I MAGI A
BETLEMME (Mt 2,1-15)
di Padre Felice Artuso
Alcuni autori biblici attestarono agli ebrei che Dio
mediante particolari interventi avrebbe manifestato la sua potenza salvifica a
tutte le nazioni del mondo. Aperti alla sua rivelazione, i popoli si sarebbero
recati a Gerusalemme, lo avrebbero adorato e gli avrebbero offerto i loro doni .
L’evangelista Matteo redige il testo evangelico del viaggio dei Magi, collegando
gli annunci biblici agli eventi accaduti nell’infanzia e nell’esodo pasquale di
Gesù. Vede nel cammino dei Magi verso Gerusalemme e Betlemme un anticipo della
chiamata delle genti ad incontrarsi con il Signore. Scorge negli atteggiamenti
di Erode il Grande e dei giudei una prefigurazione del rifiuto di Gesù, servo
umile e pacifico. Tramite questo suggestivo componimento sollecita i lettori
cristiani e pagani a prestare attenzione alla sua narrazione. Entriamo nel cuore
del suo racconto evangelico.
Alcuni Magi, di cui Matteo non indica il nome, il numero, la nazionalità e la
professione, studiano l’universo con i metodi degli astronomi coevi, interessati
al movimento degli astri. Scoprono nel cielo una stella meravigliosa e diretta
verso l’Occidente. Dal segno luminoso, chiaramente visibile nelle ore notturne,
deducono che in Israele è nato il futuro re delle nazioni. Desiderano vederlo,
conoscerlo, adorarlo e ricevere da lui dei piacevoli benefici. Organizzano un
viaggio, che procura a loro difficoltà, imprevisti e stanchezze. Lasciano quindi
l'Oriente, l’ambiente idolatra e tenebroso e, guidati dalla spettacolare stella,
si dirigono verso Israele, nazione che adora il vero ed unico Dio. Percorrendo
strade impervie, polverose e pericolose, arrivano a Gerusalemme, ricostruita da
Erode all’apice del suo potere statale. Trovano la città, ornata da eleganti
monumenti e abitata nei giorni feriali da circa 40.000 abitanti. Senza saperlo,
attuano le previsioni profetiche .
Scomparso il bagliore della stella nelle ore della luce solare, domandano alla
gente, abituata ai cortei stranieri: «Dov’è il re dei Giudei che è nato?» (Mt
2,2). Si accorgono tuttavia che la loro domanda suscita turbamento e sconcerto
negli abitanti di Gerusalemme, che vivono nel torpore spirituale. Per
l’evangelista la reazione di costoro preannuncia la forte agitazione che la
folla manifestò davanti al Pretorio nel giorno della passione del Signore.
Convinti d’essere vicini alla meta della loro indagine, i Magi non si
preoccupano dell’improvvisa inquietudine della gente. Continuano a cercare utili
informazioni per concludere positivamente il loro viaggio. Si recano quindi
nella lussuosa reggia di Erode, detto il Grande per la sua politica
espansionistica e per le sue opere pubbliche. Bussato alla porta del suo
palazzo, sono accolti dall’anziano re, disposto ad ascoltarli. Notano che egli
si turba alle loro domande, perché teme che il neonato re costituisca un’insidia
al suo potere, conservato con l'intimidazione e l'eliminazione fisica di ogni
sospetto oppositore. Non ricevono da lui una risposta immediata, perché sta
sempre immenso negli affari dello Stato e dell’attività diplomatica.
Pregati di attendere, egli si ritira da loro, convoca e consulta i cortigiani, i
sacerdoti e gli scribi, esperti nella Sacra Scrittura. Essi gli riferiscono che
il Messia atteso doveva nascere a Betlemme. A tale notizia restano tuttavia
indifferenti, non si premurano di andare a vedere e a conoscere il neonato,
perché temono una violenta ritorsione di Erode. I loro successori assunsero un
atteggiamento più rigido, trovandosi di fronte a Gesù che entrava trionfalmente
nel tempio e rivelava a loro la sua regalità spirituale. Allarmati, si chiesero:
«Chi è costui?» (Mt 21,10). Inoltre nel cortile del Pretorio fremettero contro
di lui, lo dichiararono reo di morte e gridarono a Pilato che ne ordinasse la
crocifissione .
Erode ritorna dai Magi e ricorda a loro le profezie messianiche sulla nascita
del Messia. Li invia quindi a Betlemme. Senza munirli di una scorta, li incarica
di compiervi un'indagine accurata sul neonato e di ripresentarsi nella reggia
con i risultati ottenuti. Se la loro indagine avrà un soluzione positiva, si
recherà anche lui a Betlemme, dove potrà venerare il nuovo re. Ottenute le
informazioni, essi riprendono il viaggio e si rallegrano nel rivedere la stella,
che conferma l’esattezza della loro direzione. Arrivati nella piccola borgata di
Betlemme, si accorgono che scompare la splendida stella. Comprendono di aver
terminano la loro ricerca e entrano nell'abitazione indicata. Vedono due poveri
genitori e Gesù senza alcun segno di dignità regale. Non dubitano di essersi
sbagliati. Riconoscono che il Bambino è la luce che illumina e dirige i popoli
verso il mistero della salvezza. Avendo ricevuto molto da lui, lo adorano.
Compiono poi un gesto di riconoscenza, offrendogli oro, incenso e mirra.
Conclusa la loro investigazione, omettono di ritornare dal despota Erode.
Prendendo un sentiero alternativo, si dirigono nei loro paesi d’origine, dove
iniziano una nuova vita e parlano di Gesù ai loro coetanei. Una tardiva
tradizione, intessuta di elementi leggendari, attesta che all’arrivo dei primi
evangelizzatori ricevettero il Battesimo. Ritornati a Gerusalemme,
testimoniarono la loro fede e morirono martiri. Il popolo riconobbe la loro
santità e li iniziò a onorarli. I loro resti mortali furono trasferiti poi a
Costantinopoli, a Milano e a Colonia, dove ricevettero una grande venerazione
dalla gente locale. L’esempio dei Magi invita ogni uomo ad abbandonare le luci
illusorie di questo mondo e a cercare Gesù, per incontrarlo, adorarlo e servirlo
.
Attenendosi alle indicazioni teologiche dell’evangelista, i Padri della Chiesa
vedono nella fortunata indagine dei Magi la realizzazione della promessa di Dio
ad Abramo e la promessa di Giacobbe a Giuda (Gn 15,5; 49,10). Ravvisano in loro
i primi rappresentanti dei pagani, chiamati ad incontrare Gesù, a riconoscere la
sua regalità universale, a formare in lui il popolo santo e a dargli
testimonianza fino alla morte (Mt 8,11-12). Dalla natura delle offerte a Gesù
traggono queste applicazioni: l’oro indica sua regalità (Es 25,11; 35,5);
l'incenso ne attesta la divinità (1 Cr 9,29-30; Sal 141.2); la mirra, balsamo
antidolorifico e antiputrefazione annuncia la sua passione, morte, sepoltura e
glorificazione. L’interpretazione teologica dei Padri, cominciata già con san
Ireneo, è così riassunta nell’inno liturgico dell'Epifania: «O simboli profetici
di segreta grandezza, che svelano alle genti una triplice gloria! Oro e incenso
proclamano il Re e Dio immortale! La mirra annuncia l’Uomo deposto dal
sepolcro!» . Collegandosi a questa interpretazione, l’arte scultorea e pittorica
con molteplici varianti ha sempre evidenziato il significato dell’offerta e
dell’adorazione dei Magi.
I teologi odierni osservano che una stella brilla sulle tenebre del mondo e
guida gli uomini verso il Signore. Raccomandano ai cristiani di cercare il
Signore e di lasciarsi orientare dalla sua luce divina. Consigliano di offrirgli
il quotidiano sacrificio della preghiera, della penitenza, del lavoro, della
carità e della sofferenza. La faticosa ricerca del bene è una virtù. Senza mai
arrenderci alla stanchezza, cerchiamo sempre il Signore, accogliamolo quale
sovrano della nostra vita, offriamogli i nostri doni spirituali e acconsentiamo
che egli ci diriga verso la meta della gloria eterna.
Fonte : scritti e
appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)
Nessun commento:
Posta un commento