giovedì 25 luglio 2019

I MAGI A BETLEMME (Mt 2,1-15) di Padre Felice Artuso




I  MAGI  A  BETLEMME  (Mt 2,1-15)
di Padre Felice Artuso 
                           
 
 
Alcuni autori biblici attestarono agli ebrei che Dio mediante particolari interventi avrebbe manifestato la sua potenza salvifica a tutte le nazioni del mondo. Aperti alla sua rivelazione, i popoli si sarebbero recati a Gerusalemme, lo avrebbero adorato e gli avrebbero offerto i loro doni . L’evangelista Matteo redige il testo evangelico del viaggio dei Magi, collegando gli annunci biblici agli eventi accaduti nell’infanzia e nell’esodo pasquale di Gesù. Vede nel cammino dei Magi verso Gerusalemme e Betlemme un anticipo della chiamata delle genti ad incontrarsi con il Signore. Scorge negli atteggiamenti di Erode il Grande e dei giudei una prefigurazione del rifiuto di Gesù, servo umile e pacifico. Tramite questo suggestivo componimento sollecita i lettori cristiani e pagani a prestare attenzione alla sua narrazione. Entriamo nel cuore del suo racconto evangelico.
Alcuni Magi, di cui Matteo non indica il nome, il numero, la nazionalità e la professione, studiano l’universo con i metodi degli astronomi coevi, interessati al movimento degli astri. Scoprono nel cielo una stella meravigliosa e diretta verso l’Occidente. Dal segno luminoso, chiaramente visibile nelle ore notturne, deducono che in Israele è nato il futuro re delle nazioni. Desiderano vederlo, conoscerlo, adorarlo e ricevere da lui dei piacevoli benefici. Organizzano un viaggio, che procura a loro difficoltà, imprevisti e stanchezze. Lasciano quindi l'Oriente, l’ambiente idolatra e tenebroso e, guidati dalla spettacolare stella, si dirigono verso Israele, nazione che adora il vero ed unico Dio. Percorrendo strade impervie, polverose e pericolose, arrivano a Gerusalemme, ricostruita da Erode all’apice del suo potere statale. Trovano la città, ornata da eleganti monumenti e abitata nei giorni feriali da circa 40.000 abitanti. Senza saperlo, attuano le previsioni profetiche .
Scomparso il bagliore della stella nelle ore della luce solare, domandano alla gente, abituata ai cortei stranieri: «Dov’è il re dei Giudei che è nato?» (Mt 2,2). Si accorgono tuttavia che la loro domanda suscita turbamento e sconcerto negli abitanti di Gerusalemme, che vivono nel torpore spirituale. Per l’evangelista la reazione di costoro preannuncia la forte agitazione che la folla manifestò davanti al Pretorio nel giorno della passione del Signore. Convinti d’essere vicini alla meta della loro indagine, i Magi non si preoccupano dell’improvvisa inquietudine della gente. Continuano a cercare utili informazioni per concludere positivamente il loro viaggio. Si recano quindi nella lussuosa reggia di Erode, detto il Grande per la sua politica espansionistica e per le sue opere pubbliche. Bussato alla porta del suo palazzo, sono accolti dall’anziano re, disposto ad ascoltarli. Notano che egli si turba alle loro domande, perché teme che il neonato re costituisca un’insidia al suo potere, conservato con l'intimidazione e l'eliminazione fisica di ogni sospetto oppositore. Non ricevono da lui una risposta immediata, perché sta sempre immenso negli affari dello Stato e dell’attività diplomatica.
Pregati di attendere, egli si ritira da loro, convoca e consulta i cortigiani, i sacerdoti e gli scribi, esperti nella Sacra Scrittura. Essi gli riferiscono che il Messia atteso doveva nascere a Betlemme. A tale notizia restano tuttavia indifferenti, non si premurano di andare a vedere e a conoscere il neonato, perché temono una violenta ritorsione di Erode. I loro successori assunsero un atteggiamento più rigido, trovandosi di fronte a Gesù che entrava trionfalmente nel tempio e rivelava a loro la sua regalità spirituale. Allarmati, si chiesero: «Chi è costui?» (Mt 21,10). Inoltre nel cortile del Pretorio fremettero contro di lui, lo dichiararono reo di morte e gridarono a Pilato che ne ordinasse la crocifissione .
Erode ritorna dai Magi e ricorda a loro le profezie messianiche sulla nascita del Messia. Li invia quindi a Betlemme. Senza munirli di una scorta, li incarica di compiervi un'indagine accurata sul neonato e di ripresentarsi nella reggia con i risultati ottenuti. Se la loro indagine avrà un soluzione positiva, si recherà anche lui a Betlemme, dove potrà venerare il nuovo re. Ottenute le informazioni, essi riprendono il viaggio e si rallegrano nel rivedere la stella, che conferma l’esattezza della loro direzione. Arrivati nella piccola borgata di Betlemme, si accorgono che scompare la splendida stella. Comprendono di aver terminano la loro ricerca e entrano nell'abitazione indicata. Vedono due poveri genitori e Gesù senza alcun segno di dignità regale. Non dubitano di essersi sbagliati. Riconoscono che il Bambino è la luce che illumina e dirige i popoli verso il mistero della salvezza. Avendo ricevuto molto da lui, lo adorano. Compiono poi un gesto di riconoscenza, offrendogli oro, incenso e mirra. Conclusa la loro investigazione, omettono di ritornare dal despota Erode. Prendendo un sentiero alternativo, si dirigono nei loro paesi d’origine, dove iniziano una nuova vita e parlano di Gesù ai loro coetanei. Una tardiva tradizione, intessuta di elementi leggendari, attesta che all’arrivo dei primi evangelizzatori ricevettero il Battesimo. Ritornati a Gerusalemme, testimoniarono la loro fede e morirono martiri. Il popolo riconobbe la loro santità e li iniziò a onorarli. I loro resti mortali furono trasferiti poi a Costantinopoli, a Milano e a Colonia, dove ricevettero una grande venerazione dalla gente locale. L’esempio dei Magi invita ogni uomo ad abbandonare le luci illusorie di questo mondo e a cercare Gesù, per incontrarlo, adorarlo e servirlo .
Attenendosi alle indicazioni teologiche dell’evangelista, i Padri della Chiesa vedono nella fortunata indagine dei Magi la realizzazione della promessa di Dio ad Abramo e la promessa di Giacobbe a Giuda (Gn 15,5; 49,10). Ravvisano in loro i primi rappresentanti dei pagani, chiamati ad incontrare Gesù, a riconoscere la sua regalità universale, a formare in lui il popolo santo e a dargli testimonianza fino alla morte (Mt 8,11-12). Dalla natura delle offerte a Gesù traggono queste applicazioni: l’oro indica sua regalità (Es 25,11; 35,5); l'incenso ne attesta la divinità (1 Cr 9,29-30; Sal 141.2); la mirra, balsamo antidolorifico e antiputrefazione annuncia la sua passione, morte, sepoltura e glorificazione. L’interpretazione teologica dei Padri, cominciata già con san Ireneo, è così riassunta nell’inno liturgico dell'Epifania: «O simboli profetici di segreta grandezza, che svelano alle genti una triplice gloria! Oro e incenso proclamano il Re e Dio immortale! La mirra annuncia l’Uomo deposto dal sepolcro!» . Collegandosi a questa interpretazione, l’arte scultorea e pittorica con molteplici varianti ha sempre evidenziato il significato dell’offerta e dell’adorazione dei Magi.
I teologi odierni osservano che una stella brilla sulle tenebre del mondo e guida gli uomini verso il Signore. Raccomandano ai cristiani di cercare il Signore e di lasciarsi orientare dalla sua luce divina. Consigliano di offrirgli il quotidiano sacrificio della preghiera, della penitenza, del lavoro, della carità e della sofferenza. La faticosa ricerca del bene è una virtù. Senza mai arrenderci alla stanchezza, cerchiamo sempre il Signore, accogliamolo quale sovrano della nostra vita, offriamogli i nostri doni spirituali e acconsentiamo che egli ci diriga verso la meta della gloria eterna.



 
 
 
 


Fonte : scritti e appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)








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