L’EUCARISTIA
E LA BELLEZZA DI DIO
Perché andare a Messa la Domenica?
Perché andare a Messa la Domenica?
dell'Arcivescovo
Bruno Forte
Proviamo a capire insieme che cos'è la Messa:
se lo capisci veramente, con la mente e col cuore,
sarà per Te un bisogno vero e profondo andare a Messa nel giorno del Signore,
la Domenica, giorno della Sua resurrezione
e della continua resurrezione di ciascuno di noi insieme con Lui,
bellezza infinita...
Proviamo a capire insieme che cos'è la Messa:
se lo capisci veramente, con la mente e col cuore,
sarà per Te un bisogno vero e profondo andare a Messa nel giorno del Signore,
la Domenica, giorno della Sua resurrezione
e della continua resurrezione di ciascuno di noi insieme con Lui,
bellezza infinita...
Fra le tante
domande che vengono poste al Vescovo, pastore e padre del suo popolo, ne scelgo
una, che mi sembra importante per tutti: perché andare a Messa la Domenica?
Implicita o esplicita, è la domanda di tanti: anzitutto di quelli che a Messa ci
vanno (e da noi sono molti, grazie a Dio!), chi per motivazioni chiare e
convinte, chi forse solo per abitudine e per rispetto delle tradizioni (e per
questi capire meglio che cosa è la Messa non potrà che essere un aiuto
prezioso!). La domanda è però anche di molti che a Messa non vanno o vanno solo
di rado e che hanno spesso una profonda nostalgia di Dio: penso che anche loro
andrebbero volentieri a Messa se solo scoprissero la bellezza del dono che in
essa ci viene offerto. Questo dono è Gesù in persona, che nella Messa si offre a
noi come il pastore buono e bello (così dice lui stesso di sé nel Vangelo di
Giovanni: 10,11), che ci guida ai pascoli della vita, dove ci aspetta la
bellezza senza tramonto. Chi vive veramente la Messa, grazie all’incontro con
Cristo diventa anche lui un po’ alla volta più buono e più bello! Per amore Tuo,
dunque, per il bene della società in cui viviamo, spesso malata di indifferenza
e di solitudine, mi sembra importante parlarTi di questo luogo in cui puoi
incontrare l’amore che salva, che può trasformarci tutti in creature nuove,
aiutandoci a costruire ponti d’amicizia e legami d’amore: la Messa. Di domenica
in domenica essa è una grande scuola di vita, una sorgente straordinaria di luce
e di bellezza, un incontro contagioso di amore. È in essa che sperimentiamo la
verità della buona novella, che riscalda il cuore: “Dio non ci ama perché siamo
buoni e belli, ma ci rende buoni e belli perché ci ama” (San Bernardo). È
nell’appuntamento domenicale che ci scopriamo popolo di Dio, comunità unita da
legami umani e spirituali forti e profondi, e possiamo imparare ad apprezzare la
gioia dell’essere insieme (come avviene in tante delle nostre Parrocchie, dove
la Messa domenicale è veramente la festa della comunità!). Perché allora anche
Tu conosca e viva sempre di più questo dono bellissimo, Ti scrivo questa lettera
con tanto affetto, pregando perché il Tuo posto alla mensa del Signore nella
Chiesa della Tua comunità parrocchiale non resti mai vuoto…
1. La domanda.
Mi chiedi dunque:
perché andare a Messa la Domenica? Se me lo chiedi, è perché vuoi capire
qualcosa di importante per la Tua vita, per il Tuo rapporto con Dio e con gli
altri. Perciò, cercherò di aprirTi il mio cuore e di dirTi - con la maggiore
trasparenza che mi sarà possibile - ciò che significa per la nostra fede la
celebrazione della Messa, chiamata anche “Cena del Signore” (dall’ultima Cena di
Gesù) o “eucaristia” (parola che significa “rendimento di grazie”). Ti confido
che - dal momento in cui ho capito quello che sto per dirTi - l’eucaristia è
diventata così importante per me da viverla ogni giorno: un giorno senza
eucaristia mi sembrerebbe un mondo senza aria, una giornata senza luce, un corpo
senz’anima. Ti parlo dunque di ciò che vivo ormai da tanti anni e sempre con
nuovo entusiasmo, sperando di comunicarTi il desiderio di incontrare Gesù nella
Messa almeno ogni domenica, per dare sapore e bellezza a tutte le Tue settimane,
e così a tutta la Tua vita. Credimi: la Tua felicità è quello che mi sta
veramente a cuore. E poiché io sono felice dal momento in cui ho incontrato Gesù,
aiutarTi ad incontrarLo e a vivere di Lui mangiando il “pane di vita” mi sembra
il dono più bello che io possa farTi.
2. Quello che ha fatto Gesù e che la Chiesa fa
sin dalle origini
Gesù ha celebrato
l'Ultima Cena con i suoi discepoli durante il banchetto pasquale ebraico. In
questo banchetto si faceva memoria delle meraviglie operate da Dio nella storia
della salvezza del Suo popolo, chiedendoGli di renderle presenti ed operanti
nell’oggi della comunità celebrante. Questa memoria viva ed efficace è il
“memoriale” della Pasqua del Signore: nella Santa Cena Gesù affida ai suoi il
“memoriale” della nuova alleanza, realizzata nel suo sacrificio pasquale. Lo fa
con la solennità del comando: “Fate questo in memoria di me” (Luca 22,19 e 1
Corinzi 11,24 e 25). In obbedienza a questa volontà di Gesù il memoriale della
Sua Cena divenne subito un atto centrale della vita della Chiesa nascente:
facendo tesoro dell’esperienza dei discepoli in cammino verso Emmaus, che lo
avevano riconosciuto allo spezzare del pane (cf. Luca 24 31), la comunità
divenne assidua nella frazione del pane (come è anche chiamata l'eucaristia, ad
esempio nelle belle descrizioni della vita della comunità delle origini nel
libro degli Atti degli Apostoli: 2,42 e 46). Per celebrare il memoriale della
Pasqua di Gesù i discepoli iniziarono a radunarsi nel giorno della Sua
resurrezione, il primo dopo il Sabato, considerato perciò l'ottavo giorno e ben
presto chiamato “Domenica” (da “Dominus” = “Signore”), il “giorno del Signore”.
Mediante questo atto la comunità e ciascuno dei credenti sapevano di poter
incontrare il Signore Risorto, per portare a Lui le domande e i bisogni della
propria esistenza e ricevere da Lui il dono della vita nuova che viene
dall’alto.
3. I gesti, le parole e i protagonisti
Il gesto centrale
della celebrazione eucaristica è sempre stato quello scelto da Gesù come segno
del Suo infinito amore: spezzare il pane della fraternità e condividere il
calice del vino, simbolo della condivisione della vita e del dolore, nell’ambito
di una grande benedizione rivolta a Dio. Le parole sono quelle pronunciate da
Gesù nell’Ultima Cena, ma vengono precedute dalla proclamazione di testi biblici
che illuminano il cuore e lo dispongono a ricevere il grande dono della presenza
viva e personale di Cristo. Presiede l'eucaristia colui che rappresenta nella
comunità Gesù in quanto capo del suo Corpo ecclesiale (il Vescovo o il
Sacerdote), in obbedienza alla volontà di Lui che aveva affidato agli apostoli
la celebrazione del memoriale della Sua Pasqua e si era Lui stesso presentato
nell'ultima cena come il capofamiglia secondo la tradizione pasquale ebraica. In
quanto successore degli Apostoli il Vescovo rappresenta Gesù nella celebrazione
dell’eucaristia ed è a sua volta rappresentato dai Sacerdoti, che egli stesso
invia a presiedere l’eucaristia nelle comunità parrocchiali. Non posso fare a
meno qui di rivolgere un pensiero di gratitudine e di affetto ai miei Preti, che
con tanta fede e dedizione presiedono le liturgie domenicali sparse sul
vastissimo territorio della nostra Chiesa diocesana. Sotto la presidenza del
Vescovo o del Sacerdote da lui inviato tutta l'assemblea è chiamata a
partecipare attivamente alla celebrazione, ciascuno esercitando il suo
sacerdozio battesimale secondo la vocazione ricevuta da Dio (dai ministri
dell’altare ai lettori, dai cantori ai catechisti, dagli operatori della carità,
agli sposi cristiani…). Così nell'eucaristia la Chiesa intera si esprime nella
sua unità e nella varietà dei doni e dei servizi di cui è arricchita dallo
Spirito. L'eucaristia si presenta allora veramente come il culmine e la fonte di
tutta la vita della Chiesa: perciò è così importante per i cristiani viverla
bene per edificare e rinnovare di continuo nel tempo la comunità della salvezza
voluta dal Signore.
4. L’eucaristia è la scuola del grazie
La celebrazione
dell'eucaristia ci porta nel cuore stesso di Dio, che è Trinità d'amore, in
quanto ci pone in rapporto con l'eterno Amante, il Padre, l'eterno Amato, il
Figlio Gesù Cristo, venuto fra noi, e l'Amore che li unisce, lo Spirito Santo.
L'azione di grazie è rivolta al Padre per tutti i suoi benefici, e si pone in
piena continuità con la tradizione ebraica della benedizione rivolta a Colui che
è il Santo, benedetto nei secoli: il Dio vivente. Rendere grazie a Dio significa
riconoscere l'assoluto primato della Sua iniziativa d’amore, lodarLo per le
meraviglie da Lui compiute nella creazione e nella redenzione, ed invocare i
doni, che da Lui solo procedono e si compiranno interamente nella pienezza del
Suo Regno. La Cena del Signore ci forma così a vivere tutta la nostra vita in
spirito di ringraziamento, di adorazione e di offerta, aiutandoci a relazionare
tutto a Dio come alla prima sorgente ed all'ultima patria ed aprendo il nostro
cuore all'accoglienza del dono di grazia, che da Lui solo viene. Dove non c'è
gratitudine il dono è perduto: dove si vive veramente il rendimento di grazie
esso diventa pienamente fecondo. In un tempo come il nostro in cui il benessere
diffuso fa pensare che tutto ci sia dovuto e che ogni bene di cui godere sia
scontato (e questo avviene diffusamente anche da noi…), imparare a ringraziare è
fondamentale. Chi ringrazia, si riconosce amato. Ringraziare è bello,
ringraziare è gioia: perciò chi va a Messa e la vive pienamente impara a essere
più ricco di umanità e di amore, perché impara a dire grazie all’amore che gli
viene dato anzitutto da Dio. La santa Messa è la scuola del grazie, l’esercizio
fecondo della gratitudine dell’amore...
5. L’eucaristia è la sorgente della speranza
In quanto
memoriale della Pasqua del Figlio, l'eucaristia rende presente il sacrificio
della Croce di Gesù e si offre come il convito pasquale, nel quale si partecipa
veramente al Corpo e al Sangue di Lui: Gesù morto e risorto è realmente presente
nei segni del pane e del vino, così che la Santa Cena è il sacramento
dell'incontro con Lui, la partecipazione al suo mistero pasquale, che ci
riconcilia con Dio. Unendosi al sacrificio che Cristo ha compiuto una volta per
sempre sulla Croce e che viene reso presente nel sacramento dell'altare, chi
vive l'eucaristia si offre al Padre ed entra nella pace della riconciliazione
compiuta da Gesù Crocifisso e Risorto. La partecipazione alla Sua Pasqua viene
espressa nell'atto della comunione, in cui coloro che sono stati redenti da Lui
si nutrono dell'unico pane e dell'unico calice per diventare il Suo Corpo, la
Chiesa (cf. 1 Corinzi 10,16s): “Chi mangia Cristo - dice Sant’Agostino - diventa
Cristo!”. Perciò, la Messa è pienamente vissuta quando culmina nella comunione
al Corpo e al Sangue di Gesù, alla quale ci si deve preparare mediante la
conversione del cuore e la fede (qui il sacramento della riconciliazione vissuto
a scadenze regolari costituisce un grandissimo aiuto): una Messa senza comunione
è come un'offerta d'amore rifiutata! Uniti a Cristo nella partecipazione alla
sua Croce, veniamo uniti a Lui anche nella potenza della Sua resurrezione,
riconciliati col Padre e con gli uomini nella comunione della Chiesa, che è il
suo Corpo vivente nella storia. Nutriti del pane della vita, possiamo pregustare
le gioie del Regno a venire ed anticiparne la realizzazione nel tempo del nostro
pellegrinaggio terreno: la vita, alimentata dal cibo eucaristico, è protesa
verso il futuro della promessa di Dio e sperimenta al tempo stesso la gioia del
dono già ricevuto e la speranza nella promessa non ancora pienamente compiuta.
La Messa è la scuola della speranza che vince il dolore e la morte, la speranza
che non delude e che è in persona il Signore Gesù!
6. L’eucaristia è la scuola dell’amore
L'eucaristia è
infine invocazione dello Spirito Santo, che attualizza nel tempo la presenza e
l'opera di Cristo. La Chiesa invoca dal Padre il dono dello Spirito, che renda
presente il Signore Gesù morto e risorto nei segni sacramentali ed estenda i
benefici della riconciliazione da Lui compiuta a tutti coloro che ne partecipano
e all'umanità intera per cui essi intercedono. La Chiesa sa che questa
invocazione è esaudita dalla misericordia di Dio, fedele alla promessa racchiusa
nel comando che Gesù ha dato di celebrare il suo memoriale. Grazie all'opera
dello Spirito Santo non solo il Risorto si rende presente nei segni del pane e
del vino, ma trasforma anche la comunità celebrante nel Suo Corpo presente nella
storia. Perciò la Chiesa rivolge al Padre la doppia domanda: “Manda il tuo
Spirito a santificare i doni che ti offriamo”, e: “A noi, che ci nutriamo del
corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché
diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”. La partecipazione
all’eucaristia apre il cuore all'azione dello Spirito, aiutandoci a vivere da
persone riconciliate con Dio, con se stesse e con gli altri e ad annunciare e
donare agli altri la grazia della comunione che ci è stata donata. Chi si lascia
guidare dallo Spirito, che il pane della vita gli trasmette, scopre la passione
per l'unità del corpo di Cristo e tende a manifestarne la bellezza nella storia
degli uomini. L'eucaristia è il sacramento dell'unità della Chiesa, segno e
strumento della riconciliazione donata da Dio, forza per sanare ogni lacerazione
e perciò sorgente e motivo dell'impegno di carità e di giustizia, al servizio
dell'unità e della pace della famiglia umana. Questo impegno deve essere molto
concreto e si realizza perciò anzitutto nei rapporti della vita quotidiana, a
casa, sul lavoro, nella scuola: così, l’eucaristia vissuta dall’intera famiglia
aiuta ciascuno a voler più bene agli altri, superando egoismi e paure; vissuta
insieme a colleghi di lavoro o compagni di scuola facilita rapporti veri e
belli, capaci di costruire autentici cammini di riconciliazione e di servizio ai
più deboli. La santa Messa è insomma la scuola dell’amore, che nasce e si
esprime nella comunione fra di noi e con Dio!
7. Vivere la Messa : un itinerario di vita e di
salvezza
Perché la
celebrazione eucaristica produca tutti i suoi frutti è necessario lasciarsi
coinvolgere fino in fondo dalle tappe che la costituiscono e che ne fanno una
vera e propria parabola dell'intera storia della salvezza:
a) L’atto penitenziale: il punto di partenza - come fu per il popolo d’Israele nel cammino della sua Pasqua di liberazione - è la consapevolezza della “schiavitù d'Egitto”, simbolo della condizione di peccato o di sofferenza in cui ci troviamo e che possiamo superare con l’aiuto di Dio e della sua misericordia. Perciò all’inizio della Messa siamo chiamati a riconoscere e confessare i nostri peccati e il nostro bisogno di perdono e di amore con sincera umiltà.
b) La liturgia della Parola (letture bibliche e omelia): al bisogno di perdono e di riconciliazione risponde la Parola di Dio, risuonata per Israele nella rivelazione a Mosé e ai Profeti e pronunciata definitivamente in Gesù. La Parola di Dio è Dio che ci dice parole d’amore nel segno della Sua Parola. A Lui risponde la confessione di fede e la preghiera di intercessione della comunità tutta intera.
c) La liturgia eucaristica: la comunità così preparata può celebrare l’alleanza, di cui fu figura quella del Sinai fra Dio e Israele e che trova la sua suprema realizzazione nel sacrificio pasquale del Signore Gesù, reso presente nel memoriale eucaristico. Si portano all’altare i doni - sia quelli che esprimono la solidarietà verso i poveri, sia il pane e il vino per il sacrificio, cui ognuno può unire l’offerta delle sue angosce e delle sue speranze - e mediante la preghiera di benedizione e di invocazione del Sacerdote, nella forza dello Spirito Santo, il Signore viene a rendere veramente presente in quel pane e in quel vino il Suo Corpo e il Suo Sangue.
d) La comunione e l’invio: l'accoglienza del dono dell'alleanza, infine, si esprime nella comunione e si traduce nell'invio missionario, perché, come l'elezione fece dell'antico Israele il segno della salvezza elevato fra i popoli, l'alleanza nuova nel sangue di Cristo fa della Chiesa il suo popolo pellegrinante e missionario nel tempo. Vivere pienamente l'eucaristia significa allora entrare nella storia della salvezza e fare dell'incontro con Gesù risorto la ragione, la forza e la bellezza di tutta la nostra esistenza nella Chiesa e per il mondo, manifestando la grazia ricevuta nei gesti eloquenti della carità e nelle parole della fede e dell’amore.
a) L’atto penitenziale: il punto di partenza - come fu per il popolo d’Israele nel cammino della sua Pasqua di liberazione - è la consapevolezza della “schiavitù d'Egitto”, simbolo della condizione di peccato o di sofferenza in cui ci troviamo e che possiamo superare con l’aiuto di Dio e della sua misericordia. Perciò all’inizio della Messa siamo chiamati a riconoscere e confessare i nostri peccati e il nostro bisogno di perdono e di amore con sincera umiltà.
b) La liturgia della Parola (letture bibliche e omelia): al bisogno di perdono e di riconciliazione risponde la Parola di Dio, risuonata per Israele nella rivelazione a Mosé e ai Profeti e pronunciata definitivamente in Gesù. La Parola di Dio è Dio che ci dice parole d’amore nel segno della Sua Parola. A Lui risponde la confessione di fede e la preghiera di intercessione della comunità tutta intera.
c) La liturgia eucaristica: la comunità così preparata può celebrare l’alleanza, di cui fu figura quella del Sinai fra Dio e Israele e che trova la sua suprema realizzazione nel sacrificio pasquale del Signore Gesù, reso presente nel memoriale eucaristico. Si portano all’altare i doni - sia quelli che esprimono la solidarietà verso i poveri, sia il pane e il vino per il sacrificio, cui ognuno può unire l’offerta delle sue angosce e delle sue speranze - e mediante la preghiera di benedizione e di invocazione del Sacerdote, nella forza dello Spirito Santo, il Signore viene a rendere veramente presente in quel pane e in quel vino il Suo Corpo e il Suo Sangue.
d) La comunione e l’invio: l'accoglienza del dono dell'alleanza, infine, si esprime nella comunione e si traduce nell'invio missionario, perché, come l'elezione fece dell'antico Israele il segno della salvezza elevato fra i popoli, l'alleanza nuova nel sangue di Cristo fa della Chiesa il suo popolo pellegrinante e missionario nel tempo. Vivere pienamente l'eucaristia significa allora entrare nella storia della salvezza e fare dell'incontro con Gesù risorto la ragione, la forza e la bellezza di tutta la nostra esistenza nella Chiesa e per il mondo, manifestando la grazia ricevuta nei gesti eloquenti della carità e nelle parole della fede e dell’amore.
8. Ed ora tocca a Te!
Se hai compreso
tutto questo con la mente e con il cuore, lasciandoTi raggiungere dall'Amore del
Dio fedele, che ha “inventato” l'eucaristia per essere sempre con noi, sentirai
il bisogno di dirGli grazie nel più profondo del cuore insieme a tutti coloro
che credono, amano e sperano come Te, e di farlo vivendo l'eucaristia ogni
domenica con fedeltà e impegno nella Tua comunità. Scoprirai anche il gusto di
andare ogni tanto a visitare Gesù nell’eucaristia, fermandoTi davanti al
tabernacolo per un tempo di adorazione, in cui dirGli parole d’amore e ascoltare
Lui che parla al Tuo cuore. Ti capiterà allora di sperimentare quanto chiede una
bellissima preghiera di Giovanni Paolo II, che ci ha invitato a vivere un anno
intero dedicato all’eucaristia proprio per riscoprirne la necessità e la
bellezza per la vita di tutti: “Resta con noi, Signore! Come i due discepoli del
Vangelo, Ti imploriamo: Rimani con noi! Tu, divino Viandante, esperto delle
nostre strade e conoscitore del nostro cuore, non lasciarci prigionieri delle
ombre della sera. Sostienici nella stanchezza, perdona i nostri peccati, orienta
i nostri passi sulla via del bene. Benedici i bambini, i giovani, gli anziani,
le famiglie, in particolare i malati. Benedici i Sacerdoti e le persone
consacrate. Benedici tutta l’umanità. Nell’eucaristia Ti sei fatto ‘farmaco
d’immortalità’: dacci il gusto di una vita piena che ci faccia camminare su
questa terra come pellegrini fiduciosi e gioiosi, guardando sempre al traguardo
della vita che non ha fine. Rimani con noi, Signore! Rimani con noi!”. Che alla
sera di ogni domenica, dopo aver riconosciuto Gesù nello spezzare il pane e
averlo ricevuto in noi, possiamo dirGli, guardando a tutta la settimana che
inizia: “Resta con noi, Signore”. E che alla sera della vita possiamo
ripeterGli: “Resta con noi, perché il giorno volge al declino”, per entrare con
Lui nel giorno senza tramonto dell’eterna bellezza di Dio. Lì celebreremo per
sempre l’azione di grazie dell’amore senza fine intorno all’Agnello immolato per
noi, ritto in piedi come glorioso vincitore del male e della morte, Cristo
Signore. Lì ci aspetta con la Trinità divina Maria santissima, che è da noi
particolarmente venerata come Madonna dei Miracoli, nel Santuario che sorge nel
luogo dove nel 1576 risuonò la Sua raccomandazione calda e materna di
santificare il giorno di festa. Da lì Maria ci aiuta con la Sua intercessione e
ci aiutano i nostri Santi e tutti coloro che abbiamo amato e che hanno già
raggiunto la patria dell’amore: alla loro preghiera ci affidiamo, sul loro aiuto
confidiamo, nella santa Messa li sappiamo presenti e vicini. Di domenica in
domenica rinnoveremo così insieme la nostra gioia e anticiperemo nel nostro
presente qualcosa del giorno ottavo e splendido, giorno radioso e fulgido della
Domenica senza tramonto, dove risplende senza fine la Bellezza di Dio. Con
questo augurio, con questa speranza che diventa preghiera Vi abbraccio e
benedico tutti, uno per uno
+ Bruno Forte
Vostro Padre nella fede
Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto
Vostro Padre nella fede
Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto
Fonte : www.globalcrux.com/html/lettera_Forte.html , Lettera per l’Avvento e il Natale del 2004 dell'Arciv. Bruno Forte
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