MONASTERO DI SAN GIOVANNI IN VAL MUSTAIR
di Alessio Varisco
Il
convento di San Giovanni Battista in Santa Maria in Müstair è situato nella
regione più orientale dei Graübunden, il Cantone dei
Grigioni, della Conferenza Elvetica. Il complesso monastico
risulta perciò ubicato nel triangolo sagomato nel primo medioevo dai
bavari
a nord-est, dai franchi a
nord-ovest e dai longobardi a
sud, rinominato oggi “Triangolo Retico”
(comprendente i Grigioni, l’Alta Valtellina-Alto
Adige e l’Austria più occidentale).
Il
complesso conventuale rappresentava un caposaldo politico, economico e religioso
sia per il vescovo di Coira che per il regno dei
franchi di Carlo Magno. Nell'XI-XII secolo il
convento di monaci benedettini è stato trasformato in un monastero femminile di
monache benedettine. Fino al 1806 è stato retto da badesse, da
allora in poi da priore. Ancora oggi il convento di Müstair
viene definito un convento vescovile; esso è
costituito di vari edifici fabbricati nel corso degli ultimi 1200 anni.
La
parte più antica e la chiesa del convento, con il suo prezioso ciclo
di affreschi carolingi,
risalgono al 775 circa. Lo stesso Carlo Magno avrebbe sostenuto personalmente la
costruzione del convento. Da allora questo tempo si
sono conseguite almeno otto grandi
fasi di ristrutturazione del convento. Alcuni edifici sono
stati distrutti, altri eretti al loro posto, altri ceduti sotto il
deterioramento o incendi.
Il
complesso appare un vero e proprio organismo
vivente: ogni epoca ha dato così delle testimonianze rinvenibili e
leggibili nelle tracce di pitture di varia era, stuccature, volte, salotti
rivestiti in legno e anche oggetti della vita
quotidiana e della vita religiosa del convento che consentono anche di tracciare
le coordinate della storia dell’arte, del costume e dell’architettura di questa
terra “liminare” fra tre paesi: Svizzera, Italia ed
Austria.
Da
oltre 30 anni archeologi e archeologhe cercano il segreto dei 12 secoli di
storia del monastero; ritrovamenti spettacolari hanno
fatto risorgere il potente convento carolingio dell'VIII
secolo. I ritrovamenti archeologici nel terreno e nelle murature narrano alterne
vicende di uno stupendo complesso: della fortuna e della sfortuna del convento e
degli edifici, di incendi, ristrutturazioni e nuove
costruzioni fino ai nostri giorni. Le ricerche sono eseguite per conto del
Servizio archeologico del Cantone dei Grigioni che ne ha
ordinato le ricerche.
Muri, vari strati di intonaco e di vernice, stucchi,
travi e rivestimenti in legno sono testimoni della storia del convento. Come i
documenti nell'archivio del convento, anche queste testimonianze edili vanno
conservate per i posteri. Restauratrici e restauratori,
accompagnati dalla Protezione dei monumenti
cantonale e da un esperto
della Confederazione, garantiscono il restauro e la conservazione ad alto
livello della sostanza edilizia storica.
Alle autorità cantonali si è affiancata, negli anni, la Fondazione Pro Convento
San Giovanni che si è assunta, in rappresentanza della comunità conventuale, il
compito del finanziamento e della scoperta dei famosi affreschi alla fine
del XIX secolo e dopo la loro completa liberazione
dall'intonaco negli anni 1947-1951, il coordinamento dei lavori e il
finanziamento dei restauri sorpassano le capacità del convento. Per questo
motivo il 16 maggio 1969 è stata creata a Müstair la Fondazione Pro Convento S.
Giovanni, una fondazione non confessionale che ha la
tutela di conservare il patrimonio architettonico di questo preziosissimo
gioiello che è il simbolo della Val Müstair che vuol dire Valle Monastero.
Gli scavi
Il
prof. H.P. Sennhauser da
molti anni, per incarico del Fondo Nazionale Svizzero, si sta occupando della
storia del vecchio complesso del monastero di Müstair
che si può dire una “storia infinita”, fatta di continue e sempre ricche
scoperte.
Lo
studio archeologico del cenobio incede unitamente al risanamento dell’intero
complesso ammalorato da forti umidità ed interventi
non sempre ad hoc; le ricerche archeologiche delle
pareti e del sottosuolo precorrono i lavori di pianificazione della
ristrutturazione.
L’ininterrotta attività di studio e di collaborazione degli archeologi sul
cantiere ha consegnato agli storici nuovi risultati, che sopravanzano -di gran
lunga- le iniziali analisi di Josef
Zemp e Robert
Durrer, eseguite all’inizio del
XX secolo. Così il monastero di San Giovanni in Val Müstair, sino
ad allora privo di fama, grazie ai loro risultati
portarono il complesso alla ribalta rendendolo famoso in tutto il mondo. Non
esistono tuttavia prove di un insediamento permanente fra l’età del bronzo e la
fine del quarto secolo. E neppure sono affiorate,
sino a questo momento, testimonianze archeologiche per il periodo
altomedioevale, fra l’epoca romana e la fondazione
del monastero.
La storia
Dal
tempo di Carlo Magno ha avuto in questo luogo dimora un cenobio benedettino, che
fu amministrato da Costantinus, Vescovo Titolare di
Coira, per assicurarsi una della vie fondamentali per
il sud. Per la sua posizione e per il clima la Val Müstair (il toponimo: era
Monasterium, poi Muster
ed infine Mistail equivalente a “monastero”)
appartiene alle valli meridionali della Svizzera, nella regione più orientale
della Conferenza Elvetica, circondata dal Parco Nazionale dello Stelvio e dal
Park Natiunal Svizzero. Si allarga verso la
VaI Venosta,
attraversata sin dai tempi dei primi imperatori dalla via Claudia Augusta, che
da Verona portava al Passo di Resia.
San
Giovanni Battista è il patrono del monastero. Nel corso dei secoli successivi, i
vari vescovi ed i signori di Tarasi -fondatori anche dell’abbazia di S. Maria a
Burgusio- furono i
patrocinatori economici del monastero; questi ultimi chiamarono le monache
Benedettine nel monastero, fino allora gestito solo come monastero maschile.
Nel
XIV-XV secolo nel monastero si esercitava il misticismo.
Purtroppo vide un periodo lentamente inesorabile di declino durante le guerre
degli Svevi, fino a perdere quasi totalmente
d’importanza. La ripresa delle attività fu interrotta dalla guerra tra gli
Absburgo ed i francesi.
Il
monastero passò sotto le direttive del governo cantonale all’inizio
del XIX secolo e da allora, gradualmente, si
recuperò, anche grazie alla passione ed entusiasmo delle dodici monache, che nel
loro tempo libero confezionano costumi tradizionali per l’Engadina, i Grigioni e
il circondano di Berna.
Resta però la festa «Laudatio», nella chiesa
carolingia, l’occupazione più gratificante per le
religiose. Intanto che la chiesa
carolingia ridivenne riconosciuta e famosa da decenni, sino a poco tempo
fa scarseggiavano studi sul relativo complesso conventuale
carolingio. Solamente i più attuali studi archeologici hanno
potuto dare informazioni al riguardo.
La chiesa
L’architettura del complesso di San Giovanni in Val Müstair si tratta di uno dei
pochi edifici carolingi che si siano conservati con
una buona integrità. Indubbiamente è il più
significativo fra questi, giacché non solo sono
mantenute le mura perimetrali e le tre absidi originali, ma anche la
fregiatura pittorica interna. Alla fine
del XIX secolo furono riportati alla luce la più
parte degli affreschi ed entro la fine della seconda guerra mondiale furono
tutti scoperti e resi visibili al pubblico.
La
costruzione del tempio è tipica del periodo carolingio.
Lo stile architettonico è comune ad altre strutture ed
interessò la striscia di territorio che va dal lago di Costanza (con
Reichenau e San Gallo), attraversa i Grigioni (con
Mistail, Disentis e
Müstair), il Tirolo meridionale (con Malles) e
percorre la valle dell’Adige fino a Brescia.
La
costruzione primordiale era protetta da un tetto piano e solo tra il 1489 ed il
1492 è stato modificato dalla badessa Planta, la
quale incorporò due file di colonne, creando così una chiesa a tre navate di
stile tardo gotico, senza alternarne i principi fondamentali della struttura
originale.
Le pitture carolingie
La
scoperta degli affreschi carolingi avvenne per puro
caso, quando furono trovati nel sottotetto della chiesa rimanenze di pittura
murale dell’alto medioevo, raffiguranti scene
bibliche della vita di re David e dell’ascensione di Cristo.
Lo
stile pittorico degli autori dei cicli d’affreschi risultano
originalissimi; essi rincorsero diverse correnti artistiche: quella
bizantina e
apocrifa, la
tardo romana e
medioevale, ma non subirono gli
influssi irlandesi e
merovingi.
Nonostante la commistione di più stilemi l’originalità
del tratto e della narrazione iconica risulta oggi visibile magistralmente e
segna un unicum nel panorama artistico coevo.
L’origine di questi cicli pittorici è comunque ancora
molto discussa e la critica al riguardo è abbastanza articolata. Due
principalmente le “correnti” al riguardo: M.
Sennhauser-Girard fa risalire al vescovo Remedius
(circa nell’800) un verosimile patrocinatore, mentre
A. Weis ipotizza un principio dai dipinti di
Castelseprio (circa negli anni 750/60).
Descrizione dettagliata dei cicli (di W.
Sulser)
«Decorazione della parete est:
Sopra le absidi: Ascensione di Cristo
Calotte absidaii: A)
Cristo Salvatore; B) Traditio
legis; C) Croce gemmata;
Abside nord, Pietro e Paolo: a) incontro di Pietro e Paolo a Roma; b) Paolo fra
cristiani di estrazione giudaica e di estrazione
gentile; c) Simon Mago; d) martirio; Abside maggiore, ciclo di 5. Giovanni: e)
gli angeli dell’annuncio a Zaccaria; f) nascita di Giovanni; g) cattura di
Giovanni; h) Giovanni manda dalla prigione i suoi giovani a Gesù; i) il
banchetto di Erode (a sinistra coperto dalla
raffigurazione del Sacro Sangue del 1627), morte e sepoltura di Giovanni; nella
zona dello zoccolo; k) consacrazione del 1087; I) la benefattrice
Friderun;
Abside sud, ciclo di 5. Stefano: m) ordinazione; n) pranzo
liturgico; o) missione e predicazione di Stefano; p) lapidazione e sepoltura.
38 il battesimo di Gesù; 42 purificazione del tempio
(cacciata dei mercanti dal tempio); 43 guarigione del paralitico (?); 44 Gesù e
il dignitario di Cafarnao; 45 guarigione di due
ciechi a Gerico; 46 guarigione del sordomuto; 48 la trasfigurazione sul
Tabor; 49 guarigione dell’emorroissa;
50 Pietro è salvato dai flutti; 51 Gesù benedice i bambini; 52 Gesù perdona
l’adultera; 53 scena perduta; 54 frammento indecifrabile; 58 l’unguento sparso
sul capo di Gesù a Betania (?); 59 l’ultima cena; 60
la lavanda dei piedi; 61 Gesù sul Monte degli Ulivi; 62 Gesù è fatto prigioniero
e il bacio di Giuda; 63 Gesù di fronte al Sinedrio; 64 Gesù di fronte a
Pilato (condanna); 65 e 66
crocefissione, con i due ladroni, Maria e Giovanni, il centurione romano;
67 discesa nel Regno dei Morti; 68 le pie donne e l’angelo al sepolcro; 78
crocefissione di un apostolo»
Le pitture romaniche
Alla fine del XII secolo, successivamente
all’ingresso nel monastero delle monache Benedettine, fu
riaffrescata l’intera chiesa.
Tale opera risente dell’epoca cavalleresca, della poesia cortese e delle prime
poesie d’amore; è possibile notare riprese tematiche
dei dipinti carolingi, ma la selezione delle
immagini e le idee rappresentate rispondono a recenti visioni.
La decorazione plastica
Di periodo carolingio la statua del
Christus
Im Wellenberg,
anche se sarebbe più logico stimarla intorno all’XI
secolo. Sulla parte destra dell’abside centrale si trova la figura romanica di
Carlo Magno, migliorata più
volte. Presumibilmente fu fatta erigere dal vescovo Egino di Coira, in seguito
alla canonizzazione del
Barbarossa (1165/66). A sinistra della tavola
liturgica principale c’é il sacrario,
nel quale fu mantenuta l’ostia santa che aveva sanguinato, della quale non
si hanno più tracce dal 1799. L’immagine votiva della Madonna eseguita
nel 1621e venerata nella chiesa parrocchiale nel 1838 venne
traslocata da Santa Maria al monastero.
Il monastero e altri
edifici limitrofi
Alla chiesa sono collegati altri fabbricati come:
-
la torre destinata ad abitazione con il tetto a pulpito, la
quale è stata arredata nel 1500 dalla abadessa
Angelina Planta;
-
il monastero in partenza non era stato concepito come si presenta tuttora
all'opposto, con l’aumentarsi dei secoli, si è sviluppato
in modo organico.
La Cappella della Santa Croce
In
prossimità dell’entrata del cimitero è situata la Cappella della Santa Croce,
caratterizzata dalle alte nicchie cieche con archi a tutto sesto. La forma a
quadrifoglio si sviluppò già alla fine dell’VIII secolo, come ci
convalida la cronologia sulle cerchie annuali delle
travi di sostegno al pavimento del piano superiore. La cappella sovrastante
mostra resti di affreschi del primo millennio. La
volta impreziosita con lavori d’intaglio a bassorilievo realizzato nel 1520 si
trova nella stessa posizione del soffitto originario. La cappella è
al momento chiusa per restauri.
-
sul lato sud si eleva il campanile tardo gotico. In esso
si rinvengono le campane offerte dalla abbadessa
Ursula III di Schlandersberg (1585-97);
Le torri
Due
torri con portoni del 1500 delimitano il cortile di servizio. All’esterno vi
sono volte rotonde, mentre all’interno si trovano volte a punta. Sulla torre
meridionale è rappresentato, su fondo rosso, un asino cavalcato da
uno Junker, icona di un mondo rovesciato. Le tre
immagini qui raffigurate rappresentano: l’Immacolata,
San Benedetto e la sorella
Santa Scolastica
; tutte risalenti al periodo rococò (1748). Nella torre si trova una
stanza arredata dalla badessa Dorothea De Aibertis
nel 1676.
La Cappella di S.
Ulrico e S. Nicolao
Nel
cortile nord spicca la cappella a due piani che si leva
dal corpo dell’edificio, particolarmente per via della sua decorazione del primo
barocco (1626) con margini in graffiti e ornamentazione nera sopra e sotto le
finestre. Tale costruzione è parte della dimora episcopale romanica edificata
nel 1035.
Il
vescovo Thietmar (1040-1070) consacrò la Cappella di
San Nicolao che originariamente era coperta da una volta piana. Le attività di
restauro compiute di recente hanno restituito alla luce non solamente l’epigrafe
dedicatoria, eppure inoltre alcuni affreschi romanici collocabili verso il 1200.
Sulla pala dell’altare la badessa Ursula ordinò la raffigurazione della sua
patrona Sant’Orsola tra San
Nicola e San Giovanni Battista. Il dipinto è oggi incorniciato da un altare di
sublime fattura realizzato da Anton
Wilii von
Ried nel 1741. Nella cappella inferiore si possono
vedere, sulle volte a cupola sovrastante il coro, delle stuccature romaniche di
pregevole interesse e quattro figure di angeli in
abbigliamenti antichizzanti, mentre nei pennacchi si scorgono i quattro simboli
degli evangelisti.
L’edificio ad occidente confina con una torre ad uso abitativo affiancata da due
fabbricazioni a sala su due piani, l’ex-palazzo
episcopale. Nella cosiddetta Sala Norbert si
rinviene uno dei rari esempi di pittura parietale romanica in ambienti profani.
Si tratta di una versione abbreviata della storia della
Salvezza prodotta nel XII secolo. Nelle raffigurazioni staccate dalla parete est
si riconoscono: il Battesimo
di Cristo al fiume Giordano, una
Crocifissione
multitigurale (Cristo tra i ladroni con personificazioni di Sinagoga ed
Ecclesia, Maria e Giovanni), poi una
Deposizione ed
una illustrazione delle donne al
sepolcro in cui si scorgono pure una guardia e l’Angelo del Signore.
Sulla parete sud è visibile l’Ascensione di
Cristo l’episodio
è accompagnato dagli Apostoli e Maria .
Il Museo
Il nuovo museo dal settembre 2002 è situato negli ambienti settentrionali della
chiesa; in questo modo è stato possibile rendere la Torre
Planta accessibile al pubblico.
Questa torre, però, non fu costruita per iniziativa della badessa Angelina
Planta (1474-1509), come il nome farebbe supporre,
in quanto si rifà al 960, per cui si tratta quasi
certamente della più antica torre ad uso abitativo e di difesa del Medioevo
giunta sino ai nostri giorni.
La monaca Angelina Planta eseguì la ristrutturazione
della torre dopo l’incendio del 1499 dandole la sua caratteristica struttura
tardo-gotica. Della stessa età risale anche la pannellatura
del refettorio situata al piano superiore, primo, decorato in stile barocco (nel
1762) ed il dormitorio al secondo piano. Da qui si ha
accesso alla minuta e raccolta “saletta del priorato” che Ursula V.
Karl von
Hohenbaiken predispose nell’ala nord verso il 1630.
Al terzo piano sono situate delle semplici singole celle, di fabbricazione
risalente al primo Settecento. Al pianterreno, sotto la sconvolgente volta a
botte del 1500 erano originariamente conservate i barrique
di vino. In epoca attuale vi si può ammirare uno scorcio
delle importanti monumenti marmorei d’epoca
carolingia. Fanno parte di una grande struttura di cancelli composta
da lastre rettangolari, pilastri scanalati, colonne,
capitelli, parti di trave, archi a tutto sesto e timpani triangolari. Le vetrate
rappresentano un patrimonio di ricchezza eccezionale: le loro forme vivaci ed i
colori sgargianti, quasi “squillanti”potremmo dire, dall’ottima fattura. Queste
vetrate testimoniano la presenza di finestre con rappresentazioni piene di luce
che si ritrovavano primariamente nell’ala del cenobio
carolingio destinato, in questa parte, ad uso abitativo. La mostra nel
cosiddetto “annesso nord della chiesa” fa da spiegazione agli affreschi
carolingi e romanici e ci
introduce alla spiritualità delle monache benedettine e dello stupendo complesso
del San Giovanni di Müstair.
Fonte : scritti dell'artista prof. Alessio Varisco , Técne Art Studio .
Prof. ALESSIO VARISCO
Designer - Magister Artium
Art Director Técne Art Studio
http://www.alessiovarisco.it
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