I TRE " MAI PIU' " DI GIOVANNI
PAOLO II
di Silvano Stracca
La giornata di preghiera per la pace
ha aperto una nuova pagina nella storia già travagliata del terzo millennio con
la scoperta di una comune intesa delle religioni e della forza decisiva per la
causa della pace.
I rappresentanti di dodici religioni
si sono impegnati unanimamente a non permettere mai più che il nome di Dio o la
religione vengano usati per scatenare conflitti bellici e alimentare guerre
inique, perché nessun credo giustifica odio, violenza terrore. "Noi ci
impegniamo..", hanno recitato uno ad uno i leader spirituali di ogni parte del
pianeta, reggendo ognuno una lucerna accesa e deponendola su un tripode accanto
alle fiammelle degli altri, che insieme diventavano un mare di luce e
rammentavano le parole del Papa sulle nubi di guerra:"Le tenebre non si
dissipano con le armi, le tenebre si allontanano accendendo fari di luce".
"Noi ci impegniamo a proclamare che
la violenza e il terrorismo contrastano con l'autentico spirito religioso e nel
condannare ogni ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della
religione", recitava per primo in tedesco il pastore Konrad Raiser, segretario
del Consiglio Ecumenico delle Chiese. "Noi ci impegniamo...", proseguivano le
voci di patriarchi e Vescovi delle diverse famiglie cristiane d'Occidente e
d'Oriente, di rabbini e imam, di sacerdoti delle religioni tradizionali africane
e dell'induismo, di bonzi e shinto, di giainisti e sikh, di zoroastriani e
tenrikyo e dell'unico confuciano.
Una sorta di "decalogo" di impegni
assunti a nome di tutte le religioni rappresentate all'appuntamento del 24
gennaio, che costituisce la grande novità rispetto al primo incontro
interreligioso del 1986 ed esprime la presa di coscienza da parte dei leader
presenti delle loro specifiche responsabilità in quest'ora della storia.
Impegno, dunque, a sradicare le
cause del terrorismo. A educare al rispetto reciproco tra religioni ed etnie
diverse. A promuovere il dialogo tra individui e popoli. A difendere i diritti
di ogni persona. A non considerare le differenze con l'altro come un muro
invalicabile. A superare pregiudizi del passato e del presente. A stare dalla
parte di chi soffre. Ad ascoltare quanti non si rassegnano alla violenza e al
male. A fronteggiare i rischi di distruzione e morte insiti in un progresso
tecnologico non solidale. Ad agire sui politici perché lavorino per un mondo più
giusto. A far sì che libertà, sicurezza e pace per tutti siano garantiti nelle
relazioni internazionali non dalla forza ma dalla fiducia.
"Mai più violenza! Mai più
guerra! Mai più terrorismo! In nome di Dio ogni religione porti sulla terra
giustizia e pace, perdono e vita, amore", è stata l'appassionata invocazione
di Papa Wojtyla a suggello della volontà di riconciliazione delle religioni. "E'
ora di superare - ha insistito - quelle manifestazioni di ostilità che si sono
manifestate nella storia anche religiosa dell'umanità".
C'è una sola testimonianza che le
persone e le comunità religiose possono dare, ha affermato ancora il Pontefice:
"il più netto e radicale ripudio della violenza", di ogni violenza, specie di
quella che si ammanta di religiosità o addirittura abusa del nome sacrosanto di
Dio. "Non v'è finalità religiosa che possa giustificare la pratica della
violenza dell'uomo sull'uomo".
"Non c'è pace senza giustizia",
hanno ripetuto più volte ad Assisi Cardinali e metropoliti, rabbini e sceicchi,
sacerdoti e ministri di culti e credenze d'ogni angolo della terra. "Non c'è
giustizia senza perdono", ha aggiunto ancora una volta Giovanni Paolo II,
sottolineando che "la giustizia umana è esposta alla fragilità e ai limiti degli
egoismi individuali e di gruppo", mentre solo il perdono "risana le ferite dei
cuori e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati".
Di fronte all'anziano e fragile uomo
vestito di bianco, anche persone lacerate da conflitti annosi come quello
mediorientale hanno trovato accenti pacati. L'inviato della celebre università
islamica di Al-Azhar del Cairo ha dichiarato che le religioni devono alimentare
la benevolenza e la pietà, e non l'offesa e l'aggressione. Mentre il rabbino
Singer si è chiesto coraggiosamente se sia più importante la terra o la vita
delle persone: "La pace è una cosa troppo seria per lasciarla ai generali e agli
uomini di stato".
Parole inequivocabili di condanna
dei terroristi profanatori del nome di Dio sono risuonate sulle labbra di un
altro musulmano, il libanese Mohammad Sammak: "Ciò che è successo l'11
settembre, non può avere alcuna giustificazione. Per il Corano uccidere gli
innocenti è come uccidere tutta l'umanità. La guerra scatenata dal terrorismo
non può mai essere santa".
"Pregare", ha commentato il Papa,
"non significa evadere dalla storia e dai problemi che essa presenta. Al
contrario è scegliere di affrontare la realtà non da soli, ma con la forza che
viene dall'Alto. L'uomo religioso, di fronte alle insidie del male, sa di poter
contare su Dio, sa di poterlo pregare per ottenere il coraggio di affrontare le
difficoltà, anche le più dure, con personale responsabilità, senza cedere a
fatalismi o a reazioni impulsive".
Questa forza della preghiera
Giovanni Paolo II ha voluto trasmetterla soprattutto ai numerosi giovani
presenti. " Siate tutti " , ha esclamato, " giovani cristiani e giovani di tutte
le religioni, come Francesco, sentinelle coraggiose della pace vera, fondata
nella giustizia e nel perdono, nella verità e nella misericordia ".
Fonte testo e foto: I tre "mai più" di Giovanni
Paolo II, di Silvano Stracca, rivista Popoli e Missione di marzo 2002.
Il Decalogo di Assisi per la Pace
1. Ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso e, condannando qualsiasi ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione, ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo.
2. Ci impegniamo a educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, affinché si possa giungere a una coesistenza pacifica e solidale fra i membri di etnie, di culture e di religioni diverse.
3. Ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, affinché si sviluppino la comprensione e la fiducia reciproche fra gli individui e fra i popoli, poiché tali sono le condizioni di una pace autentica.
4. Ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a condurre un'esistenza degna, conforme alla sua identità culturale, e a fondare liberamente una propria famiglia.
5. Ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando ciò che ci separa come un muro insormontabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può diventare un'occasione di maggiore comprensione reciproca.
6. Ci impegniamo a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi del passato e del presente, e a sostenerci nello sforzo comune per vincere l'egoismo e l'abuso, l'odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza la giustizia non è una pace vera.
7. Ci impegniamo a stare accanto a quanti soffrono per la miseria e l'abbandono, facendoci voce di quanti non hanno voce e operando concretamente per superare simili situazioni, convinti che nessuno possa essere felice da solo.
8. Ci impegniamo a fare nostro il grido di quanti non si rassegnano alla violenza e al male, e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all'umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace.
9. Ci impegniamo a incoraggiare qualsiasi iniziativa che promuova l'amicizia fra i popoli, convinti che, se manca un'intesa solida fra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a crescenti rischi di distruzione e di morte.
10.Ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di compiere tutti gli sforzi possibili affinché, a livello nazionale e a livello internazionale, sia edificato e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia
Vaticano, 24 gennaio 2002
PAPA GIOVANNI PAOLO II
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