LA PASSIONE DEL SIGNORE NEL
CINEMA
di Padre Felice Artuso
Gli antichi si compiacevano di riprodurre sulle pareti
rocciose le persone e gli animali in movimento. Copiando dai graffiti antichi,
gli orientali improvvisano il gioco delle ombre in movimento. I francesi e i
tedeschi le adottano nei teatri Nel 1640 il gesuita tedesco Athanasius Kircher
inventa la lanterna magica, uno strumento con lastre di vetro colorate a mano,
che proietta su uno schermo le immagini. Per educare gli studenti alla fede e
per mostrare la bellezza del messaggio evangelico, i Gesuiti utilizzano questo
apparecchio da cui scaturirà il moderno proiettore di diapositive.
Nel 1895 il francese Luigi Lumière, fotografo di talento, sostituisce e
perfeziona la lanterna magica. Servendosi di una cremagliera a scatti
concatenati, proietta su un muro le immagini in movimento. La sua invenzione
cinetica, iniziata con sequenze in bianco e nero, in seguito è perfezionata con
l’aggiunta del sonoro e del policromo. Avendo caratteristiche educative e
spettacolari, essa ottiene un imprevisto afflusso popolare. Aggrega il pubblico
per settori d’interesse artistico, scientifico, sociale, etico e religioso.
Suscita valutazioni, emozioni, persuasioni, reazioni, preoccupazioni e aneliti,
assai percepibili nei dibattiti dei cineforum o negli interventi dei critici
d’arte. Diventa un’industria specializzata, che si diffonde in tutte le nazioni,
comprese quelle islamiche, inizialmente restie all’arte figurativa e tuttora
contrarie alla presenza di immagini religiose nei luoghi di preghiera.
Riconosciuto il valore storico, artistico, ludico e documentario dell’industria
cinematografica, la Chiesa chiede ai registi di produrre film, che salvaguardino
la sacralità umana. Raccomanda agli amministratori pubblici di vigilare sugli
spettacoli rovinosi e di controllare le metodologie dei nuovi mezzi di
comunicazione sociale. Istituisce una commissione, che approva i film formativi
e censura quelli nocivi .
Trascorsi alcuni anni dalle prime precisazioni ufficiali dell’autorità
ecclesiale, il Concilio Ecumenico Vaticano II dichiara che gli strumenti di
comunicazione sociale «offrono alla famiglia umana grandi vantaggi, perché
contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a
diffondere e a consolidare il Regno di Dio» (Inter Mirifica 2). Rivendica il
diritto di servirsi delle tecnologie moderne per annunciare il Vangelo, per
mostrare come esso è vissuto nelle singole realtà culturali e per informare su
quello che la Chiesa opera a favore dell’umanità.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica precisa: «La purezza cristiana richiede una
purificazione dell’ambiente sociale. Esige dai mezzi di comunicazione sociale
un’informazione attenta al rispetto e alla moderazione» (2225); «La cosiddetta
permissività dei costumi si basa su una erronea concezione della libertà umana»
(2226). Su questa permissività si fondano i siti pornografici, che hanno
un’influenza devastante sui milioni di fruitori.
La prima pellicola, risalente al 1896, mostra Leone XIII, che benedice una
cinepresa e nel 1959 Giovanni XXIII inaugura la Filmoteca Vaticana, archivio di
filmine riguardanti l’attività della Chiesa cattolica..
Fin dagli inizi della cinematografia alcuni registi realizzano pellicole
d’ispirazione religiosa. Ripresentano gli episodi principali della storia
biblica, determinata dalla presenza incessante, nascosta, attiva e liberante di
Dio. Creano delle fiction cinematografiche o televisive su personaggi divenuti
famosi per la loro di fede coraggiosa o per il loro tenace dissenso ai sistemi
politici oppressivi. Elaborano delle scene, che educano gli spettatori ad
apprezzare la bellezza evangelica, a prendere in seria considerazione la dignità
umana e ad interrogarsi sui problemi della vita e della morte, della gioia e del
dolore, della salvezza e della dannazione eterna. Talora effettuano dei
cortometraggi sul culto ordinario della Chiesa, sulle devozioni popolari e sulle
festività eccezionali. Filmano dei raduni di fede, che hanno un valore
documentario e storico molto importante.
I fratelli Augusto e Luigi Lumière assieme al loro padre Antonio dirigono a
Lione un’industria fotografia. Nel 1899 filmano la sacra rappresentazione della
passione del Signore, svolta ad Horit (Boemia) nello stesso stile coreografico
di quella di Oberammergau in Monaco di Baviera. Altri registi registrano lo
svolgimento di qualche Via Crucis nonché le scene di una rappresentazione
religiosa. Intrecciano le sofferenze dell’ultimo percorso di Gesù con il
racconto di esperienze molto simili. Producono delle pellicole, che elevano gli
osservatori al mistero dell’amore di Dio e li sollecitano ad amare tutti i
fratelli.
Ispirandosi alla letteratura dei mistici, qualche regista dà voce ai crocifissi
parlanti. Ricordiamo il film, tratto dal comico romanzo «Mondo Piccolo» di
Giovannino Guareschi. Qui don Camillo, rozzo parroco di campagna, si incontra
spesso con il sindaco Peppone e litiga con lui, essendogli un avversario
politico. Il Crocifisso, posto sull’altare maggiore, dialoga affabilmente con
don Camillo, quando si ritira in chiesa per la preghiera o per svolgere un
ministero. Gli chiede di mostrarsi misericordioso. Gli risveglia così la
coscienza sacerdotale e lo invita a mutare condotta. Il caparbio prete, non
ascolta il Crocifisso. Tergiversa, sorride, aggrotta la fronte o allunga la
faccia. Si difende con abilità e rimane nella consueta intransigenza. Il film
istruttivo piace a tutti e suscita il riso.
I cineasti di Holliywood scoprono che Gesù è un personaggio straordinario.
Intuiscono che la gente desidera vederlo nel suo ambiente storico. Comprendono
che ambisce conoscere chi egli ha incontrato, cosa ha detto e come si è
comportato nel giorno della condanna alla crocifissione. Certi di ottenere un
consistente profitto economico, girano lungometraggi spettacolari sul suo
principale insegnamento e sulla sua originale condotta.
Appassionato sostenitore dei nuovi mezzi di comunicazione e di evangelizzazione,
don Giacomo Alberione sollecita una narrazione cinematografica della Bibbia. Nel
1947 istituisce la “Parva Film”, chiamata poi la San Paolo Film, stabilimento
che unisce persone specializzate nella produzione e nella distribuzione di film
biblici e religiosi. Nel 1954 con il regista Virgilio Sabel produce il film “Il
Figlio dell’Uomo”. Il modesto lungometraggio, uno dei primi sperimenti
cinematografici, documenta tutta la storia di Gesù dall’annunciazione
all’ascensione in cielo. Ricostruisce il suo esemplare cammino di spoliazione,
di donazione, di umiliazione, di rivalutazione, di esaltazione e di gloria.
Nel complesso in soli cento anni i registi di varie nazioni realizzano circa 150
pellicole sulla storia di Gesù. Improntano i loro fotogrammi, ispirandosi ai
costumi ebraici di quell’epoca, ai racconti evangelici e alle interpretazioni
prese dai libri o suggerite dagli esperti. Vi inseriscono anche qualche immagine
dell’arte religiosa e delle sacre rappresentazioni. Presentano la figura di
Gesù, evidenziando la sua povertà, solitudine, laboriosità, bontà, apertura
universale, sofferenza e la morte di croce. Focalizzano parecchio la sua umanità
e trascurano la sua divinità, essendo impossibile rappresentarla Danno pure poco
rilievo alla risurrezione e alle apparizioni, avendo enormi difficoltà a
raffigurare il suo nuovo stato di vita. Tramite la pubblicità dei cartelloni o
di altri strumenti informativi ottengono un’alta percentuale di spettatori,
desiderosi di vedere il sacro e di farne un’autentica esperienza. Nei loro film
riflettono ovviamente la cultura, le convinzioni e le incertezze personali sulla
cristologia.
Seguendo la trama di un’opera letteraria o collegandosi ai vangeli canonici come
anche alla teologia della Chiesa, alcuni evocano i drammi dei poveri disgraziati
e con degli opportuni rimandi li collegano alle piaghe di Cristo. Ricordano agli
spettatori che le sofferenze di ogni persona configurano alla passione del
Signore. Incrementano inoltre la conoscenza di Gesù, giudeo carismatico ed
evangelico. Invitano ad abbandonare l’indifferenza religiosa, a superare le
sensazioni di cupezza, ad iniziare un percorso di conversione e a soccorrere i
più sofferenti.
Altri registi basano i loro film sui vangeli apocrifi, sulle dottrine eretiche e
sulle ideologie contemporanee. Offrono agli spettatori una visione fantasiosa,
ridicola e assurda di Gesù, Figlio di Dio e di Maria vergine. Suscitano in loro
un’opinione teologica di lui, che ha ripercussioni disgreganti in quanto fomenta
approvazioni e dissensi, apprezzamenti e contestazioni.
I registi italiani hanno prodotto alcuni film sulla vita, sull’insegnamento e
sulla morte di Gesù, Evochiamo i migliori. Pier Paolo Pisolini, intellettuale e
simpatizzante dei poveri nel 1964 redige “Il Vangelo secondo Matteo”. Gira il
lungometraggio in diversi luoghi d’Italia. Dall’inizio alla fine si attiene
fedelmente al racconto del testo evangelico, dando risalto all’annuncio morale e
spirituale di Gesù. Quasi tutti i critici d’arte apprezzano quest’opera
drammatica e romantica. Roberto Rossellini nel 1975 conclude la sua lunga
carriera artistica con “Il Messia”. Collega il suo film policromo ai dati
biblici, soprattutto ai quattro vangeli. Rileva gli aspetti storici, sociali e
ambientali di Gesù. Omette tuttavia l’episodio dell’andata al Calvario, della
morte sulla croce e della risurrezione. Al suo posto inserisce la scena
tradizionale della Pietà in Maria stringe tra le proprie braccia il Figlio
esanime. Franco Zeffirelli nel 1977 redige per la televisione “Gesù di
Nazareth”. Nella pellicola di otto ore e di cinque puntate racconta tutta la
vita di Gesù dentro la sua autenticità storica. Aggancia il film ai vangeli
canonici, a qualche episodio apocrifo e all’iconografia cattolica. Distribuita
nella sale cinematografiche in forma ridotta, la pellicola suscita attenzione,
distensione ed emozione. L’italo-americano, Martin Scorzese, uno dei migliori
registi del cinema, nel 1988 filma in Marocco “L’Ultima tentazione di Cristo”.
Trae le sequenze dal romanzo omonimo del cretese ortodosso Nikos Kazantzokis.
Trasferisce sul film i suoi dubbi cristologici. Vede in Gesù un uomo sensuale,
che percorre un cammino, denso di terribili insidie. Il suo film fantasioso e
spettacolare non favorisce un approfondimento storico sulla vita di Gesù.
Smentisce l’insegnamento del Vangelo e della Chiesa. Offende i credenti,
assetati di verità e non di scene erotiche
Aggiungiamo il musical ‘Jesus Christi Superstar’ del cineasta canadese, Norman
Jewison. Nel film immaginario del 1973 egli presenta Gesù, che si associa ai
canti e balli di un gruppo di hippies. Lo fa apparire un divo moderno, abile ad
incantare e a divertire.
Fonte : scritti e
appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)
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