Mons. Sebastiano Dho
L'UOMO , SEMPRE UN FINE
Recentemente, con
roventi e spesso poco comprensibili polemiche, è stata approvata dal Parlamento
Italiano la legge sulla fecondazione umana cosiddetta “assistita”, vale a dire
artificiale. Poiché se n’è parlato molto ed anche parecchio confusamente, come
quasi sempre accade quando si tratta di temi molto alti, tipici umani in quanto
tali, ma letti e interpretati, sovente e volentieri, in chiave di
contrapposizione non solo partitica bensì ideologica (ad esempio, cattolici
contro laici), vale la pena tentare, se possibile, di fare almeno un po' di
chiarezza, perché chi lo vuole veramente possa capire bene di che si tratta.
Due sembrano essere i punti più
qualificanti la riflessione relativa alla grave questione in ballo: la
valutazione etica del problema e quella riguardante la bontà o meno della legge
civile in merito.
Premessa importante da
non trascurare: la tematica della vita umana (tutto ciò che oggi va sotto il
nome di bioetica) in se stessa non è né cattolica né laica, ma appunto
semplicemente umana! E’ fuorviante quindi tirare in gioco pro o contro
motivazioni religiose, soprattutto in sede legislativa civile. Questo modo
tipico dei mass media di impostare ed affrontare la problematica in
materia è deviante e fuori tema da qualunque parte venga usato.
Detto questo per
sgombrare il campo da argomentazioni pretestuose, vediamo brevemente (ben altro
tempo occorrerebbe per una riflessione adeguata in merito) di rispondere alle
due domande di fondo.
1
Come valutare eticamente , prima ancora che in base ad
una legge positiva, sul piano della coscienza e quindi della responsabilità
personale, la possibilità tecnica oggi offerta dalla scienza di suscitare una
vita umana artificialmente, nei vari modi sempre più sofisticati, ma
sostanzialmente equivalentisi a livello morale?
La questione è stata
oggetto, ormai da decenni, di seri approfondimenti non solo da parte di chi si
ispira a principi cristiani ma, è bene ripeterlo, anche semplicemente ad
antropologie umanistiche di tipo laico, in sede filosofica e giuridica. Alcuni
punti sono largamente condivisi da pensatori di diversa estrazione, quali:
• la persona umana è sempre fine e mai mezzo
(noto principio di Kant, che traduce laicamente il sentire cristiano espresso
poi dal Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes (n. 27): “L’uomo in
terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso”);
• la vita umana, perciò, una volta posta in essere vale
perché esiste e non perché accettata dall’altro (indisponibilità della
vita);
• il frutto della generazione umana dal primo momento
della sua esistenza esige il rispetto incondizionato dovuto all’essere umano
come tale; perciò ogni uso di embrioni suscitati o mantenuti in vita a
fini sperimentali o commerciali (materiale biologico disponibile) è
inaccettabile, poiché riduce l’uomo a merce;
• la procreazione umana a sua volta, come esprime lo
stesso termine pro , significa che non si tratta di creare dal nulla e
quindi non si è del tutto dei procreatori, ma come la loro vita, così questa che
viene suscitata è dono loro affidato, in quanto persone intelligenti e
responsabili;
• il figlio perciò, a cui non si ha diritto
- contrariamente a quanto viene gridato uso slogan, poiché nessuna persona può
essere oggetto di diritto da parte di un’altra, pena il ricadere nella schiavitù
-, va generato da due persone con
atto personale inscindibilmente corporale e spirituale insieme.
Sulla base di queste considerazioni, ed altre possibili, risulta
evidente che la procreazione umana non può essere questione di tecniche a
livello medico-scientifico, per cui
ogni sostituzione al
riguardo dei coniugi
(sostituzione vera
e propria, non “aiuto terapeutico”) non è accettabile,
sia essa eterologa
(più evidente poiché è violazione della dignità degli sposi e del figlio
stesso), ma pure quella omologa,
poiché il figlio non è solo frutto biologicamente corretto dei genitori, ma
della loro persona in un atto interpersonale d’amore unitivo e procreativo
insieme. Il desiderio di paternità e maternità, ottimo in sé, può
aprirsi, come spesso avviene, a vite già in atto prive d’amore.
Dovrebbe essere quasi superfluo, ma è bene ricordarlo che, a maggior ragione,
sono inaccettabili altre forme di generazione umana artificiali: ad esempio,
maternità sostitutive, di nubili, vedove con seme post-mortem del marito
e in modo del tutto speciale “la donazione”, definita giustamente “la più
dispotica e più schiavistica forma di manipolazione genetica”.
2
Ma di fronte a leggi o proposte di leggi civili che tentano di
regolare la “procreazione selvaggia”, di fatto praticata in laboratori vari, che
dire da un punto di vista etico: non tanto personale, ma sociale?
E’
ovvio che nessuna legge umana può liberare la nostra coscienza quando sono in
ballo valori di principio scritti, prima che nei codici, nel cuore dell’umanità;
la legge positiva comunque non può disinteressarsi di ogni problema di fatto
esistente e coinvolgente i cittadini: ne va del bene comune.
A livello ideale sarebbe desiderabile che ogni legge umana
riuscisse sempre a codificare adeguatamente i grandi principi etici o quanto
meno non li violasse direttamente, altrimenti non è più legge in senso
morale. Non per nulla in alcuni casi la stessa norma civile prevede l’obiezione
di coscienza.
A
questa questione, delicata ma reale, ha risposto chiaramente Giovanni Paolo Il
nella Evangelium Vitae quando, trattando dell’aborto e dell’eutanasia,
afferma esplicitamente: “Quando non fosse possibile
scongiurare o abrogare completamente una legge inaccettabile, un parlamentare
potrebbe lecitamente offrire il proprio appoggio a proposte mirate a limitare i
danni di una tale legge ed a diminuirne gli effetti negativi sul piano della
cultura e della moralità pubblica” (n.73).
E’
il principio a cui si sono attenuti molti legislatori cattolici o no, nella
recente approvazione della legge italiana in materia, ormai indifferibile, per
non cadere nella giungla dell’arbitrio del mercato anche in questo campo.
Resta fermo ed evidente a livello personale, di chi vuole essere
coerente ai valori etici sopra richiamati, l’obbligo di non ricorrere a tale
legge, incapace di tacitare le coscienze, ma solo diretta ad evitare mali
peggiori.
+
Sebastiano Dho, Vescovo diocesi di Alba (CN)
Fonte : www.lavoce.an.it
http://www.fuocovivo.org/MOVIMENTO/lavitaumana.html
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