giovedì 25 luglio 2019

IL SANTUARIO LAURETANO DI DRAGONERA Culto della Madonna di Loreto a Chiavenna , di Alessio Varisco



IL SANTUARIO LAURETANO DI DRAGONERA
Culto della Madonna di Loreto a Chiavenna
di Alessio Varisco


 
Chi è pratico delle Alpi conosce la bellezza delle cime della Val Bregaglia che inizia in territorio italiano per proseguire nel Cantone dei Grigioni della Confederazione elvetica. Walter Bonatti, grande alpinista italiano, afferma che il miglior granito a livello mondiale per rocciare si trova in Bregaglia. È la valle che si trova sotto il Malojapass e che ha visto la nascita di grandi artisti fra i quali la famiglia Giacometti, Giovanni il padre intimo amico di Giovanni Segantini e Alberto, figlio, noto scultore.
La Valle è una zona che ha subito molti influssi migratori. La lingua è l’italiano ed il ladino solo in alcune località montane. Sicuramente è una zona “liminare” dal tempo dei romani, i vari passi –fra leggende e storiche testimonianze- furono varcati da milizie romane, poi da barbari, da tedeschi, lanzichenecchi e saraceni… una zona tormentata anche dal punto di vista religioso.
 
All’imbocco della val Bregaglia italiana, nella frazione di Dragonera, dinanzi un paesaggio incantato di poche case sparse e parecchi vigneti che si inerpicano sul pendio retico delle maestose vette ben delineate, all’interno del Comune di Chiavenna, si colloca il Santuario della Vergine di Loreto. L’edificazione ha inizio il 27 marzo 1618 quando l’arciprete Gian Pietro Paravicini consacrava la prima pietra del santuario della Madonna di Loreto di Chiavenna.  
Dopo circa due mesi, poco più a monte, veniva consacrata la chiesa eretta a san Carlo Borromeo, arcivescovo milanese che transitò anche per queste terre. La dedicazione di quest’ultima chiesa si deve all’amore dell’arcivescovo al santuario mariano marchigiano, ne era enormemente attaccato e devoto.
 
La chiesa di Chiavenna viene costruita seguendo le medesime dimensioni della Santa Casa di Loreto, che la narrazione tradizionale vuole traslocata da Nazareth sui colli anconetani da parte degli angeli. L’edificio fu benedetto il 5 luglio seguente e da questo momento, anche se la costruzione non era in opera, cominciò una grande affluenza di devoti a questo piccolo santuario sulle propaggini retiche, ubicate fra le vigne, avamposto cattolico del culto mariano dinanzi una Valle di maggioranza protestante. Alla chiesa si saliva attraverso un suggestivo sentiero acciottolato.
 
Intorno al Settecento fu derubata della corona d’argento dell’effige mariana. Non passò molto tempo per riuscire a raccogliere offerte sufficienti per coniarne una ancora più pregiata.
Nel giro di poco, dato l’enorme afflusso di pellegrini, durante tutto l’anno ed in particolare il 10 di dicembre di ogni anno. La cappella risultò perciò inadeguata all’enorme e crescente folla di pellegrini così, con due porte simmetriche sui lati, fu contenuta entro una chiesa molto più ampia. Inoltre si aggiunsero due cappelle ai lati grazie a diversi lasciti, ma soprattutto al duca di Parma, Francesco I, che scoprì il piccolo santuario mentre era volto alle terme di Sankt Moritz. Il Duca aiutò ad inizio Settecento, l’ampliamento della chiesa, ora costituita di tre brevi navate, un altare nuovo -e relativa zona absidale- addossato alla parete della cappella originaria.
 
La costruzione del Santuario della Beata Vergine di Loreto fu anche voluto e reso possibile dal vescovo di Sirmio, Francesco Giani (diocesi dell’Ungheria) che nacque –poco più a valle verso Colico- a Novate Mezzòla. Il pastore valchiavennasco sostenne la realizzazione della raffinato ed ampia scalea posto in facciata che è elemento distintivo del Santuario; fece costruire inoltre sul lato opposto al campaniletto posto in origine all’estremità destra uno gemello e simmetrico che accompagna la modulazione della bella facciata barocca.
 
Numerose le maestranze di artisti e decoratori che operarono alla realizzazione del santuario. L’idea finale, molto ben riuscita, era quella di creare un articolato disegno scenografico visibile da lontano ed invitante i pellegrini.
Dai documenti d’archivio risulta che fra gli anni 1681 e 1682 e poi tra il 1693 e il 1695 operarono alla collocazione delle colonne: il mastro murario Filippo Cristoffanino e suo figlio Pietro, il lapicida Pietro Bolla, tutti di Cevio, paese della val Maggia.
 
L’altare di noce è ubicato nella cappella centrale ove è conservata la statua della Madonna con il bambino in legno policromo e dorato. Questa scultura fu donata dall’arciprete di Chiavenna nel 1618 ed eseguita da fra Giuseppe da Molteno dapprima per la chiesa di San Giuseppe, unita al monastero dei cappuccini di Chiavenna, dal quale è arrivata dopo la soppressione nel 1810.
 
Sul lato rispetto alla Madonna, nella cappella laterale di sinistra, è stato messo l’ancona in legno intagliato e dipinto, giunto dalla chiesetta tolta al culto di Santa Rosalia in Chiavenna, nel 1939. Il manufatto fu fatto nel 1722: raffigura nella pala la Santa tra diversi lebbrosi.
Specularmene, nella cappella simmetrica di destra, è presentato un crocefisso ligneo del Seicento, custodito dapprima nel convento di San Pietro, dell’Ordine agostiniano, a Chiavenna, soppresso in seguito agli statuti napoleonici di inizio Ottocento. Precedentemente al suo posto vi era una splendida pala seicentesca presumibilmente fabbricata dai fratelli Giovan Battista e Giovan Paolo Recchi di Como raffigurante i santi: Rocco, Sebastiano, Carlo Borromeo e Antonio abate.
I coniugi committenti, Maria Pestalozzi e Giorgio Scelter, sono rappresentati a mezzo busto in un doppio portaritratto nell’angolo inferiore destro.
Questa tela, che mantiene ancora la cornice originale di legno intarsiato e miniato, e quella della Sacra Famiglia, che fu comperata nel 1627 per il santuario con 35 ducatoni, anche se con segni ancora tipici del Cinquecento, della scuola di Gaudenzio Ferrari, sono ora fruibili presso il Museo del Tesoro di Chiavenna.
 
La parete esterna della cappella originaria è coperta da una grande tela il cui tema mariano, l’Annunciazione, ed è il fondale all’altare marmoreo maggiore, realizzato nel 1796 da Gabriele Longhi di Viggiù, mentre la tela si deve al mendriosotto Giacomo Guglielmetti, trasferitosi a Chiavenna, che la dipinse per 19 filippi nel 1716. Si devono al medesimo pittore altre opere commissionate fra il 1715 e il 1717 da alcuni privati per un totale di sedici tele, di dimensioni molto più ridotte, che abbelliscono i muri perimetrali del santuario.
 
Per quanto concernono gli arredi, la maggiore preziosità custodita nel santuario chiavennasco è sicuramente la croce processionale di ottone cesellato e sbalzato, argentato e dorato, dalla forma preziosa ingentilita di formelle trilobate applicate successivamente alle estremità. La croce è un dono degli emigranti a Venezia che si trasferirono nel 1625-27, dove svolgevano l’attività di "luganegheri", cioè gli attuali “salumieri”, che vendono minutaglie di carne e altri generi alimentari di grande consumo.
 
Si annovera fra i pellegrini illustri del Santuario il card. Carlo Ciceri, vescovo di Como, che durante la visita pastorale del 1692 volle salire al tempio lauretano. Quel giorno era già buio, entrando nella cappella, il Cardinale urtò con il capo contro la lampada spenta che pendeva davanti all’altare e l’olio inzuppò il berretto, il collare e l’abito cardinalizio
«Tollerarò volontieri questo in grazia della nostra avvocata Maria».
Queste le parole dell’Arcivescovo, stando alla testimonianza del canonico Macolino che lo accompagnava.
 
Il santuario della Madonna di Loreto nella seconda metà del Novecento ha visto svilupparsi sull’antistante pendio varie abitazioni. Inoltre l’antico sentiero di accesso è stato mutato in carrozzabile, perdura il santuario più amato dai chiavennaschi, l’antico nome della località “Dragonera” è pure caduto in dimenticanza ed è sostituito con il preferibile “Loreto di Chiavenna”.
 
La popolazione della Val Chiavenna continua a recarsi per: la festa dell’Annunciazione il 25 marzo, sino a circa dieci anni fa si svolgeva alla vigilia un grande spettacolo pirotecnico-; il 15 di agosto –Maria Assunta in cielo-; la Natività di Maria l’8 settembre e per il giorno che la Divina Liturgia consacra alla Vergine Lauretana che è il 10 dicembre -la Madonna di Loreto-, oltre alla assidua recita del rosario durante il mese di maggio e il resto dell’anno.
 
Questa la storia di un piccolo grande centro di fede, preghiera, devozione mariana ed arte.




Fonte :   scritti dell'artista prof. Alessio Varisco , Técne Art Studio .
Prof. ALESSIO VARISCO
Designer - Magister Artium
Art Director Técne Art Studio

http://www.alessiovarisco.it









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