ADRIANA SGOBBA
ceramista e pittrice
Adriana Sgobba , piatto in ceramica
raffigurante bambini.
"...arte mediata tra il sole di
Puglia su terre-bruciate e la luce vietrese su terre-cotte... il segno antico
del ceramista a rintracciare memorie... in fondo è il divenire eterno... è il ciclo delle nostre
stagioni...". Vito
Pinto.
Adriana Sgobba è nata a Santo
Spirito, Bari. Ha conseguito il diploma in Arte Pittorica presso l'Istituto
d'Arte di Bari e successivamente in Decorazione Pittorica presso il Magistero
Artistico di Napoli. Ha insegnato Educazione Artistica presso il Conservatorio
S. Pietro a Maiella di Napoli, il Conservatorio Umberto Primo di Salerno e la
Scuola G. Carducci di Cava de' Tirreni.
E' stata progettista d'arte,
con contratto presso l'Ospedale Psichiatrico della ASL SA1, laboratorio Cipe di
Nocera Inferiore.
Ha avuto maestri per la pittura
Alberto Chiancone, Roberto De Robertis, Francesco Spizzico, per la scultura G.
Bibbo, E. Bona. Ha frequentato assiduamente la bottega artigiana del maestro
ceramista Andrea D'Arienzo.
Le sue ceramiche sono presenti in
collezioni private in Italia e all'estero, nella Casa Comunale di Schwerte
(Germania) e Pitsfield (USA) e a Boston.
Hanno scritto di lei : Margherita
Asso, Tommaso Avagliano, Renato Aymone, Agnello Baldi, Carlo Barbieri, Alberto
Bevilaqua, Sabato Calvanese, Walter Di Cagno, Giuseppe Giacovazzo, Rubina
Giorgi, Piero Girace, Giovanni Lanzilotta, Giovanni Macchia, Mario Maiorino,
Rino Mele, Gaetano Montanaro, Vito Pinto, Michele Pizzolorusso, Mario Pomilio,
Domenico Rea, Italo Rocco, Alfredo Schettini, Mariza Worren.
Vasi in ceramica decorata di Adriana Sgobba.
L'ARTE DI ADRIANA SGOBBA
di Domenico Rea
Una pittura come quella di Adriana
Sgobba ci induce a molteplici riflessioni sul significato dell'arte e sui suoi
messaggi che, il più delle volte, risultano perfino estranei allo stesso artista
perché mediati dall'altra controparte, l'utente, che, in ultima analisi ne è il
destinatario. Sul rapporto artista - pubblico, uno sconosciuto che nel momento
creativo può essere ignorato, sottovalutato o sopravvalutato, ma, sempre, col
suo giudizio finale, decreta il successo o l'insuccesso dell'opera. Sulle
infinite suggestioni che vengono trasmesse dal proprio tempo e che, attraverso
vie misteriosissime e intangibili, si tramutano in coscienza, sensibilità, nel
sostrato impalpabile che è il retroterra di ogni creazione.
Più di una riflessione, si diceva.
Perché seguendo questa pittura nelle sue evoluzioni e nelle sue esplicazioni,
nel suo cesello ci si trova di fronte a certi stacchi precisi che Adriana Sgobba
opera fra sé e gli altri. A una scelta di vita che diventa integrità, non la
comoda adesione a mode e correnti, non la ricerca di un'originalità a tutti i
costi, ma una fedeltà a sé e alla propria matrice; ricorderei perfino una
propria scelta esistenziale, un proprio modo d'essere, uno sguardo critico
perennemente attento.
Opere nettamente allusive e pregne
di sottintesi. Permeate di una loro spiritualità mediata da un'innegabile
sensibilità religiosa come è già stato, qualche volta, messo in luce.
Ma una sensibilità religiosa
impregnata di umori terrestri. Quelle donne castissime in una pensosità quasi
arcana che nulla concedono ad un'iconografia di maniera, ma che già sono icone
che si distaccano - in una loro episodica compostezza - da ogni omologazione,
sono donne consapevoli di una femminilità raggelata e sensibile; immagini
intrise di colore in cui ritrovi quasi un riaffiorare espressionistico nella
forte stesura cromatica tono su tono, toni che si addensano e si chiariscono
nella loro polarità, in uno spessore di carne, quasi immersa nel presagio di un
destino enigmatico e filtrato da una tensione dolente e vitale...
Di questa arte resta, all'ultimo
sguardo, l'attenzione al reale, alla quotidianità di un codice intimo. Restano
gli stilemi nutriti di una loro vibrazione umbratile, di una percezione sofferta
e viva dell'esistenza. quel dolente e affettuoso legame col concreto, la chiave
per opporre al silenzio una sua voce vincente.
Proserpina
Pannello in ceramica di Adriana
Sgobba presentato alla Mostra : Figure del Mito, nel 2006.
" IL MARE DELLE MADRI " DI ADRIANA SGOBBA
di Rino Mele
A Castagneto di Cava un palazzo
antico, dall'ampio parco curato, è il familiare rifugio di Adriana Sgobba.
Lavora la creta, la terra che cerca il fuoco e si fa pietra. Ora, ha preparato
una mostra - Le Figure del Mito, 2006 (ndr) - che scava dentro la stessa materia
del suo fare, la terra appunto, la maternale materia alla quale nessuno può
sottrarsi senza sfuggire a se stesso... La Mostra consiste in grandi pannelli
che raccontano storie, quelle del mito, che non sono vere ma più del vero dicono
la nostra profonda condizione di appartenenza a uno scuro corpo materno che ci
sovrasta e comprende.
Un esempio, la storia di Filomela
e Procne. Adriana l'ha presa da Ovidio e seguendo il gioco ardito del poeta
delle Metamorfosi ha stenografato del poeta la passione per il volo, lo
spostamento di senso, il precipizio del piacere di sconoscersi e ritrovarsi.
L'innocente Filomela, dopo aver subito strazianti torture, perché possa sfuggire
alla morte è trasformata da un dio pietoso in usignolo, la sorella Procne in
rondine.
Adriana Sgobba s'avvicina all'antica
vicenda con pudore, e della truce storia resta il momento solare e salvifico, la
bellissima Procne che sembra danzare, una rondine è impigliata nei suoi capelli
neri e azzurri, di primavera. Nell'abbandonare per sempre la forma umana, Procne
ha gli occhi carichi del ricordo della propria bellezza e un'insanabile
nostalgia.
Le donne di Sgobba sono madri anche
quando appaiono fanciulle, c'è in esse una pienezza, una compiuta presenza, la
totale appartenenza al necessario maturare della vita, e in quella stessa luce
il divenire del tempo si fa calda ombra che soffoca. Hanno occhi grandi, seni
gonfi di vita, mani acquoree che sembrano danzare un misterioso richiamo, il
corpo ad anfora nel silenzio del desiderio, carico d'attesa, i capelli che apre
il vento, dalle tenere dita...
Le immagini sono sempre frontali,
gli occhi delle eroine penetrano il tuo guardare, bevono il dialogo muto di chi
guarda, sfidano lo spettatore alla resa. Questo modello figurativo si ripete, e
si rinnova cogliendo di ogni donna rappresentata un significativo aspetto, un
particolare, la curva dello sguardo, l'esitazione ferma di un gesto, un simbolo
(come la rondine per Procne) che la riconosca per sempre.
Filomela e Procne
Pannello in ceramica di Adriana
Sgobba presentato alla Mostra : Figure del Mito, nel 2006.
Fonte : la
documentazione per questo articolo è stata gentilmente fornita alla Redazione di
ARTCUREL dall'artista Adriana Sgobba.
ADRIANA SGOBBA
via Paolina Craven, 8, Località
Castagneto, 84013, Cava de' Tirreni (SA) Italia.
Tel. 089-444280 , Cell. 334-8328121
E-mail:
marianosorrentino@yahoo.it
Nessun commento:
Posta un commento