lunedì 15 luglio 2019

Francesco Di Candia , poesia per un'anima semplice



FRANCESCO DI CANDIA
poesia per un'anima semplice




LA CROCE
 
Per quanto da te , lontano
Pensando,ingenuamente,
di poterTi prescindere

per quanto distante
il mio cuore
da ciò che mi hai insegnato..

non posso evitar di riflettere.

E la mente, allora,
discerne l’oggettivo reale,
il quotidiano,
planando con il soffio dei tuoi insegnamenti
su un tempo
che forse,
anche a Te
di questo vissuto, presente
creerebbe disagio.

Circondato da paladini
Di una Fede..al contrario
Guerreggianti fieramente
L’un contro l’altro,
obiettivo finale,
il tuo simbolo,
tatuale epitaffio dell’anima
dolente per gli uni
meschino e offensivo per gli altri:
La Croce.

Testimone del tuo sacrificio
Orrendo strumento di morte,lontano,
elevato a messaggio d’amore…

Mi chiedo: Sarà tutto vero?
Non è che, al pari delle stelle del cielo,
splendenti nel infinito firmamento,
costante visione di beltà a noi donata,
ci siamo fin troppo abituati e,
l’abbiamo abbattuta
Noi tutti…
Per primi?

La croce del sangue..donato
Abbiamo staccato
Dal muro di pietra,
di cuori impietriti
e, l’orribil Saraceno
è solo un vile e debole appiglio,
che serve a lavare le nostre coscienze.

Il nemico non è chi professa una Fede
Usando un mezzo diverso dal nostro;
il male lo abbiamo nell’intimo.

E quella Croce,
portiamola dentro  di noi
prima di ordire assurde crociate
e poi…solo poi,

Riappendiamola al muro.
 
 






IL MAESTRO DI VIOLINO
 
 
Suadenti melodie
Inondarono piacevolmente le mie orecchie
E, seppur distanti
I miei sensi uditivi
Non poterono fare a meno di
Emozionarsi
A quelle note, di passione.
 
Provenivano da una vecchia chiesa
…entrai.
Il maestro era li
L’altare
Il pulpito
Al leggio i suoi fogli appoggiati,
suonava con graziosa maestria.
 
Fra l’odore acre dei ceri
E il silenzio della preghiera
Sembrava che anche gli Angeli del cielo
Ascoltassero il canto melodioso del suo violino.
 
Una pia donna recitava il rosario
Mentre, un po’ più distante
Un uomo riccamente vestito
In ginocchio….piangeva,
piangeva e implorava quel Dio
a lungo tenuto in disparte
perché salvasse la sua unica bambina.
 
Sull’altare due giovani ragazzi
Fra una risatina e l’altra
Imparavano a servir Messa
 
E in tutto questo
Il Maestro suonava.
 
Un suono che assomigliava ad una preghiera
Per se
E per gli altri.
 
Estraniato da tutto e da tutti
L’anima al cielo
Regalava le sue note
Che entravano nei cuori…direttamente.
 
Mi avvicinai
Preso e incuriosito sempre piu da quella figura
Sedendomi dal Maestro poco distante.
Ne osservavo i lineamenti,
le rughe profondamente scavate
il viso canuto
i bianchi e radi capelli.
Guardavo le magre dita
volare sulle corde del violino
guardavo i suoi occhi
e lui guardava i miei.
 
Una lacrima gli scese sulle guance ,
arrossate dal freddo,
piangeva per me…
le sue note mi entrarono dentro.
 
Il mio sguardo cercava risposte
In quegli occhi
Piangenti…
 
Poi il Maestro smise di suonare
Ripose il vecchio violino
Nella lacera custodia
E se ne andò..
Lasciandomi solo.
 
Nei giorni a seguire
Tornai in quella chiesa
Cercando invano il Maestro..
Mai più potei ascoltare quelle note
E fissare il suo sguardo
Mai più ebbi modo di ascoltare il Maestro
Suonare per me
Piangere per me…
 
Mai più da quel giorno
Dio…mi parlò.
 
 
 






AQUILONI
 
Volano, ad un passo dalle nuvole
splendenti nei loro variegati colori,
e nelle multiformi figure.
 
Una mano decisa
ne regola il volo
mutandogli altezza
a seconda del vento.
 
Un bimbo,
stupito
ne osserva le gesta
la testa all’insù
sognandone uno.
 
Un vecchio,
sapiente,
ne spiega i trucchi
alla sua sempre dolce compagna.
 
Due innamorati,
osservandone il volteggio,
ne fanno metafora
del loro amore,
che vola nel cielo
sorretto però
da un filo, sottile,
anche se resistente
e che per stare lassù
ha bisogno di un soffio….d’amore.
 
Anch’io li ho visti
lassù;
è come se osservino noi,
dall’alto,
creature terrene.
 
Quel filo che unisce la terra
col cielo
non si deve spezzare
e il vento
non deve cessare
di alitare sul mondo.
 
Gli aquiloni questo lo sanno
…e non se ne andranno.

 
 







Note biografiche


Francesco Di Candia è nato a Barletta in provincia di Bari 46 anni fa. Si diploma in elettronica industriale e poi vince un concorso pubblico che lo condurrà lontano dalla famiglia.  Per due anni vive a Caserta nella splendida Reggia Vanvitelliana, poi si trasferisce in Romagna, precisamente a Forlì dove vive attualmente.
Sposato da 21 anni con due figli, ha sempre coltivato due grandi passioni: la letteratura greca presocratica e l'arte bonsai.
Ha partecipato a vari master bonsai approfondendo la disciplina. Contemporaneamente si è sempre dedicato agli studi di letteratura accompagnandoli con la scrittura. Scrive poesie fin da quando era adolescente, si suole umilmente definire così : "...se dovessi dare una definizione del mio modo di scrivere penso che mi identificherei come un semplice che scrive per gente di animo semplice, come lo sono io...".





Fonte :  si ringrazia l'Autore Francesco Di Candia che ha gentilmente inviato la documentazione per questo articolo alla Redazione di ARTCUREL .



















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