ETICA DELLA TERRA
"E' possibile essere immersi
nel mondo, parteciparvi
intimamente, e nel contempo,
arrischiarsi a domandare
che cos'è la vita
ella quale incontriamo
natura, cielo e stelle.
E' così che la dimensione
etico-politica scaturisce come
parte della totalità ".
Hans Georg Gadamer
[In: "I greci e la poesia", Pagus
Edizioni 1992].
Etica
Le posizioni antropocentriche e
biocentriche che hanno ispirato e continuano a influire sul rapporto dell'uomo
con la natura, per quanto
divergenti, possono trovare un
terreno di confronto. E' fondamentale a riguardo considerare i concetti di
conservazione e quindi di sviluppo sostenibile e di preservazione (tutela
integrale della natura) per chiarire i presupposti scientifici, sociali e quindi
etici del dibattito.
Nei
primi decenni del 1900 il principio di conservazione della natura di Pinchot (1)
divenne il sistema d'eccellenza per la gestione del territorio demaniale negli
Stati Uniti d'America e il game management (ovvero la "gestione della
selvaggina") fu una delle attività per il controllo della fauna. Gli esperti di
allora, preoccupati di salvaguardare gli interessi dei cacciatori che amavano
sparare ai grandi erbivori, decisero che era arrivato il momento di sterminare i
predatori. Lupi, puma, coyote e orsi grigi, colpevoli di uccidere cervi e quindi
danneggiare la nobile arte venatoria, furono presi di mira dai selvicoltori
federali che ne abbatterono a migliaia. Le conseguenze ecologiche furono
drammatiche. I cervi, non più sottoposti alla selezione naturale, crebbero
talmente tanto in numero che distrussero tutto il verde calpestabile e
mangiarono tutto il verde commestibile. Il risultato fu una terribile lezione
per coloro i quali credevano la gestione ecologica un compito facile: i pascoli
vennero gravemente danneggiati e i cervi morirono di fame. Tra gli agenti
forestali responsabili di quello scempio c'era anche un uomo, un funzionario di
nome Aldo Leopold (1887-1948), che aveva passato anni tra le zone selvagge
dell'Arizona e dei New Mexico. La pratica lo aveva reso cosi esperto che il suo
libro Game Management, pubblicato nel 1933, divenne uno dei principali
testi. Ma proprio l'esperienza sul campo gli cambiò la vita.
Un giorno sparò ad un lupo ma invece di gioire per il colpo andato a segno rimase rapito dall'"intenso fuoco verde" (2) dello sguardo dell'animale morente. Fu come il risveglio da un lungo torpore. Quell'espressione fiera ed intelligente gli aveva aperto la mente. La natura non era solo un oggetto di cui l'uomo poteva disporre a piacimento. Leopold capì che rimanendo ancorati alle banalità quotidiane il pensiero diventa incapace di percepire la grandiosità della natura. Prese allora spunto dal pensiero dei filosofo russo Piotr Demianovich Ouspensky, suo contemporaneo (1878-1947), ed iniziò a "pensare come una montagna". La sua non fu una "rivelazione" religiosa o un atto di fede. Leopold ragionò secondo i modemi principi ecologici. La colla che manteneva unito il tutto non era il Dio della "ecologia teologica" del naturalista romantico Henry David Thoreau (1817-1862) o il "nuomena" di Ouspensky, ma i collegamenti alimentari ed energetici dell'ecologia.
Quando Leopold morì, il suo saggio, A Sand County Almanac (3) non era stato ancora pubblicato e ci volle molto tempo perché uscisse dall'anonimato. Ma oggi un breve capitolo di quel libro semplice, intitolato l'"Etica della Terra" (Land Ethic) è universalmente riconosciuto come la pietra miliare dell'ambientalismo olistico. Nessuno, fino ad allora, aveva pensato ad un'etica che operasse a livello di specie o più ampiamente a congregazioni di specie, habitat e persino a processi ecosistemici. In quel breve ragionamento Leopold sostiene che l'etica umana impone dei limiti al singolo uomo in quanto parte di una comunità di parti interdipendenti: la società umana. Ma, allargando il ragionamento, se la specie umana riconosce il suo ruolo di parte integrante delle comunità ecologiche deve anche, automaticamente, riconoscere i diritti della natura. Così scrive: "Un'etica della terra non può certo impedire la modifica, la gestione e l'uso di queste 'risorse' [terreno, corsi d'acqua, piante, animali ecc.], ma afferma il diritto che esse continuino a esistere e, almeno in certi luoghi particolari, possano conservare il loro stato naturale" (3'). Leopold
Un giorno sparò ad un lupo ma invece di gioire per il colpo andato a segno rimase rapito dall'"intenso fuoco verde" (2) dello sguardo dell'animale morente. Fu come il risveglio da un lungo torpore. Quell'espressione fiera ed intelligente gli aveva aperto la mente. La natura non era solo un oggetto di cui l'uomo poteva disporre a piacimento. Leopold capì che rimanendo ancorati alle banalità quotidiane il pensiero diventa incapace di percepire la grandiosità della natura. Prese allora spunto dal pensiero dei filosofo russo Piotr Demianovich Ouspensky, suo contemporaneo (1878-1947), ed iniziò a "pensare come una montagna". La sua non fu una "rivelazione" religiosa o un atto di fede. Leopold ragionò secondo i modemi principi ecologici. La colla che manteneva unito il tutto non era il Dio della "ecologia teologica" del naturalista romantico Henry David Thoreau (1817-1862) o il "nuomena" di Ouspensky, ma i collegamenti alimentari ed energetici dell'ecologia.
Quando Leopold morì, il suo saggio, A Sand County Almanac (3) non era stato ancora pubblicato e ci volle molto tempo perché uscisse dall'anonimato. Ma oggi un breve capitolo di quel libro semplice, intitolato l'"Etica della Terra" (Land Ethic) è universalmente riconosciuto come la pietra miliare dell'ambientalismo olistico. Nessuno, fino ad allora, aveva pensato ad un'etica che operasse a livello di specie o più ampiamente a congregazioni di specie, habitat e persino a processi ecosistemici. In quel breve ragionamento Leopold sostiene che l'etica umana impone dei limiti al singolo uomo in quanto parte di una comunità di parti interdipendenti: la società umana. Ma, allargando il ragionamento, se la specie umana riconosce il suo ruolo di parte integrante delle comunità ecologiche deve anche, automaticamente, riconoscere i diritti della natura. Così scrive: "Un'etica della terra non può certo impedire la modifica, la gestione e l'uso di queste 'risorse' [terreno, corsi d'acqua, piante, animali ecc.], ma afferma il diritto che esse continuino a esistere e, almeno in certi luoghi particolari, possano conservare il loro stato naturale" (3'). Leopold
sottolineò anche che "[...] la maggior parte dei membri della comunità terrestre
non ha valore economico. I fiori selvatici e i passeracei ne sono un
esempio. [...] Eppure queste creature sono membri della comunità biotica e se [...] la stabilità di questa dipende dalla sua stessa integrità, essi
esempio. [...] Eppure queste creature sono membri della comunità biotica e se [...] la stabilità di questa dipende dalla sua stessa integrità, essi
hanno
ogni diritto di continuare a esistere" (3"). In ultima analisi l'uomo deve
adoprarsi per un "funzionamento salubre" dei meccanismo biotico
secondo il criterio per cui: "Una decisione è giusta quando tende a preservare
l'integrità, la stabilità, la bellezza della comunità biotica. E' sbagliata
quando tende all'opposto". La consapevolezza di essere "compagni di viaggio"
degli altri esseri naturali implica che la natura ha un valore proprio
indipendente da quello che gli dà l'essere umano. "In breve, un'etica terrestre
modifica il ruolo dell'Homo sapiens da conquistatore della terra a
semplice membro e cittadino della sua comunità" (4).
Antropocentrismo e biocentrismo
I principi connessi con l'etica della terra mettono in luce un aspetto fondamentale nel nostro rapportarci con la natura. La tradizione giudaico-
cristiana riservava all'uomo il predominio sulla Terra. L'uomo, secondo la
Bibbia, era fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Nel libro della
Genesi è scritto: "Dio disse: -Facciamo l'uomo: sia simile a noi, sia la nostra
immagine. Dominerà sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul
bestiame, sugli animali selvatici e su quelli che strisciano al suolo-" (5).
Anche dopo aver punito i peccatori col Diluvio Universale, il Creatore
ribadì a Noé e ai suoi figli quanto detto in precedenza: "Tutti gli animali: il
bestiame, gli uccelli, gli animali selvatici e i pesci, avranno timore e
paura
di voi. Di tutto potrete disporre: [... ]" (6). Con l'etica della terra, torna
alla ribalta la concezione cristiana minoritaria della natura. Fatta risalire a
Francesco di Assisi (7) essa mette le creature sullo stesso piano (al cospetto
di Dio siamo tutti fratelli e sorelle) e l'uomo diviene il prescelto perché sia
il saggio amministratore delle cose terrene. Ecco allora che il significato di
preservazione si fa più chiaro. Lasciare spazio alla natura selvaggia affinché
possa evolversi naturalmente non è più una gentile concessione che l'uomo dà
all'ambiente, così come intende la conservazione. Bensì lasciare intatte le aree
naturali è un diritto stesso della natura. Non è semplice, ne tutti sono
d'accordo però sul come attuare una buona politica di tutela della natura. Se la
conservazione come vedremo meglio in un successivo articolo, mira all'uso saggio
delle risorse naturali per fare in modo che l'ambiente continui a soddisfare i
bisogni dell'uomo, la politica della conservazione tende comunque a
massimizzarne la produttività per il bene esclusivo degli uomini. Quando invece
e si vuol parlare di preservazione, bisogna lasciare la natura del tutto
indisturbata. L'uomo cioè non deve metterci mano, non può arrogarsi il diritto
di fare ciò che vuole per il fatto che la natura ha un suo valore intrinseco ed
esisterebbe anche senza l'uomo. Anzi, secondo Taylor: "La nostra presenza qui
non è assolutamente necessaria. Svariate specie ed ecosistemi starebbero
certamente meglio senza di noi. Nel mondo ci sarebbe meno inquinamento, più
spazio, più varietà. Insomma la nostra dipartita sarebbe salutata con entusiasmo
dal mondo naturale" (8).
Scopriamo che gli stessi termini conservazione e preservazione, sono diversi proprio perché si basano su concetti filosofici opposti (
Scopriamo che gli stessi termini conservazione e preservazione, sono diversi proprio perché si basano su concetti filosofici opposti (
antropocentrismo e biocentrismo ). Tuttavia, anche se le differenze di principio
sono marcate, le azioni pratiche da compiere sul campo spesso coincidono.
Lasciare più spazio alla natura selvaggia, proteggere le specie a rischio di
estinzione, inquinare di meno, ad esempio, sono azioni che "fanno comodo"
all'antropocentrico e, allo stesso tempo, "soddisfano" il biocentrico. Infatti,
mentre dal punto di vista biocentrico la salvaguardia della natura è un fatto
scontato, dal punto di vista antropocentrico la natura selvaggia trova ragione
d'essere in tante motivazioni umane. La natura selvaggia ha valore estetico,
ricreativo, scientifico. Nel libro "The Diversity of Life" (9) in particolare
nel capitolo tredicesimo, il grande naturalista
americano Edward O. Wilson ne elenca un'infinità. La più banale è quella che nella natura selvaggia esistono miliardi di geni nel DNA di tutte le
specie che aspettano solo di essere scoperti, ma anche le sostanze chimiche, estratte dalle piante e dagli animali non sono da meno perché "gli
organismi sono chimici eccellenti".
Così la salvaguardia della biodiversità può essere vista, ad esempio, alla luce delle sue enormi conseguenze pratiche ed economiche. Una pianti-
na poco appariscente del Madagascar, la pervinca rosea, produce due sostanze utilizzate per la cura dei tumori che fanno circolare ogni anno
una quantità enorme di denaro. Mano a mano che la scienza scopre le ricchezze della natura selvaggia e l'ecologia rivela con sempre maggiore dettaglio le complicate leggi che governano la biosfera, le posizioni antropocentriche e biocentriche si avvicinano.
L'antropocentrismo forte è ormai tramontato e l'antropocentrismo debole si avvicina sempre più ad un biocentrismo meno integralista e più obiettivo (10). Ecco allora che la conservazione, e di conseguenza lo sviluppo sostenibile, può riconoscere il valore sistemico della natura e così
avvicinarsi alla posizione dei preservazionisti. E' questa forse la ragione per cui nel glossario dell'autorevole testo dell'UNEP (11) si trova una de-
finizione di conservazione dove le parole sono pesate attentamente ed hanno un grande significato: "La conservazione è l'uso e la gestione
americano Edward O. Wilson ne elenca un'infinità. La più banale è quella che nella natura selvaggia esistono miliardi di geni nel DNA di tutte le
specie che aspettano solo di essere scoperti, ma anche le sostanze chimiche, estratte dalle piante e dagli animali non sono da meno perché "gli
organismi sono chimici eccellenti".
Così la salvaguardia della biodiversità può essere vista, ad esempio, alla luce delle sue enormi conseguenze pratiche ed economiche. Una pianti-
na poco appariscente del Madagascar, la pervinca rosea, produce due sostanze utilizzate per la cura dei tumori che fanno circolare ogni anno
una quantità enorme di denaro. Mano a mano che la scienza scopre le ricchezze della natura selvaggia e l'ecologia rivela con sempre maggiore dettaglio le complicate leggi che governano la biosfera, le posizioni antropocentriche e biocentriche si avvicinano.
L'antropocentrismo forte è ormai tramontato e l'antropocentrismo debole si avvicina sempre più ad un biocentrismo meno integralista e più obiettivo (10). Ecco allora che la conservazione, e di conseguenza lo sviluppo sostenibile, può riconoscere il valore sistemico della natura e così
avvicinarsi alla posizione dei preservazionisti. E' questa forse la ragione per cui nel glossario dell'autorevole testo dell'UNEP (11) si trova una de-
finizione di conservazione dove le parole sono pesate attentamente ed hanno un grande significato: "La conservazione è l'uso e la gestione
giudiziosi della natura e delle risorse naturali, sia per il beneficio della
società umana, che per ragioni etiche".
Piergiacomo Pagano
ENEA, Dipartimento Ambiente, Bologna.
(1) Worster D. "Storia delle idee ecologiche" li Mulino, 1994, p.98-99.
(2) Riportato in "Nash R.F. "Thc Rights of Nature", The University of Winsconsin Press, 1989, p. 64.
(3) Leopold A. "A Sand County Almanac" Word Univ. Press, 1949. In italiano: "Almanacco di un mondo semplice" Red edizioni, 1997.
(3) Leopold A. "Almanacco di un mondo semplice" Red edizioni, 1997, p. 165.
(3") Leopold A. "Almanacco di un mondo semplice" Red edizioni, 1997, p. 170-1.
(4) Leopold A. "Almanacco di un mondo semplice" Red edizioni, 1997, p. 165.
(5) La "Bibbia" interconfessionale, LDC-ABU-SEI, 1999; Genesi 1, 26.
(6) La "Bibbia" interconfessionale, LDC-ABU-SEI, 1999; Genesi 9, I.
(7) Per questa sua grande visione naturalisfica San Francesco fu nominato patrono degli ecologi, era il 1980
(8) Taylor P.W. "Tbc Ethics of Respect for Nature" Environmental Ethics, voi-3, n-3, 1981, p. 204.
(9) Wilson E.O. "The Diversity of Life" W.W. Norton & Co., 1992, p, 283. In Italiano: "La diversità della vita" Rizzoli.
(10) Notton B.G. "Toward Unity Among Environmentalists" Oxford University Press, 1991,
(11) United Nation Environinental Program (UNEP)
"Global Biodiversity Assessment", Cambridge University Press, 1995,p. 1107.
Fonte : brano tratto dall'articolo " etica della Terra " di Piergiacomo Pagano ( Questo scritto è apparso su "Oltre" n. 5, Marzo 2001, pp.8- ) , link http://www.filosofia-ambientale.it/ .
Nessun commento:
Posta un commento