I FIGLI, PREZIOSISSIMO DONO DEL MATRIMONIO
dell'Arcivescovo Carlo Caffarra
Iniziamo oggi la nostra Catechesi con una bella
affermazione fatta dal Concilio Vaticano II: "Il Matrimonio e l'amore coniugale
sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I
figli, infatti, sono il preziosissimo dono del Matrimonio". Parleremo dunque,
oggi dell'amore coniugale in quanto luogo in cui viene concepita ed educata la
nuova persona umana.
1. Cominciamo subito col notare quella parola, piena di
bellezza e di mistero, che il Concilio, la Chiesa usa parlando della nuova
persona: è un "dono", anzi un dono "preziosissimo". Un dono fatto da chi? un
dono fatto a chi? che cosa significa che una persona è "in se stessa un dono"?
Il figlio è un dono fatto dal Signore. È questo uno dei
misteri più profondi della nostra esistenza. Nessuno di noi è venuto
all'esistenza per caso o per necessità. Ciascuno di noi è venuto all'esistenza
perché è stato singolarmente voluto dal Signore: ciascuno di noi, prima di
essere concepito sotto il cuore di una donna, è stato concepito nel cuore di
Dio. Dio ha pensato a ciascuno di noi e ci ha voluti. Tuttavia, qui noi ci
imbattiamo in un grande evento. Il Signore Iddio non ha voluto collaboratori
quando ha creato l'universo materiale, ma quando decide di creare la sua
creatura più preziosa, la persona umana, vuole avere cooperatori in questa sua
opera, cioè gli sposi. Possiamo tentare di capire un po' questo grande mistero.
Se ci sono madri che mi ascoltano sono sicuro che saranno d'accordo su quanto
dirò.
Quando la prima donna della storia, Eva, si rese conto per la
prima volta di essere diventata madre, disse: "Ho acquistato un uomo dal
Signore" (Gen. 4, 1). Perché non disse: "Ho generato un figlio"? Possiamo avere
una qualche esperienza che nel suo corpo è accaduto un atto creativo di Dio? Sì,
con la seguente semplice riflessione. Quando due sposi vogliono diventare
genitori e vogliono un bambino, non possono decidere che sia questi piuttosto
che un altro. Chi sia in realtà il bambino/a da loro generato, lo vedono e lo
sanno solo al momento della nascita e durante poi tutto il suo sviluppo.
Chi ha deciso che sia questi? Chi ha fatto essere questa
persona piuttosto che un'altra? "Ho acquistato un uomo dal Signore" dice Eva.
Cioé: il Signore mi ha donato questa persona. Dunque: all'origine di ogni
persona sta un atto creativo di Dio. Ecco perché la persona umana non ha altro
Signore all'infuori di Dio; ecco perché nessuno può disporre di se stesso e
degli altri, come fossero nostra proprietà: ecco perché distruggere fisicamente
o moralmente una persona umana, anche la più piccola, è un abominevole delitto
contro Dio Creatore: un peccato che grida vendetta al suo cospetto. Ma
ritorniamo al nostro tema.
Dunque, quando una nuova persona viene all'esistenza, Dio
compie un atto di creazione: fa essere questa persona. Tuttavia, perché questo
atto creativo possa accadere, è necessario che gli sposi, divenendo una sola
carne, pongano le condizioni dell'atto creativo divino. Qui noi scopriamo la
suprema grandezza dell'amore coniugale. Ascoltiamo quanto dice il Concilio
Vaticano II: "Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla [...] i
coniugi sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore come suoi
interpreti". Cooperatori dell'amore di Dio Creatore! Coll'atto del loro amore
coniugale, gli sposi aprono lo spazio a Dio perché, se lo vuole, crei una nuova
persona umana. Anzi, l'atto dell'amore coniugale, mediante cui gli sposi
diventano una sola carne, è il tempio santo in cui Dio celebra la liturgia del
Suo amore creatore. Se la Chiesa prende tanta cura perché il tempio in cui
celebriamo la liturgia eucaristica dell'amore redentore, come non deve prendersi
cura del tempio in cui si celebra la liturgia dell'amore creatore, l'amore
coniugale, perché sia bello? Ascoltiamo quanto dice il S. Padre (Lettera alle
Famiglie 20, pag.84-85). Fatto a chi? (cfr. pag. 29-30).
2. Vorrei ora precisamente riflettere con voi su due
insegnamenti che la Chiesa ha dato proprio perché l'amore coniugale non cessi di
essere il bell'amore, nello splendore della sua verità più profonda:
cooperazione con Dio Creatore. Si tratta di due insegnamenti molto contestati,
ma molto veri. Il primo dice che il ricorso alla contraccezione è sempre un atto
ingiusto.
Ascoltiamo ancora una volta volta quanto dice il S.Padre
nella già citata lettera (n.12, pag. 38-39). Qui noi troviamo la prima, profonda
ragione di questo inasegnamento della Chiesa.
Noi possiamo comprenderlo pienamente e spiegarlo, solo
ricorrendo ai valori di persona e di dono. Ogni uomo e ogni donna si realizzano
pienamente solo quando fanno della loro vita un dono.
Questo è vero di ogni persona, sposata o non. Ma per gli
sposi, il momento dell'unione coniugale costituisce un'esperienza singolarissima
di quella verità, della verità del dono. È allora che l'uomo e la donna, nella
verità della loro mascolinità e femminilità, diventano reciproco dono. Certo,
tutta la vita nel matrimonio e dono; ma ciò si rende singolarmente evidente
quando i coniugi, offrendosi reciprocamente nell'amore, realizzano quella
reciproca comunione che fa dei due "una sola carne". Ora, in alcuni periodi
entra a far parte della reciproca donazione anche la capacità di donare la vita.
Notiamolo bene. La fertilità umana non è un fatto puramente biologico: è una
dimensione della persona. Essa può essere capita nella logica del dono. La
fertilità della sposa è la capacità che ella ha di donare la paternità al suo
sposo; la fertilità dello sposo è la capacità che egli ha di donare la maternità
alla sua sposa.
Quando gli sposi, ricorrendo alla contraccezione, escludono
positivamente questa dimensione della loro persona, essi alterano il valore di
donazione insito nell'atto dell'unione coniugale. In questo modo, al linguaggio
naturale che esprime la reciproca donazione degli sposi, la contraccezione
impone un linguaggio obiettivamente contradittorio, cioè il non donarsi
totalmente all'altro. Si produce una falsità nel linguaggio dell'amore. Da una
parte, questo è un linguaggio che in se stesso e per se stesso dice totalità di
dono reciproco; dall'altra, in questo linguaggio si introduce una limitazione.
Non si rispetta più l' intima verità del dono, perché e nel senso che la
contraccezione non è coerente con la verità oggettiva di colui e di colei che si
donano.
È questa una delle ragioni più profonde per cui la Chiesa
insegna che la contraccezione è sempre ingiusta. Mi rendo conto bene che si
tratta di una visione molto grande dell'amore coniugale e della fecondità umana.
Non è un "no" che la Chiesa dice, è un grande "sì" alla bellezza, alla
grandezza, alla dignità dell'amore coniugale e degli sposi. Sempre per aiutarvi
a capire questo stupendo "sì", vorrei concludere con alcune riflessioni che,
spero, renderanno più chiara la nostra catechesi su questo punto.
La prima. Il concepimento di una persona è il più grande
evento che può accadere nella storia dell'universo. È quindi un atto che impegna
al massimo le responsabilità dei coniugi. La procreazione deve essere
responsabile. Questa responsabilità può anche esigere di non concepire per un
certo periodo o di non procreare più. Può essere questo anche un obbligo grave
davanti al Signore. In queste situazioni è lecito, allora, ricorrere alla
contraccezione? Il Signore è mirabile nella Sua Sapienza: Egli ha disposto dei
periodi di non fertilità nella sposa. Quando ci sono gravi ragioni per non
procreare, quando esiste il dovere di non procreare, gli sposi devono astenersi
nel periodo in cui la sposa è fertile, dall'avere rapporti coniugali. Non si
comprenda tutto questo come una sorta... di tecnica. È qualcosa di molto
profondo, un'attitudine dettata dall'amore. La scelta dei ritmi naturali
comporta l'accettazione dei tempi della persona della sposa, e quindi del
dialogo, del rispetto reciproco, della responsabilità comune del dominio di se
stesso. Si approfondisce l'affezione coniugale, perché la sessualità è
rispettata ed arricchita nella sua vera dimensione e non usata.
La seconda riflessione non è meno importante. Alcuni accusano
la Chiesa di essere troppo dura, di non capire gli sposi, di allontanarli colla
sua severità. Vorrei che gli sposi che mi stanno ascoltando, fossero
particolarmente attenti ora a ciò che sto dicendo. La Chiesa dice la verità
sull'amore coniugale, una verità che essa non inventa, non scopre: riceve dal
Signore. Questa verità suona come rimprovero solo a chi ha già deciso di vivere
contro essa. Per queste persone essa è dura, rigorosa severa. Ma alle persone
che non hanno deciso di vivere contro essa, ma che semplicemente sentono come
essa sia difficile da vivere, la Chiesa dice: "non ti preoccupare, non avere
paura! Il Signore ti dà la forza di vivere in pienezza la gioia della verità del
tuo amore; ti perdona sempre, settanta volte sette, se tu ogni giorno cadessi
settanta volte sette". Brevemente altro è dire: "questo non è vero"; altro è
dire: "è vero, ma è difficile".
3. Esiste anche un altro insegnamento della Chiesa, che si
inscrive in una visione molto profonda e in una stima molto grande dell'amore
coniugale e che, tuttavia, oggi è molto contestata. Si tratta del problema di
ciò che oggi è chiamata "procreazione artificiale". Ogni giorno, quasi, leggiamo
sui giornali notizie di interventi sempre più invasivi nel processo del
concepimento della persona: il concepimento in provetta, la maternità in età
ormai avanzata e così via. Riflettiamo con serenità, con profondità su tutto
questo.
E ripartiamo precisamente dall'insegnamento del Concilio
Vaticano II che ha dato inizio alla nostra Catechesi di oggi: "i figli sono il
preziosissimo dono del matrimonio" cosa significa? significa che non solo non si
deve separare, mediante la contraccezione, l'amore coniugale dalla procreazione,
ma anche che non si deve separare la procreazione dall'amore coniugale. Esiste
una sola culla degna di concepire una nuova persona umana: l'atto dell'amore
coniugale. Perché? Sono molte le ragioni. Riflettiamo su alcune.
Sostituire l'espressione dell'amore coniugale, come atto che
sta all'origine del concepimento di una persona, con un'attività di carattere
tecnico, un'attività di laboratorio equivale ad una sorta di "produzione" della
persona. Ora si producono le cose, non le persone. Si possono fare le protesi di
tutto: dei denti, dei reni, del cuore. Non si può fare la protesi dell'amore
coniugale. Che cosa significhi introdurre la logica della produzione tecnica in
un evento che deve essere dominato solo dalla logica dell'amore, possiamo
vederlo da molti punti di vista.
Solitamente chi produce, si sente poi in diritto di dare un
giudizio sulla riuscita del prodotto. Ed infatti, se l'embrione ottenuto in
laboratorio non è giudicato sano, viene buttato. Ecco, vedete? è la logica della
produzione che è entrata nei rapporti delle persone, prendendo il posto della
logica dell'amore.
Spesso nella "produzione della persona", poiché è di questo
che si tratta, intervengono varie sostituzioni. Non è sempre la stessa donna che
biologicamente ha concepito, ha portato in grembo la nuova creatura, è divenuta
madre legale: ciascuna può prendere il posto dell'altra. Come è possibile
pensare tutto questo? Solo se si pensa che concepire, portare in grembo, sia una
funzione puramente biologica, senza che necessariamente vi sia profondamente
coinvolta la persona della donna, nella sua irripetibile unicità.
La logica della "produzione della persona" è una distruzione
della dignità della persona, perché implica la negazione che ogni e singola
persona sia di una irripetibile preziosità. La conferma di ciò che sto dicendo è
data da un fatto di cui a volte hanno parlato i giornali. Donne che hanno
accettato di portare in grembo una creatura, per conto di un'altra donna, al
momento della nascita non hanno più voluto darla. Ecco, vedete? l'intima verità
della persona della donna si ribella.
Ma qualcuno potrebbe dire: "ma avere un bambino è un diritto
degli sposi" oppure "ma avere un bambino è per me necessario, per la mia
felicità". Dobbiamo fare al riguardo due osservazioni.
La prima. Non si ha mai diritto ad una persona; si può avere
diritto ad una cosa. Essere qualcuno è infinitamente più che essere qualcosa: i
miei diritti sono sempre diritti a qualcosa, non a qualcuno. Il figlio è
affidato ai genitori come qualcuno, non come qualcosa.
La seconda. Non si può impostare il rapporto alla maternità e
paternità nei termini di ciò di cui ho bisogno per la propria felicità o
realizzazione. Nessuna persona è al servizio della felicità di un'altra;
ciascuna persona ha una dignità infinita in se stessa e per se stessa. La
persona non può mai essere considerata un mezzo per raggiungere uno scopo: mai,
sopratutto, un mezzo per la propria realizzazione. Essa è e dev'essere solo il
fine di ogni atto. Soltanto allora l'azione corrisponde alla verità della
persona.
Come vedete, anche in questo insegnamento della Chiesa si
manifesta semplicemente la grandezza e la bellezza dell'amore coniugale, del
dono della vita. In una parola: della persona umana.
Non posso però terminare questa riflessione senza rivolgermi
in modo particolare agli sposi che vivono la sofferenza della sterilità.
Il dono reciproco degli sposi non ha come fine solo il
concepimento di una persona, ma è in se stesso mutua comunione di vita e di
amore. L'amore non ha bisogno di essere giustificato: vale in sé e per sé. È a
se stesso ragione di essere e premio. Dunque questi sposi non devono credere che
il loro amore coniugale sia meno amore e meno coniugale a causa della
sterilità.
Resta, però, una sofferenza nel loro cuore, spesso anche
molto profonda. Che fare, allora?
In primo luogo, pregare perché il Signore stesso intervenga.
Non dimentichiamo che molte figure, che sono centrali nella storia della
salvezza, come Isacco, Samuele e Giovanni Battista, sono figli di donne sterili.
Il Signore non ha perduto né la potenza di fare miracoli, né il desiderio di
farli per la felicità dei suoi figli. Personalmente conosco due coppie di sposi
divenuti genitori in modo che a tutt'oggi la scienza non può spiegare. I
miracoli accadono anche oggi, se abbiamo fede.
Ma può essere che il Signore, nella sua misteriosa bontà, non
intenda intervenire in questo modo. In questo caso, i due sposi devono
chiedersi, e pregare, se il Signore non chieda loro di diventare papà e mamma di
bambini abbandonati, sofferenti e privi di ogni affetto paterno e materno. Se
non chieda loro, cioè, di ricorrere all'adozione.
CONCLUSIONE
Non c'è conclusione migliore alla nostra catechesi di quanto
scrive il S.Padre (n.11, pag. 32).
Come è stato annunciato all'uomo che la salvezza era
accaduta? "... troverete un bambino". È il grande evento che ci riempie di
stupore: Dio non ha chiuso le sue viscere di misericordia, perché continua la
celebrazione del suo amore creatore.
Fonte testo : http://www.clerus.org
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