domenica 14 luglio 2019

I cavalieri dell'Apocalisse in Dürer, di Alessio Varisco



I cavalieri dell'Apocalisse in Dürer

di Alessio Varisco

«Se è vero poi che l'Apocalisse è un libro da guardare, quasi da "divorare" con gli occhi, esso ha trovato nelle belle incisioni di Albrecht Dürer un visualizzatore tra i più efficaci»[i].






  Dürer nasce il 21 maggio 1471 a Norimberga, il padre, un orafo ungherese[ii], gli trasmette l'arte del disegno, la passione per le arti grafiche ed il bulino e puntasecca[iii]; ma il figlio dell'abile artigiano sente una vocazione profonda per l'espressività pittorica che lo spinge ad entrare  nella bottega del Maestro M. Wolgemunt, quivi apprende i rudimenti della pittura fiamminga (l'attenzione di Dürer è fissa su Van der Weyden e il Bouts).

«Le raccomandazioni del suo padrino, lo stampatore editore Anton Koberger, del quale sono documentati i contatti con Johann Amerbach quantomeno per un periodo successivo, potrebbero avergli aperto delle porte»[iv].

Tra il 1490 ed il 1494 viaggia fra i Paesi Bassi e le diverse città tedesche, Colmar e Basilea dove si dedica con passione all'illustrazione di libri sotto la guida di un fratello del celebre incisore di M. Schogauer. Nel 1494 parte per l'Italia rivolto verso Venezia per partecipare alla realizzazione della grande xilografia della Serenissima ad opera di J. de Barbari. In laguna frequenta con assiduità gli studi di Carpaccio, Vivarini, Bellini ed il Mantegna nella zona del padovano.

A Norimberga apre nel 1496 il suo studio ove si producono pitture (ritratti e pale d'altare) e incisioni[v]. Nuovamente a Venezia nel 1505 elabora la Pala della Chiesa di San Bartolomeo con la "Festa del Rosario" (ora a Praga) e la "Pala di Ognisanti" (conservata a Wien). Incontra il Pacioli a Bologna e approfondisce i suoi studi sul corpo umano. Tra il 1512 e 1513 rientra nella patria natia e si dedica interamente alla produzione di grafiche. L'imperatore Massimiliano I nel 1515 lo invita a celebrare gli Asburgo, in linea con il gusto Rinascimentale "celebrativo", attraverso numerose sue incisioni. E' questo il periodo in cui conosce molti artisti ed entra in contatto con Willibald Pirkheimer, dotto umanista; studia Vitruvio e conosce le opere di Luca Pacioli.

Scrive tre trattati: uno sulla geometria dei corpi, un altro sul corpo umano e l'ultimo pubblicato postumo "De simmetria partium in rectis formis humanorum corporum libri". Così scrive per i giovani pittori tedeschi:

«affrontare la misurazione proporzionale, in modo che possano penetrare la realtà e sappiano poi ridurla, e non concentrino sull'arte la loro attenzione, ma acquisiscano una maturità umana più vera e completa»[vi].

Albrecht viaggia tra l'Olanda, Anversa, Bruges e Gand in cui ha modo di comporre uno story-board ricco di minutissimi disegni e osservazioni.

Dürer muore il 6 aprile 1528 stroncato dalla malaria a Norimberga, probabilmente contratta in Olanda durante i suoi studi fra le paludi per analizzare i resti di uno squalo in decomposizione.

La grandezza di Dürer è forse paradigmaticamente racchiusa nella sua opera incisoria che diffonderà un nuovo modo di trasmissione dell'arte seriale d'autore: la puntasecca. Questa tecnica servirà al Rinascimento tedesco ed italiano in modo fondamentale come nuova arte in abbinazione allo svilupparsi della stampa a caratteri mobili ed al fiorire di pubblicazioni di testi e traduzioni di testi sacri[vii].

Inventa un nuovo modo di progettare l'arte e di renderla strumento di diffusione anche ad altre scuole, magari estere: si pensi al debito di J. Pontormo per quel che riguarda le decorazioni della Certosa di Firenze del Galluzzo, ma anche di molti altri artisti minori che molto debbono al maestro incisore tedesco.

 

 


I quattro cavalieri dell'Apocalisse di Dürer (Ap 6,2-8) - Tav. IV


«L'inventore del Rinascimento tedesco che dà forza alla visibilità microscopica»[viii].



L'opera che quivi allego fa parte di una serie di quindici tavole xilografiche elaborate tra il 1496 e 1497 di illustrazione dell'Apocalisse, in latino e tedesco, pubblicata dallo stesso Dürer a Norimberga nel 1498. L'innovazione sta nel fatto che le immagini non stanno nel testo ma occupano l'intera pagina (primo tentativo di illustrazione a tutta pagina e non più a capolettera come nei Codici Miniati). Prima di esser date alle stampe Dürer ne stampa alcune copie su carta di lusso; il lavoro di intaglio ripropone esattamente l'originale idea dell'incisore, il che ci conferma il suo diretto intervento sulle matrici.



I quattro cavalieri: un rilievo della storia di quei giorni?

L'immagine dei quattro cavalieri dell'Apocalisse manifesta con straordinaria efficacia i primi versetti dell'apertura dei quattro sigilli e la conseguente fuoriuscita dei quattro cavalli ognuno montato da un personaggio diverso[ix].

Dürer però sovverte l'ordine apocalittico ponendo in primo piano verso chi guarda nella parte più bassa di sinistra il quarto cavallo ed in ordine antitetico al tracciato scritturistico fino al cavaliere bianco con arco e corona ultimo del gruppo nella parte più superiore a destra. Struttura personalissima e unica nel suo genere che manifesta l'abilità dell'incisore nel far proprie le Scritture al punto di inserire personaggi che paiono dei suoi giorni, la Peste sul Verdastro.

«E' la sua attenzione e serietà nel meditare ed osservare ciò che lo circonda che dà unità poetica ai molti particolari analizzati ciascuno con molta minuziosità quasi ossessiva. Questa forza analitica, che è la caratteristica più profonda di Dürer e la spinta costante alla sua creazione artistica, trova nel ritratto una misura ed un freno dovuti alla limitazione del soggetto che egli rappresenta secondo un'iconografia tradizionale psicologica del personaggio per lo più a mezzo busto (n.d.r.: negli oli è molto visibile), inquadrato in partiture di finestre e di paesaggi[x], cosicché l'attenzione si focalizza tutta nella penetrazione psicologica del personaggio»[xi].

«Un cavallo bianco. Il suo cavaliere teneva in mano un arco» (Ap 6,1: gli esegeti hanno sempre visto gli eserciti dei Parti che per alcuni Giudei e Giudeo-Cristiani potrebbero sconfiggere -come già affermato nella parte esegetico-cristologica della presente trattazione- Roma letta quale nuova Babilonia). Sempre galoppante al suo fianco colla testa leggermente obliqua verso il bianco un altro cavallo rosso fiammante; al suo cavaliere «Dio diede una grande spada» e proprio sopra gliela consegna un angelo. Arretrato leggermente sempre funestamente in corsa un cavallo nero. Il suo cavaliere «teneva in mano una bilancia» e nella raffigurazione del Dürer vediamo una descrizione puntuale della bardatura rinascimentale dei finimenti probabilmente gli stessi degli eserciti presenti in Europa in quegli anni: si nota la criniera fluente e lucente e gli zoccoli con pelo forse a descrivere una delle razze più utilizzata dai potenti cavalieri in quegli anni, il frisone.

«Le articolazioni chiudendosi più o meno, portano i posteriori del cavallo sotto la massa e permettono al cavallo di coprire più o meno terreno con la distensione più o meno energica dei propulsori»[xii].

Il cavaliere guarda il cielo e con la mano sinistra dirige il destriero che esprime dagli occhi eccitamento ed ansietà forse per quella Giustizia sorretta con l'altra mano, la destra alzata, una bilancia mossa dal vento del galoppo.

«Quando invece quest'ansia analitica del Dürer non è contenuta e frenata dal tema, ma è libera di moltiplicarsi all'infinito, come avviene in certe pale d'altare soprattutto dopo il secondo soggiorno veneziano ed in certe xilografie[xiii], allora la molteplicità dei motivi va talvolta a detrimento dell'intensità spirituale dell'opera e della sua poetica»[xiv].

Infine un poco più lontano dal gruppo un cavallo color cadavere. Il suo cavaliere «si chiamava "Morte"». Particolare la positura del cavallo e del cavaliere che monta al pelo -cioè senza sella- un animale che parrebbe rattrappito, non lo frena neppure, le gambe del cavaliere pendono smodatamente più lunghe rispetto le proporzioni del cavallo; il torace del destriero è rinsecchito come una carcassa putrescente, l'occhio aggressivo corrucciato guarda spietato la folla che "Morte" sta falciando.

«Quando mi guardò fui percorso da un brivido. Aveva uno sguardo gelido, sinistro. Stava per accadere quello che avevamo temuto»[xv].

Il cavaliere non è sontuoso come gli altri tre: coperto da un lenzuolo sgualcito e sudicio, è l'unico del gruppo ad aver la pretesa di urlare a evocare ancor più angoscia spingendo con la voce il suo cavallo rattrappito a saltare a fatica gli ostacoli umani in questo stonato e stridente canto di morte lontano da quello gioioso di Ap 19,6-8 prima dell'ingresso al v.11 del cavallo bianco montato da Cristo che qui il Dürer non rappresenta poiché prende in esame solamente i primi quattro sigilli dal versetto 1 a 8 del VI capitolo.


Conclusioni sulla presente lettura dell'opera dell'incisore Dürer

Originalissimo questo foglio perchè rappresenta un gruppo di mercenari, simili a quelli che in quegli anni percorrevano campagne e città seminando disperazione e morte, saccheggiando ovunque. Esprimono altresì l'immagine dilagante della pestilenza che penetra in ciascun dove facendosi beffa di ogni ostacolo.

«Le anche oltre ad esser il fulcro dell'impulso, sono pure il timone che provoca i cambiamenti di direzione e, per far questo, bisogna che il cavallo abbassando un'anca passi il posteriore corrispondente davanti all'altro»[xvi].

I cavalli esprimono la rapidità dell'esecuzione del comando divino, danno visibilità all'incisivo appropinquarsi della morte, del Giudizio che scremerà i seguaci di Colui che siede presso il Padre e che è l'unico in grado di aprire i Sigilli e poter dar seguito all'inarrestabile Giudizio. Le folle sono impotenti dinanzi alla potenza degli zoccoli dei corsieri e finiscono per soccombere siano essi prelati, borghesi, religiosi o gente di popolo.

«Nel 1498 il Dürer pubblica la sua prima importante opera incisoria, cioè le quindici xilografie illustranti l'Apocalisse, "un sermone pari in profondità ed eloquenza a quelli di Lutero" diceva Biodalosky. In queste immagini di tipica iconografia tedesca e rese con un forte linearismo derivato dalla tradizione xilografica germanica, la terribilità della visione scaturisce dalla dialettica fra realtà ed irrealtà, rilevando il drammatico tormento religioso del giovane artista alla vigilia della Riforma»[xvii].

Si può concludere affermando che Dürer trae origine non da oniriche vedute ma applica un realismo "spietatamente crudo" -mi si conceda questo termine- di tutti gli aspetti che sconvolgono l'umanità, anche i più spregevoli o cruenti, prendendo a modello quella bestialità miserevole che lui stesso ha modo di vedere traversando l'Europa di quegli anni.


 

 



L'angelo della sesta tromba: liberazione dei quattro angeli  dell'Eufrate (Ap 9,13-21) - Tav. VIII

xilografia, Gabinetto delle Stampe - Uffizi di Firenze
Matrice di legno: 398 x 292 mm.
stampa: 497 x 328 mm

A differenza delle tavole 3, 5 e 7 che presentano due scene divise, quella celeste e quella terrena, raccordate poi sapientemente da Dürer, questa tavola, che pure vede in alto il cielo e la visione di Dio e in basso la strage degli uomini, non ha bisogno di raccordi strutturali. Sono quasi scomparse infatti qui le nubi che separano i due "regni". Il motivo è chiaro: sono gli stessi angeli di Dio ad irrompere sulla terra, e lo stesso esercito di Dio a sterminare gli uomini, tranne un "resto". Cielo e terra sono quindi qui intimamente uniti. Saltando l'illustrazione della quinta tromba, Dürer passa dunque a descrivere la sesta. In alto al centro sopra l'altare Dio in gloria ha gia raccolto le trombe suonate in precedenza. Dai quattro lati dell'altare, quattro volti lanciano la loro voce per reclamare la liberazione dei quattro angeli dell'Eufrate. A sinistra un angelo contempla ciò che sta avvenendo, a destra il sesto angelo dà fiato alla sua tromba, vestito con abiti liturgici. Appena più in basso, sotto il trono, spazzando con il loro arrivo le nubi, compaiono i cavalieri celesti che cavalcano le loro bestie favolose: cavalli con code di serpente e teste di leone che alitano fuoco, fumo e zolfo. L'entrata di questa cavalleria ricorda i tre cavalieri dei primi tre sigilli. Scendiamo ancora: in basso la terra e solo un lontano ricordo, nello sfondo inesplicabilmente sereno di un villaggio tra le montagne e il fiume. I quattro angeli dell'Eufrate, grandi e terribili, le spade sguainate e alzate sulle loro teste, colpiscono gli uomini, i quali gia sono in gran parte riversi al suolo in un ammasso di cadaveri e morenti. I due angeli in secondo piano stanno in questo momento scegliendo la loro vittima: a sinistra uno sta per decapitare una donna che tiene per i capelli, a destra l'altro si avventa su di un vecchio borghese. In primo piano a sinistra il terzo angelo, con due mani brandisce la spada contro un cavaliere riverso sul suo cavallo; il quarto a destra sta agguantando un pontefice che riverso a terra aspetta urlando il colpo della spada gia alzata su di lui. Poco dietro al pontefice un cardinale è gia stato ucciso e un re è morente.

 


La Caduta di Babilonia (Ap 17-20) - Tav. XIV

xilografia, Gabinetto delle Stampe - Uffizi di Firenze
Matrice di legno: 393 x 279 mm
stampa: 493 x 326 mm

A differenza dei «Primi quattro cavalieri», già analizzati, la presente tavola è molto densa di significati e rimandi simbolici, in un'unica grafica. Il risultato è evocativo e sommatorio di più accadimenti delle vicende ultime legate alla Rivelazione ed al compiersi del Giudizio di Dio nella storia. In un'unica visione -un po' confusamente- più racconti appartenenti ai capitoli XVII-XX dell'Apocalisse. Dalla struttura si notano più avvenimenti, avvincenti, dalla trama variegata.

Possiamo notare -a colpo d'occhio- cinque avvenimenti svolgersi in senso orario da destra verso sinistra, in circolo: dall'alto la distrutta Babilonia, il drago dalle sette teste e la prostituta con i suoi adoratori, sopra questi il Fedele-Verace e le sue milizie, nella parte più alta -al centro- gli angeli.

1.    La caduta della città di Babilonia è sullo sfondo a destra, in taglio alto sotto alle ali di uno dei due angeli centrali che equilibrano l'intera figurazione. Dürer intende distogliere i toni tragici della Rivelazione di Giovanni sostituendoli con una sorta di narrazione fantastico-onirica[xviii]. Dai forti bastioni dell'abitato si scatenano fiamme mentre i velieri si avvicinano alla costa (l'impreparatezza della distruzione dinanzi alla quotidianità dei mercati).

2.    La prostituta, una giovane donna riccamente adorna di diademi, collane, dalla capigliatura riccia, curata, mollemente adagiata sulla bestia. Appare calma e composta, alza al cielo la sua coppa riccamente cesellata mirando le sette teste del drago; il mostro ha dei colli lunghi e la coda pare flettersi a volerle girare intorno, a celarla. La prostituta è seduta di lato, come se montasse all'amazzone, e non si accorge delle fiamme che l'attorniano oppure non vorrebbe manifestarlo a coloro che la osservano. Questo fuoco divampa da dietro la coda della bestia e la giovane appare "assente", come una maschera senza sentimenti.

3.    In primo piano sulla sinistra una folla formata da nobili e ricchi mercanti, principi e cavalieri e persino -sull'estremità del foglio- un frate. Tutti osservano silenziosi e adorano "la bestia".

4.    Sopra questa ressa di personaggi che hanno manifestato il loro credo adorando l'«effimerità» si scorge un mare in cui si getta un fiume, un largo estuario, composto da una miriade di cavalieri che seguono il Cristo del Giudizio (Ap 19,11 ss.) montante sul cavallo bianco. Dalle onde del mare esce come una nube il "Fedele-Verace" che irrompe nella scena ed è rappresentato con estrema dovizia di particolari: il sottosella tipico di gusto quattrocentesco, la sellaccia piccola e gli staffili cesellati in lega, l'imboccatura ed i finimenti del cavallo, rivestito del vigore del condottiero partito per sferrare l'ultimo decisivo colpo[xix]. Non è la mera vendetta bensì il Giudizio di Dio che irrompe nella storia dell'umanità col furore dell'avanzare implacabile del cavaliere.

5.    Centralmente l'Angelo di Ap 18,21 sta per gettare la sua mola. La tragicità si nota dalla fatica della creatura celeste che è persino trascinata dal peso e si vedono i capelli fluttuare e lui quasi precipitare per quel peso. Ad ali spiegate invece quello di Ap 18,1 mostra la caduta di Babilonia che sotto di lui sta già ardendo. L'incendio della città si confonde con le nubi. E' la parte più tragica e ricca di "paqoV".

Questa scena può apparire quasi come una città in festa, esultante per il Santo Patrono, con i fuochi d'artificio, non mi pare però la Gerusalemme celeste... anzi!





--------------------------------------------------------------------------------

[i] P. L. Ferrari, Il libro dell'Apocalisse in Parole di vita Padova, Messaggero di Sant'Antonio, 2000.n.3. 2.

[ii] «Si deve alle condizioni favorevoli se la generazione coetanea a Dürer, come già in passato i padri e i nonni, poté cercare all'estero un'ampia formazione da porre a fondamento di una moderna gestione degli affari. Meta di questi viaggi erano soprattutto le città italiane, all'avanguardia nelle procedure inerenti il commercio e la contabilità, così come nel disbrigo delle operazioni finanziarie e di cambio. [.] I giovani figli dei mercanti ad aver i primi contatti con gli ambienti italiani» di P. Strieder, Dürer. Rizzoli, Milano, 1992. 51.

[iii] Tecnica grafica che Albercht Dürer rende famosissima.

[iv] P. Strieder, Op cit. 62.

[v] "Adorazione dei Magi" conservata al Museo fiorentino degli Uffizi.

[vi] A. Dürer, Underweisung der Messung.

[vii] Si pensi Allo "scandalo della traduzione della Bibbia in Volgare".

[viii] M. Fossi Todorow, Dürer. La rivelazione lirica del reale nell'implacabile osservazione del mondo, Milano, Fratelli Bompiani Editori, 1964. 3.

[ix] A. Dürer: "I quattro cavalieri", foglio delle dimensioni 39,4x28,1 cm.

[x] Vedasi: "Il cavaliere, la morte ed il diavolo", incisione presso il Gabinetto dei Disegni e delle stampe degli Uffizi ove il personaggio colto di lato appare sul suo poderoso destriero, al passo, fra scenario roccioso.

[xi] M. Fossi Todorow,op. cit., 4.

[xii] Colonnello G. di Cossilla, Equitazione superiore. Note sull'addestramento. Roma, Mediterranee, 1967 (Nuova versione ampliata 1990). 59.

[xiii] La celeberrima de'«I quattro cavalieri dell'Apocalisse» ne è il paradigma.

[xiv] M. Fossi Todorow, op. cit., 6.

[xv] M. Roberts, The man who listens to horses. New York, Random House, 1996.

[xvi] Col. G. di Cossilla, op. cit., 59.

[xvii] M. Fossi Todorow, op. cit., 6.

[xviii] Il libro dell'Apocalisse di Giovanni si presta a modellazioni fantastiche e ne è esempio il Cristo Equestre della Cattedrale di Auxerre. Si può affermare che lo sviluppo artistico dell'ultimo libro della Bibbia è certamente "apocalittico" perchè interpreta e modella il tracciato scritturistico al gusto dell'epoca, a stilemi o alla creatività fantasiosa dell'artista. Notiamo delle "divagazioni" sul tema, più che delle "fumettazione" congruenti al testo.

[xix] Si vedano anche in "Quattro cavalieri" dei primi quattro sigilli per la definizione così simile ai guerrieri del tempo di Dürer; si osservi la descrittività delle armature, il metodo di monta (alla "rinascimentale") staffili e sella avanzati, i freni e la capezza del destriero, la maestosità dei movimenti.

        



Fonte :   scritti del prof. Alessio Varisco , Técne Art Studio , sito web www.alessiovarisco.it .
Fonte foto :   http://www.apocalipsis.org/artwork/durer.html 





























Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari negli ultimi 30 giorni