domenica 4 agosto 2019

INTORNO AL DIALOGO INTERRELIGIOSO, di Alberto Camici




Alberto Camici
INTORNO AL DIALOGO INTERRELIGIOSO




L’orizzonte che vogliamo aprire con questo articolo è squisitamente di carattere ecumenico/interreligioso, tipico di un mondo come il nostro, ormai non più chiuso in se stesso, ma caratterizzato da confini aperti e spazi di dialogo, nel quale si assiste da tempo a una mutua impollinazione di elementi e valori spirituali tra una religione e un’altra.
Dagli inizi del Novecento, venuta meno una certa mentalità apologetica e trionfalistica anche all’interno della Chiesa Cattolica, la nostra tradizione, quasi sospinta da un unico anelito spirituale, simile ad un fiume carsico, è stata segnata non solo dal movimento ecumenico e dal bisogno di un profondo rinnovamento interiore, liturgico e pastorale, ma anche da esperienze pionieristiche di squisito carattere spirituale, ad esempio sono tipiche quelle di Raimon Panikkar, o dei monaci Henry le Saux e Bede Griffiths in India, o di J. M. Dechanet in Europa, o del padre gesuita Hugo Lassalle in Giappone e di Thomans Merton negli Stati Uniti. Grazie anche alla loro influenza, ai loro scritti e viaggi, agli incontri e al vasto interesse suscitato in tutto il popolo di Dio, la Teologia si è interrogata sul valore salvifico delle altre religioni e l’autenticità delle loro forme di preghiera, quindi in un certo qual modo, della loro ricerca di Dio. A seguito di tutta questa specie di sperimentazione in atto, mista al desiderio di inculturare il Vangelo e rinnovare il senso missionario, il teologo Karl Rahner, nei suoi saggi di antropologia soprannaturale scritti tra gli anni ’50 e ’60, aprì per la prima volta in modo sistematico la riflessione teologica sulle religioni non cristiane. Sullo stesso argomento, quasi in contemporanea, era la riflessioni di altri teologi e tra tutti ci piace citare Henri De Lubac.
Fu però con il Concilio Vaticano II che la Chiesa Cattolica sancì in modo definitivo la questione, assumendo un atteggiamento molto aperto e positivo nei confronti delle religioni e di conseguenza del loro patrimonio spirituale. Nella Dichiarazione conciliare Nostra Aetate si dice: “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e sano in queste religioni” (n. 2). Si tornò a parlare dei “semina verbi”, dottrina cristologica antica e comprovata da un estremo all’altro del mondo cristiano. Ad esempio, il rappresentante più famoso della teologia asiatica al tempo dei Padri, s. Ireneo, scriveva nel suo Adversus Haereses: “il Verbo da sempre era presente al genere umano” e riconosceva alle altre religioni la possibilità di aver ricevuto una qualche forma di rivelazione divina. Ancor più famosa è l’affermazione del grande padre latino s. Agostino nelle sue Retractationes: “Quella che ora si chiama religione cristiana esisteva già presso gli antichi e, quando Cristo apparve nella carne, la vera religione, già prima esistente, ebbe il nome di cristiana”. Il Vaticano II, descrivendo la Chiesa come popolo di Dio in cammino e guardando non più a se stessa come realtà ultima e definitiva, ma come realtà in vista del Regno, ha abbracciato non soltanto i cristiani, ma anche gli altri credenti. L’umanità è infatti una sola agli occhi di Dio e tutti noi procediamo verso il nostro fine trascendente, in quanto Dio vuole tutti salvi e Cristo è morto ed è risorto per tutta l’umanità: “la vocazione ultima dell’uomo è di fatto una sola, quella divina: perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale” (Gaudium et Spes, n. 22). Dichiarazione sconvolgente quest’ultima e di un’apertura spirituale vastissima.
Dalla Dichiarazione conciliare sulle religioni non cristiane, sono sorti in seguito tutta una serie di documenti ecclesiali sul dialogo interreligioso, che hanno contribuito a formare una mentalità nuova. Paolo VI scriverà anni più tardi: “La Chiesa rispetta e stima le religioni non cristiane perché sono l’espressione viva dell’anima di vasti gruppi umani. Esse portano con sé l’eco di millenni di ricerca di Dio, ricerca incompleta, ma realizzata spesso con sincerità e rettitudine di cuore. Posseggono un patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi. Hanno insegnato a generazioni di persone a pregare…” (Evangelii nuntiandi, n. 53). Bellissima e profonda questa affermazione, la quale richiama tante altre iniziative che nel frattempo sono sorte in seguito a queste aperture di orizzonti. Come non riandare con la memoria al 1986, anno nel quale il Papa Giovanni Paolo II, visitò per la prima volta la Sinagoga degli Ebrei a Roma e indisse la Giornata di Preghiera ad Assisi.
Certo, non è facile far percepire il valore di un percorso religioso non cristiano alla ricerca del Dio personale e vivente, quale l’intendiamo noi. Infatti, più che Dio per l’orientale, ad esempio, c’è la divinità impersonale. Più che Dio che si rivela, c’è un Dio che si nasconde. Eppure è l’unico Dio. Anche per le altre due grandi religioni monoteistiche, nonostante molti punti in comune, specie con l’ebraica, le differenze sono ben nette con quella cristiana. Per rimarcarne una di notevole importanza, ad esse manca completamente l’evento dell’incarnazione. Se allora è necessario distinguere, è bene però considerare anche quali altezze e quali ampi squarci di luce ci vengono donati dalle altre religioni. Consapevoli del fatto che solo chi si radica nella propria fede può comprendere anche le altre ed entrarci in un vero dialogo, ci dobbiamo ricordare che alla fine solo la dimensione mistica ci farà percepire il mistero di Dio nel profondo del cuore. Questo vale per ogni sentiero religioso. Forse le religioni dell’Oriente asiatico non hanno mai dimenticato di trasmetterlo in questo modo ai loro credenti. Diversamente è stato per l’Occidente cristiano, dove a causa di ragioni storiche e controversie teologiche, la mistica è stata confusa spesso con percezioni strane e fenomeni straordinari, mentre invece essa è l’interiorizzazione della fede, l’iniziazione al mistero di Dio, in Cristo Gesù, da parte dell’uomo. Bene lo sanno i santi di ogni tempo che arricchiscono la Chiesa con i loro carismi. Ma finalmente oggi, grazie alla possibilità di respirare con ambedue i polmoni, quello orientale e quello occidentale, si assiste ad una riscoperta e a un risveglio spirituale in moltissimi credenti e persone di ogni tipo e abbiamo aperta la porta ad un’esperienza più ricca di Dio, anche attraverso i dinamismi che operano nell’uomo attraverso il passaggio dello Spirito. Pensiamo solo al fenomeno della preghiera profonda praticata in moltissimi gruppi di lectio divina e meditazione. Non dobbiamo meravigliarci dunque se anche mediante la conoscenza di altri sentieri spirituali, molti credenti cristiani si sono riscoperti appartenenti alla propria fede. Forse è un evento dello Spirito per rivitalizzare un cristianesimo per molti aspetti troppo proiettato all’esterno e poco profondo. La fede d’altra parte matura e vive dove si prega.





Fonte :
http://www.tantumergo.com
http://space.tin.it/lettura/albcamic









Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari negli ultimi 30 giorni