venerdì 2 agosto 2019

LA BIBBIA NELLA COMUNICAZIONE ARTISTICA, di Cesare Bissoli



LA BIBBIA NELLA COMUNICAZIONE ARTISTICA
Alcune considerazioni in merito alla pratica scolastica
di Cesare Bissoli

 
1. Quale arte è la Bibbia La nostra prassi abituale di incontrare il Libro Sacro è quella della lettura di pensieri codificati in un testo, spinti dalla convinzione spontanea che più estraiamo dalla Bibbia concetti precisi su chi è Dio, l’uomo, la storia, la morale… più la comprendiamo, e da credenti ascoltiamo veramente la Parola di Dio. Non è un percorso sbagliato, ma incompleto e impoverito. In realtà l’uomo biblico, su ispirazione di Dio, fece il suo Libro Sacro proprio “a regola d’arte”. Già dovrebbe metterci sull’attenti l’immensa fecondità artistica della Bibbia, tale da essere in occidente la matrice più ampia dell’arte. Gli studi portati avanti dai moderni sono arrivati al pensiero circolare che «la Bibbia (è) codice dell’arte e l’arte codice dell’esegesi». Le ragioni di una comprensione della Bibbia come arte si possono ricondurre a due: 1° la motivazione ontologica: se l’arte è espressione del bello, la Bibbia intende esprimere il Mistero stesso della bellezza che è Dio, di cui Gesù Cristo è l’icona visibile (Col 1,15). Entrare nella Bibbia è entrare nel “ bello” di Dio. Almeno questa è la convinzione dell’uomo biblico che dovremo scandagliare; 2° la motivazione estetica: la Bibbia non solo comunica la Bellezza, ma la esprime con bellezza, artisticità. Ravasi ha cercato più di ogni altro di sviluppare questa verità incastonandola in tre affermazioni che sintetizziamo: * La Bibbia offre una sua teoria estetica, compendiabile nelle parole originarie del racconto di creazione del mondo: ”Dio vide ki tob” (Gen 1,4.10…), cioè la realtà creata è buona/bella. Tale è il cosmo, armonia profonda di contrari, come il mare e la terra e il cielo (cf Gb 38); tale è l’uomo, nesso inscindibile tra corporeità e spiritualità, tra eros e amore, tra polvere e respiro divino, “ immagine e somiglianza”, cioè icona di Dio (Gen 1,26-27). Il Cantico dei Cantici ne è la espressione compiuta; tale è Gesù che dice di sé: «Io sono il pastore kalòs» (Gv 10,11.14), buono/bello: suggerisce grazia, bellezza, fascino, oltreché bontà, verità, efficacia, pienezza. Tale è Dio “tob” (Sal 34,9), buono/bello, che nella creazione è visto come artista (Gb 38-39;40-41;Sal 8;29;104.), davanti a cui la sapienza danza/gioca (Pr 8,22-31). Vi è in verità l’obbligo severo di non fare “ immagine” di Dio (Es 20,4). É un silenzio iconico che vuol evitare la riduzione di Dio a prodotto umano (= il vitello d’oro, Es 32-34), ma che nella verità di Gesù, “parola di Dio e icona di Dio” fatta carne, può essere “ascoltato e visto”, dove l’immagine e la parola devono stare insieme in una tensione difficile ma necessaria, pertanto la parola si allarga in immagine, e l’immagine si concentra nella parola. * La Bibbia si offre come un prodotto estetico, artistico. Ricordiamo che è “il giardino dei simboli” (T.S.Eliot). Senza l’attenzione alla verità del simbolico, la Bibbia diventa incomprensibile in tutto il suo splendore: il libro di Giobbe, il Salterio, l’Apocalisse, le parabole evangeliche (”Gesù fuor di parabola non diceva nulla”: Mt 13, 34). Ricordiamo il versetto salmodico “ cantate inni con arte” (Sal 47,8) per cui l’arte del canto dice Dio (cf Sal 150). Non manca il ricorso all’arte statuaria e architettonica (Tempio e Gerusalemme, Es 25-27;35-38; 1-2 Re; Ez 40-48). L’arte letteraria è ben consapevole negli autori, come il dramma in Giobbe; la poetica dei Salmi, vero ed ineguagliato microcosmo poetico incentrato su Dio, il cosmo, l’uomo; l’epica dell’Esodo; il narrativo dei Patriarchi, dei Giudici, di Giona, Rut, Tobia, dei Vangeli…, fino ai piccoli ma continui segnali, colti da una avvertita filologia, dati dall’uso delle figure del dire: parallelismi, sonorità verbali, gioco di nomi, di numeri… Una lingua incantata per dire l’incanto di un contenuto avvertito sublime. Verrebbe da dire: più che un teologo, l’artista e il poeta sono le persone adatte a cogliere i grandi pensieri che fanno la teologia della Bibbia. * La Bibbia esige una esegesi estetica. È la conclusione elementare in due direzioni: da un lato la Bibbia è diventata sorgente di arte, dall’altro l’arte diventa interprete della Bibbia. Sono i due aspetti che sviluppiamo qui sotto.
2. La Bibbia come inesauribile fonte di arte È un’affermazione del tutto ovvia tanto il panorama è immenso. Ci basta qui suggerire alcuni pensieri: un giudizio autorevole di Giovanni Paolo II; le espressioni artistiche che hanno fin qui mediato l’ispirazione biblica; una breve storia di tali effetti, anche questa per mano di Giovanni Paolo II.
1) L’arte davanti al mistero del Verbo incarnato La Legge dell’Antico Testamento presenta un esplicito divieto di raffigurare Dio invisibile ed inesprimibile con l’aiuto di «un’immagine scolpita o di metallo fuso» (Dt 27,15), perché Dio trascende ogni raffigurazione materiale: «Io sono colui che sono» (Es 3,14). Nel mistero dell’Incarnazione, tuttavia, il Figlio di Dio in persona si è reso visibile: «Quando venne la pienezza del tempo. Dio mandò il suo Figlio nato da donna» (Gal 4,4). Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo, il quale è diventato così «il centro a cui riferirsi per poter comprendere l’enigma dell’esistenza umana, del mondo creato e di Dio stesso». Questa fondamentale manifestazione del «Dio-Mistero» si pose come incoraggiamento e sfida per i cristiani, anche sul piano della creazione artistica. Ne è scaturita una fioritura di bellezza che proprio da qui, dal mistero dell’Incarnazione, ha tratto la sua linfa. Facendosi uomo, infatti, il Figlio di Dio ha introdotto nella storia dell’umanità tutta la ricchezza evangelica della verità e del bene, e con essa ha svelato anche una nuova dimensione della bellezza: il messaggio evangelico ne è colmo fino all’orlo. La Sacra Scrittura è diventata così una sorta di «immenso vocabolario» (P. Claudel) e di «atlante iconografico» (M. Chagall), a cui hanno attinto la cultura e l’arte cristiana. Lo stesso Antico Testamento, interpretato alla luce del Nuovo, ha manifestato filoni inesauribili di ispirazione. A partire dai racconti della creazione, del peccato, del diluvio, del ciclo dei Patriarchi, degli eventi dell’esodo, fino a tanti altri episodi e personaggi della storia della salvezza, il testo biblico ha acceso l’immaginazione di pittori, poeti, musicisti, autori di teatro e di cinema. Una figura come quella di Giobbe, per fare solo un esempio, con la sua bruciante e sempre attuale problematica del dolore, continua a suscitare insieme l’interesse filosofico e quello letterario ed artistico. E che dire poi del Nuovo Testamento? Dalla Natività al Golgota, dalla Trasfigurazione alla Risurrezione, dai miracoli agli insegnamenti di Cristo, fino agli eventi narrati negli Atti degli Apostoli o prospettati dall’Apocalisse in chiave escatologica, innumerevoli volte la parola biblica si è fatta immagine, musica, poesia, evocando con il linguaggio dell’arte il mistero del «Verbo fatto carne». Nella storia della cultura tutto ciò costituisce un ampio capitolo di fede e di bellezza. Ne hanno beneficiato soprattutto i credenti per la loro esperienza di preghiera e di vita. Per molti di essi, in epoche di scarsa alfabetizzazione, le espressioni figurative della Bibbia rappresentarono persino una concreta mediazione catechetica Questo principio pedagogico è stato autorevolmente enunciato da S. Gregorio Magno in una lettera del 599 al Vescovo di Marsiglia Sereno: «La pittura è adoperata nelle chiese perché gli analfabeti, almeno guardando sulle pareti, leggano ciò che non sono capaci di decifrare sui codici» (Epistulae, IX, 209: CCL 140A, 1714). Ma per tutti, credenti e non, le realizzazioni artistiche ispirate alla Scrittura rimangono un riflesso del mistero insondabile che avvolge ed abita il mondo (Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli Artisti, n. 5).
2) I grandi canali artistici che esprimono la Bibbia Ne facciamo solo cenno per intuire almeno la grandiosità degli effetti biblici nel mondo dell’arte. Esiste un singolare libro che fa entrare in questo argomento, Il grande dizionario illustrato dei personaggi biblici. Storia, letteratura, arte, musica. Per ogni figura biblica da Abacuc fino a Zippora viene data una informazione relativamente ai dati dell’esegesi, alla tradizione ebraica, cristiana, islamica, nella letteratura, nella musica, nell’arte. Non è una ricerca esaustiva. Ben altre opere permettono di cogliere il respiro di questa risonanza artistica della Bibbia. Qui ci basti menzionare, alla luce del suddetto libro, i quattro grandi canali entro cui fluisce l’acqua dell’arte ispirata dalla Bibbia: - l’arte letteraria, certamente la più vasta. Nessun grande capolavoro dell’occidente in tempi cristiani è esente dall’influsso biblico; - l’arte grafica, sia pittorica che statuaria. É un settore straordinario, come si può vedere in tutti i musei del mondo; - l’arte musicale, di incomparabile bellezza, da G. da Palestrina, a Bach, alle “Messe Solenni” o da” Requiem” (Mozart, Beethoven, Verdi…), agli infiniti generi musicali popolari e moderni; - l’arte mimica o gestuale, proposta dal linguaggio del teatro e del cinema, a loro volta spesso sintesi dei linguaggi precedenti. Vi è solo l’imbarazzo della scelta per l’uno e l’altro ambito. Non possiamo dire che quanto dicono queste arti siano prodotti eccellenti. Bisognerà avere capacità critica di lettura. Ma ciò non toglie che siano strettamente legati al mondo biblico. Confessiamo che mediamente tra di noi, anche nella scuola, gli spazi culturali su questo argomento sono assai modesti.
3) Tra Vangelo ed arte un’alleanza feconda É un’eccellente carrellata storica ancora di Giovanni Paolo II che fissa sinteticamente, ma con forza la formidabile matrice artistica che è la Bibbia. I primordi L’arte che il cristianesimo incontrò ai suoi inizi era il frutto maturo del mondo classico, ne esprimeva i canoni estetici e al tempo stesso ne veicolava i valori. La fede imponeva ai cristiani, come nel campo della vita e del pensiero, anche in quello dell’arte, un discernimento che non consentiva la ricezione automatica di questo patrimonio. L’arte di ispirazione cristiana cominciò così in sordina, strettamente legata al bisogno dei credenti di elaborare dei segni con cui esprimere, sulla base della Scrittura, i misteri della fede e insieme un «codice simbolico», attraverso cui riconoscersi e identificarsi specie nei tempi difficili delle persecuzioni. Chi non ricorda quei simboli che furono anche i primi accenni di un’arte pittorica e plastica? Il pesce, i pani, il pastore, evocavano il mistero diventando, quasi insensibilmente, abbozzi di un’arte nuova. Quando ai cristiani, con l’editto di Costantino, fu concesso di esprimersi in piena libertà, l’arte divenne un canale privilegiato di manifestazione della fede. Lo spazio cominciò a fiorire di maestose basiliche, in cui i canoni architettonici dell’antico paganesimo venivano ripresi e insieme piegati alle esigenze del nuovo culto. Come non ricordare almeno l’antica Basilica di San Pietro e quella di San Giovanni in Laterano, costruite a spese dello stesso Costantino? O, per gli splendori dell’arte bizantina, la Haghia Sophia di Costantinopoli voluta da Giustiniano? Mentre l’architettura disegnava lo spazio sacro, progressivamente il bisogno di contemplare il mistero e di proporlo in modo immediato ai semplici spinse alle iniziali espressioni dell’arte pittorica e scultorea. Insieme sorgevano i primi abbozzi di un’arte della parola e del suono, e se Agostino, fra i tanti temi della sua produzione, includeva anche un De musica, Ilario, Ambrogio, Prudenzio, Efrem il Siro, Gregorio di Nazianzo, Paolino di Nola, per non citare che alcuni nomi, si facevano promotori di una poesia cristiana che spesso raggiunge un alto valore non solo teologico ma anche letterario. Il loro programma poetico valorizzava forme ereditate dai classici, ma attingeva alla pura linfa del Vangelo, come efficacemente sentenziava il santo poeta nolano: «La nostra unica arte è la fede e Cristo è il nostro canto» («At nobis ars una fides et musica Christus»: Carmen 20, 21: CCL 203, 144). Gregorio Magno, per parte sua, qualche tempo più tardi poneva con la compilazione dell’Antiphonarium la premessa per lo sviluppo organico di quella musica sacra così originale che da lui ha preso nome. Con le sue ispirate modulazioni il canto gregoriano diverrà nei secoli la tipica espressione melodica della fede della Chiesa durante la celebrazione liturgica dei sacri Misteri. Il «bello» si coniugava così col «vero», perché anche attraverso le vie dell’arte gli animi fossero rapiti dal sensibile all’eterno. In questo cammino non mancarono momenti difficili. Proprio sul tema della rappresentazione del mistero cristiano l’antichità conobbe un’aspra controversia passata alla storia col nome di «lotta iconoclasta». Le immagini sacre, ormai diffuse nella devozione del popolo di Dio, furono fatte oggetto di una violenta contestazione. Il Concilio celebrato a Nicea nel 787, che stabilì la liceità delle immagini e del loro culto, fu un avvenimento storico non solo per la fede, ma per la stessa cultura. L’argomento decisivo a cui i Vescovi si appellarono per dirimere la controversia fu il mistero dell’Incarnazione: se il Figlio di Dio è entrato nel mondo delle realtà visibili, gettando un ponte mediante la sua umanità tra il visibile e l’invisibile, analogamente si può pensare che una rappresentazione del mistero possa essere usata, nella logica del segno, come evocazione sensibile del mistero. L’icona non è venerata per se stessa, ma rinvia al soggetto che rappresenta.
Il Medioevo I secoli che seguirono furono testimoni di un grande sviluppo dell’arte cristiana. In Oriente continuò a fiorire l’arte delle icone, legata a significativi canoni teologici ed estetici e sorretta dalla convinzione che, in un certo senso, l’icona è un sacramento: analogamente, infatti, a quanto avviene nei Sacramenti, essa rende presente il mistero dell’Incarnazione nell’uno o nell’altro suo aspetto. Proprio per questo la bellezza dell’icona può essere soprattutto gustata all’interno di un tempio con lampade che ardono e suscitano nella penombra infiniti riflessi di luce. Scrive in proposito Pavel Florenskij: «L’oro, barbaro, pesante, futile nella luce diffusa del giorno, con la luce tremolante di una lampada o di una candela si ravviva, poiché sfavilla di miriadi di scintille, ora qui ora là, facendo presentire altre luci non terrestri che riempiono lo spazio celeste» (La prospettiva rovesciata ed altri scritti, Roma 1984, 63). In Occidente i punti di vista da cui partono gli artisti sono i più vari, in dipendenza anche dalle convinzioni di fondo presenti nell’ambiente culturale del loro tempo. Il patrimonio artistico che s’è venuto accumulando nel corso dei secoli annovera una vastissima fioritura di opere sacre altamente ispirate, che lasciano anche l’osservatore di oggi colmo di ammirazione. Restano in primo piano le grandi costruzioni del culto, in cui la funzionalità si sposa sempre all’estro, e quest’ultimo si lascia ispirare dal senso del bello e dall’intuizione del mistero. Ne nascono gli stili ben noti alla storia dell’arte. La forza e la semplicità del romanico, espressa nelle cattedrali o nei complessi abbaziali, si va gradatamente sviluppando negli slanci e negli splendori del gotico. Dentro queste forme non c’è solo il genio di un artista, ma l’animo di un popolo. Nei giochi delle luci e delle ombre, nelle forme ora massicce ora slanciate, intervengono certo considerazioni di tecnica strutturale, ma anche tensioni proprie dell’esperienza di Dio, mistero «tremendo» e «fascinoso». Come sintetizzare in pochi cenni, e per le diverse espressioni dell’arte, la potenza creativa dei lunghi secoli del medioevo cristiano? Un’intera cultura, pur nei limiti sempre presenti dell’umano, si era impregnata di Vangelo, e dove il pensiero teologico realizzava la Summa di S. Tommaso, l’arte delle chiese piegava la materia all’adorazione del mistero, mentre un mirabile poeta come Dante Alighieri poteva comporre «il poema sacro, / al quale ha posto mano e cielo e terra» (Paradiso XXV, 1-2), come egli stesso qualifica la Divina Commedia.
Umanesimo e Rinascimento La felice temperie culturale, da cui germoglia la straordinaria fioritura artistica dell’Umanesimo e del Rinascimento, ha riflessi significativi anche sul modo in cui gli artisti di questo periodo si rapportano al tema religioso. Naturalmente le ispirazioni sono variegate quanto lo sono i loro stili, o almeno quelli dei più grandi tra essi. Ma non è nelle mie intenzioni richiamare cose che voi, artisti, ben conoscete. Vorrei piuttosto, scrivendovi da questo Palazzo Apostolico, che è anche uno scrigno di capolavori forse unico al mondo, farmi voce dei sommi artisti che qui hanno riversato le ricchezze del loro genio, intriso spesso di grande profondità spirituale. Da qui parla Michelangelo, che nella Cappella Sistina ha come raccolto, dalla Creazione al Giudizio Universale, il dramma e il mistero del mondo, dando volto a Dio Padre, a Cristo giudice, all’uomo nel suo faticoso cammino dalle origini al traguardo della storia. Da qui parla il genio delicato e profondo di Raffaello, additando nella varietà dei suoi dipinti, e specie nella «Disputa» della Stanza della Segnatura, il mistero della rivelazione del Dio Trinitario, che nell’Eucaristia si fa compagnia dell’uomo, e proietta luce sulle domande e le attese dell’intelligenza umana. Da qui, dalla maestosa Basilica dedicata al Principe degli Apostoli, dal colonnato che da essa si diparte come due braccia aperte ad accogliere l’umanità, parlano ancora un Bramante, un Bernini, un Borromini, un Maderno, per non citare che i maggiori, dando plasticamente il senso del mistero che fa della Chiesa una comunità universale, ospitale, madre e compagna di viaggio per ogni uomo alla ricerca di Dio. L’arte sacra ha trovato, in questo complesso straordinario, un’espressione di eccezionale potenza, raggiungendo livelli di imperituro valore insieme estetico e religioso. Ciò che sempre di più la caratterizza, sotto l’impulso dell’Umanesimo e del Rinascimento, e poi delle successive tendenze della cultura e della scienza, è un interesse crescente per l’uomo, il mondo, la realtà della storia. Questa attenzione, di per sé, non è affatto un pericolo per la fede cristiana, centrata sul mistero dell’Incarnazione, e dunque sulla valorizzazione dell’uomo da parte di Dio. Proprio i sommi artisti su menzionati ce lo dimostrano. Basterebbe pensare al modo con cui Michelangelo esprime, nelle sue pitture e sculture, la bellezza del corpo umano. Del resto, anche nel nuovo clima degli ultimi secoli, in cui parte della società sembra divenuta indifferente alla fede, l’arte religiosa non ha interrotto il suo cammino. La constatazione si amplia, se dal versante delle arti figurative, passiamo a considerare il grande sviluppo che, proprio nello stesso arco di tempo, ha avuto la musica sacra, composta per le esigenze liturgiche, o anche solo legata a temi religiosi. A parte i tanti artisti che si sono dedicati principalmente ad essa – come non ricordare almeno un Pier Luigi da Palestrina, un Orlando di Lasso, un Tomàs Luis de Victoria? – è noto che molti grandi compositori – da Haendel a Bach, da Mozart a Schubert, da Beethoven a Berlioz, da Liszt a Verdi – ci hanno dato opere di grandissima ispirazione anche in questo campo (Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli Artisti, nn. 6-9).
3. Saper leggere l’arte con la Bibbia I due punti che seguono intendono evidenziare con molta modestia la ricaduta dei punti precedenti nel processo scolastico Il primo risultato, che dà premessa ad ogni altro, è il seguente: per la buona ragione che l’IRC nella scuola di base mira all’uso della Bibbia, in particolare dei Vangeli, integrati da opportuni testi della Tradizione (cf Prog. IRC, 5, 2), occorre che l’alunno, e quindi il docente, entrino in questa zona così straordinariamente feconda con più cultura e competenza comunicativa. Cosa che vale anche nel cammino della catechesi e di ogni formazione cristiana. Più specificamente merita chiarire alcune istanze pedagogico-didattiche che conseguono dalla Bibbia in relazione alle forme artistiche che l’esprimono. Sono tre affermazioni: * L’arte che si ispira alla Bibbia ne è automaticamente un’esegesi pratica, un’esegesi che (in ciò più consona all’identità della Bibbia), intende dire il messaggio biblico per la via della bellezza o poetica. Ma questo non significa sempre che sia una buona esegesi tout court in senso scientifico, “storico-critico”. Il Dies Irae di Mozart o di Verdi non fanno del tutto giustizia al giudizio di Dio nella genuina visione biblica (tanto che il Dies Irae è stato messo da parte dalla riforma liturgica del Concilio). Il loro contributo va visto piuttosto nella potenza che la Parola, pur avvertita secondo i canoni della teologia del tempo, ha provocato nelle persone. Lo stesso si può dire per l’arte pittorica, ad es. di certi quadri sacro-profani del Rinascimento (quadri sia dell’Ultima Cena come pure della Natività): possono avere delle valenze esegetiche scarse, mentre ne hanno grandiose quelle artistiche. A questo scopo è doveroso dire che la caratura esegetica delle opere artistiche corrisponde al livello, grande o mediocre, della cultura biblica del tempo, anche se gli artisti mai hanno pensato di essere esegeti del testo. * Questo comporta anche una avveduta presentazione dell’opera d’arte ai ragazzi, che prendendo alla lettera i particolari e indebitamente storicizzandoli, rischiano forzature esegetiche .In questo senso non si può fare del Giudizio Universale di Michelangelo una riproduzione storica, quasi “fotografica”, del discorso di Cristo sul giudizio in Mt 25, 31-46. Né si può dire automaticamente che lo sguardo di Cristo nell’Ultima Cena di Leonardo esprima la delusione del tradimento, quanto piuttosto – facendo un raffronto tra racconto evangelico e dipinto – la passione amorosa del dono che Egli fa di sé nei segni del pane e del vino. In concreto si richiedono da parte dell’insegnante due atteggiamenti: qualora fosse necessario (e lo è con immaturi), di precisare il senso esegetico secondo una qualificata ed aggiornata critica biblica, mostrando così convergenze e divergenze del testo con l’opera d’arte proposta; cogliere il messaggio del testo, più che i particolari di esso, perché è la globalità del senso che l’artista, bene o male, intende esprimere. Egli opera secondo un processo gestaltico, più che analitico, anche quando esprime un determinato episodio. * E qui raggiungiamo un fondamentale criterio dell’arte secondo la Bibbia, in piena corrispondenza con la sua estetica interiore. Da un lato essa grazie al simbolo di cui è sostanziata dà la possibilità di dire “Dio è come…”, ed anche “Dio non è come…” É questa dicibilità ed insieme ineffabilità del sacro che diventano obiettivo ed insieme verifica di autenticità per quell’arte che si vuole ispirata alla Bibbia e dunque nostro parametro di lettura.
4. Saper leggere la Bibbia con l’arte Siamo così al vero compito nella presentazione del rapporto arte e Bibbia. Quello che conta, non è tanto, per sé, constatare come l’artista è rimasto fedele o meno al testo nei suoi particolari, quanto piuttosto avvertire come l’opera d’arte fa entrare e gustare, per qualche aspetto, quello che la Bibbia afferma. Si accetta dunque di fare una certa verifica anche esegetica dell’arte, per premurarsi meglio la comprensione artistica del dato biblico, poter penetrare nel testo con gli occhi della bellezza, e così cogliere il “bello/buono” della Bibbia. Vengono alla mente tre applicazioni: 1.L’opera d’arte è tale, e sempre di più lo è, perché – come dice ancora Giovanni Paolo II – «va oltre ciò che percepiscono i sensi e, penetrando la realtà, si sforza di interpretarne il mistero nascosto. Essa scaturisce dal profondo dell’animo umano, là dove l’aspirazione a dare un senso alla propria vita si accompagna alla percezione fugace della bellezza e della misteriosa unità delle cose…Ciò che gli artisti dipingono, scolpiscono, creano non è che un barlume di quello splendore che è balenato per qualche istante davanti agli occhi del loro spirito. Di questo il credente non si meraviglia: egli sa di essersi affacciato per un attimo su quell’abisso di luce che ha in Dio la sua sorgente originaria. Ogni forma autentica d’arte è, a suo modo, una via d’accesso alla realtà più profonda dell’uomo e del mondo. Come tale, essa costituisce un approccio molto valido all’orizzonte della fede, in cui la vicenda umana trova la sua interpretazione compiuta. Ecco perché la pienezza evangelica della verità non poteva non suscitare fin dall’inizio l’interesse degli artisti, sensibili per loro natura a tutte le manifestazioni dell’intima bellezza della realtà.». Aiutare gli alunni a penetrare in questo “mistero” attraverso l’emozione dell’arte è il miglior servizio che l’arte fa alla Bibbia e che ci si attende da essa. 2. Questo comporta un certo criterio di valutazione e perciò di scelta fra le tante opere d’arte collegate al tema biblico. Non le più precise valgono, ma quelle che più fanno intuire la pienezza del mistero di Dio. In questo senso l’icona per la sua capacità di stabilità dinamica, povera nei particolari e concentrata nei volti, meglio favorisce la comprensione del testo. Questo vale non solo per l’icona bizantina, ma anche per quelle icone moderne che possono emergere anche dalle nuove correnti artistiche, una volta che si è capaci di penetrarne il significato. Rouault come Chagall possono parlare quanto i pittori bizantini delle icone. 3. Ma la maturità di una lettura artistica della Bibbia sarà raggiunta quando anche le espressioni che paiono meno propizie all’immediatezza biblica, ma che sono di pittori valenti, saranno colte nel loro sforzo, talora fallimentare, di cercare di dire il mistero. Dio è mistero. L’uomo è mistero. E dove vi è mistero ivi c’è presagio di Dio e dell’uomo. Questi parametri assumono ancora più veemenza di verità nell’opera letteraria, teatrale e filmica, dove è facile ritrovare verità stupende in un mare d’inesattezze materiali
5. Conclusione Chiaramente tutto questo discorso richiede cultura nel docente e porta decisamente ad intendere e volere il rapporto Bibbia ed arte come orientamento dell’animo degli alunni ad una comprensione artistica del testo biblico più che ad una comprensione esegetica dell’opera d’arte. Vuol dire entrare nel mistero che il Libro Sacro racchiude, per la via così singolare e in certo modo unica dell’arte che tale mistero dischiude.




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