Monastero Janua Coeli
Sr. Maria Teresa della Croce,
O.Carm.
DIO CI CHIAMA
Chiamati
a stare insieme
È
la vita insieme che fa apparire i limiti e le debolezze di ciascuno, che fa
venire alla luce i lati tenebrosi dell'esistenza. Vivendo con gli altri è
possibile che emergano questi aspetti: chi vive riparato, chi si isola, chi
cerca di nascondersi per paura di essere visto nella sua debolezza, nasconde
anche inevitabilmente i suoi doni, la grazia che opera in lui e, cosa ancor più
tragica, la nasconde anche ai propri occhi. L'altalena dell'entusiasmo e della
delusione di fronte a chi vive con noi nel lento scorrere degli anni costruisce
il nostro volto interiore e permette di accogliere la fragilità di ognuno come
anche la grandezza quando si è completamente aperti e disponibile ad amare e a
lasciarsi amare.
La
debolezza che si svela contiene la forza di Dio. È vero che Dio rimette i
peccati è pur vero che il suo perdono lo si vede soltanto attraverso i fratelli.
Il ritrovarsi ogni giorno con lo stesso volto davanti e tutto il bagaglio della
memoria di fatti, parole, sensazioni richiede eroismo. Qui deve emergere la
qualità della vita cristiana perché la normale convivenza non sia campo di salto
agli ostacoli, ma occasione di manifestare l'amore autentico capace di morire
per risorgere nella vita dell'altro. È nella concretezza del quotidiano che è
possibile fare esperienza del dinamismo della risurrezione, operando il faticoso
passaggio dall' 'io' al 'noi', da 'gli altri per me' a 'io per gli altri'.
Il
Risorto lo si incontra lì dove si aprono le piaghe dell'incredulità e
dell'indifferenza, del ritrovarsi quasi estranei nonostante le ore trascorse
insieme. La coscienza del proprio limite libera l'uomo dal pericolo
dell'illusione. È un evento dinamico la vita cristiana, costruita non una volta
per sempre ma giorno dopo giorno, riscoperta nel perdono e nelle energie della
fede. Si tratta di crescere nell'amore fino alla capacità di vedere nell'altro
un dono del Signore e quindi a sganciarsi dalla logica della pretesa, del
possesso, del giudizio, mali tipici del vivere sotto lo stesso tetto.
Assumere
l'altro come un fratello anche se è tuo marito o tuo figlio richiede un prezzo
molto alto: la capacità tremenda di ricominciare, la pazienza senza limiti, il
restare vigilanti contro il rischio di raffreddarsi, l'affetto vero verso
l'altro, un perdono che dimentica… Ognuno di noi sa che quando si diventa un po'
cattivi è perché si è stati feriti da qualcosa, non ci si è sentiti compresi e
amati… se davvero siamo coscienti di questa realtà in noi avvicinandoci
all'altro dobbiamo pensare che in lui avviene la stessa cosa. Quando non si
sente amato da me, è allora che mi respinge, che mi ferisce… e aspetta che io
comprenda il suo dolore, mentre io sto lì a compassionare il mio. Accettare di
esporre se stessi non è facile perché si ha sempre la paura di essere in qualche
modo buttati via.
L'uomo è e resta sempre un mistero. L'insulto, l'offesa, il disprezzo sono i
segni di un disagio interiore nei riguardi dell'ambiente umano dove ci si trova.
L'aggressività e l'ostentazione o l'isolamento e il mutismo sono i volti di un
trincerarsi interiore a difesa di se stessi. Le tensioni e i conflitti nelle
famiglie derivano da una incapacità di integrarsi in un equilibrio intelligente
che non vada con le pulsioni del sentimento momentaneo. È necessario imparare ad
ascoltare il cuore dell'altro più che le parole e i gesti se vogliamo vivere
nelle profondità dell'amore di Dio e non nelle increspature superficiali di ciò
che appare.
Meditiamo ancora su di noi: sappiamo bene che le nostre parole non dicono tutto
quello che noi siamo veramente. Il condizionamento vicendevole è il nemico più
subdolo dell'uomo. Quella sorta di timidezza, di vergogna che ci fa diventare
aspri o puerili ci impedisce di comunicare e di partecipare alla vita altrui. Ci
si vuole bene, ma non basta. Perché il bene muore se non ci si sente oggetto di
comprensione a propria misura. Non serve che io dica: ti amo, quando quello
tutto sente meno che il mio amore. Lo amo sì, ma a modo mio, non a modo suo. E
allora non è amore dell'altro, è ancora amore a me stesso. L'attenzione a chi mi
sta a fianco deve portarmi a capire come l'altro vuole essere amato.
Gesù cosa ha fatto nell'incontro personale con gli altri? ha offerto la sua
presenza benevola, e atteso che i semi della parola e della fede germogliassero.
L'abbandono degli apostoli, il rinnegamento di Pietro, i peccati della
Maddalena, la chiusura dei farisei non lo hanno scandalizzato né turbato. Sapeva
che non sarebbe andato perduto ciò che aveva loro detto e proposto… e infatti
noi abbiamo uomini che vanno davanti al sinedrio e non hanno timore di dire che
è necessario obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, abbiamo un Pietro che
predica, che arriva al cuore dell'impero romano per morire su una croce, abbiamo
una Maria di Magdala che riceve per prima la grazia della risurrezione, e
abbiamo un fariseo figlio di farisei, Paolo di Tarso, apostolo delle genti.
Siamo capaci di offrire alle persone che ci sono accanto e che pensiamo di
conoscere meglio di chiunque altro il silenzio della contemplazione e del
rispetto? Vogliamo provare a restare in silenzio per entrare in quel largo
spazio di 'non conosciuto' che avvolge la vita altrui, in quel mistero 'ignoto'
che ognuno porta dentro di sé? Il fatto di avere tra i piedi una persona da anni
e anni e di sapere di lei una marea di dettagli non significa 'conoscerla'.
Molto spesso i discorsi intempestivi che si fanno su temi tanto delicati quale è
la vita familiare, la vita di coppia, il relazionarsi con i figli, i problemi
del mondo presente e futuro danno eccessiva importanza a ciò che non ne ha
perché si pianifica tutto e si dimentica che la coscienza personale è il giudice
ultimo della moralità degli atti umani.
Lontani come siamo dal saper tacere il giudizio in noi secondo il paradigma di
noi stessi abbiamo perduto il segreto della somiglianza con Dio. Egli ha creato
l'uomo e la donna, perché nella diversità fossero complementari e nella loro
unità fossero figura dell'amore eterno del Padre e del Figlio che si donano in
un amore si fa persona e si chiama Spirito Santo. Non ha creato un altro uomo
perché il primo uomo non fosse solo… l'unità non si trova quando si vive d'amore
e d'accordo, ma quando si accetta la differenza dell'altro come possibilità di
appartenenza e di fecondità. La rovina delle famiglie è il parlare troppo di ciò
che si deve o non si deve fare: siamo tutti vittime del primo peccato, il
desiderio sfrenato di onnipotenza, il poter decidere da sé ciò che è bene e ciò
che è male… non ricordiamo che il Signore ci aveva chiamato a godere di tutto
ciò che ci aveva dato.
Il
nostro impegno: mettiamoci di fronte alle persone con cui viviamo abitualmente
come di fronte al 'mistero'. Un mistero che scandalizza e urta la nostra
mentalità debole e fragile, un mistero che è però il luogo discriminante della
nostra fede. Dice sant'Agostino: 'Se ami, non dire: Io non ho carismi;
infatti, se ami l'unità, quello che tuo fratello possiede in essa, è per te che
lo possiede. Respingi l'invidia e allora quello che ho è tuo; e quello che hai è
mio'. L'altro diventa così il mio custode e io devo sentirmi custode della
sua vita e del suo camminare, custodi insieme della preziosità di Dio in noi.
Quando ci prende l'invidia? Quando non capiamo che la nostra persona vale
qualcosa, per Dio e per gli altri. Non facciamo torto a Dio, desiderando di
essere diversi o lamentando di non avere quello che vorremmo. Il segreto della
vita è in noi. La preghiera può aiutarci a ritrovare l'immagine di Dio dentro la
nostra esperienza umana. La nostra santità non è nel fare, ma nel togliere via.
Come chi scolpisce da un blocco di marmo fa emergere la figura scultorea dalla
massa togliendo via ciò che è in più, così l'uomo è chiamato a togliere via da
sé ciò che cela la sua immagine profonda. Chi vuole ad esempio raggiungere la
pazienza eliminando le occasioni che lo portano ad essere irascibile diventa
nevrotico, non paziente, perché non sta in lui la possibilità di evitare ogni
circostanza negativa di vita. Per arrivare ad esserlo -pazienti -, deve
piuttosto contenere in sé la molla dell'ira, e allora in qualunque momento e in
qualunque occasione la pazienza sarà in lui. È un lavoro di scalpello che
richiede arte ma soprattutto calma.
La
fretta non è nella qualità della vita cristiana. Il tempo è di Dio, l'attesa è
dell'uomo. E il respiro che rende operante ogni energia di vita in noi e attorno
a noi è la preghiera. Non possiamo sottrarci al vivere quotidianamente la morte
di noi stessi, che lo vogliamo o no, ma non dobbiamo dimenticare, e questo
dipende da noi, che la risurrezione si cela nelle nostre piaghe per farci vivere
di Lui, fin da ora. Il fratello è per noi sepolcro di morte e di fango, una
croce maledetta? Può essere, ma è lì che trovo la vita nuova, in nessun altro
luogo.
Il
Cristo risorto non assume ormai che le sembianze dei fratelli: un ortolano, un
viandante, un fantasma, un uomo sulla riva del lago… lo riconoscerai quando ti
sentirai chiamare per nome o quando ti arderà il cuore mentre ti parla. Non
pescherai nulla nella notte della tua solitudine e della tua delusione, le reti
si spezzeranno quando Lui ti strapperà alle acque amare delle tue fatiche e ti
donerà te stesso trasfigurato di perdono, ricevuto e donato a piene mani. A chi
rimetterete i peccati, saranno rimessi… è questa la pace!
Impegno mensile
Contemplerò in un silenzio di preghiera le persone della mia famiglia con cui vivo ogni giorno e ascolterò il loro cuore, pensando che in loro è il Cristo risorto che viene a me. Come fosse oggi il primo giorno della mia vita, mi aprirò alla gioia di sentirmi amata come sono da Dio e cercherò di far sentire il mio amore a chi è accanto a me, senza pretendere o cercare altro…
sr teresa della +
Fonte :
Monastero Janua Coeli -
Santuario dell’Addolorata (Comunità monastica carmelitana), 58010 Cerreto
di Sorano GR tel. 0564.633298-633073, fax 0564.632742 ,
ccp 11855582,
e-mail:
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