domenica 14 luglio 2019

Marco Saya , poesia dell'esperienza reale



MARCO SAYA
poesia dell'esperienza reale



Marco Saya è nato 52 anni fa a Buenos Aires il 3 aprile 1953 dove ha trascorso i suoi primi tre anni per poi trasferirsi a Rio de Janeiro per circa 7 anni. Dal 63' risiede a Milano dove attualmente opera nel settore informatico. La musica e la chitarra jazz  sarebbero poi diventate la sua vita e una seconda professione.
Ha pubblicato il primo libro di pensieri dal titolo Bambole di Cera (2001) edito da Antitesi - Laura Vichi Publisher con il quale si è classificato secondo al concorso nazionale di poesia 'La Cittadella' dedicato alla poetessa Maribruna Toni e successivamente premiato al concorso internazionale Victor Hugo.
Prosegue la sua attività di scrittore con la pubblicazione della seconda raccolta di poesie dal titolo Raccontarsi (2002) edito dall'istituto Italiano di Cultura di Napoli diretto dal Professore e poeta Roberto Pasanisi. Contemporaneamente esce il suo nuovo libro di poesie e brevi racconti dal titolo Dirimpettaio edito dalla Oceano Edizioni. Pubblica poi nel 2003   4-poets silloge poetica edita dalla casa editrice IL FILO.  Sempre con IL FILO pubblica nell'Aprile 2005 la raccolta dal titolo "Noi, atomi alla ricerca di un nucleo".
Marco Saya è presente poi in diverse antologie tra cui Swing in Versi (2004) edito da Lampi di Stampa e l'Albero degli Aforismi  (2004) e il Segreto delle Fragole  (2005) edite da Lietocolle. Conduce una rubrica musicale sul sito della Rizzoli Speaker's Corner. Presenzia ad alcuni concorsi di narrativa e poesia in qualità di membro di giuria. Infine è presente su tutti i più importanti siti di poesia dove raccoglie importanti risultati nei vari concorsi proposti e partecipa ai vari reading nelle manifestazioni poetiche.




Dalla prefazione del libro di poesie :
NOI, ATOMI ALLA RICERCA DI UN NUCLEO, di Marco Saya, ed. Il Filo.

La fine del viaggio avrà gli occhi di un tenero amante/
o l’ingenuità necessaria del non vivere/ per vivere?

L’essenza della raccolta poetica di Marco Saya è il viaggio dentro la vita, la vita del nostro presente. Un viaggio in cerca di verità in cui “i sentimenti liberano/una rabbia urlata/alla solitudine del vento” svincolando così quella parte d’esistenza pura, quella che fugge ai gesti vuoti della monotona e meschina quotidianità, quella che rimane ancorata alle serrature del tempo per aprirne dei varchi e respirare l’esistenza ed il suo senso ultimo in modo autentico. Attraverso la poesia Marco Saya libera se stesso, come un verso, come un grido necessario, come un frammento di tempo e di mondo sottratto all’ipocrisia degli uomini. La sua poesia dà così voce al coraggio, l’unico che può farci sentire ancora vivi, ancora in grado di pulsare, di sentire la nostra essenza fino a comprenderla e a comprenderci come parte del mondo. Perché dell’umanità condividiamo tutti lo stesso destino, un destino di guerra, di povertà morale, sempre più artefici, vittime e spettatori insieme di scempi alla dignità dell’uomo e della natura. Perché per essere umani abbiamo tutti bisogno di renderci consapevoli e responsabili di quello che ci circonda, in un gesto di coraggio che diventa presto necessità, necessità di volare oltre il cielo, sopra le nubi per trovare lì la pace, l’approdo, la libertà, noi uomini come gabbiani in cerca di vita.
“Anche i bianchi gabbiani non trovano più pace. La civiltà ha deturpato la natura, gli spazi si restringono e LORO volano sempre più in alto, sopra le nubi, unico approdo allo scempio dell’umano” (da I senza tetto). 
Lo sguardo di Marco Saya si posa con acuta sensibilità sul mondo e sulla nostra società che osserva senza indugi, senza sospensioni del pensiero e slanci di vuoto lirismo ma trasformando con determinazione il pensiero in parola e la parola in atto. Un atto cosciente del significato e del valore della parola che diretta ed essenziale arriva dritta al centro dell’umanità e si fa denuncia, si fa vera, si fa poesia.
Quella poesia che oggi, come vorrebbe il grande poeta Edoardo Sanguineti – la cui lezione e “ideologia” poetica non è estranea all’autore -, dovrebbe recuperare il suo legame intrinseco con la contemporaneità e farsi esperienza reale del nostro tempo.
La poesia di Marco Saya sembra muoversi proprio sulla linea del pensiero poetico di Edoardo Sanguineti al fine di far recuperare il valore e la responsabilità sociale e civile al poeta e alla poesia.






Alcune Poesie di Marco Saya :




Sopravvivenza

E’ triste pensare alla sopravvivenza
della dea mediocrità, espressione contusa
di botte tra ubriachi, risse tra poveracci
e quell’osso rosicchiato non sfama
l’ambizione di troppi cani

(sciolti o organizzati che siano…)


E’ bello lasciarsi guidare dalla penna…

Comunque vada…

Comunque finisca…


 




Precarietà

Questo senso di precarietà
mi verrebbe da bisbigliare…
Perché tutto si tinge d’incerto?
La nostra vita ricerca il significato
tra strani geroglifici e la violenza del romanzo
urta quella pace (perché gioca a nascondino?) macchiata
da pensieri che s’incrociano,
sfuggono, non si guardano
Forse non si piacciono?
Forse aspirano a chiudersi nell’olocausto
di ricorsi folli e perdenti?
Forse abbiamo deciso
di morire così…rassegnati?
Questo senso di precarietà
mi viene da urlare…

 




Ombre

Ombre ineluttabili
avanzano
Il marciapiede
da dietro
osserva
l’asfasto macchiato
Non una nube
ma il buio della presenza
copre
l’assenza del passo,
indifferente nella direzione…

 




Globalizzazione

Questa mattina osservavo
una signora della Milano bene
a braccetto con un’elegante donna con il Burka
Attraversavano il semaforo e occhi sbigottiti
guardavano questa strana coppia…
E riflettevo…
su come fosse ancora lontano l’altro lato della strada…
Al segnale del verde
motociclisti irrequieti
ripartivano con un sospiro di sollievo…

 




Finzione

È strano vedersi che vivi,
ti domandi perché sei lì…in mezzo agli altri (chi?)
Forse è tutta la finzione di un dio effimero
(prigioniero in un corpo acquoso)
Persino il tempo, pagliaccio neuronico,
è l’immaginazione di un frutto che, marcio,
si spiaccica nel ritorno all’humus di una nuova terra…

 




Sintesi

Quando il tempo assottiglia la foglia

chiusa tra le pagine di un vecchio album

che,giovani,riempivamo di belle speranze

allora il domani ci appare nelle vesti

di quella saggezza sprecata

nell'adolescenza del pensiero

che,fattosi adulto, riconosce

la futilità del proprio vivere

 




Attesa

Sentite gli umori del popolo
Oggi tace

Ascoltate le parole della gente
Domani sarà troppo tardi

Le piazze ora sono deserte
Un piccione becca un tozzo di pane
Un passante incrocia un turista disperso
Un palco vuoto aspetta che il vento
disperda le polveri…
 
 




La storia inizia indietro

 
la storia inizia indietro,
pianti neonati in una villetta sudamericana,
lumache alle pareti
bianche e scrostate
con l’atlantico ai piedi.
“dov’è papà?”,
“in giro per il mondo”, la tata mi sollevava
già sballottato di mano in mano
 
gli aquiloni, con quel vento lì,
un tiro alla fune verso l’alto.
manca la stretta sicura,
un dubbio che mi porto da sempre,
una risposta persa tra la sabbia fine.
“cosa aspetti a tornare a casa?”
corrono le piccole gambe,
corrono i giorni da rito uguali.
 
la finestra sorride al poco verde
- ora - stretto tra mura di polveri.
dov’è la ciclabile?”, e “quel tram che mi salutava?”
e "l’adolescente che scalava la vetta della vita?”
si affaccia da altri balconi,
la Milano volgare,
incancrenisce immagini
di figurine, copie di abitanti.
 
l’onda mi veniva incontro,
amica nel gioco dello spruzzo.
il Corcovado ci abbracciava
con il calore, colori della gioia.
non sapevo di povertà.
non sapevo di sifilide.
non sapevo di multinazionali.
sapevo di essere felice.
 
il grigiore di un open space
in finte periferie adornate
con lampioni simil Versailles, sparuti
come bianchi cigni stagnanti di contorno
a quattro sedie thonet da bar.
che ti va di prendere?”
per ammazzare la noia
del pre solarium chè
nuovi raggi anticipano il sereno.
 
la strada saliva tortuosa,
un chiosco di banane - pit stop –
anticipava la vista del Cristo.
le vie sono tutte uguali, oggi,
una foto sbiadita qua e là 
segna un percorso di croci
e quel Padre l’ho perso
nell’infanzia della mente.
 
“hai preparato l’offerta?”, ti chiede un estraneo.
hai fatto i compiti?”, ripeteva mia madre.
ora capisco la congiunzione degli intenti,
figlia della rabbia disperata
rassegnata al voto di castità
come appartenere, essere in questo mondo  
e avvertirne il recinto
perché fuori è buio pesto.
 
il tempo aiuta a morire.
“che ore sono?”,
il ricordo è vita a ritroso
come quando torni sui tuoi passi,
come quando gli alberi
sfrecciano impazziti
perché i tuoi occhi
vedono frazioni di intervalli
e la storia inizia indietro.






Fonte: si ringrazia l'Autore Marco Saya per aver gentilmente fornito ad ARTCUREL i testi da pubblicare.
Altro link sull'Autore : www.ehinet.it/aphorism/vostro/s/saya/ 


















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