dipende
principalmente da due elementi: la misura della grazia che Gesù Cristo dà
all'anima e lo stato dell'anima stessa.
Il primo elemento, di cui bisogna
tener conto, è la misura dei doni di grazia comunicati da Cristo: " Secundum
mensuram donationis Christi (secondo la misura del dono di Cristo) "
(Ef 4, 7). Gesù Cristo, essendo Dio, è padrone assoluto dei suoi beni,
dispensa la sua grazia all'anima come vuole; sparge in lei la sua luce come
piace alla sua sovrana maestà. Per mezzo del suo Spirito, Cristo ci guida e ci
attira al Padre suo. Se leggete i maestri della vita spirituale, vedrete che
hanno sempre santamente rispettato questa sovranità di Cristo nel dispensare i
suoi favori e le sue luci. Ciò spiega la loro assoluta discrezione quando devono
intervenire nei rapporti dell'anima col suo Dio.
S. Benedetto, il grande
contemplativo favorito di grazie straordinarie di orazione, divenuto maestro
nella conoscenza delle anime, esorta i suoi discepoli a " darsi frequentemente
alla orazione ": Orationi frequenter incumbere (Regola cap. 4). Egli fa
chiaramente capire che la vita d'orazione è assolutamente necessaria per trovare
Dio.
Ma quando si tratta di
determinare il modo di darsi a Dio, egli mantiene una singolare discrezione.
Suppone naturalmente che si sia già acquistata una certa conoscenza abituale
delle cose divine, per mezzo della lettura assidua delle Sante Scritture e delle
opere dei Padri della Chiesa. Per l'orazione, si limita ad indicare dapprima
l'attitudine, che deve avere l'anima dinanzi a Dio nel momento in cui si
avvicina a lui: profonda reverenza ed umiltà (Regola cap. 20). Vuole che l'anima
resti alla presenza di Dio in uno spirito di grande compunzione e di perfetta
semplicità; questa attitudine è la migliore per ascoltare la voce di Dio con
frutto. Riguardo al colloquio stesso, oltre a riallacciarlo strettamente alla
salmodia (di cui è, per così dire, il prolungamento interiore) San Benedetto lo
fa consistere in slanci corti e ferventi del cuore verso Dio. " L'anima, dice,
riprendendo lo stesso consiglio di Cristo (Mt 6, 7), deve evitare la
molteplicità delle parole; essa non prolungherà l'esercizio dell'orazione, se
non vi è spinta dall'impulso dello Spirito Santo, che abita in essa per la
grazia ". Null'altro di formale a questo proposito dice il legislatore della
vita monastica.
Un altro maestro della vita
spirituale, arrivato ad un alto grado di contemplazione e pieno delle luci della
grazia e dell'esperienza, S. Ignazio da Lojola, ha scritto alcune parole di cui
non riusciremo mai abbastanza a pesare la profonda sapienza. " Per ognuno,
scrive a San Francesco Borgia, quella meditazione è la migliore nella quale Dio
si comunica di più a lui. Poiché Dio vede e sa ciò che più ci conviene, e,
sapendo tutto, ci indica egli stesso la via da seguire. Ma per trovarla, noi
dobbiamo tentarne varie, prima di incontrare quella che ci condurrà alla vita
senza fine, nella quale godremo il dono santissimo di Dio ". Il Santo insegna
dunque che bisogna lasciare a Dio la cura di indicare ad ogni anima la maniera
migliore di conversare con lui.
Santa Teresa, in molti punti
delle sue Opere, enuncia lo stesso pensiero: " Sia che un'anima si
eserciti molto o poco nell'orazione, importa estremamente di non costringerla
troppo e di non tenerla, per così dire, incatenata in un canto ".
S. Francesco di Sales non è meno
discreto. Ascoltate ciò che dice. Il testo è un po' lungo, ma caratterizza bene
la natura dell'orazione, frutto dei doni dello Spirito Santo, e la discrezione
che bisogna usare nel regolarla: " Non pensate, figlie mie, che l'orazione sia
un'opera dello spirito umano. E' un dono particolare dello Spirito Santo, che
eleva le potenze dell'anima al disopra delle loro forze naturali, per unirle a
Dio per mezzo di sentimenti e di comunicazioni, che tutti i discorsi e la
saggezza degli uomini non possono operare senza di lui. Le vie per le quali egli
conduce i santi in questo esercizio (che è la più divina occupazione per una
creatura ragionevole) sono meravigliose nella loro diversità e bisogna onorarle
tutte, poiché esse ci conducono a Dio e sotto la condotta di un Dio. Ma non
bisogna né volerle seguire tutte, né sceglierne alcune di propria volontà. Il
punto importante è il riconoscere l'azione della grazia in noi ed esservi fedeli
".
Si potrebbero moltiplicare simili
testimonianze; ma queste basteranno a dimostrarvi che, per quanto i maestri
della vita spirituale spingano le anime a darsi all'orazione, giacché essa è un
elemento vitale di perfezione spirituale, nondimeno si guardano bene
dall'imporre indistintamente a tutte le anime una via piuttosto che un'altra.
Noi diciamo, " imporre "; essi esaltano o raccomandano certe vie, suggeriscono o
propongono dei metodi particolari. Tutti hanno la loro utilità che si può
provare; ma voler imporre indifferentemente a tutte le anime un metodo
esclusivo, sarebbe non tener nessun conto né della libertà divina, con la quale
Gesù Cristo distribuisce la sua grazia, né dello slancio che fa nascere in noi
il suo Spirito.
Fonte : www.ora-et-labora.net
Tratto dal libro "Cristo, vita dell'anima" di Don Columba Marmion O.S.B. - Soc. Edit. Vita e Pensiero , Cap. X.
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