lunedì 29 luglio 2019

LA MUSICA STRUMENTALE NEL PENSIERO ROMANTICO: IL LINGUAGGIO DELL'INFINITO, di Enrico Fubini




LA MUSICA STRUMENTALE NEL PENSIERO ROMANTICO: IL LINGUAGGIO DELL'INFINITO
di Enrico Fubini


 
Così scriveva Wackenroder sul finire del secolo dei lumi a chiusura di una sua breve e celebre novella La meravigliosa favola orientale di un santo ignudo:
"Dalla barca una musica eterea saliva ondeggiando nell'ampiezza del cielo: dolci corni o non so quali altri incantevoli istrumenti suscitavano un mondo nuotante di suoni, e nelle note, che ora salivano ora scendevano a ondate, si poteva distinguere il seguente canto:
                  .........
                  dell'Amor suona la musica
                  nelle selve austere e calme:
                  dal tenue suono la palma e il fiore
                  sognando apprendono il dolce amore.
Appena risuonarono la musica e il canto, la rombante ruota sparì di mano al santo ignudo. Erano quelle le prime note musicali che cadevano nel deserto, e subito lo sconosciuto desiderio fu quietato, l'incanto disciolto, il genio, che si era smarrito, fu liberato dal suo involucro terrestre. La forma umana del santo era scomparsa, un'immagine spirituale bella come un angelo, intessuta di vapore leggero, stava sospesa fuori della grotta e stendeva, piena di nostalgia, le braccia snelle al cielo, e s'innalzava secondo le note della musica in un movimento di danza, dalla terra verso l'alto... Carovane in cammino guardavano stupite la meravigliosa apparizione notturna e gli innamorati credettero di vedere il genio dell'amore e della musica."
La trasfigurazione e l'ascesa al cielo del santo ignudo che sino a quel momento viveva in una grotta a girare senza posa e senza pace la ruota del tempo che con fragore scrosciante lo trascinava nel suo assurdo vortice, avviene al suono della musica che nella notte incantata di luna segna l'amore dei due innamorati. Ed è sempre la musica che ha il potere di far sparire dalle mani del santo la ruota del tempo che era costretto a girare senza posa e di scioglierlo dalla terribile schiavitù. Inutile qui addentrarci in un commento che, per lo spessore simbolico del racconto, ci porterebbe assai lontano. Ma sorge perlomeno un interrogativo: a quale musica, a quale tipo di musica, strumentale o vocale si allude nel racconto? La domanda può sembrare oziosa dal momento che è detto chiaramente che nella musica si poteva distinguere un canto il cui testo viene anche riportato per intero. Ma tuttavia un ombra di equivoco permane perché nel racconto l'accento cade più sui suoni che sulle parole che li accompagnano (a cui anzi non si allude mai) e sui prodigiosi effetti che l'autore attribuisce alle "note musicali", le prime che cadevano nel deserto ("E gli innamorati credettero di vedere il genio dell'amore e della musica") - e non al canto -. Eppure si trattava di un canto, cioè di musica accompagnata da un testo poetico. Il dubbio dunque può essere legittimo, tanto più se si confronta questo scritto con altri scritti di natura meno letteraria e più saggistica dello stesso Wackenroder in cui lo scrittore teorizza con assoluta chiarezza, secondo una poetica largamente condivisa da buona parte dei romantici, la superiorità della musica strumentale su quella vocale. Nel breve ma intenso saggio La particolare e profonda essenza della musica Wackenroder così si esprime: "Quando tutti i moti più intimi del nostro cuore... spezzano, con un grido solo, gli involucri delle parole, come se queste fossero la tomba della profonda passione del cuore, proprio allora quelli risorgono, sotto altri cieli, nelle vibrazioni di corde soavi di arpe, come in una vita dell'al di là, piena di trasfigurata bellezza, e festeggiano come forme d'angeli la loro risurrezione". E più avanti ancora più esplicitamente: "Un fiume che mi scorre davanti mi deve servire da paragone. Nessuna arte umana può rappresentare con parole dinanzi ai nostri occhi lo scorrere di una massa d'acqua variamente agitata, secondo le sue mille onde, ora piatte e ora gibbose, impetuose e schiumanti; la parola può solo contare e nominare visibilmente le variazioni, ma non può rappresentare visibilmente i trapassi e le trasformazioni di una goccia con l'altra. E ugualmente avviene con la misteriosa corrente che scorre nelle profondità dell'anima umana: la parola enumera, nomina e descrive le trasformazioni di questa corrente, servendosi di un materiale a questa estraneo; la musica invece ci fa scorrere davanti agli occhi la corrente stessa. Audacemente la musica tocca la misteriosa arpa, e traccia in questo oscuro mondo, ma con preciso ordine, precisi e oscuri segni magici, e le corde del nostro cuore risuonano, e noi comprendiamo la loro risonanza". La superiorità della musica sulla parola è dunque sancita senza mezzi termini nelle dense pagine di Wackenroder in cui a tratti sembra voler rifarsi proprio all'allegoria della leggenda del santo ignudo:

  "Con leggera, giocosa allegria l'anima, piena di suoni, s'innalza su dalla sua caverna misteriosa, simile all'innocente fanciullezza, che si addestra nella prima gioiosa danza della vita e che, senza saperlo, scherza con tutte le cose del mondo e sorride alla sua propria intima serenità.... Questa folle libertà, per opera della quale nell'anima umana si uniscono amichevolmente gioia e dolore, natura e artificio, innocenza e violenza, scherzo e brivido di terrore, e spesso a un tratto tutte insieme si danno le mani; quale arte meglio della musica sa rappresentarla, e con significati più profondi, più ricchi di mistero e più efficaci sa esprimere tali incognite dell'anima?.... E appunto questa delittuosa innocenza, questa terribile oscura ambiguità, simile agli oracoli, fa sì che nel cuore umano la musica sia veramente come una divinità.... Ma perché tento, io stolto, di sciogliere le parole in suoni? Non è mai come io sento. Venite voi, suoni, avvicinatevi, e salvatemi da questo doloroso sforzo terrestre verso le parole, avviluppatemi con i vostri raggi multiformi nelle vostre nuvole splendenti, e sollevatemi su, nel vecchio abbraccio del cielo che tutto ama!".
Proprio come l'ascesa e la trasfigurazione del santo alla musica della notte stellata, aggiungiamo noi, a commento di questa poetica e metaforica pagina con cui si chiude il saggio.

Risorge allora con insistenza la domanda: perché alludere a un canto e non semplicemente a una musica, a suoni puri, senza parole la cui funzione è sempre limitante e riducente, che s'innalzino nel cielo stellato? Il quesito va ben al di là della favola di Wackenroder e investe tutto il romanticismo, sempre pervaso da questa ambiguità irrisolta: musica pura o musica che si unisce alla parola, alla poesia? Ambiguità presente negli scritti sulla musica dei grandi romantici ma anche nella stessa musica romantica. Il romanticismo infatti da una parte ha visto il trionfo del sinfonismo, della musica cameristica, pianistica e in genere di tutte quelle forme salutate come musica pura, che rifugge da ogni contatto con altri tipi di espressione artistica e prima fra tutte la poesia, secondo i dettami di tanti filosofi e scrittori romantici. Dall'altra nessuna epoca ha mai conosciuto una fioritura liederistica così intensa come il romanticismo e quanti grandi poeti hanno fornito splendidi testi ai musicisti perché questi li musicassero! Non solo ma ricordiamo le parallele teorizzazioni che vanno da Berlioz a Schumann, da Listz a Wagner sulla opportunità, anzi sulla necessità che la musica potesse ampliare la sua gamma e la sua forza espressiva attraverso il benefico e fruttuoso contatto e fusione con le altre arti e anzitutto con la poesia, l'arte che sola può conferire alla musica quella pienezza che altrimenti le manca. Musica strumentale o musica vocale dunque? Sembra una grande contraddizione all'interno della cultura musicale romantica ed in parte lo è e vano sarebbe cercare di scioglierla e vanificarla all'interno di un universo piatto e ragionevole. Ma pur senza pretendere di risolvere la difficoltà può essere utile approfondirla.
 

Senza dubbio esistono nel Romanticismo due grandi filoni di pensiero e questi due filoni hanno anche un preciso riscontro sul piano del concreto sviluppo della storia della musica. Da una parte la musica strumentale pura, il classicismo viennese, il sonatismo romantico, il sinfonismo e parallelamente i teorizzatori della supremazia del genere strumentale, da Wackenroder a Hoffmann, da Schopenhauer a Hanslick; dall'altra la sinfonia a programma, il poema sinfonico, il Lied romantico e tutto il fiorire di melodrammi romantici, e anche in questo caso non mancano i teorizzatori della necessità di questa contaminazione. Ma scavando un poco più a fondo in questa dicotomia ci si accorge ben presto che non è sempre così radicale e assoluta. Troviamo infatti tanti musicisti che hanno prodotto capolavori nell'ambito strumentale e che hanno prodotto altrettanti capolavori nel genere vocale e basti l'esempio di Schubert. Ma anche i discorsi dei teorizzatori non sono sempre così rigorosi, e a volte è arduo stabilire a quale campo essi appartengano. Come sempre in realtà le posizioni sono più sfumate per la stessa problematicità dell'idea di musica nel Romanticismo.
Leggendo gli scritti sulla musica dei primi romantici, colpisce il fatto che spesso il privilegiamento della musica strumentale pura o come verrà detto più tardi della musica assoluta si accompagni ad un'esaltazione della musica più antica, dal canto gregoriano sino a Palestrina, cioè a quelle forme di musica religiosa chiaramente e programmaticamente vocali. Non è tutto ciò contraddittorio? Già Wackenroder che aveva lodato senza riserve la musica strumentale la quale ha in sé un'intrinseca religiosità ("nessun'altra arte come la musica ha una materia prima, che già in se stessa sarebbe ricca di spirito divino") e che, come molti altri romantici, vede esemplificata anzitutto nella musica sinfonica ("quei divini e grandi pezzi dove non è descritto un unico sentimento, ma dove sbocca tempestosamente tutto un mondo"), pronuncia una parallela lode della potenza emotiva della musica liturgica più antica: "Ma ci sono anche persone silenziose, umili e doloranti, alle quali sembrerebbe sacrilego parlare a Dio con le melodie della allegrezza terrena e temerario concepire tutta la sua immensa grandezza secondo le forme dell'umana natura.... Di queste anime, delicate e umili, è quella vecchia musica corale, che risuona come un eterno miserere mei, Domine e le cui note, lente e profonde, si fanno avanti, nell'ombra della chiesa.... La loro umile musa insiste lungamente sugli stessi accordi e ardisce solo con lentezza di passare alle note più vicine; ma ogni cambiamento di accordo, anche il più piccolo, sconvolge con quel suo andare misterioso tutta la nostra anima, e la lenta potenza dei suoni ci fa tremare con brividi paurosi, ed esaurisce l'ultimo respiro del nostro cuore ansioso...."(Dei diversi generi di arte e specialmente delle diverse maniere di musica sacra). Più precisa, più densa e consapevole dal punto di vista filosofico la teorizzazione di E.T.A. Hoffmann di appena una quindicina d'anni posteriore. Nella famosa recensione alla Quinta Sinfonia di Beethoven, Hoffmann traccia le linee principali della sua estetica della musica. "La musica è la più romantica di tutte le arti, perché ha per oggetto l'infinito", afferma Hoffmann parlando di Beethoven il quale rappresenterebbe il vertice dello sviluppo di quest'arte in quanto musicista eminentemente strumentale. "Infatti - afferma ancora Hoffmann nello stesso saggio - quando si parla di musica come di un arte autonoma non si dovrebbe intendere sempre soltanto la musica strumentale? Soltanto questa infatti disdegna l'aiuto, ogni intromissione di altra arte (la poesia), ed esprime in modo puro ed esclusivo la sua essenza caratteristica". Ma il termine Romanticismo non designa per Hoffmann solamente un periodo storico con le sue determinazioni stilistiche ma viene usato come una categoria universale atta ad indicare il trionfo della musica nella sua piena esplicazione. E tra i grandi romantici troviamo non solo Bach, Haydn e Mozart ma anche Palestrina, autore esclusivamente di musica vocale.
Così come Classicismo e Romanticismo assumono un rilievo che va ben al di là della pura determinazione temporale, così anche il concetto di vocale e di strumentale non vanno intesi alla lettera per il loro ovvio riferimento tecnico-stilistico, ma in senso metastorico e categoriale. Sempre parlando di Beethoven Hoffmann afferma che l'autore della Quinta Sinfonia è un compositore "prettamente romantico (e proprio perciò veramente musicale) e forse è questa la ragione per cui gli riesce meno bene la musica vocale che non consente un anelito infinito ma rappresenta soltanto gli affetti indicati dalle parole....".
Musica vocale pertanto nella prospettiva filosofico-musicale di Hoffmann viene ad identificarsi con l'arte che determina, identifica, descrive. Arte plastica dunque, l'opposto per l'appunto della musica o del musicale. Si può pertanto definire la musica, nel senso più elevato del termine, come l'arte moderna per eccellenza o come afferma più volte hegelianamente Hoffmann, arte cristiana per eccellenza, dal momento che la modernità è segnata per l'appunto dall'avvento del cristianesimo mentre la musica vocale o l'arte plastica viene ad identificarsi con arte pagana o antica. Anche in questo contesto le contrapposizioni antico-moderno, pagano-cristiano, plastico-musicale appaiono come categorie non solo legate ad un epoca ma come concetti meta-temporali. Così in linea generale si può affermare che il vocale-plastico rappresenta affetti determinati mentre il musicale-strumentale esprime un indistinto "anelito infinito". Questi concetti ereditati da August Schlegel, da Jean Paul, rielaborati da Hegel in un orizzonte filosofico più ampio, vengono delineati da Hoffmann nello scritto Musica religiosa antica e moderna. "I due poli opposti - afferma Hoffmann - l'antico e il moderno, ovvero il paganesimo e il cristianesimo, sono in arte la plastica e la musica. Il cristianesimo annientò la prima e creò la seconda". Ma come vi può essere una musica che dal punto di vista meramente tecnico si può ascrivere nella categoria dello strumentale - ma non perciò può definirsi romantica nel senso di anelito all'infinito perché si limita frivolamente alla descrizione di sentimenti determinati -, così vi può essere una musica esclusivamente vocale che tuttavia rientra a pieno diritto nella categoria della musica romantica pur non essendo a stretto rigore di termini neppure moderna. Così la musica di Palestrina, sempre nello stesso saggio di Hoffmann, viene indicata come "moderna, cristiana, romantica": "In Palestrina accordi perfetti consonanti si susseguono senza alcun ornamento, senza slancio melodico; la loro potenza e arditezza afferrano l'animo con forza indicibile e lo sollevano verso l'Altissimo". Da notarsi come nel discorso di Hoffmann non viene fatto minimamente allusione al contenuto della musica di Palestrina, cioè al testo religioso che la sottende ma solamente al tessuto musicale.
Lo spirito della musica - che è per eccellenza cristiano e quindi moderno - poteva già esprimersi nel Rinascimento nella polifonia vocale di Palestrina, e oggi trova eguale espressione nella sinfonia e vi è solamente una differenza di accentuazione dal momento cristiano a quello romantico. La musica esplicitamente sacra di Palestrina e la musica 'laica' di Beethoven che tuttavia ci parla delle "meraviglie del lontano regno" sono entrambe musica religiosa e si tratta solamente di forme di espressioni storicamente diverse ma identiche nella sostanza della medesima musicalità cristiana e perciò del puramente musicale. Il vocale e lo strumentale possono così coesistere in una medesima epoca, anche se esprimono due fasi diverse e contrapposte nella storia dell'umanità, storia che pur nelle sue alterne vicende tende ad una sempre maggiore spiritualizzazione e la musica strumentale per l'appunto, nella suo rifuggire da ogni esteriorità, da ogni residuo di descrittivismo e di figurativismo, incarna questo tendere all'infinito proprio dell'arte moderna. La presenza di un testo, quando ancora esso è presente, appare così niente più che una casualità inessenziale.
Si può ora tornare, con qualche elemento in più, alla Favola del santo ignudo di Wackenroder. Si tratta dunque di musica strumentale o di musica vocale, quella ascoltata nella notte stellata dal santo e che gli permise di affrancarsi dalla ruota del tempo? Stando alla lettera del testo si trattava indubitabilmente di musica vocale, poteva essere un Lied intonato forse dai due amanti sulla barca che risaliva il fiume. Ma una lettura meno letterale del testo ci può permettere un'interpretazione assai più estensiva: è vero che vi è la presenza di un testo poetico ma esso si stempera nel puramente musicale, nell'indeterminato, nel "mondo nuotante di suoni" in cui si riflettono i sentimenti degli innamorati che "si scioglievano e fluttuavano come un unico fiume senza rive". Non è la musica che viene a definire i sentimenti espressi nel testo poetico ma piuttosto è il testo che si scioglie senza residui nel fluire indeterminato dei suoni. Si potrebbe dire che il testo costituisce l'antefatto, lo spunto emotivo che viene poi totalmente assorbito e quasi bruciato dal flusso musicale, quasi un input iniziale per giungere poi in altre sfere, in altre regioni dello spirito: per Hoffmann è "l'anelito all'infinito che è l'essenza del romanticismo", e per Wackenroder è la spinta a liberarsi "dall'involucro terrestre" per innalzarsi "secondo le note della musica in un movimento di danza, dalla terra verso l'alto".





Fonte : http://users.unimi.it/~gpiana/dm2/dm2romef.htm




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