giovedì 1 agosto 2019

IL LINGUAGGIO COME ATTRIBUTO ESSENZIALMENTE UMANO, di Enrico Galavotti



IL LINGUAGGIO COME ATTRIBUTO ESSENZIALMENTE UMANO
di Enrico Galavotti
                  


I) Il linguaggio viene indicato come attributo essenzialmente umano. Tutti gli animali comunicano (anche in modi per noi impossibili, come gli ultrasuoni), ma solo il linguaggio umano può riferirsi a eventi lontani nello spazio e nel tempo, può generare e comprendere espressioni che non erano state utilizzate in precedenza, può combinare nel suo vocabolario - in maniera sempre diversa- un numero di suoni distinti. Il sistema fonatorio dell'uomo (vedi ad es. la laringe) è unico. Naturalmente la comunicazione è possibile in quanto esiste una corrispondenza tra "segno" (parola, gesto...) e "oggetto" designato, determinata da una regola (codice), e vale sia per l'emittente che per il destinatario.

II) Linguaggio e parola. Nel caso dell'uomo la comunicazione linguistica è anzitutto verbale (il suono viene emesso e percepito: canale fonetico-acustico). Ma si utilizza anche il canale grafico-visivo. I ciechi però usano il metodo Braille (configurazione spaziale di punti letta col tatto), mentre i sordomuti usano il linguaggio mimico-gestuale (canale motorio-visivo). Un uomo adulto di cultura medio-superiore può usare anche più di 200.000 parole!

  • Nell'uomo vi è la possibilità di comunicare usando parole che valgono a designare categorie di grado sempre più elevato (mela>frutto>vegetale>naturale>ecologico>vivente). L'uomo cioè può servirsi di parole astratte, che non indicano un oggetto o sue proprietà, ma relazioni tra oggetti o fatti o funzioni logiche. Le parole sono collegate tra loro da regole di grammatica-sintassi. Naturalmente, perché una frase abbia senso, non basta che siano rispettate queste regole (vedi il diario di uno schizofrenico). Anzi, una frase può aver senso anche se non rispetta queste regole (come nei linguaggi cifrati o in codice).


  • In sintesi: a motivo della capacità simbolica (astrattiva) del linguaggio, l'uomo è in grado di padroneggiare una quantità enorme di informazioni con un dispendio minimo di energia, cioè con un rendimento molto elevato. Sono stati fatti molti tentativi per far parlare gli animali, ma sono tutti falliti. I migliori risultati sono stati ottenuti usando il linguaggio dei sordomuti (vedi lo scimpanzè Washoe, che aveva appreso 294 combinazioni di 2 o più segni; ad es. "io-uscire, tu-uscire", per indicare l'esigenza di fare una passeggiata con qualcuno).

III) Proprietà funzionali. Le funzioni più semplici del linguaggio sono quelle che ognuno può facilmente comprendere:

  1. espressiva (come mezzo per segnalare stati d'animo o intenzioni dell'emittente);


  2. evocativa (per influenzare il ricevente: ad es. il pianto del neonato);


  3. rappresentativa (come mezzo di comunicazione del pensiero astratto, per informare su eventi lontani nel tempo e nello spazio);


  4. intraindividuale (per pensare meglio, per controllare meglio il comportamento, per avere un libero scambio d'informazioni).


  • In sintesi: il linguaggio ha un prevalente valore di stimolo e di risposta. Ad es.: se faccio una telefonata per avere informazioni, il linguaggio ha proprietà di stimolo; se per inviare informazioni, ha proprietà di risposta (a un precedente stimolo). Il parlare è una risposta verbale a una stimolazione. Da notare che la quantità d'informazione veicolata da una frase non è uniformemente distribuita: ad es. in una frase di 7 parole, ogni parola non contiene 1/7 dell'informazione totale della frase, in quanto vi sono delle parole-chiave che ne contengono di più e altre di meno.

IV) La Psicolinguistica ha lavorato molto sulle funzioni che può avere il "significato" delle parole.

  1. Significato estensivo: la capacità di comunicare è relativa alla comunità di appartenenza che ha prodotto quel linguaggio (ad es. gli esquimesi hanno circa 90 parole diverse per indicare altrettanti modi di essere della neve);


  2. Significato intensivo: il livello di comprensibilità di questo significato dipende dal livello di consenso sociale circa il contenuto proprio di una parola. Parole come democrazia, libertà, essere, nulla... sono utilizzate con significati molto diversi tra loro. Ovviamente, in una società stabile, con una cultura dominante riconosciuta dalla stragrande maggioranza, il significato intensivo è unitario, condiviso.


  3. Associazione verbale: il significato di una parola può essere stimato rilevando la sequenza di altre parole con cui essa è associata. Nei test di associazione verbale si è verificato che tali associazioni risultano in relazione con la classe sociale di appartenenza dei soggetti o con la professione svolta; che le associazioni dei componenti di una famiglia sono molto simili tra loro; che i figli fanno associazioni più simili a quelle della madre; che i maschi associano in modo più simile al padre rispetto alle femmine; che i bambini associano usando termini con cui potrebbero comporre una frase (ad es. martello -> chiodo).


  4. Significato connotativo: una parola è carica di certe risonanze emotive e cognitive che sono relativamente indipendenti dal significato proprio, singolarmente considerato (ad es. la parola senza senso PALM potrebbe indicare un sapone da barba: significato denotativo; ma perché PALM sia venduto sul mercato, occorre che abbia anche un significato connotativo di morbido, profumato, schiumoso, economico, ecc.).


  5. Significato contestuale: il significato di una parola varia a seconda del contesto logico in cui è inserita. Anzi, proprio per il fatto di appartenere a un contesto logico, le parole acquistano una significato più definito che non quando sono isolate (fenomeno della ridondanza. Ad es. La madre si preoccupa della salute dei suoi figli). Nelle comunità si usano messaggi ridondanti per ridurre la fatica di comprendere le informazioni o per comprendere anche le informazioni incomplete o disturbate.

V) Lo sviluppo del linguaggio. Nell'uomo l'emissione di suoni da parte del sistema fonatorio precede di molto l'organizzazione della fonazione in linguaggio articolato.

  1. Il pianto della nascita è la prima manifestazione fonatoria: rappresenta lo stato di panico determinato dal repentino e totale cambiamento delle condizioni di vita del feto. In seguito, rappresenta un disagio interno (fame, sonno...), invocazione d'aiuto, reazione di protesta...;


  2. dalla nascita a 6 mesi può emettere solo grida, borbottii o vari tipi di pianto. I suoni non sono ancora linguaggio, anche se i fonemi si stanno trasformando in sillabe. Dopo il primo mese può reagire col sorriso quando sente la voce materna. A 3 mesi distingue differenti intonazioni emotive della voce (ira, gioia...) e voci diverse.


  3. Da 6 a 9 mesi emette un repertorio di suoni che comprende tutta la gamma posseduta dall'uomo. In questa fase tutti i bambini del mondo usano uno stesso linguaggio. Il neonato passa dalla semplice ripetizione di una sillaba (senza che vi sia la comprensione del significato) all'associazione fra la sillaba e ciò ch'essa significa.


  4. Da 9 mesi a 1 anno la gamma dei suoni si restringe e viene delimitandosi alle intonazioni del proprio ambiente di vita. A 10 mesi comprende le prime parole. La comprensione della parola precede sempre la sua produzione (anche nell'adulto, per lo studio delle lingue).


  5. Dall'età di 1 anno inizia la capacità di emettere una successione di suoni differenziati, per comporre una parola, che viene a riassumere il valore di una frase (ad es. "pappa" sta per "ho fame" o "non ho più fame"). La parola non è soggetta ad alcuna regola grammaticale.


  6. All'età di 18 mesi può comporre due parole in una frase, anche se vi sono bambini che iniziano a parlare solo a 2-3 anni (poi recuperano facilmente il tempo perduto).


  7. A 2 anni compone frasi sempre diverse, con un numero sempre maggiore di parole (circa 270, che diventano circa 1500 a 3 anni e circa 3500 a 6 anni). Inizia ad adottare regole grammaticali e sintattiche.


  8. All'età di 4 anni ha un lessico ampio, appropriato e organizzato secondo delle regole. Non riesce ancora a comprendere le "eccezioni" della grammatica.


  9. Dopo i 4 anni compaiono modi di esprimersi del tutto particolari (varianti stilistiche) legati all'ambiente di vita o del tutto personali.

VI) L'origine del linguaggio. La presenza di una naturale predisposizione al linguaggio (il corpo umano è geneticamente predisposto alla comunicazione verbale) è premessa necessaria ma non sufficiente a farlo maturare. La predisposizione dev'essere attivata entro un contesto di comunicazione umana e verbale, altrimenti non si manifesta (es: il caso di Victor, ritrovato per caso all'età di 12-13 anni in un bosco francese, che non imparò mai a parlare. Oppure, bambini allevati isolatamente da genitori ciechi che si comportano come se lo fossero). In definitiva, il linguaggio ha tre basi:

  1. biologica (a livello anatomo-fisiologico),


  2. intellettiva (che porta alla conoscenza),


  3. ambientale (che offre un mondo linguistico già compiuto, tanto che, in questo senso, non siamo noi a parlare ma è il linguaggio che ci fa parlare secondo norme sue proprie).






Fonte :  www.homolaicus.com/linguaggi/psico_linguaggio.htm
fonte foto : www.labible.ch/Produits/Images/Serie%20leaders%20-%20Donner%20une%20parole%20forte.jpg






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