Frédéric Manns
I PROBLEMI DEI CRISTIANI DI
TERRA SANTA
Il
dialogo interreligioso e le sue inattese incidenze
E’ sufficiente vivere qualche mese
in Israele per rendersi conto che il mondo ebraico internazionale presta
attenzione agli ebrei d’Israele e lo aiuta a superare gli spinosi problemi che
il paese attraversa. E’ per questo motivo che le giovani coppie possono
beneficiare di appartamenti a basso prezzo se accettano di sistemarsi negli
insediamenti. Allo stesso modo il mondo musulmano presta attenzione ai bisogni
dei musulmani di Palestina e si mostra solidale con essi. L’evidenza salta agli
occhi.
Ma si può dire che il mondo cristiano presta attenzione ai problemi dei cristiani di Terra Santa ?
Una cosa è chiara: il tempo dei crociati è passato. Perché i cristiani di Terra Santa dovrebbero avere uno statuto speciale tra tutti i cristiani del mondo?. Dicono certi. E’ necessario porsi la domanda. La risposta è semplice: le comunità cristiane che vivono sulla terra dove il Cristo è nato costituiscono un anello dell’immensa catena dei testimoni che collegano storicamente e geograficamente ai primi discepoli di Cristo. Se per delle ragioni puramente economiche queste comunità dovessero scomparire, i luoghi santi della cristianità diventerebbero dei musei al servizio del Ministero del turismo israeliano. Se nessuna comunità cristiana in Terra Santa celebrasse la divina liturgia, i luoghi santi sarebbero degli scheletri senza corpo. Mancherebbe loro un anima. Il sostegno morale e spirituale dei fratelli in difficoltà fa parte dei doveri del cristiano.
Durante i periodi difficili della seconda Intifada diversi gruppi di pellegrini hanno voluto rendersi conto sul posto della situazione dei cristiani di Terra Santa, si sono incomodati dei Vescovi, dei responsabili e delle guide di pellegrini sono venuti a constatare i fatti. Molti cristiani hanno accettato di adottare a distanza un bambino di Betlemme. La carità cristiana è stata esercitata senza frontiere. Le suore della Carità, quelle del Baby Hospital e quelle dell’Istituto per i sordo-muti Efeta possono testimoniarlo.
L’occupazione della Basilica di Betlemme ha ricordato al mondo che i francescani sono i guardiani ufficiali dei luoghi santi da secoli. La loro vocazione è di continuare il dialogo interreligioso con l’Islam iniziato da San Francesco. La loro vocazione è anche di occuparsi, con il Patriarcato latino ristabilito da 150 anni, delle pietre vive che sono i cristiani testimoni della Risurrezione di Cristo in una terra divisa e in preda alla violenza dopo generazioni. Per evitare la partenza dei cristiani tentati di emigrare, la Custodia di Terra Santa ha deciso di costruire un villaggio con 80 appartamenti a Betfage e 12 appartamenti a Betlemme. E chiaro che la Custodia non potrebbe intraprendere lavori tali se non perché ha fiducia nella solidarietà dei cristiani del mondo intero che il venerdì santo donano il loro obolo per i luoghi santi.
Conosco un prete che ha deciso di celebrare l’Eucarestia tutti i venerdì sera in comunione con i cristiani di Terra Santa, perché il venerdì a Gerusalemme pregano tutti: i musulmani si recano alla moschea, i francescani fanno la via crucis lungo la via dolorosa e i giudei si recano al muro occidentale. La celebrazione eucaristica assume allora una dimensione universale . La lettura della Scrittura diventa un richiamo a incontrare Cristo nei poveri. Lo spezzare il pane diventa comunione autentica quando, al momento della colletta, le persone si privano di qualcosa per aiutare i fratelli cristiani di Terra Santa,. “Avevo fame e tu mi hai dato da mangiare”; ero in prigione e tu mi hai visitato…”.
Il miglior sostegno ai cristiani di Terra Santa resta quello di visitare i luoghi santi per incontrarvi le pietre vive. La ripresa dei pellegrinaggi sarebbe il miglior modo per abbassare la tensione, obbligare le autorità a togliere il coprifuoco e per fermare la violenza da ambo le parti.
I cristiani che hanno superato l’istinto della paura e hanno avuto il coraggio di fare “una visitazione” ai loro fratelli sono generalmente ripartiti contenti perché hanno potuto pregare tranquillamente sui luoghi santi che non sono gremiti, perché hanno potuto incontrare il Cristo nei loro fratelli poveri e perché la loro amicizia si è incarnata e trasmessa ai loro fratelli in difficoltà.
E’ chiaro che la presenza cristiana in Terra Santa è quella di una piccola minoranza, un “drappello”. Una minoranza però, può giocare un ruolo importantissimo quando due comunità sono in lotta. Essa può essere il ponte che permette la riconciliazione. I cristiani hanno in comune con i fratelli giudei i valori biblici e con i musulmani la lingua araba. Chi meglio di loro può costruire un ponte tra due mondi che s’ignorano e si disprezzano.
Fino a quando la carità dei cristiani resterà attiva lo scontro tra giudei e arabi sarà meno duro. Aiutare i cristiani è compiere un gesto dalle dimensioni interreligiose.
Per celebrare in verità la Pasqua del Cristo e la vita nuova che Egli offre ogni cristiano è invitato alla preghiera, al digiuno e alla condivisione. Poiché l’uomo vive anche di pane.
Ma si può dire che il mondo cristiano presta attenzione ai problemi dei cristiani di Terra Santa ?
Una cosa è chiara: il tempo dei crociati è passato. Perché i cristiani di Terra Santa dovrebbero avere uno statuto speciale tra tutti i cristiani del mondo?. Dicono certi. E’ necessario porsi la domanda. La risposta è semplice: le comunità cristiane che vivono sulla terra dove il Cristo è nato costituiscono un anello dell’immensa catena dei testimoni che collegano storicamente e geograficamente ai primi discepoli di Cristo. Se per delle ragioni puramente economiche queste comunità dovessero scomparire, i luoghi santi della cristianità diventerebbero dei musei al servizio del Ministero del turismo israeliano. Se nessuna comunità cristiana in Terra Santa celebrasse la divina liturgia, i luoghi santi sarebbero degli scheletri senza corpo. Mancherebbe loro un anima. Il sostegno morale e spirituale dei fratelli in difficoltà fa parte dei doveri del cristiano.
Durante i periodi difficili della seconda Intifada diversi gruppi di pellegrini hanno voluto rendersi conto sul posto della situazione dei cristiani di Terra Santa, si sono incomodati dei Vescovi, dei responsabili e delle guide di pellegrini sono venuti a constatare i fatti. Molti cristiani hanno accettato di adottare a distanza un bambino di Betlemme. La carità cristiana è stata esercitata senza frontiere. Le suore della Carità, quelle del Baby Hospital e quelle dell’Istituto per i sordo-muti Efeta possono testimoniarlo.
L’occupazione della Basilica di Betlemme ha ricordato al mondo che i francescani sono i guardiani ufficiali dei luoghi santi da secoli. La loro vocazione è di continuare il dialogo interreligioso con l’Islam iniziato da San Francesco. La loro vocazione è anche di occuparsi, con il Patriarcato latino ristabilito da 150 anni, delle pietre vive che sono i cristiani testimoni della Risurrezione di Cristo in una terra divisa e in preda alla violenza dopo generazioni. Per evitare la partenza dei cristiani tentati di emigrare, la Custodia di Terra Santa ha deciso di costruire un villaggio con 80 appartamenti a Betfage e 12 appartamenti a Betlemme. E chiaro che la Custodia non potrebbe intraprendere lavori tali se non perché ha fiducia nella solidarietà dei cristiani del mondo intero che il venerdì santo donano il loro obolo per i luoghi santi.
Conosco un prete che ha deciso di celebrare l’Eucarestia tutti i venerdì sera in comunione con i cristiani di Terra Santa, perché il venerdì a Gerusalemme pregano tutti: i musulmani si recano alla moschea, i francescani fanno la via crucis lungo la via dolorosa e i giudei si recano al muro occidentale. La celebrazione eucaristica assume allora una dimensione universale . La lettura della Scrittura diventa un richiamo a incontrare Cristo nei poveri. Lo spezzare il pane diventa comunione autentica quando, al momento della colletta, le persone si privano di qualcosa per aiutare i fratelli cristiani di Terra Santa,. “Avevo fame e tu mi hai dato da mangiare”; ero in prigione e tu mi hai visitato…”.
Il miglior sostegno ai cristiani di Terra Santa resta quello di visitare i luoghi santi per incontrarvi le pietre vive. La ripresa dei pellegrinaggi sarebbe il miglior modo per abbassare la tensione, obbligare le autorità a togliere il coprifuoco e per fermare la violenza da ambo le parti.
I cristiani che hanno superato l’istinto della paura e hanno avuto il coraggio di fare “una visitazione” ai loro fratelli sono generalmente ripartiti contenti perché hanno potuto pregare tranquillamente sui luoghi santi che non sono gremiti, perché hanno potuto incontrare il Cristo nei loro fratelli poveri e perché la loro amicizia si è incarnata e trasmessa ai loro fratelli in difficoltà.
E’ chiaro che la presenza cristiana in Terra Santa è quella di una piccola minoranza, un “drappello”. Una minoranza però, può giocare un ruolo importantissimo quando due comunità sono in lotta. Essa può essere il ponte che permette la riconciliazione. I cristiani hanno in comune con i fratelli giudei i valori biblici e con i musulmani la lingua araba. Chi meglio di loro può costruire un ponte tra due mondi che s’ignorano e si disprezzano.
Fino a quando la carità dei cristiani resterà attiva lo scontro tra giudei e arabi sarà meno duro. Aiutare i cristiani è compiere un gesto dalle dimensioni interreligiose.
Per celebrare in verità la Pasqua del Cristo e la vita nuova che Egli offre ogni cristiano è invitato alla preghiera, al digiuno e alla condivisione. Poiché l’uomo vive anche di pane.
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