giovedì 25 luglio 2019

MEMORIA DELLA PASSIONE DEL SIGNORE , di Padre Felice Artuso



MEMORIA DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
di Padre Felice Artuso 
                           
 
 
 
La memoria della passione del Signore nella preghiera antica

Ogni popolo ricorda con frequenza gli eventi lieti e tristi della sua storia. Conserva così la propria identità e progetta un futuro piacevole. Se dimenticasse il suo passato, trascurerebbe le proprie caratteristiche, si conformerebbe facilmente alla mentalità di altri popoli e rischierebbe di scomparire alla svelta.
Per distinguersi dalle altre nazioni, il popolo d’Israele evoca sempre le sue origini e la sua storia. Ripete ogni giorno la professione di fede nell’unicità di Dio, nella quale ricorda l’impegno ad amare lui con tutte le facoltà interiori e a darne testimonianza (Dt 6,4-7). Recita anche la formula inerente gli inizi della sua elezione a divenire il popolo di Dio: «Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa» (Dt 26,5). Nei riti familiari, nelle celebrazioni liturgiche del sabato e delle solennità annuali dà risalto agli episodi più considerevoli del suo passato (Lv 32,1ss). Passa in rassegna gli eventi, che gli hanno procurato consistenza e libertà. Nel memoriale pasquale presenta a Dio le preoccupazioni, le afflizioni e le aspirazioni personali (Sal 34,19), lo ringrazia Dio per tutto quello che ha fatto (Es 12,14), si affida quindi alla sua potenza redentrice e rinnovatrice.
Reputa la preghiera quotidiana equivalente ai sacrifici del tempio. Alimenta la sua fede in Dio, cantandogli dei salmi (Sal 119,164) all'aurora, a mezzogiorno e alla sera (Sal 55,18; Dn 6,11). Considera che il momento del culto più eminente è l’ora dell’olocausto mattutino e vespertino (Sal 5,4; 4,5-6). In questi due tratti di tempo s’associa alla preghiera ufficiale dei sacerdoti nel tempio (Es 29,38-39; Sal 141,2; Sir 50,20). Per consacrare poi a Dio tutta la creazione, secondo le proprie possibilità canta o recita dei salmi nelle ore notturne (Sal 119,62).
All’orario della preghiera quotidiana i farisei aggiungono delle spontanee benedizioni, da eseguirsi specialmente prima e dopo il pasto. Nel periodo di rottura con i giudeocristiani terminano la salmodia mattutina e pomeridiana, inserendovi 18 benedizioni, tuttora conosciute. Il Talmud mantiene l’osservanza della preghiera oraria, ricevuta dalla tradizione farisaica.
Gesù si attiene ai ritmi e alle norme liturgiche del suo popolo. Salmeggia abitualmente al mattino, a mezzogiorno, a sera e durante la notte. In privato e nei raduni comunitari canta i salmi con gioia o con il cuore contrito. Prima e dopo i pasti benedice Dio per i doni della terra. Nelle preghiere personali adora, loda, invoca il Padre celeste e intercede per tutti. Insegna ai suoi discepoli di pregare con insistenza e con fiducia (Lc 18,1-8). Nell’istituzione eucaristica comanda agli apostoli di ricordare il dono del suo corpo e del suo sangue: «Fate questo in ricordo di me» (Lc 22,19). Sul Calvario celebra un’autentica azione liturgica: immola se stesso sull’altare della croce, si offre al Padre suo e lo glorifica pienamente. Lascia alla Chiesa un autentico esempio di adorazione, di lode, di supplica, di offerta e di abbandono a Dio, creatore, salvatore e santificatore.
I primi cristiani, uomini e donne, perseverano nella memoria pasquale. Partecipano alla sacra liturgia del tempio o della sinagoga. Tramite la salmodia rivivono le grandi opere di Dio, gli offrono il sacrificio della lode (Eb 13,15) e gli rendono un culto pubblico. Ricordano anche l’atteggiamento misericordioso e ablativo di Gesù, morente sulla croce. Santificano poi il corso del giorno, evocando il suo esodo pasquale, fonte di perenne gioia (At 3,1; 10,9; 16,25). Non avendo ancora dei luoghi destinati al nuovo culto comunitario, celebrano l’eucaristica in alcune grotte e nelle case private (1 Cor 11,21). Prolungano il culto di lode a Dio Padre, offrendogli Gesù, vittima pura e santa. Uniscono a quest’offerta le sofferenze di ogni persona. Gli chiedono quindi la liberazione dal peccato, la comunione fraterna e il dono della salvezza ultraterrena.
Allenato nell’orazione personale e comunitaria, l’apostolo Paolo raccomanda ai cristiani di pregare a tutte le ore, per impedire le deviazioni da Dio, per unirsi saldamente a Gesù Cristo, per percorrere un’ascensione spirituale. Infatti scrive: «Siate incessantemente nella preghiera: in ogni circostanza rendete grazie» (1 Ts 5,17). «Siate in preghiera in ogni tempo» (Ef 6,8). «Siate perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12).
Nel secolo II i cristiani, che vogliono vincere le tentazioni del mondo, privilegiano la liturgia delle Ore. Secondo il libro della Didaché (8,2-3) osservano i tempi liturgici degli olocausti ebraici e li pongono in stretta relazione con la celebrazione eucaristica. All’alba, prima di iniziare l'attività quotidiana, celebrano le Lodi, in cui ricordano la gloriosa risurrezione di Gesù e pregano lui, aurora e garanzia di un mondo nuovo. Al tramonto del sole interrompono il lavoro e celebrano i Vesperi, nei quali evocano la sua morte e sepoltura. Osservano inoltre le Ore minori di Terza, Sesta e Nona.
Trasmettendo la prassi liturgica della comunità romana, Ippolito dà un'indicazione oraria per la preghiera privata e la riferisce ai momenti principali della passione redentrice del Signore. Attesta che occorre attenersi a questa consuetudine: «All'ora terza, se sei a casa tua, prega e loda Dio; se, in questo preciso momento, sei altrove, prega Dio nel tuo cuore. A tale ora difatti il Cristo fu inchiodato sulla croce… Ugualmente prega all’ora sesta, perché, quando il Cristo fu inchiodato sul legno della croce, il giorno fu interrotto e si ebbe una grande oscurità. Pertanto a quell’ora si faccia una preghiera vigorosa, imitando la voce di Colui che pregò e ricoprì di tenebre l’intero creato… Alla nona ora si preghi e si lodi a lungo Dio. A quell’ora il Cristo fu colpito nel costato ed effuse sangue ed acqua e rischiarò il resto del giorno fino a sera» .
I monaci egiziani, greci e slavi conservano il principio della preghiera continua, attenendosi più o meno alla stessa disposizione oraria, menzionata da Ippolito. Nel corso della giornata si presentano più volte al Signore, loro sposo. Durante lo svolgimento della preghiera uniscono alla salmodia la memoria della passione, morte, sepoltura, risurrezione ed esaltazione di Gesù. Si uniformano a «quelle che furono le ore canoniche: all'ora terza cioè alle nove del mattino, preghiera in onore della preparazione del legno della croce; all'ora sesta, cioè a mezzogiorno, salmi, lamentazioni e orazioni in onore di Cristo inchiodato sulla croce; a all'ora nona, cioè alle tre del pomeriggio, inni e preghiere diverse in onore di Cristo morente sulla croce; all'ora dodicesima, cioè alle sei di sera, un ufficio più lungo in onore di Cristo disceso all'inferno» .
I Padri della Chiesa reputano che nella preghiera liturgica Gesù prosegue a lodare Dio Padre, a invocarlo e operare mediante il suo Santo Spirito. Raccomandano la recita o il canto comunitario dei salmi, quale mezzo che apre a Dio, dispone a comprenderlo, ad abbandonare il peccato e a crescere nell’amore. Organizzano la liturgia delle Ore con lo stesso riferimento cronologico delle prime comunità cristiane. Mettono in primo piano la celebrazione delle Lodi e dei Vespri, essendo i momenti più adatti per il ricordo degli eventi dolorosi e gloriosi del Signore. Scelgono i salmi più adeguati alle Ore canoniche, alle solennità, alle feste, alle domeniche e alle memorie liturgiche. Estraggono dai salmi delle brevi antifone e dei responsori, che favoriscono la contemplazione di un fatto salvifico. Inseriscono nella salmodia le letture bibliche, gli inni evangelici, il Padre nostro e le molteplici invocazioni, corrispondenti ai bisogni quotidiani. Educano i cristiani a percepire l'afflato spirituale di tutti testi biblici, dove Gesù prega il Padre con la Chiesa, sua sposa. Li esortano a riconoscere la sua voce che parla con Dio e con loro. Li invitano anche a penetrare nei suoi vari sentimenti, per conferire più efficacia alla loro preghiera. Inoltre suggeriscono ad ognuno delle pertinenti riflessioni e indicano applicazioni di natura teologica, sacramentale e morale.
Danno alle ricorrenze festive un’impostazione solenne e gioiosa. Incensano l'altare, che rappresenta il Signore, vittima immolata. Sistemano l'Ufficio del Venerdì Santo, riferendolo alle molteplici spoliazioni, rinunce, umiliazioni e sofferenze di Gesù.. Imprimono ad ogni mercoledì e venerdì un volto penitenziale, scegliendo i salmi di lamentazione e le letture bibliche che evocano il percorso doloroso di Gesù. Compongono delle invocazioni nelle quali chiedono a Dio la liberazione dal peccato e da ogni mele. Per la celebrazione delle Ore Minori immettono un breve ricordo della storia della salvezza, che il suo apice nella crocifissione, nell’agonia, nella morte, nella sepoltura e nella risurrezione di Gesù, come anche nel dono dello Spirito Santo, nell’inizio della predicazione evangelica e nell’attesa della gloria eterna.
Iniziano la preghiera liturgica con il segno della croce e con il versetto salmico: «O Dio, vieni a salvarmi; Signore, vieni presto in mio aiuto» (Sal 70,2). Intercalano ogni salmo con la lode trinitaria del «Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo». Per corrispondere all'auspicio del papa Gregorio Magno, dispongono che la salmodia sia cantata assieme nelle chiese, nei monasteri e nelle case private. Concludono la liturgia con una preghiera e una benedizione.


La preghiera salmica nel monachesimo, negli istituti religiosi e nella Chiesa

I primi eremiti d’Oriente memorizzano tutto il Salterio, per evocarlo personalmente nell’arco di una giornata. I monaci invece si radunano negli orari stabiliti e assieme cantano i salmi, riferendoli a tutta la vita di Gesù, specialmente alla sua passione, morte, risurrezione ed esaltazione .
I monaci d’Occidente apprendono il metodo di preghiera dagli orientali e applicano il significato dei salmi alla esodo pasquale di Gesù. Infatti, commentando il versetto salmico «come incenso salga a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera» (Sal 41,2) san Giovanni Cassiano conferisce la seguente interpretazione cristologica: «In queste parole si può comprendere più spiritualmente un'allusione a quel sacrificio della sera, compiuto dal Signore e Salvatore durante l'ultima Cena… oppure a quello stesso sacrificio che …offrì alla sera» sul Golgota .
San Benedetto di Norcia insegna ai monaci che il Salterio è il principale libro di preghiera. Ritma la loro giornata sull'ascolto della Parola di Dio, sulla preghiera corale e sul lavoro. Programma che cantino tutti i salmi nel corso di una settimana.
I legislatori successivi considerano la salmodia delle Ore canoniche la principale attività spirituale del cristiano. Rilevano che essa distoglie dalle effimere vanità, suscita il desiderio di riparare il male, induce a camminare dietro a Gesù e incrementa la speranza teologale. Inventano l’orologio meccanico, per sincronizzare i ritmi della preghiera, del lavoro e del riposo.
San Bernardo, grande maestro di contemplazione, esorta i monaci di prestare la massima attenzione al canto dei salmi, di vivacizzarlo e di unire ad ogni Ora canonica un particolare stato d'animo: la vigilanza per accogliere l’arrivo del nuovo giorno, il pentimento per le conseguenze del peccato, la compassione per la morte di Gesù e la gioia per la sua gloriosa risurrezione.
Il benedettino Goscelin di Sant-Bertin, guida esperta nella preghiera, propone di dedicare tutte le ore della giornata a un episodio della passione del Signore.
San Francesco d’Assisi adotta il Breviario della curia romana. Esorta i suoi frati e le suore claustrali ad onorare, a benedire e a supplicare Dio, servendosi dei salmi. Compone un Ufficio della passione del Signore e vi inserisce un’antifona, che echeggia la sua regola di vita. Ricevute le stimmate, contempla nei salmi i momenti dolorosi e gloriosi di Gesù.
Santa Chiara educa le novizie a contemplare di Gesù, ricorrendo alla lettura dei salmi. Lei stessa «tra le ore del giorno, di solito a Sesta e a Nona, è più compresa in Dio, per immolarsi con il Signore immolato» .
San Bonaventura, divenuto generale dei Frati Minori, amplia e perfeziona l’Ufficio della passione del Signore, approntato da san Francesco . Raccomanda ad ognuno di loro: «Medita come per te digiunò, ebbe fame e sete, lavorò e si stancò. Per te pianse, sudò sangue, ti alimentò con il suo santissimo Corpo e preziosissimo Sangue. Medita come per te fu schiaffeggiato, sputacchiato e deriso e flagellato. Non dimenticare che è stato crocifisso per te, ricoperto di piaghe e ucciso con una morte orrenda e amarissima. In questo modo ti ha redenta» .
In seguito i religiosi perfezionano i metodi di meditazione, nella quale selezionano i propri pensieri, giudicano i loro atti, suscitano la conversione, incrementano la padronanza interiore e si dispongono a pregare più intensamente. Inoltre pubblicano libri di orazione e di meditazione sulla passione, morte e risurrezione del Signore. Compilano anche delle filastrocche orecchiabili, per disporre l'orante ad immedesimarsi nell’annientamento di Gesù e nelle continue sofferenze della Chiesa. Accanto alla preghiera liturgica, divenuta un ufficio clericale, sviluppano la pratica delle devozioni personali.
Giovanni Ruysbroeck introduce l'Orologio della passione del Signore nel quale ad ogni ora del giorno dà delle indicazioni commemorative, che partono della lavanda dei piedi dei discepoli e terminano con la sepoltura di Gesù .
La badessa agostiniana, santa Chiara da Montefalco, insignita di visioni estatiche, osserva l’indicazione di Ruisbroeck. A sua volta prescrive alle sue monache: «Dovete sempre meditare la passione di Cristo. All'inizio della giornata fate memoria della flagellazione di Gesù; all'ora prima, dell'Ecce Homo; all'ora terza, di Gesù che porta la croce; all'ora sesta, di Gesù crocifisso; all'ora nona, della morte di Gesù; a Compieta, della sepoltura di Gesù. Durante le altre ore, dell'incoronazione di spine, delle sofferenze di Maria Vergine» .
Passano alcuni secoli e mons. Tommaso Struzzieri passionista, accoglie lo schema della cronologia della passione menzionata e nell’opuscolo dei suoi propositi scrive: «Per recitare con applicazione il s. Officio lo distribuirò sopra la Passione di Gesù Cristo nella seguente maniera. Nel primo notturno penserò al sudore di sangue di Gesù nell'orto, nel secondo notturno alla prigionia dolorosa di Gesù, nel terzo allo strapazzo che ebbe Gesù dall'orto a Gerusalemme. Nelle laudi alle pene sofferte da Gesù allorché fu trascinato in diversi tribunali. A prima alla flagellazione. A terza alla coronazione di spine. A sesta alla crocifissione, a nona alla morte di croce; e a vespro la sepoltura. A compieta al dolore di Maria Santissima, che se ne ritornò a casa senza il Suo Figlio» .
In questo periodo qualche autore tenta di introdurre il popolo nei ritmi della preghiera liturgica, inventando delle preghiere sostitutive al Breviario come le Coroncine e i Piccoli Uffici Votivi della passione di Gesù e della compassione di Maria. Sollecita pertanto il popolo a ricordare la cronologia della passione di Gesù e gli eventi posteriori, così elencarli: l'orazione e la cattura; i processi, presieduti da Caifa e da Pilato; la flagellazione, l'incoronazione di spine e la salita al Calvario; la crocifissione e la diffusione delle tenebre; la morte e i fenomeni tellurici; la deposizione dalla croce e la sepoltura; la risurrezione e le apparizioni; l'effusione dello Spirito Santo; la predicazione apostolica e l'attesa dell’incontro finale con il Signore.
Non ottiene ottimi risultati, perché i fedeli laici preferiscono pregare nella loro lingua e praticare le proprie devozioni. Svanisce quindi nelle loro coscienze il significato teologico delle singole Ore canoniche. Rimane tuttavia in vigore il Breviario di Pio V, pubblicato nel 1568 per il clero, per i monaci e per i religiosi.
L'introduzione della lingua nazionale a norma del Concilio Ecumenico Vaticano II risolve il problema della preghiera comune, ordinata ad inserire l’orante nella storia salvifica, a contemplare le opere della nostra redenzione, a santificare tutto il corso del giorno e a intercedere per le necessità di tutti gli uomini. Nel 1971 Paolo VI promulga il nuovo Ufficio Divino, che completa il rinnovamento della celebrazione corale, attenendosi all’indole festiva o penitenziale di ogni ricorrenza.
Nei giorni domenicali e festivi l’Ufficio dà più spazio ai salmi che annunciano il passaggio di Gesù dalla morte alla vita gloriosa e rispondono alle attese sia di Dio che degli uomini. Nei venerdì conferisce più rilevanza ai salmi, che commemorano le opere salvifiche di Dio ed evocano le sofferenze di Gesù. Reca maggiore rilievo al triduo pasquale, nel quale la Chiesa in un clima di fervida preghiera rivive solennemente l’esodo pasquale di Gesù, si associa ai suoi sentimenti, entra nel processo storico salvifico di Dio e incrementa il desiderio di salvezza.
Le citazioni bibliche delle Lodi invitano a contemplare la risurrezione e ad offrire a Dio le fatiche della giornata. I testi biblici dei Vespri contengono allusioni o riferimenti espliciti alla passione del Signore. Ricordano con insistenza le sue sofferenze e quelle del prossimo. Esortano tutti gli oranti a rendere grazie a Dio per i suoi meravigliosi interventi nella storia.



 
 
 
 


Fonte : scritti e appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista) , e-mail: feliceartuso@katamail.com  .






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