ISLAMISMO
E CRISTIANESIMO
Si riportano
brevemente le differenze tra le due religioni monoteiste, in particolare tra
Islamismo e Cattolicesimo:
1) Islam:
unità-unicità di Dio
Cattolicesimo: unità e trinità di Dio
Dobbiamo richiamare
alla memoria che l'affermazione dell'unicità di Dio e della sua unità è uno dei
cardini della fede islamica e che la negazione della trinità, anche se
probabilmente è stata fraintesa da Maometto, è chiara e chiaramente espressa nel
Corano (Cor 4,17). Da questo punto di vista dunque il Corano intende essere
proprio la correzione di ciò che i nasara (così sono chiamati i cristiani nel
Corano) andavano dicendo e credendo di Dio e di Gesù Cristo. Come credenti in
un Dio uno ma anche trino i cristiani vengono considerati mušrikun (cioè «associatori»
o «politeisti») e, nella mentalità popolare attuale, sebbene il Corano li associ
agli Ebrei chiamandoli ahl al-kitab («gente del libro») prevedendo uno statuto
particolare protetto all'interno della comunità islamica in quanto non del tutto
politeisti, talvolta i cristiani vengono considerati come kafiruna cioè come
«reprobi» e «infedeli».
Non possiamo
dimenticare da questo punto di vista la fatica con la quale la Chiesa primitiva
è andata custodendo le verità essenziali non solo sull'unità di Dio, ma sulla
piena divinità e umanità di Cristo e sulla divinità dello Spirito. Essendo Dio
in se stesso una comunione di persone che chiama alla comunione con sé, appare
già la totale divergenza da una visione islamica di Dio che è anche già visione
dell'uomo: non chiamato alla comunione con Dio nella figliolanza adottiva nella
quale gridiamo «Abba», Padre (Rm 8,15), ma pensato per essergli 'abd («servo») o
al massimo halífah («servitore califfale») che invoca Dio chiamandolo rabb
«Signore»), rah-man («clemente») e rahím («misericordioso») ma sempre rabb
«Signore»).
Tra i novantanove
nomi di Dio che la tradizione islamica ha assunto o desunto dal Corano, è
rigorosamente escluso il nome «Padre» (attributo incompatibile con il Dio
coranico e negato dal Corano stesso)[che invece è la caratteristica precipua
della preghiera insegnata da Gesù stesso ai suoi discepoli.Dobbiamo notare
inoltre come le Chiese arabofone abbiano in parte mantenuto i vocaboli coranici
per esprimere la propria fede e per pregare Dio nella liturgia e (Alldh «Dio»,
Masíh «Cristo» o «Messia», Ruh «spirito») ma abbiano cercato anche di
distanziarsi dai musulmani con un vocabolario proprio (Ab «Padre», talut
«Trinità», rahum «misericordioso», ecc.). Perciò tutta l'economia sacramentale
dei misteri «santi e vivificanti» mostrano come la tradizione cristiana, e in
particolare quella ortodossa e quella cattolica, abbia vissuto attraverso la
pratica sacramentale e in particolare nella celebrazione dell'eucaristia il
mistero di un Dio comunione-di-persone che invita l'uomo alla comunione con la
vita divina.
2) Islam:
inconoscibilità di Dio e verità del Corano
Cattolicesimo:
inconoscibilità e rivelazione di Dio
Ribadendo che Dio è
'alim (sciente) e che tutto conosce in contrapposizione all'uomo, che la verità
viene dal Signore (Cor. 2,148), il Corano suggerisce che Dio non può essere
conosciuto e che e che ha voluto rivelare di sé ciò che ha voluto e ribadisce la
gratuità della rivelazione che Dio ha fatto della propria volontà nel Corano.
Di fronte alla rivelazione di Dio che si è attuata in modo particolare nella
rivelazione dei suoi «libri», termine tremendamente ambiguo nel Corano, tra i
quali la legge di Mosè e il Vangelo - che però nella forma attuale sono ritenuti
falsificati -, l'unico messaggio sicuro di Dio rimane il Corano, le uniche
parole e sicure sono quelle ispirate da Dio a Maometto e da lui dettate e fatte
trascrivere, mentre come parte secondaria ma vincolante e autorevole rimane poi
la tradizione, la
sunnah del profeta.
Di fronte a queste
posizioni il dato della inconoscibilità di Dio debba essere accolto e recuperato
dalla nostra stessa tradizione che, in parte influenzata dalla mentalità
illuministica, ha recentemente sopravvalutato la capacità della ragione umana e
ha messo in secondo piano alcuni dati propri della stessa tradizione cristiana.
Che l'uomo sia in una condizione di distanza da Dio e che non sia per lui
agevole conoscerlo in conseguenza del peccato originale viene affermato fin
dalle prime pagine dell'Antico Testamento. Egli si nasconde al sopraggiungere
di Dio e viene da lui esiliato dal giardino dell'Eden (Gen 3). Si ricorda
inoltre che nessuno può vedere Dio e rimanere in vita (Es 33,20). Poiché l'uomo
si trova in questa condizione nella quale rischia di esporre senza discernimento
cose troppo superiori a se. stesso (cf. Gb 42), Dio ha fatto conoscere la sua
legge e i suoi decreti a Israele (Sal 147) chiedendo i sacrifici ma soprattutto
l'ascolto e l'obbedienza alla sua parola quale sacrificio a lui maggiormente
gradito (Gen 22), la conoscenza e l'amore di Dio dal valore più grande degli
olocausti (Os 6,6). Oltre alla manifestazione della propria volontà Dio stesso,
per mezzo dei profeti, ha promesso che l'umanità intera sarebbe stata ricolmata
della conoscenza di Dio e che la legge esterna all'uomo sarebbe stata trascritta
nel suo cuore: tu conoscerei il Signore (Os 2,22); la conoscenza di Dio riempirà
il paese come le acque ricoprono il mare (Is 11,9). Non dovranno più istituirsi
gli uni gli altri dicendo: «Riconoscete il Signore», perché tutti mi
conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore (Ger 31,34).
Nel Nuovo Testamento
si riprende il dato della inconoscibilità di Dio e la promessa della sua
rivelazione per mostrare che ora è lui che, in Gesù Cristo, da lontano si è
fatto vicino, da inconoscibile si è reso conoscibile: Chi intatti ha conosciuto
il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere? Ora noi abbiamo il
pensiero di Cristo (1 Cor 2,16). Nessuno mai ha visto Dio. Il figlio
unigenito, che è nel seno del Padre, lui ce lo ha rivelato (Gv 1, 18). Da tanto
tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto
il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? (Gv 14,9). Anzi di fronte
all'uomo incapace di un'osservanza piena e totale della sua volontà manifestata
nella Legge, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per
riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a
figli (Gal 4,4).
Solo se recuperiamo
questi dati, quali l'inconoscibilità di Dio nella sua essenza, e se ci spogliamo
di un'interpretazione illuministica ed esclusivamente razionale del «conoscere»
biblico, possiamo vedere appieno la grandezza della rivelazione, cioè che Dio in
Gesù Cristo si è voluto far conoscere. Ciò che gli uomini non potevano vedere
rimanendo in vita ora invece lo possono contemplare e adorare: la Vita si è
fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza (1 Gv 1,2).
La tradizione
cristiana perciò ha sempre dovuto mantenere vivi questi due poli opposti,
intersecantisi in Gesù Cristo: Dio inconoscibile in Gesù Cristo si è fatto
conoscibile, l'Invisibile si è fatto visibile, Colui che i cieli e i cieli dei
cieli non possono contenere si è fatto uomo in Gesù, Dio è entrato nel tempo (un
momento della storia) e nello spazio (in un luogo, in un popolo, in una cultura
... ) diventando così il centro del cosmo e della storia: Dio abbassò i cieli e
discese (Sal 18, 1 0).
3) Islam: l'uomo
deve mettere in pratica il Corano
Cattolicesimo:
conoscenza e amore di Dio nello Spirito
Nella concezione
islamica l'uomo «naturalmente» può riconoscere l'esistenza di Dio - e dal Corano
stesso è invitato a questo -, ma in quanto creatura permane in una incapacità di
conoscerlo: Sappi che la natura dell’uomo nella sua condizione originaria è
stata creata vacua, ingenua, ignara dei mondi di Dio eccelso. L'uomo non è
incorso in un peccato originale che abbia «offuscato» questa capacità. In ogni
modo la verità viene partecipata tramite la profezia, di cui quella di Maometto
e del Corano è la prima e indubitabile. Gli sciiti poi credono nella
prosecuzione del carisma profetico di Maometto nei suoi successori. L'uso della
razionalità umana nella tradizione islamica non è stata rifiutata ma, quando si
tentò di indagare Dio, è stata ritenuta sospetta e pretenziosa. Il tentativo
del movimento mu'tazilita di recuperare anche tramite l'eredità greca il valore
della razionalità e delle verità enunciabili razionalmente da comporre con le
verità della fede è stato dichiarato eterodosso. L'esegesi allegorica del
Corano viene considerata sospetta e già condannata nel Corano stesso (Cor 3, 1
ss).
Se dunque i
musulmani accolgono il Corano come legge di Dio rivelata, l'intelligenza e la
razionalità dell'uomo entrano in gioco nel momento in cui si deve applicare
questa legge alla vita, non nella comprensione del dato rivelato e tantomeno
nella conoscenza di chi lo ha rivelato e della sua intenzione.
Accanto alla verità
e alla novità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo la Chiesa ha difeso
contemporaneamente la concezione dell'uomo che ne consegue: volendo far
conoscere se stesso all'uomo, D.io ha creato l'uomo «capace» di conoscerlo e di
amarlo. Scriveva Gregorio di Nissa: Colui che vede Dio, per il fatto stesso che
lo vede, ha ottenuto tutti i beni, una vita senza fine, l'incorruttibilità
eterna, la beatitudine immortale, un regno senza fine, una gioia perenne, la
vera luce (... ) ciò che il Verbo propone alla beatitudine sembra cosa né mai
effettuata né effettuabile (... ) Ma le cose non stanno così, perché egli non
comanda di diventare uccelli a coloro ai quali non ha fornito le ali, né di
vivere sott'acqua a coloro per i quali ha stabilito una vita terrestre. Il
magistero della Chiesa definisce: Piacque a Dio nella stia bontà e sapienza
rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà mediante il
quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo
hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura (Dei Verbum
2). L'uomo pertanto è stato creato da Dio e per Dio, è stato creato a immagine
di Dio (Gen 1,27), a immagine del Verbo incarnato, perché conoscendo e amando il
proprio Creatore e Redentore raggiungesse la felicità in questa vita e lo
godesse eternamente nell'altra. Anche se la Chiesa riconosce nel peccato
originale un offuscamento e un'attenuazione della capacità dell'uomo di
conoscere e corrispondere alla verità, tuttavia questa capacità non è mai tolta
all'uomo.
Nel fare la volontà
di Dio, il cristiano, poi, non è chiamato a mettere al centro la norma in quanto
tale e ad applicarla, ma a penetrare lo spirito della legge per conoscere e
amare sempre più colui che ha dato il comandamento e ha manifestato la sua
volontà. Nella visione cristiana questa progressiva conoscenza non solo del
comandamento ma anche di chi l'ha dato e del perché l'ha dato è necessaria per
una vita autenticamente cristiana. Per fare ciò sia la capacità conoscitiva
dell'uomo sia la sua volontà devono sempre essere sostenute e rese operanti
dallo Spirito di Dio. Le discussioni che si sono agitate nella Chiesa antica e
moderna circa la natura dell'uomo e l'opera della grazia e le dispute circa l'esicasmo
nella Chiesa orientale hanno mostrato che è per l'opera dello Spirito di Dio
operante soprattutto nella liturgia e nella celebrazione dei sacramenti che
l'uomo da Dio stesso può essere progressivamente reso capace di conoscere Dio e
corrispondere alla sua opera di santificazione.
4) Islam:
rivelazione di Dio nel Corano
Cattolicesimo: rivelazione nel Verbo incarnato
La visione islamica
di rivelazione è totalmente differente da quella cristiana. Se la rivelazione
per eccellenza per i musulmani è avvenuta per opera di Maometto e si è
concretizzata nel libro sacro, il Qur'an, per i cristiani la rivelazione si è
andata dispiegando fin dai primordi della storia avendo in Cristo il suo
culmine: tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui (Col
1,16). Perciò non si possono accettare quei comuni modi di associare musulmani,
ebrei e cristiani come «religioni monoteiste» o «religioni dei libro» in quanto,
oltre al fatto che si servono di un termine ambiguo e tutto da chiarire come
quello di «religione», tradiscono già una mentalità coranica e islamica. Noi
cristiani invece crediamo che prima che in un libro, recentemente Dio ci ha
parlato per mezzo del Figlio (Eb 1,2). Non è a caso che le comunità cristiane
orientali abbiano venerato le icone della Vergine con il suo Figlio perché in
esse veniva rappresentato quello che Ignazio di Antiochia chiamava «il mio
archivio»: Il mio archivio è Gesù Cristo, i miei archivi inamovibili la sua
croce, la sua morte e risurrezione e la fede che viene da lui (Lettera ai
Filadelfesi 8,2). Se perciò i musulmani credono che il Corano sia venuto per
mezzo di Maometto che viene dichiarato «profeta», i cristiani riconoscono in
Maria lo stilo, lo strumento materiale libero e consapevole di cui Dio si è
servito perché il Verbo di Dio della forma di Dio prendesse la forma del servo (Fil
2,6.7) e si facesse uomo.
La Parola di Dio, il
Verbo di Dio, innanzitutto è Gesù Cristo. Perciò la Chiesa, che è il suo corpo,
continua il suo cammino nella storia consapevole di essere il prolungamento
storico di quella manifestazione. Il confronto con la fede islamica che vede la
rivelazione avvenuta in un libro non deve portare i cristiani a ridurre la
rivelazione di Dio alle sacre Scritture. Inoltre Cristo, Parola di Dio e Verbo
di,Dio, è sempre presente nella sua Chiesa in modo speciale nelle azioni
liturgiche. È presente nel sacrificio della messa sia nella persona del
ministro... sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua
virtù nei sacramenti, di modo che, quando uno battezza è Cristo stesso che
battezza. E presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella
Chiesa si legge la sacra Scrittura. E presente infine quando la Chiesa prega e
loda, lui che ha promesso: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, là sono
io, in mezzo a loro» (SC 7).
A questo proposito
si deve ricordare che la verità rivelata nella fede cattolica è storica, cioè si
è maturata nella storia con la rivelazione di più libri - nel giro di un
migliaio di anni e tramite più autori - che di volta in volta sono stati
raccolti e che la Chiesa, dopo l'apparire del Verbo di Dio, non ha eliminato ma
ha conservato e ha letto come preparazione alla rivelazione di Gesù nella
consapevolezza di ciò che Gesù stesso dice: sono proprio esse che rendono
te,testimonianza a me (Gv 5,39).
Anche la dottrina
dell'ispirazione è diversamente interpretata. Mentre nella tradizione islamica
la partecipazione dell'uomo e della sua razionalità può solo offuscare e
ottenebrare la parola rivelata di Dio, nella tradizione cristiana si è mostrato
che Dio si serve della capacità veritativa dell'uomo posta da Dio stesso
nell'uomo, per parlare agli uomini. Perciò i musulmani non parlano di
ispirazione ma di tanzíl - «discesa» del libro -, e la dottrina tradizionale ha
insistito nell'affermare l'incapacità di Maometto nel leggere e scrivere per
sostenere la tesi dell'assoluta estraneità di una qualche facoltà di Maometto
nella composizione del testo coranico. Invece, seppure con difficoltà,
progressi e regressi, anche nel Vaticano Il si è ribadito ciò che già Pio XII,
nella Divino afflante Spiritu, aveva affermato, che cioè Dio scelse degli
uomini, di cui vi servì nel possesso delle loro facoltà e capacità (DV 11).
Se dunque nella
rivelazione islamica si è cercato di arrivare a unificare i testi coranici e a
chiarire come doveva essere letta ogni singola parola, nella rivelazione
cristiana è nata la preoccupazione di fissare il -testo ispirato due secoli dopo
l'incarnazione - e ancora non si -è smesso - e si è arrivati alla definizione
del canone delle scritture ispirate solo con il concilio di Trento sotto la
spinta della Riforma. La preoccupazione preminente della Chiesa pertanto fu non
solo-di chiarire quale fosse il testo ispirato (cf. le esapla di Oricene), ma
quali libri fossero da leggere nella comunità, cioè quali libri riflettevano la
vivente tradizione apostolica.
5) Islam: la
comunità difende il singolo
Cattolicesimo: la dignità della persona umana
Altra prospettiva
che vede una netta opposizione tra Islam e Cristianesimo riguarda il diritto e
la persona umana. Il diritto va inteso come diritto della comunità (ummah), non
della persona. L'Islam non conosce la parola «persona», il suo sinonimo è
«fard» (individuo). Il fard è parte integrante e dipendente della grande
società islamica (ummah). Dentro l'ummah egli ha diritti e doveri. Se
abbandona la religione per ateismo o conversione a un'altra religione, perde
tutti i suoi diritti, anzi, è passibile di morte per tradimento.Perciò la fonte
dei diritti nei paesi a maggioranza islamica è la comunità islamica e, in ultima
analisi, essa è garante dei diritti e dei doveri che il Corano e la legge
islamica, la šari'ah, riconoscono, concedono e negano. Nei paesi che adottato
la legge islamica i cristiani sono spesso considerati, alla stregua degli altri
non musulmani, dei cittadini di seconda categoria impossibilitati o limitati a
una partecipazione attiva nella società e nelle istituzioni. Così anche le
discriminazioni delle donne rispetto agli uomini nel diritto processuale, nel
diritto ereditario e in quello matrimoniale hanno il loro fondamento nel Corano
stesso e sono più o meno codificate dalle legislazioni di ispirazione islamica.
Non si deve
dimenticare invece come nell'esperienza del cristianesimo occidentale si sia
fatto strada il diritto legato all'essere umano, alla persona umana.
L'approfondimento che è stato fatto a livello delle dispute ci-istologiche del
termine «persona» e l'applicazione nella formulazione della fede un solo Dio ín
tre, persone ci richiama quanto il termine persona si sia arricchito di spessore
nella cristianità, e come la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo sia
frutto di una cultura cresciuta su radici cristiane ed evangeliche. Pur con
titubanze legato per lungo tempo al modernismo, anche la Chiesa cattolica è
arrivata a riconoscere la validità della Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo. Questo è il motivo fondamentale per cui la Dichiarazione universale
dei diritti dell'uomo non è riconosciuta in molti paesi che intendono applicare
la legge islamica. Per questo motivo la Dichiarazione univer-sale dei diritti
dell'uomo nell'Islam emanata dal Consiglio islamico d'Europa presso l'UNESCO nel
1981 rimane una dichiarazione che riguarda l'uomo nell’Islam. Similmente anche
la Dichiarazione dei diritti dell'uomo nell'Islam promulgata al Cairo nel 1990
nella XIX Conferenza islamica dei ministri degli esteri, prevede, ad. es.
all'art. 2, che: è vietato sottrarre la vita salvo che la šari'ah lo consenta, e
pertanto subordina, in questo come in altri casi, i diritti dell'uomo alla šari'ah.
Non ci si deve
nascondere inoltre che nei paesi a maggioranza islamica non è consentito
abbandonare la propria fede islamica per aderire a un'altra. con il rischio
anche della sentenza di morte, talvolta commutata in carcere. Il Corano, in
materia di libertà religiosa e di apostasia, è diversamente interpretato e
permane tutto il peso della tradizione nell'interpretazione del testo. Il
principio che deve valere per il cattolicesimo - principio recepito nei codici
giuridici contemporanei - è la libertà di coscienza della singola persona. Ciò
che viene sottolineato nei paesi islamici è la dimensione collettiva della
comunità islamica che non può essere «intaccata» dall'apostasia dei suoi membri
senza che la scelta personale vada a detrimento della comunità.
6) Islam: l'Islam è
religione e Stato
Cattolicesimo: la Chiesa non si identifica con lo Stato: la laicità
All' inizio del XX
secolo, sullo sfaldamento dell'impero ottomano si andarono costituendo i vari
stati nazionali, adottando ora forme di governo monarchiche, ora socialiste e,
in ogni modo, ispirate alla forma parlamentare europea che sembrava la più
vicina all'esperienza di Maometto e dei suoi compagni a Medina. Proprio nel
momento in cui sorgevano gli stati nazionali, ciò che è stato recuperato, in
particolare dalle correnti radicali, è stato il principio della non scindibilità
di religione e Stato. Una delle poche eccezioni fu la Turchia dove, dopo una
prima fase in cui si proponeva di liberare le «terre islamiche» e i «popoli
islamici» e di respingere e scacciare l'invasore infedele,furono aboliti il
sultanato e molte prescrizioni islamiche, adottando la domenica come giorno di
festa, il calendario occidentale, vietando l'uso del velo, adottando l'alfabeto
occidentale ecc. e ciò fu sentito come una de-islamizzazione. Ma a partire
dalla prima metà del XX secolo gli ideologi del fondamentalismo hanno ribadito
la non scindibilità di religione e Stato e hanno ribadito che l'Islam è dín
wa-dawla cioè religione e Stato. La grave crisi che stanno correndo gli stati
che hanno tentato strade di compromesso con le forme di governo occidentali è la
fessura nella quale le idee fondamentaliste cercano di incunearsi, soprattutto
nei ceti più poveri, per propagandare il ritorno all'Islam e l'abbandono di ogni
compromesso con le forme di governo pqqidentale quale panacea di ogni
malcontento e difficoltà.
In maniera opposta
il Vaticano Il afferma che la missione propria che Cristo ha affidato alla sua
Chiesa non è di ordine politico, economico e sociale: il fine, infatti che le ha
prefisso è di ordine religioso (GS 42). E la convinzione che era propria dell'A
Diogneto, quando si dice che i cristiani partecipano a tutto come cittadini e da
tutto sono distaccati come stranieri (A Diogneto 5,5). Certo la parabola della
storia ha presentato varie e numerose eccezioni, ma penso che la prospettiva sia
quella che la Chiesa cattolica oggi persegue. Il concetto della laicità ò della
autonomia delle realtà terrene è stato riconosciuto dal concilio (GS 36) ed è
stato pure chiarito come questa autonomia debba mantenere un riferimento a Dio:
La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente
scientifica e secondo le norme morali non sarà mai in reale contrasto con la
fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo
Dio (GS 36 citando CONC. VAT. 1, Dei Filius).
Da questo punto di
vista perciò si può constatare come l'ingresso di numerosi musulmani in Europa
abbia costretto o possa costringere a rivedere un concetto di laicità nel senso
laicistico del termine, dove ogni riferimento a Dio o a una norma morale fondata
su una visione cristiana dell'uomo viene sentito come aggressione alla legittima
autonomia delle istituzioni. Non ci si deve nascondere tuttavia che, nei paesi
islamici, nell'XI secolo della nostra era la separazione del potere religioso e
politico non solo esisteva concretamente ma era elaborata e giustificata
dottrinalmente. La domanda che si pone tuttavia è la seguente: il «fondamentalismo»
o il «radicalismo» islamico al quale abbiamo assistito nel corso del XX secolo è
espressione di una deviazione dal vero Islam oppure è l'espressione di una
corrente che intende essere «musulmana» nel senso più genuino del termine?
Fonte : www.ecclesiaonline.it
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