IL SANTUARIO LAURETANO DI DRAGONERA
Culto della Madonna di Loreto a Chiavenna
di Alessio Varisco
Chi
è pratico delle Alpi conosce la bellezza delle cime della Val Bregaglia che
inizia in territorio italiano per proseguire nel Cantone dei Grigioni della
Confederazione elvetica. Walter Bonatti, grande alpinista italiano, afferma che
il miglior granito a livello mondiale per rocciare
si trova in Bregaglia. È la valle che si trova sotto il Malojapass e che ha
visto la nascita di grandi artisti fra i quali la famiglia Giacometti, Giovanni
il padre intimo amico di Giovanni Segantini e Alberto, figlio, noto scultore.
La Valle è una zona che ha subito molti
influssi migratori. La lingua è l’italiano ed il ladino solo in alcune località
montane. Sicuramente è una zona “liminare” dal tempo
dei romani, i vari passi –fra leggende e storiche testimonianze-
furono varcati da milizie romane, poi da barbari, da
tedeschi, lanzichenecchi e saraceni… una zona tormentata anche dal punto di
vista religioso.
All’imbocco della val
Bregaglia italiana, nella frazione di Dragonera,
dinanzi un paesaggio incantato di poche case sparse e parecchi vigneti che
si inerpicano sul pendio retico
delle maestose vette ben delineate, all’interno del Comune di Chiavenna, si
colloca il Santuario della Vergine di Loreto. L’edificazione ha inizio il 27
marzo 1618 quando l’arciprete Gian Pietro Paravicini
consacrava la prima pietra del santuario della Madonna di Loreto di Chiavenna.
Dopo circa due mesi, poco più
a monte, veniva consacrata la chiesa eretta a san
Carlo Borromeo, arcivescovo milanese che transitò anche per queste terre. La
dedicazione di quest’ultima chiesa si deve all’amore dell’arcivescovo al
santuario mariano marchigiano, ne era enormemente
attaccato e devoto.
La chiesa di Chiavenna
viene costruita seguendo le medesime dimensioni della Santa Casa di
Loreto, che la narrazione tradizionale vuole traslocata da Nazareth sui colli
anconetani da parte degli angeli. L’edificio fu benedetto il 5 luglio seguente e
da questo momento, anche se la costruzione non era in opera, cominciò una
grande affluenza di devoti a questo piccolo santuario
sulle propaggini retiche, ubicate fra le vigne,
avamposto cattolico del culto mariano dinanzi una Valle di maggioranza
protestante. Alla chiesa si saliva attraverso un suggestivo
sentiero acciottolato.
Intorno al Settecento fu derubata della corona
d’argento dell’effige mariana. Non passò molto tempo per riuscire a raccogliere
offerte sufficienti per coniarne una ancora più pregiata.
Nel giro di poco, dato l’enorme afflusso di
pellegrini, durante tutto l’anno ed in particolare il 10 di dicembre
di ogni anno. La cappella risultò
perciò inadeguata all’enorme e crescente folla di pellegrini così, con due porte
simmetriche sui lati, fu contenuta entro una chiesa molto più ampia. Inoltre si
aggiunsero due cappelle ai lati grazie a diversi lasciti, ma soprattutto al duca
di Parma, Francesco I, che scoprì il piccolo
santuario mentre era volto alle terme di Sankt
Moritz. Il Duca aiutò ad inizio Settecento, l’ampliamento della chiesa, ora
costituita di tre brevi navate, un altare nuovo -e relativa zona absidale-
addossato alla parete della cappella originaria.
La costruzione del Santuario della Beata
Vergine di Loreto fu anche voluto e reso possibile
dal vescovo di Sirmio, Francesco Giani (diocesi
dell’Ungheria) che nacque –poco più a valle verso Colico- a Novate
Mezzòla. Il pastore
valchiavennasco sostenne la realizzazione della
raffinato ed ampia scalea posto in facciata che è elemento distintivo del
Santuario; fece costruire inoltre sul lato opposto al
campaniletto posto in origine all’estremità destra uno gemello e
simmetrico che accompagna la modulazione della bella facciata barocca.
Numerose le maestranze di
artisti e decoratori che operarono alla realizzazione del santuario.
L’idea finale, molto ben riuscita, era quella di creare un articolato disegno
scenografico visibile da lontano ed invitante i pellegrini.
Dai documenti d’archivio
risulta che fra gli anni 1681 e 1682 e poi tra il 1693 e il 1695
operarono alla collocazione delle colonne: il mastro murario Filippo
Cristoffanino e suo figlio Pietro, il lapicida
Pietro Bolla, tutti di Cevio, paese della
val Maggia.
L’altare di noce è ubicato
nella cappella centrale ove è conservata la statua della Madonna con il bambino
in legno policromo e dorato. Questa scultura fu donata dall’arciprete di
Chiavenna nel 1618 ed eseguita da fra Giuseppe da
Molteno dapprima per la chiesa di San Giuseppe,
unita al monastero dei cappuccini di Chiavenna, dal quale è arrivata dopo la
soppressione nel 1810.
Sul lato rispetto alla Madonna, nella cappella
laterale di sinistra, è stato messo l’ancona in legno
intagliato e dipinto, giunto dalla chiesetta tolta al culto di Santa Rosalia in
Chiavenna, nel 1939. Il manufatto fu fatto nel 1722: raffigura nella pala la
Santa tra diversi lebbrosi.
Specularmene, nella cappella simmetrica di
destra, è presentato un crocefisso ligneo del Seicento, custodito dapprima nel
convento di San Pietro, dell’Ordine agostiniano, a Chiavenna, soppresso in
seguito agli statuti napoleonici di inizio Ottocento.
Precedentemente al suo posto vi era una splendida
pala seicentesca presumibilmente fabbricata dai fratelli
Giovan Battista e Giovan Paolo
Recchi di Como raffigurante i santi: Rocco,
Sebastiano, Carlo Borromeo e Antonio abate.
I coniugi committenti, Maria
Pestalozzi e Giorgio Scelter,
sono rappresentati a mezzo busto in un doppio portaritratto
nell’angolo inferiore destro.
Questa tela, che mantiene ancora la cornice
originale di legno intarsiato e miniato, e quella della Sacra Famiglia, che fu
comperata nel 1627 per il santuario con 35
ducatoni, anche se con segni ancora tipici del
Cinquecento, della scuola di Gaudenzio Ferrari, sono
ora fruibili presso il Museo del Tesoro di Chiavenna.
La parete esterna della cappella originaria è
coperta da una grande tela il cui tema mariano,
l’Annunciazione, ed è il fondale all’altare marmoreo maggiore, realizzato nel
1796 da Gabriele Longhi di
Viggiù, mentre la tela si deve al mendriosotto
Giacomo Guglielmetti, trasferitosi a Chiavenna, che
la dipinse per 19 filippi nel 1716. Si devono al
medesimo pittore altre opere commissionate fra il 1715 e il 1717 da alcuni
privati per un totale di sedici tele, di dimensioni molto
più ridotte, che abbelliscono i muri perimetrali del santuario.
Per quanto concernono gli arredi, la maggiore
preziosità custodita nel santuario chiavennasco è
sicuramente la croce processionale di ottone
cesellato e sbalzato, argentato e dorato, dalla forma preziosa ingentilita di
formelle trilobate applicate successivamente alle estremità. La croce è un dono
degli emigranti a Venezia che si trasferirono nel 1625-27, dove svolgevano
l’attività di "luganegheri",
cioè gli attuali “salumieri”, che vendono minutaglie di carne e altri
generi alimentari di grande consumo.
Si annovera fra i pellegrini illustri del
Santuario il card. Carlo
Ciceri, vescovo di Como, che durante la visita
pastorale del 1692 volle salire al tempio lauretano. Quel giorno era già buio,
entrando nella cappella, il Cardinale urtò con il capo contro la lampada spenta
che pendeva davanti all’altare e l’olio inzuppò il berretto, il collare e
l’abito cardinalizio
«Tollerarò
volontieri questo in grazia della nostra avvocata
Maria».
Queste le parole
dell’Arcivescovo, stando alla testimonianza del canonico
Macolino che lo accompagnava.
Il santuario della Madonna di Loreto nella
seconda metà del Novecento ha visto svilupparsi
sull’antistante pendio varie abitazioni. Inoltre l’antico sentiero
di accesso è stato mutato in carrozzabile, perdura il
santuario più amato dai chiavennaschi, l’antico nome
della località “Dragonera” è pure caduto in
dimenticanza ed è sostituito con il preferibile “Loreto di Chiavenna”.
La popolazione della Val Chiavenna continua a
recarsi per: la festa dell’Annunciazione il 25 marzo, sino a circa dieci anni fa
si svolgeva alla vigilia un grande spettacolo pirotecnico-; il 15
di agosto –Maria Assunta in cielo-; la Natività di
Maria l’8 settembre e per il giorno che la Divina Liturgia consacra alla Vergine
Lauretana che è il 10 dicembre -la Madonna di Loreto-,
oltre alla assidua recita del rosario durante il mese di maggio e il resto
dell’anno.
Questa la storia di un piccolo
grande centro di fede, preghiera, devozione mariana
ed arte.
Fonte : scritti dell'artista prof. Alessio Varisco , Técne Art Studio .
Prof. ALESSIO VARISCO
Designer - Magister Artium
Art Director Técne Art Studio
http://www.alessiovarisco.it
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