domenica 14 luglio 2019

Iconologia come "iconografia che interpreta", di Erwin Panofsky


Erwin  Panofsky
 
ICONOLOGIA  come  "ICONOGRAFIA CHE INTERPRETA"




La  Prudenza , fine del secolo XIV.

Il suffisso "grafia" deriva dal verbo greco graphein, scrivere, e sta a significare un modo di procedere puramente descrittivo, spesso addirittura statistico.
L'iconografia è perciò una descrizione e classificazione delle immagini come l'etnografia è una descrizione e classificazione delle razze umane: è cioè uno studio limitato e, per così dire, ancillare, che ci dice quando e dove certi determinati temi trovarono formulazione visiva attraverso certi determinati motivi. Ci dice quando e dove il Cristo crocefisso appare panneggiato con un semplice perizoma oppure chiuso in una lunga tunica; quando e dove è fissato alla croce con quattro chiodi oppure con tre; come le Virtù e i Vizi furono rappresentati nei diversi secoli e ambienti. Facendo questo, l'iconografia è d'incalcolabile aiuto per fissare date, stabilire provenienze, eventualmente assicurare l'autenticità delle opere; e naturalmente fornisce la base necessaria per ogni interpretazione successiva. Tuttavia non tenta di elaborare essa stessa questa interpretazione. Raccoglie e classifica i dati oggettivi ma non si ritiene obbligata o qualificata per indagare la genesi e il significato di questi dati: le relazioni tra i vari "tipi"; l'influenza su di essi delle idee teologiche, filosofiche o politiche; le intenzioni e le tendenze dei singoli artisti e committenti; la correlazione tra i concetti intelligibili e la forma visibile che assumono in ogni specifico caso. In breve prende in considerazione solo una parte di tutti gli elementi che costituiscono il contenuto intrinseco di un'opera d'arte e devono essere resi espliciti se la percezione di questo contenuto deve divenire articolata e comunicabile.
E' tenendo presente tutte queste gravi limitazioni che l'uso corrente, specialmente nei paesi anglosassoni, annette al termine "iconografia", che propongo di far rivivere l'antico e bel termine di "iconologia" ogni qualvolta che l'iconografia sia sottratta al suo isolamento e integrata con ogni altro metodo, storico, psicologico o critico, che possa servire per tentare di risolvere l'enigma della sfinge. In realtà come il suffisso "grafia" indica qualche cosa di descrittivo, il suffisso "logia" - derivato da logos che vuol dire "pensiero" o "ragione" - indica qualcosa di interpretativo.
L' "etnologia" ad esempio è definita una "scienza delle razze umane" dall'Oxford Dictionary, mentre lo stesso definisce l' "etnografia" come una "descrizione delle razze umane"; e il Webster mette esplicitamente in guardia contro la confusione tra i due termini in quanto "etnografia va propriamente limitata a una considerazione puramente descrittiva dei popoli e delle razze mentre etnologia indica il loro studio comparativo".
Così io intendo l'iconologia come una iconografia che vuole essere anche interpretazione e in questo modo diviene parte integrante dello studio dell'arte invece di essere confinata al rango di ricognizione statistica preliminare. Comunque non si può negare che ci sia il pericolo che l'iconologia si comporti non come l'etnologia rispetto all'etnografia, ma come l'astrologia rispetto all'astrografia.
L'iconologia è dunque un metodo d'interpretazione che si fonda sulla sintesi più che sull'analisi. E come la corretta identificazione dei motivi è la condizione preliminare della corretta analisi iconografica, così la corretta analisi delle immagini, storie e allegorie è la condizione preliminare per una corretta interpretazione iconologica di esse.







Fonte: Il significato nelle arti visive , di Erwin Panofsky, Einaudi, 1962, Torino. 




























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