RELIGIONI NEL MONDO
Cristiana |
1.853.000.000
|
56 Chiese - 175 Istituzioni
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Islamica |
971.000.000
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3 correnti - 65 movimenti -145
sette
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Induista |
732.000.000
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6 dottrine filosofiche - 1256
movimenti
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Buddhista |
365.000.000
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3 dottrine filosofiche - 1680
movimenti
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Confuciana |
237.000.000
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8 correnti - 840 Scuole
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Tribale |
405.000.000
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26.397 credenze
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Shintoismo |
100.000.000
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Gianismo Sikhismo |
22.000.000
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Daoismo |
20.000.000
|
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Ebraica |
19.000.000
|
3 correnti - 12 tribù
politiche religiose
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CRISTIANESIMO
La croce ricorda al credente che
Gesù Cristo ha dato volontariamente la propria vita in segno di amore per tutti
gli uomini. La croce invita il cristiano a imitare il Cristo nell'amore per
tutti gli uomini nella certezza che il bene vince sul male come dimostra il
fatto che Cristo dopo essere stato ucciso sulla croce è risorto.
Diffusione e localizzazione geografica
Quella cristiana è la prima comunità religiosa nel mondo in termini sia di numero di seguaci (circa un miliardo e mezzo, ovvero il 32% della popolazione mondiale), sia di diffusione geografica (il cristianesimo è diffuso in 225 paesi in tutte le parti del mondo).
Cenni storici
Il Cristianesimo nasce duemila anni fa nella terra di Israele in seguito alla predicazione di un ebreo, Gesù di Nazareth. Gesù era un predicatore itinerante che raccolse attorno a sé un movimento composto dai più diversi strati della popolazione ebraica con un nucleo di discepoli più ristretto. Gesù auspicava l'avvento del regno di Dio e cioè di un mondo in cui si doveva realizzare la volontà di Dio, l'amore tra tutti gli uomini e il rispetto della giustizia. In attesa di instaurare il suo regno, Dio concedeva il perdono a tutti i peccatori che si convertivano e che a loro volta perdonavano a coloro che avevano fatto loro del male. Nel giudizio universale finale Dio avrebbe punito tutti i malvagi, ma soprattutto quelli che avevano oppresso i poveri, commesso ingiustizie e perseguitato i giusti. Gesù ottenne successo tra la popolazione ebraica del Terra di Isarele, ma fu fortemente osteggiato da alcuni gruppi di potenti autorità religiose che lo denunciarono ingiustamente presso i Romani che in quel tempo dominavano nella Terra di Israele. I Romani arrestarono Gesù e lo misero a morte secondo il supplizio tipicamente romano della crocifissione.
Immediatamente dopo la morte di Gesù il gruppo dei più fedeli discepoli di Gesù ebbe una serie di sconvolgenti apparizioni e credette alla risurrezione di Gesù dando vita ad una attivissima predicazione che in pochi decenni si irradiò in molte parti del mondo antico. Nonostante momenti di persecuzione da parte della autorità politiche, il Cristianesimo si diffuse nei secoli successivi fino ad ottenere un appoggio da parte dell'impero romano sotto l'imperatore Costantino. Dalla metà del IV secolo alla metà del VI secolo si attuò la progressiva cristianizzazione dell'impero romano.
Nel VII secolo una nuova religione, l' Islam, nata nella penisola arabica, si diffuse rapidamente in territori che per secoli erano stati cristiani, come ad esempio tutta l'Africa del Nord. Ma il Cristianesimo continuò la sua diffusione soprattutto in Europa, ma anche in altre parti dell'Africa e dell'Asia.
Attualmente non esiste una sola forma di Cristianesimo. Pur essendo una religione unitaria, perché unita dalla fede in Gesù Cristo, il Cristianesimo si presenta, infatti, suddiviso in quattro grandi gruppi di chiese principali: le chiese ortodosse (tra le quali si distinguono quelle storicamente riconducibili al patriarcato di Costantinopoli e quelle riconducibili al Patriarcato di Mosca); la chiesa cattolica (che nella sua origine dipende dalla chiesa di Roma e rappresenta il Cristianesimo latino), le chiese orientali (come, ad esempio, la chiesa apostolica armena che risale al III secolo e quella copta) e le chiese protestanti nate da una scissione all'interno della chiesa latina all'inizio del XVI secolo.
A partire dall'inizio del XVI secolo, grazie all'espansione delle potenze europee in seguito allo sviluppo della moderna civiltà tecnico-scientifica e industriale, le diverse forme di Cristianesimo si diffusero in tutte parti del mondo. Nei primi decenni del secolo XX si è diffuso, grazie al movimento ecumenico, nelle diverse chiese cristiane separate, l'aspirazione alla riunificazione, che tuttavia incontra difficoltà gravissime, poste le grandi differenze non solo dottrinali ed istituzionali, ma anche culturali, tra le diverse chiese.
Testi sacri
Il testo sacro del Cristianesimo è la Bibbia cristiana composta di due parti: l'Antico e il Nuovo Testamento. L'Antico Testamento è essenzialmente costituito dalle sacre Scritture dell' Ebraismo , che tuttavia il Cristianesimo interpreta in modo molto divergente rispetto all'interpretazione ebraica. Alcune chiese, come quella cattolica e quelle ortodosse, ma non quelle protestanti, inseriscono nell'Antico Testamento anche un certo numero di scritti religiosi ebraici che tuttavia gli Ebrei non considerano rivelati da Dio. Il Nuovo Testamento è, invece, composto da 27 opere tutte composte dai cristiani prevalentemente nel I secolo e.v.. Fra esse sono fondamentali i quattro Vangeli: quello di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni.
Princìpi fondamentali
Il Cristianesimo è una religione monoteista, come l' Ebraismo da cui è sorto. I cristiani infatti credono che esista un solo Dio. Egli è il creatore dell'universo (che perciò è considerato una cosa buona) e tutto gli è sottomesso. Dio non solo domina il creato, ma anche interviene nella storia e la guida orientandola verso un fine futuro positivo. Dio fa conoscere la sua volontà mediante rivelazioni trasmesse dai profeti i quali provvedono anche a scriverla in libri che costituiscono appunto la Bibbia. Secondo il Cristianesimo, Dio, pur essendo uno solo, possiede tuttavia una dinamica interna che si manifesta in tre persone divine che non sono altro che l'unico Dio. È la dottrina della Trinità che ritiene che l'unico Dio si manifesti nella persona del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.
Di questa dottrina fa parte anche la credenza forse più caratteristica del Cristianesimo, quella della doppia natura, umana e divina, di Cristo: Gesù, pur essendo un uomo vero, nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, era anche veramente Dio. Per secoli i cristiani hanno discusso questa dottrina e molte delle loro divergenze dottrinali possono essere ricondotte alle difficoltà nel mettere d'accordo l'umanità di Gesù Cristo con la sua divinità.
La rivelazione di Dio ha un contenuto essenzialmente morale che si riassume nei Dieci Comandamenti contenuti nell'Antico Testamento. L'adorazione di un solo Dio e l'amore del prossimo sono spesso presentati come la sintesi cristiana di questi precetti. Il Cristianesimo, tuttavia, non incita solo gli uomini ad obbedire alla volontà di Dio spingendoli ad amare il prossimo con tutte le proprie forze. Insiste anche sul principio secondo il quale bisogna invocare da Dio la forza di compiere il bene. Solo la grazia di Dio rende l'uomo capace di compiere veramente il bene. Ma, qual è il ruolo della volontà dell'uomo e quale il ruolo della grazia di Dio? Su questo punto si sono accese spesso divergenze profonde e anche aspre divisioni, come ad esempio nel XVI secolo tra cattolici e protestanti. In genere tutte le forme di Cristianesimo affermano la libertà dell'uomo e la capacità della sua volontà di compiere il bene, ma non sono mancate concezioni pessimistiche sulla effettiva possibilità degli uomini di dominare le inclinazioni malvagie della natura umana.
Il principio dell'unicità di Dio, della bontà della creazione e dell'amore verso tutti gli uomini porta il Cristianesimo all'idea dell'uguaglianza tra tutti gli uomini e tra i sessi, anche se le diverse forme di Cristianesimo nelle diverse epoche hanno spesso accettato (come del resto le altre religioni monoteiste) le disuguaglianze sociali, la stratificazione sociale e la subordinazione della donna.
Lo scopo della vita dell'uomo, secondo il Cristianesimo, è di partecipare alla vita stessa di Dio. L'uomo non termina il suo destino con la sua morte naturale; egli è destinato ad unirsi con Dio dopo la morte in una condizione di felicità eterna. La possibilità di partecipare alla futura vita divina è subordinata ad un giudizio di Dio che riassume tutta l'intera vita di ogni uomo. Il Cristianesimo ha sempre sostenuto che accanto al premio della felicità eterna sussiste anche la possibilità di una condanna eterna da parte di Dio.
Rapporti con le altre religioni
La religione con la quale il Cristianesimo ha il più stretto legame è l' Ebraismo perché Gesù era ebreo ed ebrei furono i suoi primi seguaci. Dall'Ebraismo il Cristianesimo trae una parte delle proprie Scritture (l'Antico Testamento), l'idea del Dio unico creatore rivelatore e guida della storia e le basi della sua visione morale. La divergenza sostanziale con l'Ebraismo sta nella credenza in Gesù Cristo Dio e uomo e nell'interpretazione di tutta la rivelazione biblica che da questa credenza in Cristo deriva.
Il fatto che la maggioranza degli ebrei del I secolo non abbiano aderito alla predicazione dell'ebreo Gesù e che nei secoli successivi l'Ebraismo abbia continuato ad esistere e a svilupparsi ha portato ad aspre polemiche teologiche e politiche. Dal punto di vista teologico i cristiani hanno spesso pensato che il popolo ebraico, avendo rifiutato di credere in Gesù Cristo avesse perduto il diritto di considerarsi il popolo di Dio, e che la Chiesa fosse ormai il nuovo Israele che aveva sostituito l'antico Israele. Quando i cristiani conquistarono il potere nell'impero romano, cominciarono a perseguitare gli ebrei, limitandone le libertà e i diritti. Si diffuse anche la concezione per la quale gli ebrei avrebbero perduto il diritto alla propria terra destinata ormai da Dio al possesso dei cristiani. La storia secolare della presenza delle comunità ebraiche nei territori a maggioranza cristiana non è però solo di intolleranza e persecuzione, e testimonia uno scambio continuo creativo da ambedue le parti, anche se non mancano periodi ed episodi di straordinaria violenza e drammaticità. Dopo la Shoah, nelle chiese cristiane, soprattutto protestanti e cattoliche, si è sviluppata una radicale autocritica dell' antisemitismo cristiano che ha portato ad un diverso tipo di rapporti e ad una diversa teoria dei rapporti tra le due religioni.
Le relazioni del Cristianesimo con l' Islam sono essenzialmente di due tipi: religiose e politico-culturali.
Dal punto di vista religioso, l'Islam ha in comune con il Cristianesimo la concezione monoteistica e una notevole quantità di elementi che l'Islam ha tratto dalla religione ebraica e da quella cristiana. L'Islam ritiene, ad esempio, che Dio si sia rivelato ad Abramo, Mosè e a Gesù ma che, tuttavia, la rivelazione di Mohammed sia quella definitiva. Questo ultimo punto è inaccettabile per il Cristianesimo, anche perché il Corano, testo sacro dell'Islam, considera Gesù non Dio, ma semplicemente uomo, figlio di Maria. Là dove i Vangeli cristiani differiscono rispetto a quanto il Corano scrive a proposito di Gesù, il Cristianesimo non accetta la versione coranica.
Le difficoltà di natura politico-culturale stanno soprattutto nel fatto che l'Islam si è diffuso in paesi precedentemente a maggioranza cristiana (si pensi all'Africa del Nord, alla Turchia e anche alla Mongolia). Lo scontro anche militare durato per secoli sulle sponde del Mediterraneo e in diversi paesi dell'Europa meridionale e orientale ha contribuito ad una estraneità e ostilità culturale tra le due religioni, acuitasi spesso a causa del recente colonialismo europeo in diversi paesi a maggioranza musulmana.
Nella sua storia millenaria il Cristianesimo ha spesso assorbito elementi molteplici dalle religioni accanto alle quali si è diffuso. Ciò vale non solo per le religioni ellenistico-romane, ma anche per quelle delle popolazioni via via cristianizzate. Dopo il XVI secolo l'espansione coloniale si è accompagnata con una espansione missionaria cristiana spesso critica verso i metodi violenti e verso lo sfruttamento del colonialismo. Ma la concomitanza dell'espansione europea con quella delle missioni cristiane doveva necessariamente impostare il rapporto del Cristianesimo con le religioni delle popolazioni colonizzate in modo non corretto.
EBRAISMO
Diffusione e localizzazione
geografica
Attualmente, gli ebrei nel mondo sono circa 12.800.000 milioni e sono distribuiti in più di cento paesi. Di questi, l'unico paese in cui l'Ebraismo costituisce la religione della maggioranza della popolazione è Israele. Fuori da Israele, le comunità ebraiche più numerose si trovano negli Stati Uniti, in alcuni paesi europei (le comunità più numerose in Europa sono quelle inglese e francese), in Russia, in diversi paesi asiatici, nell'America Latina e in Australia.
Cenni storiciAttualmente, gli ebrei nel mondo sono circa 12.800.000 milioni e sono distribuiti in più di cento paesi. Di questi, l'unico paese in cui l'Ebraismo costituisce la religione della maggioranza della popolazione è Israele. Fuori da Israele, le comunità ebraiche più numerose si trovano negli Stati Uniti, in alcuni paesi europei (le comunità più numerose in Europa sono quelle inglese e francese), in Russia, in diversi paesi asiatici, nell'America Latina e in Australia.
La storia dell'Ebraismo inizia circa quattromila anni fa quando, secondo la Bibbia, Dio si rivolse ad Abramo per stringere un'Alleanza con il suo popolo. Oltre ad Abramo, gli altri due padri fondatori della religione ebraica sono Isacco (figlio di Abramo) e Giacobbe (figlio di Isacco). La Bibbia racconta la storia del popolo ebraico, dalle sue origini fino alla ricostruzione del secondo tempio di Gerusalemme (516 a.e.v.). Secondo il testo biblico, Dio (in ebraico JHVH, o Jahvè) promise ad Abramo, capo di una tribù nomade, che i suoi discendenti avrebbero ereditato la Terra Promessa, a condizione che essi avessero accettato e rispettato la sua Legge. I discendenti di Giacobbe (che in seguito fu chiamato Israele) diedero origine alle dodici tribù di Israele e giunsero in Egitto. Gli ebrei divennero schiavi del Faraone e, dopo molte tribolazioni, Mosé li liberò dalla schiavitù e li condusse fuori dall'Egitto. Per quarant'anni dopo la liberazione dall'Egitto, il popolo ebraico attraversò il deserto (dove, sul monte Sinai, Dio consegnò a Mosé le Tavole della legge) e, condotto da Giosué (successore di Mosé), ritornò nella Terra Promessa, dove le dodici tribù si insediarono in varie zone della Palestina.
Quando le tribù furono a poco a poco unificate, reclamarono un re: il primo re fu Saul, seguito da Davide, il quale combatté contro i filistei (una popolazione che abitava in Palestina) e fondò la "Città di Davide", che successivamente prese il nome di Gerusalemme. Il figlio di Davide, Salomone, diede inizio alla costruzione del primo Tempio di Gerusalemme. Alla morte di Salomone, dieci delle dodici tribù di Israele si separarono, mentre le due tribù che restarono fedeli al figlio di Salomone, Roboamo, formarono il regno di Giuda, o Giudea (da cui viene la parola "giudeo"). Nel 587 a.e.v. Gerusalemme venne distrutta dal re babilonese Nabucodonosor, il Tempio fu bruciato e gli ebrei furono esiliati in Babilonia. L'esilio in Babilonia diede il via alla diaspora, ovvero alla dispersione del popolo ebraico nel mondo.
Nel 538 a.e.v., il nuovo re di Babilonia autorizzò il ritorno degli ebrei in Israele e la costruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme (che fu poi distrutto dai romani nel 70 della nostra era). Gli ebrei passarono sotto varie dominazioni fino a quando, nel II secolo a.e.v., la rivolta dei Maccabei restituì l'indipendenza politica al popolo di Israele, indipendenza che durò fino al 63 a.e.v., quando i Romani conquistarono la Giudea. Tra il I e il IX secolo e.v. vennero redatti la Mishnah e i due Talmudim (il Talmud di Gerusalemme e il Talmud di Babilonia), testi fondamentali della religione ebraica che racchiudono la giurisprudenza e le credenze dell'Ebraismo. In questo periodo, gli ebrei vivevano in diversi imperi: in quello romano, che lentamente stava diventando cristiano, e in quello babilonese, che stava diventando musulmano.
Intorno all'anno mille, sorsero in Europa due nuovi poli della cultura ebraica: in Spagna si formò la comunità sefardita (fino a quando, nel 1492, gli ebrei furono cacciati dalla Spagna), mentre l'Europa orientale divenne la culla dell'ebraismo askenazita.
Mosé Maimoide, nato a Cordova (in Spagna) nel 1138, fu uno tra i più importanti filosofi e teologi del mondo ebraico medievale: le sue opere, tra cui La guida dei perplessi, divennero di fondamentale importanza per tutti gli ebrei. Egli riformulò la legislazione rabbinica in modo da renderla di facile comprensione ed elaborò un sistema di credenze normative per tutti gli ebrei.
Fino al XIX secolo, gli ebrei hanno vissuto in tanti paesi come gruppo religioso di minoranza, spesso perseguitato. Dalla metà del Cinquecento vennero obbligati a risiedere in quartieri separati - i ghetti - che venivano chiusi di notte e riaperti di mattina. Le persecuzioni si intensificarono tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, quando in Russia gli ebrei subirono numerosi massacri e saccheggi (pogrom). Sotto il nazismo (1933-1945), milioni di ebrei vennero perseguitati, deportati e sterminati (Shoah).
Fu circa nello stesso periodo che si affermò il sionismo, un movimento culturale e politico il cui scopo era di ricondurre gli ebrei nella terra di Israele per costituirvi una comunità nazionale, al riparo dalle persecuzioni.
Attualmente, l'Ebraismo si suddivide in diversi movimenti religiosi. I gruppi più importanti sono: gli ebrei riformati (che lasciano ai singoli credenti la libertà nell'interpretare gli insegnamenti della Bibbia e nell'osservare le leggi rituali), gli ortodossi e ultra-ortodossi (per i quali le leggi rituali e cerimoniali vanno considerate come immutabili), e i conservative (una ortodossia più attenuata).
Testi sacri
L'Ebraismo ritiene che vi sia stata una Rivelazione di Dio messa per iscritto nella Bibbia (dal greco ta biblia, "i libri"). La Bibbia ebraica è composta da 24 libri, ed è suddivisa in tre sezioni: la Torah (o Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia ebraica), i Nevi'im ("Profeti") e i Ketuvim ("Scritti"). Nella Bibbia sono narrate le vicende storiche del popolo ebraico, l'Alleanza instaurata tra il popolo e il suo Dio, e i princìpi che gli ebrei devono seguire per non rompere l'Alleanza.
Tutti i libri della Bibbia ebraica sono scritti in ebraico salvo alcune brevi sezioni in aramaico. I libri biblici furono scritti in diverse epoche: le tradizioni più antiche risalgono al 1000 a.e.v., mentre la maggior parte dei testi vennero redatti intorno al VI secolo a.e.v.. Nel mondo antico la Bibbia fu tradotta in greco e i suoi insegnamenti e i suoi princìpi si diffusero velocemente.
La Bibbia è un testo sacro anche per il Cristianesimo , che inizialmente era costituito da un gruppo di ebrei (Gesù e alcuni suoi discepoli), ed è la base dell' Islam, che si ritiene compimento sia dell'Ebraismo che del Cristianesimo.
Accanto alla Bibbia, il Talmud (che significa "insegnamento") è il grande libro sacro dell'Ebraismo: diversamente dalla Bibbia ebraica, il Talmud è infatti riconosciuto solo dall'Ebraismo, che lo considera come la "Torah orale", rivelata sul Sinai a Mosè e trasmessa a voce, di generazione in generazione, fino alla conquista romana. Il Talmud fu fissato per iscritto solo quando, con la distruzione del Secondo Tempio, gli ebrei temettero che le basi religiose di Israele sparissero.
Il Talmud consiste in una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti (hakhamim) e i maestri (rabbi) circa i significati e le applicazioni dei passi della Torah, e si articola in due livelli: la Mishnah (o "ripetizione") raccoglie le discussioni dei maestri più antichi (giungendo fino al II secolo e.v.), mentre la Ghemarah (o "completamento"), stilata tra il II e il V secolo, fornisce un commento analitico della Mishnah. Il Talmud ci è giunto in due versioni diverse: il Talmud di Gerusalemme (redatto tra il IV e il VI secolo nella Terra d'Israele) e il Talmud di Babilonia (redatto tra il V e il VII secolo in Babilonia).
A seconda del contenuto, il Talmud si suddivide in due generi di testo: una parte legislativa, chiamata Halakhah, in cui sono registrate le norme che regolano la vita quotidiana di ogni ebreo praticante (anche se non tutti gli ebrei, e non tutte le scuole, interpretano queste norme allo stesso modo), e una parte narrativa, chiamata Aggadah, in cui gli insegnamenti rabbinici assumono la forma di leggende e di racconti.
Princìpi fondamentali
Il principio che fonda la religione ebraica è la credenza in un solo Dio che - dopo avere creato il mondo - si è manifestato agli uomini attraverso una Rivelazione, tramandata per mezzo dei Libri Sacri (per questo motivo l'Ebraismo è chiamato anche Religione del Libro).
Un altro principio fondamentale, strettamente collegato al primo, è quello dell'Alleanza tra Dio e il popolo ebraico. Attraverso l'Alleanza, che in origine Dio strinse con Abramo, il popolo ebraico si impegnò a riconoscere Dio, a sostenere il suo progetto e a rispettare le sue Leggi. È tramite l'accettazione di questo patto che gli ebrei si riconobbero come il "popolo eletto": ciò non significa che gli ebrei si aspettino di ricevere particolari privilegi da Dio, o che si sentano migliori degli altri popoli, bensì che ritengono di essere stati designati da Dio per testimoniare agli altri - attraverso l'esempio delle loro azioni - la presenza di Dio sulla terra.
L'Alleanza di Dio e con il popolo ebraico viene rinnovata quando gli ebrei osservano nella vita pratica le leggi di Dio: alla base del sistema etico ebraico ci sono i Dieci Comandamenti che Dio consegnò a Mosé sul Monte Sinai. Vi sono poi 613 precetti, o mitzvot (di cui 365 divieti e 248 obblighi), registrati nella tradizione talmudica, che regolano la vita quotidiana di ogni ebreo praticante, e che comprendono leggi relative a tutti gli aspetti della vita sociale, dal matrimonio alle procedure cerimoniali, nonché diverse regole e divieti alimentari.
Nel patto tra Dio e il suo popolo, il premio per la buona condotta è dato dal possesso della terra, che innanzitutto appartiene a Dio. Ogni volta che il popolo trasgredisce alle leggi di Dio, rompendo l'Alleanza, Dio lo esilia. La speranza di un ritorno nella Terra Promessa, più per volontà di Dio che per la diretta azione dell'uomo, ha dato luogo in certi periodi alla credenza nell'arrivo di un messia, e cioè di un capo carismatico che avrebbe ricondotto il popolo nella Terra d'Israele.
Un aspetto molto rilevante della religione ebraica è l'importanza che essa attribuisce alla lettura e allo studio della Torah e del Talmud. Non si può essere un buon credente se non si studia, e studiare significa interrogare incessantemente i Testi, ricercandone tutti i significati possibili.
Rapporti con le altre religioni
La religione ebraica non è interessata al proselitismo attivo e non incoraggia (anche se non esclude) le conversioni. Tuttavia, l'Ebraismo incoraggia un rapporto di collaborazione interreligiosa in campo sociale e morale. Secondo il Talmud, l'ebreo deve rispettare le leggi del paese in cui vive. Nel corso dei secoli, gli ebrei hanno subito discriminazioni e persecuzioni da parte di altre religioni (in particolare da quelle cristiane).
ISLAMISMO
Diffusione e localizzazione geograficaI musulmani nel mondo sono circa un miliardo e trecentomila, il che fa dell'Islam la seconda religione più diffusa nel mondo. Bisogna evitare di confondere le parole "arabo" e "musulmano". Gli arabi sono coloro che vivono nei paesi la cui lingua ufficiale è l'arabo, e possono essere musulmani, cristiani o ebrei. I musulmani (o islamici), invece, sono coloro che seguono la religione musulmana, e non si trovano solo nei paesi arabi, ma anche in Iran, in Turchia, in diversi paesi africani, presso alcune popolazioni dell'Asia centrale, in Afghanistan, in Pakistan, in India, in Cina, in Malesia, in Indonesia e (come minoranza) nelle Filippine.
Cenni storici
L'Islàm (termine che letteralmente significa "arrendersi alla volontà di Dio") nasce all'inizio del VII secolo dell'era volgare nella penisola arabica. In quella zona vivevano molte tribù nomadi, ma c'erano anche gruppi di commercianti concentrati nelle due città principali, La Mecca e Yathrib (la futura Medina). È a una delle famiglie agiate della Mecca che apparteneva Maometto (in arabo Muhammad), il fondatore della religione musulmana. Sin da giovane, Maometto viaggiò e allargò le proprie conoscenze, spinto da una profonda ricerca interiore. Nel 610, durante uno dei suoi ritiri spirituali alle pendici del monte Hira, la tradizione musulmana vuole che gli si presentò l'angelo Gabriele, e che gli chiese di recitare alcuni versi, ovvero i primi versi della Rivelazione, rendendo Maometto il tramite umano della parola di Dio. La Rivelazione si fermò però per tre anni, durante i quali Maometto temette di essere stato abbandonato da Dio. A partire dal 613, però, le Rivelazioni ripresero e Maometto iniziò a comunicare ai propri concittadini i precetti della nuova religione. Sino a quel momento la religione della penisola arabica era stata il politeismo, quindi il compito iniziale di Maometto fu quello di convincere i propri concittadini a credere a un Dio solo. Ma l'opposizione fu tale che nel 622 Maometto decise di compiere l' egira (in arabo higra), ovvero di migrare a Yathrib (la futura Medina, ovvero "la città del Profeta") dove, accolto dalle tribù arabe del posto, fondò il vero stato musulmano, dove fece costruire la prima moschea. Oltre che a rappresentare l'Inviato di Dio, Maometto riuscì anche a imporsi come capo politico della città e della comunità musulmana. Dal momento in cui giunse a Yathrib, Maometto ebbe un unico obiettivo: vendicarsi dei meccani e ritornare nella sua città natale da vincitore. Ci furono molte battaglie tra i fedeli del Profeta e i meccani. Nel 629, dopo un tentativo fallito, Maometto riuscì a compiere il pellegrinaggio alla Mecca, in modo particolare alla Kaaba, che egli desiderava trasformare da santuario degli dei pagani in santuario del nuovo Dio Allah. Nel 630 entrò in maniera trionfale alla Mecca, dichiarandola città santa dell'Islam, e stabilì il rito del pellegrinaggio. Nel 632 Maometto morì a Medina, che diventò la seconda città sacra dell'Islam, e nel luogo dove è spirato sorge oggi una moschea. Siccome Maometto non aveva lasciato né figli maschi né indicazioni per la successione, alla sua morte si discusse molto su chi aveva il diritto di succedergli alla guida della comunità. I primi due califfi (in arabo khalifa vuol dire "successori [del Profeta]"), Abu Bakr e Omar, appartenevano al gruppo dei Compagni del Profeta. Il terzo califfo, Uthman, era invece membro della famiglia aristocratica meccana degli omayyadi. Uthman venne assassinato e Ali (cugino e genero di Maometto) ottenne il potere. Una parte della comunità musulmana, convinta che Ali stesso avesse fatto uccidere il predecessore, nominò immediatamente un anti-califfo. Cominciò una serie di lotte armate tra i due gruppi. Alla fine l'anticaliffo, Mu'awiya (che apparteneva alla famiglia omayyade), riuscì a farsi eleggere nuovo califfo. Fu così che avvenne il principale scisma all'interno dell'Islam, quello tra sunniti e sciiti (da shi'a ovvero "partito di Ali"). La dinastia omayyade (661-750) diede inizio a una nuova epoca. Il califfo viveva nel lusso e continuò la politica di espansione avviata dai primi califfi, sino a raggiungere a ovest la Spagna (l'Andalusia) e a est la Cina. L'espansione rese necessario lo spostamento della capitale in una città meno isolata dal resto dell'impero: la scelta ricadde su Damasco, città dove gli omayyadi avevano molti fedeli. Ma la dinastia venne ben presto accusata dai fedeli di essere troppo laica e mondana. Fu così che, nel 750, si impose la seconda grande dinastia della storia musulmana, quella degli abbasidi, che detenne il potere sino al 1258 (anno in cui Baghdad venne occupata dai Mongoli). Sotto gli abbasidi, la capitale venne trasferita da Damasco a Baghdad. Ma il territorio era troppo grande per essere controllato, e il potere venne sempre più affidato a piccole dinastie di principi (gli emiri) che, pur dipendendo sempre dal potere centrale, guadagnavano una maggior indipendenza. Dopo il 1258, la storia musulmana divenne la storia di piccole (anche se talvolta importanti) dinastie. Attualmente i sunniti (gli ortodossi, coloro che seguono la Sunna, ovvero la tradizione musulmana) rappresentano la maggioranza dei musulmani. Gli sciiti (che in origine erano i partigiani di Ali) riconoscono la guida non di un califfo - sovrano che, secondo loro, non ha alcun rapporto privilegiato con la divinità - bensì di un imam (una guida) che, appartenente alla famiglia di Ali, è dotato di potere sia temporale sia spirituale. La maggior parte degli sciiti si trova oggi in Iran. Una corrente particolare dell'Islam è il sufismo, ovvero il misticismo musulmano. Fine ultimo del mistico musulmano (sufi) è il raggiungimento della divinità sino ad annullarsi in Essa. Per l'ortodossia islamica è impensabile una fusione dell'uomo con Dio, e per questo motivo essa non accetta alcune forme di sufismo.
Testi sacri
Il testo sacro dell'Islam è il Corano (in arabo Qur'an ovvero "ciò che viene recitato"). Secondo la tradizione islamica, il Corano è Parola di Dio trasmessa al mondo tramite il Profeta Maometto, ed è l'ultima e definitiva rivelazione divina. Il Corano è composto da 114 capitoli detti sure che sono disposti, a esclusione del primo capitolo, in ordine di lunghezza dal più lungo al più breve. Le sure più lunghe sono le più recenti, mentre quelle più brevi sono le più antiche. Ogni capitolo (tranne il nono) ha inizio con la basmala, ovvero con l'espressione "nel nome di Dio, Clemente e Misericordioso". Per quanto riguarda il contenuto, le sure vengono suddivise in meccane e medinesi a seconda che siano state rivelate alla Mecca o a Medina. Le sure del periodo meccano esprimono i princìpi fondamentali della nuova religione: il monoteismo; la lotta contro l'ingiustizia sociale, poiché la nuova religione si scaglia contro i ricchi e gli usurai; l'annuncio del giorno del giudizio. Con la migrazione di Maometto a Medina i contenuti cambiano. Le sure di questo periodo offrono le regole a cui deve sottomettersi la comunità musulmana: ad esempio il divieto di consumare bevande fermentate, il divieto dell'usura e così via. Al Corano si affiancano altri due testi che vanno a costituire la tradizione musulmana (in arabo sunna): gli hadith, ovvero i detti e fatti del Profeta Maometto, e la sira, la biografia di Maometto. Gli hadith sono narrazioni riguardanti il Profeta che si occupano di tutti quegli aspetti della vita sociale e religiosa di cui non parla il Corano: ad esempio, come si devono svolgere le preghiere, i funerali, i matrimoni e così via.
Princìpi fondamentali
Tutti i musulmani credono in alcuni concetti base e imprescindibili, ma al contempo ciascuno di loro li mette in pratica in base alla tradizione e alle condizioni dell'area in cui vive. Il credo islamico può essere riassunto da quelli che vengono comunemente chiamati i cinque pilastri dell'islam (in arabo arkan al-islam): 1. la professione di fede (in arabo shahada) che consiste nel recitare con intenzione la seguente frase: "Professo che non esiste altro dio all'infuori di Iddio e Maometto è l'Inviato d'Iddio" (in ambito sciita si aggiunge: "E Ali è il suo Prediletto"); 2. la preghiera rituale (in arabo sala) è rappresentata dalle cinque preghiere giornaliere: all'alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e alla sera. Per compiere la preghiera il musulmano deve trovarsi in stato di purità rituale - questo è il motivo per cui nelle moschee v'è sempre una fontana per le abluzioni - e deve rivolgersi verso la qibla, ovvero verso la Kaaba della Mecca. La preghiera comunitaria è quella del venerdì a mezzogiorno; 3. l'elemosina sociale purificatrice (in arabo zaka) che è una somma che ogni musulmano deve versare annualmente, il cui ammontare è stabilito in base al suo reddito e che viene usata per aiutare i poveri e i bisognosi; 4. il digiuno (in arabo sawm) del mese di ramadan, nono mese del calendario lunare. Durante questo mese il musulmano si deve astenere nelle ore diurne soprattutto dal mangiare e dal bere; 5. il pellegrinaggio (in arabo hagg) alla Mecca che è obbligatorio per ogni musulmano adulto almeno una volta nella vita. Anche il pellegrinaggio ha luogo in un mese stabilito del calendario lunare.
Rapporti con le altre religioni
L'Islam si pone per definizione come l'ultima e definitiva religione rivelata, quindi come "sigillo" delle religioni monoteistiche. Ma proprio per questo motivo sia ebrei sia cristiani vengono definiti dall'Islam "genti del Libro" e vengono rispettati e tollerati in quanto possiedono un Libro rivelato. Nei confronti delle altre religioni, invece, l'atteggiamento dell'Islam è stato spesso meno aperto: la nozione di gihad, originariamente intesa come sforzo contro i politeisti, è stata interpretata da alcuni movimenti estremistici come uno sforzo contro chiunque non appartenga all'Islam.
INDUISMO
Diffusione e localizzazione geograficaGli induisti rappresentano la terza comunità religiosa del mondo (dopo i cristiani e i musulmani) e sono quasi 650 milioni (circa il 13% della popolazione mondiale), diffusi in 84 paesi. La maggior parte di essi vive in Asia meridionale, e in particolare in India, in Nepal, in Sri Lanka, in Bhutan, in Malesia, a Singapore, in Indonesia (Bali). Vi sono comunità induiste in Africa (Mauritius), in America latina (Guyana, Trinidad), nelle isole Figi, negli Stati Uniti e in diversi paesi europei.
Cenni storici
L'Induismo non ha un fondatore. Più che una religione unitaria, l'Induismo è un insieme di movimenti religiosi diversi, che però sono accomunati da alcuni princìpi fondamentali.
Vi sono diverse ipotesi sulla preistoria di questa religione e dei popoli dell'India. Secondo molti studiosi, le origini dell'Induismo risalgono a più di tremila anni fa, quando le tribù indo-arie si installarono nel nord dell'India e elaborarono alcune concezioni filosofiche e pratiche sociali che costituirono le basi del sistema filosofico induista. Altri invece, e in particolare alcuni studiosi indiani contemporanei, ritengono che non vi sia stata un'influenza esterna sulla cultura indiana delle origini, la quale deriverebbe direttamente dall'antica civiltà dell'Indo (fiorita più di quattromila anni fa), di cui rimangono alcune importanti tracce architettoniche, ma della cui storia e della cui fine si sa molto poco.
In ogni caso, la storia dell'Induismo più antico viene suddivisa in due fasi: la fase vedica (ca. 1500 - 900 a.e.v.), caratterizzata dalla pratica dei sacrifici e dal culto di un numero molto elevato di divinità - tra cui spiccano il potente Indra e il dio del fuoco Agni -, e la fase post-vedica o brahmanica (ca. 900 - 400 a.e.v.), in cui sia il sacrificio, sia molte delle divinità vediche perdono importanza, e compare il dio creatore Prajapati (identificato con il brahman, l'assoluto).
La parola hindu fu introdotta con l'arrivo dei musulmani (nel secolo VIII), mentre coloro che appartengono a questa religione preferiscono il termine classico dharma, che significa legge, sostegno, norma, giustizia, dovere, e si riferisce all'ordine eterno delle cose.
Testi sacri
Dapprima tramandati oralmente e poi, molto più tardi, fissati per iscritto, i Quattro Veda (Veda degli inni, Veda delle melodie, Veda delle formule sacrificali, Veda delle formule magiche) costituiscono i fondamenti dell'Induismo.
Ciascuno dei quattro Veda è ordinato in quattro diversi livelli, che sono:
• le Samhita, una considerevole raccolta di inni composti tra il 2000 e il 1000 a.e.v.;
• i Brahmana, commenti liturgici in prosa;
• gli Aranyaka, o libri "della foresta";
• le Upanishad, che fungono da commenti filosofici dei Veda.
• Il Mahabharata è un vasto poema, scritto tra il III secolo a.e.v. e il III secolo e.v., che riassume in 18 libri il codice guerriero e alcuni presupposti filosofici e religiosi dell'Induismo (in particolare nella Bhagavad-gita, poemetto che affronta alcune questioni morali fondamentali e la fede personale in una divinità salvatrice, Krishna/Vishnu).
• Il Ramayana è un'altra grande epopea che narra le vicende di un eroe (in seguito identificato con il dio Vishnu) costretto a combattere una guerra con il demoniaco re di Lanka (Ceylon) per riprendere la sposa rapita.
• Infine, i Purana sono 36 raccolte di miti e leggende, biografie e insegnamenti filosofici che costituiscono una sorta di enciclopedia dell'Induismo.
Princìpi fondamentali
Le divinità vediche non sono tanto degli esseri superiori, quanto delle rappresentazioni delle forze della natura. Nel corso dei secoli, dopo il periodo vedico, due di queste divinità, Vishnu (dio benefico e solare, di cui Rama e Krishna sono le principali incarnazioni) e Shiva (dio al contempo distruttore e ricreatore, probabilmente ricollegabile alla divinità vedica Rudra) hanno acquistato un particolare rilievo, dando luogo a correnti differenti: il vishnuismo e lo shivaismo (che è, oggi, quella seguita dalla maggioranza degli indiani). Una terza corrente è costituita dallo shaktismo (Shakti, sposa di Shiva, è l'energia creativa della divinità). Tuttavia, le diverse scuole non si escludono necessariamente a vicenda poiché uno degli aspetti caratteristici dell'Induismo è che esistono diverse vie per raggiungere la salvezza.Le varie scuole concordano su alcuni punti fondamentali. Questi sono:
Il ciclo della rinascita (samsara): alla morte, ogni creatura rinasce in un altro corpo, vegetale, animale, o umano. Lo scorrere delle esistenze, ovvero la successione delle rinascite, è visto come un dramma dal quale si desidera liberarsi con l'aiuto di determinate tecniche, come lo yoga e la meditazione. La liberazione - o moksha - consiste nella scoperta dell'identità del nucleo più profondo di sé (atman), con il brahman, che è l'assoluto, l'Uno indivisibile che pervade tutto l'universo.
Il rispetto della vita: l'anima dell'individuo può rinascere anche in forme animali e vegetali. Ne deriva che gli induisti tendono a manifestare un grande rispetto per ogni tipo di essere vivente (ad esempio, molti di essi sono vegetariani).
Il karma ("azione"): in base a questo concetto, la condizione in cui un determinato individuo nasce nella vita successiva dipende dalle azioni che ha compiuto in quella precedente. In altre parole, ogni azione che l'individuo compie nella vita attuale avrà delle ripercussioni nelle sue vite future.
La divisione della società in gruppi sociali (varna: "colore"): i brahmani (brahmana), i guerrieri (kshatriya), i produttori (vaishya) e i servitori (shudra), oltre ai fuoricasta che si situavano al di fuori del sistema. Successivamente, la società si è articolata in una gran quantità (dalle 2000 alle 3000) di caste (jati) e sottocaste. L'appartenenza a una casta piuttosto che a un'altra dipende dal karma dell'individuo, e dunque dalla sua condotta nelle esistenze precedenti. Chi nasce all'interno di una certa casta deve essere consapevole dei doveri e delle conseguenze della propria condizione (ad esempio ci si può sposare o sedere alla stessa tavola solo con membri della propria casta): un adempimento dei propri doveri castali è necessario per ottenere una rinascita migliore. Va peraltro aggiunto che la Costituzione dell'India moderna vieta ogni discriminazione in base all'appartenenza castale sebbene, nella pratica, il sistema delle caste continui a essere applicato.
Rapporti con le altre religioni
Dato il principio induista secondo il quale le vie che conducono all'Assoluto sono molteplici e non si escludono a vicenda, questa religione si dichiara tollerante nei confronti sia delle altre religioni, sia delle varie espressioni religiose che si esprimono al suo interno. Ciò che l'Induismo rifiuta è l'assolutizzazione di una forma particolare di culto, nonché, nella maggior parte dei casi, il proselitismo.
BUDDISMO
Diffusione e localizzazione geografica
Si ritiene che i buddhisti siano circa 350 milioni (il 6% della popolazione mondiale), e ciò fa del Buddhismo la quarta religione più diffusa nel mondo.
Le varie scuole buddhiste si raggruppano in due tradizioni principali, le quali divergono nel modo di intendere la dottrina del Buddha:
- il Theravada, o Insegnamento degli Anziani, corrisponde alla dottrina antica ed è praticato soprattutto in Sri Lanka, in Birmania, in Laos, in Bangladesh e in Cambogia;
- il Mahayana, o Grande Veicolo, si è sviluppato in Tibet, in Cina, in Corea, in Vietnam, in Mongolia e in Giappone. Uno degli sviluppi più originali del Mahayana è il Vajrayana, o Veicolo del Diamante, che caratterizza la tradizione tibetana (uno dei vertici della quale è il Dalai Lama).
Cenni storici
Il fondatore del Buddhismo, Siddharta Gautama, visse nell'India del nord tra il VI e il V secolo a.e.v.. Secondo l'insegnamento tradizionale, dopo avere condotto un'esistenza molto agiata al riparo dalle sofferenze, Siddharta abbandonò il lusso della casa paterna e trascorse sei anni nell'ascetismo assoluto, secondo i precetti delle più rigorose scuole induiste della "rinuncia" al mondo (vita di elemosine, digiuno, yoga, meditazione in luoghi solitari). Deluso da questa esperienza, mitigato il regime ascetico e praticando intensamente la meditazione, Siddharta raggiunse infine lo stato di suprema coscienza che fece di lui il Buddha (o "Risvegliato"). Dalla sua predicazione, e dal proselitismo dei suoi primi seguaci, si formò una comunità estranea al sistema castale, a cui tutti potevano aderire per scelta personale, che si separò gradualmente dall' Induismo.
Testi sacri
I testi sacri del Buddhismo sono raccolti in due "Canoni" chiamati Pali e Sanscrito, in base alle lingue in cui sono stati scritti. Il Canone Pali, proprio della tradizione Theravada, è composto da tre parti (o "canestri"): il Vinaya Pitaka (canestro della disciplina), che contiene le regole della vita monastica; il Sutta Pitaka (canestro della dottrina), che contiene i sermoni del Buddha; l'Abhidamma Pitaka (canestro della filosofia), che contiene i commenti dotti alla dottrina esposta nel Sutta Pitaka. Le denominazioni e le suddivisioni interne del Canone Sanscrito (adottato dalla tradizione Mahayana) variano molto da paese a paese, ma conservano la stessa tripartizione.
Princìpi fondamentali
Partendo da alcuni concetti induisti (ma anche intervenendo su di essi in maniera radicale), come quelli del ciclo delle rinascite (Samsara), dell'anima eterna di ogni essere vivente (atman), e dell'atto con le sue conseguenze sulle vite successive (karma), il Buddhismo pone al centro del suo insegnamento la via per raggiungere la cessazione della sofferenza e la fine delle trasmigrazioni di esistenza in esistenza.
Il nucleo centrale della dottrina buddhista si articola nelle tradizionali Quattro Nobili Verità:
• la prima Verità è l'universalità della sofferenza (o dukkha): la vita è dolore, rimpianto (per ciò che abbiamo avuto e non abbiamo più), insoddisfazione (per ciò che desideriamo e non abbiamo) e inquietudine (per l'inconsistenza di ciò che abbiamo): soffriamo perché ci rendiamo conto che tutto è effimero.
• la seconda Verità è che la sofferenza ha origine dentro di noi, nel nostro tentativo, destinato all'insuccesso, di cercare la felicità in ciò che è transitorio, spinti dalla bramosia/avidità/desiderio allettante (o tanha - "sete") di far nostre delle cose, o delle situazioni, che consideriamo attraenti;
• la terza Verità è che potremo porre fine alla sofferenza solo se impareremo a liberarci dalla scala di valori ingannevole per abbandonare ciò che nella vita è soltanto provvisorio (i desideri, le passioni, l'idea errata che esista un "sé" permanente), estinguendo la "sete";
• l'ultima nobile Verità riguarda la strada da intraprendere per avvicinarsi al nirvana (all'estinzione del ciclo delle rinascite), che il Buddha indica come "Nobile ottuplice sentiero": retto pensiero, retta intenzione, retta parola, retta azione, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta attenzione e retta concentrazione (dove "retto" significa conforme agli insegnamenti buddhisti e ai precetti esplicitati dalle varie scuole).
Rapporti con le altre religioni
Il Buddhismo può coesistere in modo molto flessibile con altre religioni e si adatta ai diversi contesti culturali in cui è di volta in volta inserito, spesso integrandosi profondamente con la cultura preesistente. Secondo i buddhisti, infatti, tutte le pratiche spirituali hanno come obiettivo il progresso dell'umanità verso il bene. Le strade che portano alla salvezza sono molteplici e non si escludono a vicenda.
CONFUCIANESIMO
Diffusione e localizzazione geograficaIl Confucianesimo (termine usato la prima volta dai gesuiti nel XVII secolo) è uno dei tre credi della Cina (gli altri due sono il Daoismo e il Buddhismo). Fuori dalla Cina, la principale comunità confuciana si trova nella Corea del Sud.
Cenni storici
Confucio (termine usato in Occidente per Kongfu zi, 551-479 a.e.v.), discendente di una nobile famiglia decaduta, nacque nello stato di Lu, in quella che è l'attuale provincia dello Shandong. Attento studioso delle antiche tradizioni, Confucio visse in un periodo di aspre lotte (vari stati si combattevano, cercando con ogni mezzo di prevalere l'uno sull'altro). Rendendosi conto che gli antichi valori stavano ormai decadendo, Confucio decise di insegnare ai giovani la saggezza degli avi. Come egli stesso dichiarava, il suo era il compito di un maestro che trasmetteva, non creava. Confucio raccolse e riordinò quindi i testi antichi, ma non scrisse niente di quanto insegnava. I suoi insegnamenti ci sono giunti solo attraverso i discepoli che trasmisero ai posteri le sue parole, e da quanti in seguito ampliarono ed integrarono (in varie maniere) gli insegnamenti del maestro. Tra questi, Mencio (Mengzi, 372-289 a.e.v.) sosteneva che l'animo umano era fondamentalmente buono, e Xunzi (312-238 a.e.v.) sosteneva che era fondamentalmente cattivo ma si poteva correggere con lo studio. Zhu Xi (1130 - 1200) introdusse concetti filosofici nella originaria dottrina confuciana, dando luogo al così detto Neoconfucianesimo, che dagli ultimi decenni del XVI secolo finì col soppiantare il Confucianesimo stesso.
Il canone
Il numero dei libri che rientrano nel canone confuciano non è fisso (in alcune epoche furono considerati classici alcuni testi, in altre epoche altri). Una delle suddivisioni più note è quella che fa riferimento ai "Cinque classici" (Wu Jing) ed ai "Quattro libri" (Si Shu).
I "Cinque Classici" comprendono:
le Primavere e Autunni (Chunqiu: la storia del principato di Lu), redatte dallo stesso Confucio in forma cronachistica;
lo Shijing ("Classico della Poesia") e lo Shujing ("Classico dei Documenti"), le due antologie raccolte da Confucio;
il "Classico dei Mutamenti" (Yijing, libro di divinazione) imperniato sul princìpio dello yinyang, simbolizzato nei 64 esagrammi;
e le "Memorie sui riti" (Li Ji) che raccolgono norme di comportamento.
I "Quattro libri" sono:
i "Discorsi" (Lunyu), composti dopo la morte di Confucio dai suoi discepoli;
il Mengzi, che espone in forma dialogica le idee di Mencio;
il "Grande studio" (Daxue) e il "Giusto mezzo" (Zhongyong), che in origine costituivano due capitoli del "Libro dei riti", e che furono posti da Zhu Xi tra i "Quattro libri" (da lui fatti adottare per l'insegnamento delle sue teorie).
Princìpi fondamentali
Gli insegnamenti confuciani vertono più che altro sulle norme morali di comportamento che ogni individuo deve seguire, non perché gli siano imposte, ma perché, dopo averle apprese tramite uno studio rigoroso, egli sa esattamente come deve agire nella società. Colui che segue queste norme è consapevole che la famiglia e lo stato si basano su rapporti gerarchici, che implicano il riconoscimento dell'autorità e di determinati doveri reciproci: i doveri che legano principe e ministro, padre e figlio, marito e moglie, fratello maggiore e fratello minore, amico maggiore e amico minore.
L'uomo deve praticare nei confronti dei suoi simili la rettitudine (yi), l'umanità (ren) e la pietà filiale (xiao), e adempiere ai riti (li) che scandiscono rigidamente i rapporti tra gli uomini e i rapporti tra l'uomo ed il cielo.
Non esiste la concezione del bene e del male fini a se stessi, ma è riprovevole un cattivo comportamento. Non esiste il concetto del peccato, o la concezione di un essere trascendente o di mondo ultraterreno. Esiste la società, nella quale si vive: il confuciano impara attraverso lo studio a comprendere razionalmente la realtà che lo circonda e, di conseguenza, a comportarsi nella maniera appropriata in ogni occasione, non contrastando con il suo agire l'armonia che deve esistere in ogni ambito, umano e naturale.
Confucio diceva di non essere contrario che al Cielo (Tian), inteso come essere immateriale, venisse indirizzato il culto. I riti religiosi facevano parte della vita sociale e in quanto tali andavano compiuti: il Cielo è in qualche modo il garante dell'armonia universale che, con i suoi segni di approvazione e disapprovazione, fa capire all'uomo e al sovrano qual è il giusto comportamento. Pur avendo posto particolare attenzione solo alla morale e al comportamento sociale, sin dalla metà del I secolo e.v. il Confucianesimo si arricchì di risvolti religiosi. Per un breve periodo lo stesso Confucio fu considerato una divinità, e nei templi in cui era eretta la sua statua, fu onorato con sacrifici, ma le cerimonie a lui tributate ben presto acquistarono carattere più laico che religioso. Anche sotto l'aspetto religioso il Confucianesimo si oppose a ogni forma di culto popolare in cui si credesse agli spiriti, agli esorcismi, a forme di divinazione, presentandosi come un vero e proprio culto civile di tipo comunitario, caratterizzato da riti e da preghiere, da feste e da fiere che si svolgevano periodicamente. Oggetto di un culto particolare erano gli antenati, i cui nomi venivano incisi su tavolette di legno, conservate in casa. Proprio il culto tributato agli antenati fu causa di accese polemiche in Occidente nel corso del XVII secolo: nel 1705 fu condannato dal Papato che lo giudicò idolatrico, e solo nel 1939 fu infine considerato lecito, in quanto ritenuto non di tipo religioso. In epoca contemporanea, negli anni 70 del secolo XX, vi è stata una dura critica e un duro attacco da parte dei dirigenti della Repubblica Popolare contro Confucio, ma ancor oggi il Neoconfucianesimo continua a sopravvivere in vari strati del popolo cinese.
Rapporti con le altre religioni
Il Confucianesimo, che non si può considerare una vera e propria religione, ha sempre convissuto in modo relativamente pacifico con Daoismo e Buddismo, che sono da ritenere religioni vere e proprie: un detto cinese, che dice sanjiao yijiao ("tre religioni, una religione"), esemplifica bene l'atteggiamento sincretistico del popolo cinese riguardo alla religione.
RELIGIONI TRADIZIONALI AFRICANE
Ogni popolazione africana ha sviluppato una sua
specifica religione, che è divenuta parte integrante del suo patrimonio
culturale. Si può dire quindi che esistono tante religioni tradizionali quante
sono le popolazioni africane. Tra le popolazioni africane non è diffuso il
proselitismo, ossia il tentativo di convertire altri alla propria religione,
proprio perché ogni religione è direttamente legata all'identità di una
determinata popolazione. Non è quindi possibile rintracciare nelle varie
religioni tradizionali africane una origine storica comune, né una unica
diffusione geografica che ci permetta di seguirne l'espansione nel continente.
Si usa generalmente il termine tradizionale per distinguere quelle che hanno
un'origine africana, dalle grandi religioni importate, come l' Islam o il
Cristianesimo , che hanno negli anni attratto una larghissima fetta della
popolazione. Parlare della religione in Africa significa parlare della
organizzazione sociale, e quindi parlare del rapporto tra giovani e anziani, del
rapporto con la natura, delle relazioni tra i sessi opposti, della percezione
della malattia, della accettazione della morte, e così via. Tutto ciò che
riguarda la vita sociale in Africa è regolato dalla religione. Non essendoci un
testo scritto, come la Bibbia o il Corano, la tradizione religiosa è
generalmente custodita dagli anziani e affidata alla trasmissione orale, spesso
attraverso racconti e proverbi. A questo proposito è bene ricordare che la
terminologia usata dagli studiosi occidentali per classificare la dimensione
religiosa africana è a volte molto imprecisa e ne impoverisce la straordinaria
complessità e varietà. Princìpi fondamentali
Malgrado le trasformazioni che avvengono continuamente nel mondo religioso africano è comunque possibile riconoscere alcuni elementi che accomunano le varie tradizioni religiose africane tra di loro.
In primo luogo, al centro di tutte le religioni di cui stiamo parlando vi è la credenza in un Dio unico, che la Storia delle religioni definisce Essere Supremo. La figura di questo Dio Creatore è simile in tutte le religioni africane: dopo aver creato il mondo se ne è disinteressato e interferisce raramente con le vicende degli uomini. Pur essendo garante dell'ordine stabilito delle cose, non vi partecipa più e rimane quindi al di fuori della relazione con gli uomini. L'Essere Supremo è raramente oggetto di venerazione e di culto. Ad esempio, il Dio del popolo kikuyu del Kenya, chiamato Ngai, si è ritirato in cima al monte Kenya e non partecipa più alle vicissitudini delle sue creature. Tuttavia, i Kikuyu pregano sempre rivolgendo il volto verso la montagna in segno di rispetto.
Il Dio creatore è allo stesso tempo buono e cattivo: incute timore perché i suoi rari interventi possono essere violenti, ma la gente gli è anche grata per la sua generosità.
La figura dell'Essere Supremo è l'entità più importante di una serie molto numerosa di esseri spirituali. Essi agiscono da mediatori tra l'Essere Supremo e gli uomini. Nelle religioni africane vari spiriti sono diventati più importanti dell'Essere Supremo, che è sentito come troppo lontano. È a loro che gli uomini si rivolgono per vedere esaudite le loro richieste. Gli spiriti si distinguono in spiriti di origine non umana e spiriti che dopo essere stati degli esseri umani sono diventati spiriti ancestrali.
Gli spiriti di origine non umana sono a volte collegati con determinati luoghi naturali, ad esempio lo spirito del bosco o lo spirito del mare. Tra gli spiriti più attivi e presenti per i luo del Kenya, ad esempio, vi è lo spirito del lago. Ciò si spiega con la vicinanza del lago Vittoria, sulle cui rive i luo vivono da molto tempo. Tra i dogon del Mali, lo spirito dell'acqua, chiamato Nommo, è considerato il progenitore dell'umanità, colui che ha insegnato agli uomini l'arte del fuoco e l'uso degli strumenti.
Gli spiriti della natura spesso non hanno una personalità ben definita, sono i guardiani del territorio dove vive una determinata popolazione e con la quale instaurano delle complesse relazioni sociali. Altri spiriti invece sono identificati con fenomeni naturali, come lo spirito del tuono, lo spirito del vento, della tempesta, della pioggia e così via. Tutte queste entità spirituali, che alcuni studiosi definiscono anche divinità secondarie, possono essere benefici o malefici o addirittura possedere una natura ambivalente. A volte sono amichevoli e ben disposti nei confronti degli uomini, altre volte possono essere molto ostili. Alcuni intervengono raramente, altri sono sempre presenti nella vita di tutti i giorni, alcuni si spostano facilmente mentre altri sono sedentari. Tutte queste entità spirituali si dispongono lungo una scala gerarchica per ordine di importanza, e la loro posizione codifica i rapporti tra di loro e tra loro e gli uomini. Alcuni di questi spiriti entrano in relazione con gli uomini attraverso la trance o la possessione. A volte esistono delle vere e proprie famiglie di spiriti che periodicamente possiedono una persona e le indicano in che modo agire per il bene del clan o della comunità intera. Si tratta ad esempio degli spiriti Bori tra gli haussa del Niger o dei Bisimba tra gli zela dello Zaire.
Alla categoria degli spiriti ancestrali appartengono invece gli antenati. La morte non trasforma automaticamente un parente in un antenato, ma sono necessari dei rituali accurati che in un certo senso accompagnano la persona deceduta nell'aldilà e gli permettono di acquisire la nuova essenza spirituale. Tra questi rituali ricordiamo il doppio funerale che prevede un periodo di tempo in cui lo spirito del defunto diventa maldisposto nei confronti dei vivi e solo il secondo funerale, che prevede una serie di offerte e di preghiere collettive, lo riappacifica con i suoi parenti.
In tutte le società africane il legame tra i vivi e i morti è molto forte: i defunti devono essere sempre tenuti in considerazione e appagati con offerte di vario genere. Essi mantengono saldamente le loro posizioni all'interno della struttura familiare e nulla incute maggior timore che il suscitare la loro ira. Gli antenati costituiscono la relazione più immediata con il mondo spirituale, sono in grado di garantire la prosperità, la salute, la fecondità ai loro discendenti. La struttura sociale dei Kikuyu del Kenya si riflette e si sdoppia nell'organizzazione del mondo degli antenati, chiamati Ngoma, tra i quali spiccano gli "antenati immediati" o Ngoma cia aciari. Essi comunicano prevalentemente con il capo famiglia, che deve offrire loro regolarmente offerte di cibi e di bevande.
SHINTOISMO
Diffusione e localizzazione geograficaLo Shintoismo è praticato quasi esclusivamente in Giappone. È molto difficile stimare il numero complessivo degli shintoisti in quanto si può essere shintoisti e, contemporaneamente, aderire al Buddhismo. Secondo alcune fonti vi sono circa 100 milioni di giapponesi che praticano una combinazione di Shintoismo e Buddhismo.
Cenni storici
Lo Shintoismo è la religione autoctona del Giappone e non ha fondatore. In origine, lo Shintoismo era il frutto della mescolanza di riti, miti, credenze, tecniche divinatorie, usi e costumi profondamente radicati nella vita quotidiana del popolo giapponese. Dapprima tale complesso di pratiche e di credenze non portava nessun nome, e soltanto con l'avvento del Buddhismo in Giappone (nel VI secolo) venne a essere distinto con il nome di shinto (che significa "via degli dei").
Dal VI all'VIII secolo lo Shintoismo e il Buddhismo ceosistettero pacificamente in Giappone, ma poi lo stato di simbiosi si tramutò addirittura in fusione. Nel XII secolo, lo Shintoismo si combinò anche con il Confucianesimo. Separato dagli altri culti a scopo politico, nel 1868 lo Shintoismo divenne praticamente la religione di Stato.
Nel Giappone contemporaneo non gode più di tale posizione privilegiata, in quanto l'attuale Costituzione garantisce a tutti i giapponesi l'assoluta libertà religiosa.
Testi sacri
Sebbene lo Shintoismo non abbia dei veri e propri testi sacri, vi sono alcuni libri che raccolgono i miti e le tradizioni religiose del popolo giapponese: tra questi, i principali sono il Kojiki ("Memorie degli avvenimenti dell'antichità"), e il Nihon shoki ("Annali del Giappone"), scritti nell'VIII secolo, in cui si trova la storia del Giappone dalla sua creazione - per opera della coppia divina, Izanagi (maschio) e Izanami (femmina) - all'anno 697.
Princìpi fondamentali
La filosofia di vita shintoista ruota intorno all'idea che vi sia un'armonia profonda tra gli esseri umani, la natura, e le numerose divinità che popolano l'universo.
Gli esseri divini si chiamano kami, sono generalmente benigni e proteggono coloro che si rivolgono a essi. I kami si identificano con numerosi oggetti naturali (montagne, ruscelli, animali, alberi, ecc.), con alcuni personaggi mitici o storici e con gli antentati.
Secondo la mitologia shintoista del Kojiki e del Nihon shoki, la famiglia imperiale (il cui primo imperatore è ritenuto Jimmu Tenno) discende direttamente dalla dea del sole Amaterasu, considerata come capostipite.
Rapporti con le altre religioni
Lo Shintoismo convive facilmente con le altre religioni e, difatti, molti shintoisti sono contemporaneamente devoti al Buddhismo. Si tratta di una religione che non incoraggia il proselitismo poiché è considerata inadatta ai popoli non giapponesi.
SIKHISMO
Diffusione e localizzazione geograficaI sikh nel mondo sono circa 18 milioni e vivono per lo più nella regione indiana del Punjab. Fuori dall'India, le più grandi comunità sikh si trovano in Nord America (Stati Uniti e Canada) e in Gran Bretagna.
Cenni storici
Il fondatore della religione sikhista è il guru Nanak Dev (1469-1539) che, dopo avere ricevuto l'illuminazione a Sultanpur, trascorse il resto dei suoi anni a viaggiare per l'India cantando le poesie religiose che lui stesso aveva composto, e che successivamente furono registrate per iscritto e inserite nel canone sikhista. Attorno al guru Nanak si raccolse una comunità di discepoli (Sikh = "discepolo"), tra i quali egli scelse il proprio successore, Guru Angad. In tutto, i successori del primo guru furono dieci: all'epoca del quinto guru, la struttura della comunità sikh si fece più marziale, in seguito alle persecuzioni subite a opera dei Moghul, gli imperatori musulmani dell'India. Il decimo guru, Gobind Singh (1666-1708), fondò l'ordine militante dei Khalsa ("i puri") e decretò che, dopo di lui, non ci sarebbe stato un altro guru in quanto l'autorità religiosa veniva trasferita al testo sacro, l'Adi Granth.
Testi sacri
Il testo sacro del Sikhismo è l'Adi Granth (noto anche come Guru Granth Sahib), una raccolta di quasi seimila inni, composti dai primi cinque guru, curata da Arjan Dev (il quinto guru) nel 1606. Le 1430 pagine dell'Adi Granth comprendono inoltre alcuni inni di santi bahkti e di sufi musulmani.
Princìpi fondamentali
Il Sikhismo si ispira ad alcuni princìpi dell' Induismo e dell' Islam , pur essendo una religione autonoma e a sé stante. Dall'Induismo trae la credenza nella trasmigrazione delle anime (samsara) e degli effetti delle azioni sulle vite successive (karma). L'obiettivo ultimo è di interrompere il ciclo delle rinascite (cfr. Induismo , Buddhismo , Giainismo ), tranne che la liberazione non è vista come un annullamento del sé, bensì come una congiunzione con Dio, che è Uno e indivisibile. Tale congiunzione si ottiene tramite il retto comportamento e la fede in Dio. Come i musulmani, i sikh credono che Dio abbia creato il mondo e che la Sua volontà governi ogni cosa. Secondo il Sikhismo, tutti gli esseri umani sono uguali di fronte a Dio (dunque viene rifiutato il sistema castale): questo principio implica l'abolizione del clero (ogni sikh può leggere il Guru Granth Sahib, a casa o al tempio) e la parità tra uomo e donna (le donne possono guidare la congregazione in preghiera e diventare "leonesse della fede" al pari degli uomini). Contrario a ogni forma di ascetismo, al celibato, al formalismo dei rituali e al culto delle immagini, il Sikhismo invita i propri seguaci a raggiungere un equilibrio tra gli obblighi spirituali e quelli temporali. La condivisione dei beni è ritenuta una parte importante della vita quotidiana. I khalsa sono guerrieri, oltre che credenti e capifamiglia, e credono nella legittimità della "guerra santa", intesa come strumento per combattere le ingiustizie. Chi entra nei khalsa è tenuto a portare sempre con sé le "cinque k": kesh (capelli mai tagliati: chi se li taglia è un rinnegato); kacha (pantaloncini corti), kirpan (pugnale), kara (bracciale di ferro) e kanga (pettine).
Rapporti con le altre religioni
Sebbene il Sikhismo sia molto critico nei confronti di altre religioni, i guru hanno sempre dichiarato di credere nella libertà religiosa in quanto ciò che più conta è la condotta morale che l'individuo mantiene nel corso della sua vita terrena e la sua fede in Dio (o in un principio di divinità). Ciò significa che, per il Sikhismo, persone di religioni diverse possono raggiungere la salvezza dell'anima pur rimanendo all'interno della propria religione. Nella pratica, tuttavia, la storia dei sikh è stata segnata dal conflitto con i musulmani e con gli induisti.
GIAINISMO
Diffusione e localizzazione geograficaAl mondo vi sono circa 4 milioni di giainisti, concentrati soprattutto nell'India nord-occidentale.
Cenni storici
Il Giainismo è una religione molto antica che - come il Buddhismo - affonda le proprie radici nella tradizione induista, dalla quale si distinse in seguito a un movimento di riforma rispetto all'ortodossia vedica e brahmanica. I grandi maestri (o Jina, che in sanscrito significa "vincitori" - nel senso che hanno conquistato le proprie passioni) riconosciuti da questa religione sono ventiquattro: l'ultimo Jina fu Vardhamana (noto anche come Mahavira, o "grande eroe") e visse nel VI-V secolo a.e.v., più o meno contemporaneamente al Buddha. Secondo la tradizione, Vardhamana nacque da una famiglia nobile e, a ventotto anni, lasciò la moglie e la figlia per dedicarsi alla religione e alle pratiche ascetiche. Raggiunse l'illuminazione interiore, rifondò la comunità giainista e morì di digiuno a settantadue anni.
Nel I secolo e.v. la comunità giainista si scisse in due correnti principali: i Digambara ("vestiti d'aria"), più conservatori, secondo i quali i monaci dovevano vivere completamente nudi, e gli Svetambara ("vestiti di bianco"), che accettavano che i monaci indossassero una veste bianca.
Testi sacri
Il canone Svetambara, denominato Agama, risale al II-III secolo a.e.v. e comprende parabole e leggende riferite alla figura di Mahavira. I Digambara negano l'autenticità di questi testi e il loro canone comprende le opere del monaco Kundakunda (circa IV secolo e.v.).
Princìpi fondamentali
Come gli induisti e i buddhisti, i giainisti credono nella reincarnazione e nel ciclo delle rinascite (o samsara): il ciclo è eterno (poiché il tempo non ha inizio e non ha fine) e l'obiettivo ultimo del credente è di liberarsi dal proprio karma (dalla somma delle proprie azioni e delle loro conseguenze sulle vite successive) per raggiungere il nirvana, lo stato di eterna quiete.
La liberazione dalla vita terrena si ottiene solo se si riesce a separare l'energia indistruttibile ed eterna dell'anima (jiva) dai suoi legami materiali, che sono il risultato di passioni nocive. Il giainista è tenuto a osservare cinque voti:
- Ahimsa: rispettare ogni forma di vita
- Satya: dire la verità
- Asteya: non rubare
- Brahmacharya: per i monaci, questo è il voto di castità; per i laici, si tratta di un voto di monogamia
- Aparigraha: non acquisire più di ciò che è necessario per sopravvivere giorno per giorno (questo voto vale solo per i monaci).
Il principio dell'Ahimsa, che fonda l'etica giainista, è legato al concetto di karma: quando si infliggono dei danni a un'altra creatura (anche involontariamente, come quando si calpesta senza volere un insetto), si accumulano karma negativi che si ripercuoteranno sulle esistenze successive. Secondo la tradizione, vi sono 8.4 milioni di jiva (anime) nell'universo, tra animali, vegetali, particelle minerali e agenti atmosferici: per rispettare il principio di nonviolenza, occorre cercare di limitare il più possibile i danni che si arrecano agli altri esseri animati. È per questo che i giainisti praticano una forma estrema di vegetarianismo, bevono solo acqua già usata per cucinare (di modo che la responsabilità dell'uccisione dei microorganismi nell'acqua non cada su di loro), camminano a piedi nudi e talvolta spazzano con una piccola scopa di fronte a loro per non calpestare inavvertitamente un insetto e, in alcuni casi, si coprono la bocca con un fazzoletto per non inalare qualche creatura microscopica.
Rapporti con le altre religioni
Il Giainismo presenta molti punti in comune con l' Induismo, di cui tuttavia rifiuta alcune nozioni, come quella della divisione della società in caste. Recentemente si è verificato un avvicinamento tra queste due religioni.
DAOISMO O TAOISMO
Diffusione e localizzazione geograficaAl mondo vi sono circa 20 milioni di daoisti, concentrati soprattutto in Taiwan.
Cenni storici
La tradizione attribuisce la nascita del pensiero daoista (o taoista) a Laozi (Vecchio Maestro, che un tempo in Occidente era noto come Lao Tze), una figura leggendaria che sarebbe vissuta nel VI secolo a.e.v.. Si dice che Laozi nacque vecchio dopo ottantun anni di gestazione e che, allontanatosi dalla città di Luoyi (la capitale della dinastia degli Zhou orientali), si diresse verso i paesi d'Occidente sul dorso di un bufalo per diffondere la sua dottrina presso i popoli non cinesi. A Laozi si attribuisce la compilazione di uno dei principali testi del Daoismo filosofico, originariamente noto come Laozi, e in seguito chiamato Daodejing. Altri importanti filosofi daoisti furono Zhuangzi (IV secolo a.e.v.) e Liezi (IV secolo a.e.v.), ai quali vengono attribuiti testi, in realtà in gran parte compositi, in cui emergono diversi aspetti del pensiero daoista.
Come religione organizzata, il Daoismo è documentato solo a partire dal II secolo dell'era comune, anche se il Daoismo religioso affonda le proprie radici in pratiche magiche molto più antiche. Durante il III e il IV secolo il Buddhismo Mahayana si diffuse capillarmente in Cina durante un periodo di estrema instabilità politica (il paese fu prima frazionato in tre stati e poi diviso in due: al nord regnarono dinastie straniere e al sud dinastie cinesi). Fu allora che i daoisti cominciarono a organizzarsi come chiesa, prendendo a modello le istituzioni e i riti buddhisti; il Buddhismo, da parte sua, trovò nella terminologia daoista il veicolo adatto per esprimere concetti estranei alla lingua e alla mentalità cinesi.
Dal secolo IV in poi la chiesa daoista fu rigidamente articolata secondo vari livelli (a quelli inferiori c'erano anche donne, che godevano di relativa eguaglianza rispetto agli uomini). Un secolo dopo è documentata l'esistenza di quello che viene popolarmente definito il "papa daoista" (Tianshi: "Maestro celeste"), del quale l'ultimo discendente è vissuto fino a non molto tempo fa: una figura che nello stato cinese non ha mai avuto particolari riconoscimenti.
Il canone
Il cosiddetto canone daoista (Daozang) comprende diversi testi, tra cui i più noti sono:
il Daodejing, o "Classico della via e della virtù", che ci è pervenuto in una versione del IV secolo a.e.v.: composto da due parti (Daojing e Dejing), suddivise complessivamente in 81 sezioni, contiene riflessioni sul mondo e consigli al sovrano;
il Zhuangzi (probabilmente anteriore al Daodejing): opera di notevole valore letterario, compilata in parte dal filosofo da cui trae il nome, i cui 33 libri, scritti con stile brillante e vivace, sono costituiti da saggi su argomenti specifici, aneddoti, dialoghi, allegorie, e fiabe, e in cui vi sono frequenti attacchi al Confucianesimo;
il Liezi, in parte simile al Zhuangzi, che fa riferimento a esseri soprannaturali o a personaggi di epoche mitiche.
Tra le fonti non specificamente filosofiche, e che si ricollegano alla popolare ricerca dell'immortalità, la più nota sicuramente è il Baopuzi ("Il maestro che abbraccia la semplicità") di Ge Hong (284-364 e.v.) in cui, attraverso leggende sugli Immortali, si evidenziano pratiche di varia natura che dovevano procurare l'illimitata sopravvivenza del corpo.
Princìpi fondamentali
Secondo il pensiero daoista (che in questo non si discosta da quello confuciano) esiste un'armonia universale che lega tutti i livelli del cosmo: terra, uomo e cielo.
Il principio su cui si fonda il Daoismo è il dao (o secondo un altro sistema di trascrizione tao), termine di difficile interpretazione, tanto che un verso del Daodeing recita: "Il dao che può essere definito col nome non è il dao costante". Il dao, che è presente in ogni cosa e la condiziona, è un flusso vitale che ha dato origine a tutto, e che scorre incessantemente, mutando sempre e rimanendo sempre lo stesso.
Associata al dao è la concezione dello yinyang. Yin e yang sono i due princìpi che mantengono l'ordine naturale del dao: yin è il principio femminile, passivo ed oscuro, identificato con la luna; yang il principio maschile, attivo e luminoso, identificato con il sole. Yin e yang sono opposti e complementari tra di loro, relativi (si può essere yin sotto un certo aspetto e yang sotto un altro) e non antitetici, tanto che nella pienezza dell'uno è implicita l'origine dell'altro. Il loro alternarsi determina tutte le cose.
L'obiettivo del Daoismo filosofico è quello di raggiungere la santità, lo stato di perfetta armonia con il mondo naturale, uno stato che si acquista uniformandosi ad esso tramite meditazione ed estasi, che permettono l'identificazione con il dao. La natura non deve essere alterata dall'azione umana, e per questo il daoista pratica e predica il "non agire" (wu wei) in tutti i campi (anche in quello politico), non lasciandosi turbare né dai mutamenti, né dalla morte. Nel Zhuangzi è messa in risalto anche la necessità di non fare distinzioni, di raggiungere lo stadio di una "non conoscenza", la quale si ottiene solo dopo aver conosciuto.
Come religione popolare, il Daoismo mise in atto diverse pratiche per potenziare e per rendere immortale il corpo: diete alimentari di vario tipo (inclusa l'ingestione di prodotti ottenuti tramite ricerche alchemiche), tecniche respiratorie (come lo yoga cinese), ginniche, sessuali, e contemplative.
Nelle numerose leggende daoiste, un posto di rilievo è assegnato ai cosiddetti "Otto Immortali" (Baxian), un gruppo di personaggi (uomini e donne) che, avendo ottenuto in vita poteri soprannaturali, sono stati santificati dopo morti. Oltre agli Immortali, e accanto a Laozi - identificato spesso con Huanlao (Il Vecchio Giallo), uno dei cinque creatori del cosmo -, c'è un numero elevatissimo di divinità eterogenee, organizzate gerarchicamente, come i protettori di mestieri e dei fenomeni atmosferici; gli spiriti degli elementi della natura; le anime di diverse località (cimiteri, luoghi, guadi, strade); i demoni; le anime degli impiccati, degli annegati e degli antenati; i santi daoisti, confuciani e buddhisti, eccetera.
Rapporti con le altre religioni
Come dottrina filosofica, il Daoismo si pone in antitesi rispetto al formalismo del sistema confuciano. Nella pratica, i cinesi hanno operato una sorta di mistione tra Confucianesimo, Daoismo e Buddhismo.
Fonte : http://www.ufficioirc.arcidiocesi.palermo.it/culturaestoria/culturiaestoriahome.htm
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