L'APOCALISSE DI GIORGIO DE CHIRICO
di Alessio Varisco
Il primo dei quattro cavalieri
«E
gli fu data una corona»
La prima litografia di De
Chirico dedicata ai primi quattro sigilli presenta un cavaliere nudo che monta
al pelo un mansuetissimo cavallo e riceve da una
nube la corona.
A differenza dei
precedenti modelli l’Autore isola i quattro cavalieri, sforzandone lo sguardo
e l’attenzione volta per volta su ognuno dei quattro. Così facendo dilata il
tempo della visione, scindendo i quattro momenti e rendendo una degna
plasticità mediante l’esaltazione dell’autonomia dei cavalieri e dei compiti
cui sono chiamati.
Sullo sfondo, come nelle tre scene
dell’Apocalisse di De Chirico precedenti[i],
le nubi a definire la scena ove cavallo e
cavaliere si muovono.
Enfatizzato il ruolo di entrambi spettacolarizzati
dalla sintonia dei due. Il montante ha le fattezze di una statua greca, di un
“KouroV”,
ignudo come gli dei dell’Olimpo ha la faretra
posteriormente a tracolla ed impugna colla mano destra l’arco, riceve con la
sinistra il vessillo del potere. Una presenza misteriosa da destra, di cui si
scorgono le sole mani, gli consegna la corona, simbolo del potere e della
vittoria.
L’atmosfera è
decisamente gloriosa, si noti lo sguardo del
cavallo, mansueto, a testa bassa, con le orecchie a mezz’asta, simbolo di
remissività. Il destriero si muove libero, non frenato né bardato, al passo.
Il secondo dei quattro cavalieri
«E
gli fu data una gran spada»
Questa quinta tavola
presenta il secondo cavaliere dell’Apocalisse, raffigurazione
di Ap 6,4, in un modo
inconsueto e alieno agli schemi precedentemente osservati.
Inusuale
rappresentazione che esprime una grande dinamicità: cavallo e cavaliere di
scorcio corrono sulle nubi.
L’andatura del destriero è
di un cavallo che salta, gli anteriori e i posteriori sono pari -sospesi in
aria gli anteriori- raccolti nello slancio del balzo. Gli occhi rivelano una
grande concentrazione, il collo è teso e le masse
muscolari dimostrano uno sforzo, la criniera è mossa dal vento e dalla
velocità. Il cavaliere perde di rilievo mentre con
la mano sinistra protende verso la spada consegnatagli da una presenza
misteriosa sul lato sinistro, una sorta di turbante, un panneggio che cede
l’arma.
Il cavallo è montato “al
pelo” come il precedente schema di De Chirico. Qui però le nubi e lo schema
dei personaggi sono in scorcio prospettico, il punto di fuga verso l’angolo
superiore sinistro.
Le nubi rade, spezzate e
mosse dal vento di tramontana, simboleggiano la battaglia ormai prossima e
portano distruzione.
L’immaginario
dell’osservatore è accresciuto dalla tremenda profezia -e si completa
di angoscia-
«al
suo cavaliere fu dato il potere di far scomparire la pace dalla terra».
Inquietante.
Il terzo dei quattro cavalieri
«...
aveva una bilancia nella sua mano»
La sesta tavola
rappresenta il terzo cavaliere, quello montante il
cavallo fulvo. Il cavaliere troneggia in tutta la sua autorevole maestosità.
Ritto con lo sguardo fiero verso l’angolo sinistro del disegno, regge con la
mano sinistra il suo simbolo: la bilancia.
La cavalcatura è
monumentale, enorme, nel centro dell’immagine. Del cavallo quasi non si
scorgono gli occhi, la testa è molto alta; quasi mai il
cavallo la porta così in alto perché la massa peso spostata è molta e
non tutti hanno sufficienti muscoli per alzarla tanto; quest’atteggiamento
rivela l’inquietudine del destriero che in branco si prepara ad attaccare,
quando è con altri simili allo stato brado, oppure -e ce lo rivelano le nari-
è pronto allo scatto. Altro dato importante le orecchie,
estremamente corte, raccorciate ancor più poiché schiacciate
all’indietro ci dimostrano il nervosismo come quelle nari dilatate. Il
soggetto muscoloso come i precedenti è certamente
uno stallone adulto dallo stinco possente e dalla straordinaria capacità
locomotrice; gli zoccoli sono in stallo, quasi immoti; avanza il sinistro a
suggerire un accenno di passo ed il destro (tipico dell’andatura del cavallo
che muove le zampe alternativamente incrociate).
Si può notare una folta
criniera e la coda lunghissima permanentata che
piega sulla sua sinistra, noi vediamo a destra, che suggerisce il vento che
sta intorno ai due protagonisti segnati dai loro simboli.
La scena è freddissima,
poiché intorno al cavallo e al cavaliere non vi sono nubi, solo ai bordi.
Il cavaliere come nelle altre figurazioni
dechirichiane monta al pelo e sembra una plastica
divinità greca dai capelli ricci.
A differenza della quarta
e quinta tavola De Chirico qui pone il simbolo del cavaliere già nelle sue
mani e ciò inquieta poiché ci fa pensare che abbia
già provato le sue scorribande. La bilancia, simbolo della giustizia e
dell’equità, è fatalmente immota, ciò fa presagire la carestia che colpirà la
terra:
«Una
misura di frumento per un danaro e tre misure
d’orzo per un danaro!».
Il quarto dei quattro cavalieri
«Il
suo nome è Morte e l’Orco l’accompagnava»
La settima tavola delle
illustrazioni dell’Apocalisse di De Chirico è
l’ultima dedicata all’apertura dei primi quattro sigilli. L’intento
dell’artista è quello di scandagliare la forza della simbolica equestre
apocalittica.
De Chirico ci mostra due
cavalcature: Morte ed Ade. La morte cavalca un
piccolo cavallo smilzo dagli occhi frenetici, dalle orecchie piccole da porco
e le nari simili ad un asino. L’andatura è un salto in galoppo. Lo scheletro è
colui che monta e con la falce continua a
«sterminare
la quarta parte della terra».
Alle sue spalle l’Orco dagli occhi sbarrati, ipnotizzanti, le braccia alzate
ed una tunica svolazzante coi pugni serrati in aria
minaccia chi lo osserva.
Entrambi i cavalli
sono terribili, come in preda alla rogna, la loro demente
espressività suggerisce terrore. Quello in primo piano, più piccolo, un
pony, avanza verso l’osservatore, ebete, senza osservare gli ostacoli, quasi
fosse cieco; l’andatura è sostenuta, ma in piega a
sinistra e forma con l’altro molto più grande un angolo acuto. Sia il primo
che il secondo cavallo sono scomposti, le criniere
ispide e mal curate.
Occorre pure osservare che
il primo cavaliere -Morte- monta non sulla groppa
ma sulle spalle posteriori, molto indietro; ciò è reso possibile dall’esiguo
peso, un mucchietto d’ossa, uno scheletro. Come nella figurazione di
Dürer i piedi dello scheletro pendono a dismisura,
quindi il cavallino ha un torace insufficiente oppure il cavaliere è troppo
alto rispetto al destriero; questa sproporzione rende ancor più la
drammaticità.
Le tavole di De Chirico
appena illustrate rivelano una totale assenza di scene eccezion fatta per le
nubi.
Questa caratteristica è tipica dell’estetica
dechirichiana incline a creare scenari da sogno; questa
metafisicità accresce di molto il pathos sul
destino dell’umanità che resta colpita dai simboli dei quattro cavalieri, ma è
estraniata dalle pene inflitte. Emblematico ed
ancora più angosciante poiché non vediamo i prodotti di queste piaghe. Le nubi
sono l’unico teatro; sintomatico ed inquietante!
Il Cristo equestre
«...
ed ecco un cavallo bianco...»
La sesta tavola di De
Chirico presenta un maestoso cavaliere -monumentale-
al centro della scena, fra le nubi con dietro una moltitudine di sterminati
cavalieri, ed un uomo a terra inginocchiato in riva al mare. Il personaggio in
estasi è San Giovanni che riceve la apparizione del
Cristo equestre
«il
cielo si aprì. E vidi un cavallo bianco».
L’intera visione è forse la più potente fra quelle di
De Chirico di illustrazione ad Apocalisse; altresì il gusto dell’Autore rivela
una straordinaria capacità evocativa di contemplazione ed immedesimazione
nello sperimentare l’apparizione.
Lo schema è quello
della visione, anche Dalí riprenderà questo
modello nella sua “Tentazione di S. Antonio”, o meglio nell’illustrazione
di Ap 19,11. Il cavallo
ed il cavaliere sono esaltati e rivelano la maestosità che sovrasta le umane
creature. Unico precedente nella sontuosità del cavallo è riscontrato nel
monumento equestre di Marco Aurelio,
nel “topoV”
della
scultura monumentale imperiale romana. Da sottolineare
la centralità regale del Cristo -riccamente adorno di una tunica- dagli occhi
come stelle brillanti, dal volto quasi invisibile poiché emanante luce
propria, Egli è il Vero Sole, l’Unica Luce che illumina il mondo. Il cavallo
volge il muso a sinistra poiché il suo padrone con
lo sguardo diretto a destra dirige la spada affilata a doppio taglio
proveniente dalla sua bocca verso l’esultante uomo inginocchiatosi dinanzi
questo trionfo di maestà.
La positura del
Condottiero
«Fedele»
e
«Verace»
rimanda -come testé detto- a modelli scultorei;
ottima la resa plastica della massa muscolare del destriero che nonostante la
capezzina non è frenato. L’incedere è mirabilmente
espresso, si ode quasi il rumore di quegli zoccoli sulle nubi che gli fanno da
tappeto.
Il posteriore sinistro sollevato con
l’anteriore destro e qui raffigurato in una “figura” abbastanza complessa: la
“spalla in dentro”[ii].
Il Cristo è
accompagnato dalle sue milizie per riprendersi il Suo
Regno. L’immagine dell’infinitudine che lo segue
mentalmente fa sconfinare i bordi del foglio e crescere “ad
libitum” il numero dei cavalieri. Le tre tavole
finali continuano per forza d’inerzia, la presente
rappresenta il massimo dell’incisività vertiginosa. De Chirico smorza
nelle tre conclusive questo tono così maestoso e pregnante cedendo a visioni
più beatifiche nella nuova Gerusalemme, che discende dal cielo, ove il Santo è
colto come Mosè col pastorale alla sua destra in un paesaggio ricco
di arbusti come la macchia mediterranea; Dio in
trono mostra il
«fiume
d’acqua viva»
con un Agnello ai piedi sotto cui zampilla l’acqua; l’ultima presenta una
scena desertica dove campeggia al centro l’angelo mentre l’Evangelista cade
per adorarlo.
Fra tutte questa
raffigurazione
di Ap 19,11 è l’ingresso di Cristo nella storia
per il Giudizio Finale, essa ci mostra una monumentale e trionfale cavalcata
del Condottiero, difficile movenza simbolo di maestria, seguita dalla
moltitudine infinita di miliziani tutti a cavallo. E’ questo il trionfo -quasi
epico-celebrativo-
della centralità del teriomorfismo nella realizzazione delle figurazioni
dell’Apocalisse di San Giovanni da parte dell’artista De Chirico che segna una
nuova frontiera per l’illustrazione della “Rivelazione” nel panorama della
storia dell’arte universale.
[i]
A) La prima tavola presenta il “Trionfo di Dio” ammirato dal sole, sette
viventi, una brulicante folla a piedi, un cavaliere col suo destriero di
spalle, un cane visto dietro e da un bimbo intento a giocare con un
carrettino giocattolo. La profezia richiama l’esultanza e la felicità della
Venuta definitiva di Dio nella storia.
B) La seconda tavola
«(qualcuno),
simile a un figliuolo d’uomo!»:
citazione apocalittica del “Quarto Vangelo” di San Giovanni, illustrazione
di Ap 1,12 che ricorda un poco la terza tavola
di Dürer.
C)
«Ed
ecco un trono stava in cielo»,
la terza tavola è l’illustrazione di
Ap 4,2 presentante Dio in trono, i Quattro
Viventi in basso in primo piano ed attorno al Trono la schiera dei
Ventiquattro Vegliardi.
[ii]
Questo “movimento laterale” richiede un buon addestramento sia del cavallo,
sia una “buona conoscenza della sella” da parte del cavaliere. La “spalla in
dentro” consiste nel transitare con un cavallo “riunito”
«la
redine interna indica al cavallo di spostarsi all’interno della pista, dando
la direzione al movimento, mentre la pressione della gamba interna richiede
la flessione del cavallo. La gamba esterna, posizionata
più indietro del normale, si associa all’azione dell’interno per stimolare
il cavallo ad avanzare. Ben eseguita, la spalla in dentro, porta
a un “rilevamento del treno anteriore” del
cavallo che si traduce in un rapporto migliore con le mani del cavaliere.
Inoltre la spalla in dentro favorisce l’abbassamento dell’anca interna che
porta il cavallo a impiegare meglio il posteriore
sia nella riunione sia nelle flessioni laterali.»
(J. Connor,
Cavalli e cavalieri. Consigli dell’esperto.
Bergamo, Il mio castello, Ottobre 2000, 25). Compito principale è
“riunire il cavallo” e frontalmente scorgere tre zoccoli; è un esercizio di
riscaldamento di livello medio-alto praticato in
dressage.
Fonte : scritti del prof. Alessio Varisco , Técne Art Studio , sito web www.alessiovarisco.it .
Fonte foto : www.fondazionedechirico.it
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