giovedì 25 luglio 2019

STORIA DI UNA CHIAMATA (9°-10°-11° Capitolo) , di Rosarita De Martino



STORIA DI UNA CHIAMATA
(9°-10°-11° Capitolo)
 
di Rosarita De Martino
 
 


 
9° Capitolo
  
 
 
" ...Credere significa imparare a leggere
 gli avvenimenti della vita
come espressione del passaggio di Dio..."
                                                           P.Talec
 

 

 
E il mio cuore canta, il mio cuore eleva il suo grazie al Signore perché, per vie imprevedibili, mi ha ridato la comunità, luogo privilegiato dello Spirito impregnato dal comando eterno:
<< Amatevi l’un l'altro come io vi ho amato>>.
La comunità cercata, ricercata  e ora ritrovata è, ancora una volta, uno spazio di vita e mi ridà la carica spirituale che si riflette anche nel campo del lavoro rendendo il mio insegnamento sempre più armonico e attento nel coniugare i valori e la prassi.
Arriva settembre dell’  86 e la mia stanza ridiventa un campo di lavoro dove io mi districo tra ritagli di fotocopie, colla, colori, forbici   che subito perdo e poi di botto ritrovo sepolti  in un arcobaleno di carte; ecco ho finito, tiro giù dal tavolo il lungo cartellone colorato, e lo guardo compiaciuta e il mio pensiero va ai ragazzi che, arrivati in quinta classe, completeranno il ciclo elementare ma certo conserveranno nel cuore le nostre conquiste e la nostra amicizia .
Come ogni anno, in largo anticipo, oggi primo giorno di scuola ,dopo aver parcheggiato la macchina, d’ incanto mi ritrovo circondata, protetta,  avvolta dai caldi abbracci profumati dei ragazzi che mi chiamano, mi sorridono ,  mi fanno festa e sono felici di rivedermi e io con loro . Evviva! Sono ancora maestra unica e posso spaziare nel loro cuore per arricchirlo di valori, di sentimenti, di speranze insegnando <<come l’uom s’eterna>> perchè  anche il nostro sommo poeta rientra nel loro bagaglio culturale e formativo .
La mia vita è ricca di impegni comunitari e la strada a volte è ancora in salita ma io ho la guida serena e liberante del mio nuovo padre spirituale : Egidio.
Oggi, nel caldo  giugno dell’ 87 i ragazzi mi lasciano  perché hanno finito la quinta classe e dovranno affrontare la scuola media, ma il mio pensiero li seguirà ancora e certo verranno a trovarmi come hanno già fatto le due generazioni precedenti.
Il mio lavoro mi gratifica e il mio cammino comunitario mi fa assaporare la mia prima chiamata: quella di Gambarie del ‘68 che ora riacquista nuovo vigore e si attualizza nel presente.
Ma il momento di grazia non  è ancora finito perché sto già preparando il passaporto per andare in Terra Santa con la mia comunità ritrovata.
E questo viaggio fa nascere dentro di me una serena pace e una “lama di luce” attraversa  tutto il mio essere.
Certo vedrò, con i miei occhi mortali la terra di Gesù, placherò la mia <<Arsura>> al pozzo di Sicar e affiderò alla carta emozioni che avranno il sapore dell’ eternità ma ecco che la gioia prende <<carnosità>> e la lode si sprigiona da tutto il mio essere e posso regalarla a chi incontro sul mio cammino.         
Oggi, nel caldo Luglio dell’ 87, mi sento come avvolta in un lieve velo di luce e non soffro per la temperatura esterna  anzi mi sento circondata da uno zefiro soave che tanto mi ricorda quello di Gambarie del ‘68  mentre tutti, accanto  a me, si lamentano per la calura. Ma certo io sono una persona speciale e ho delle reazioni speciali.
Vivo come in un sogno il tempo che mi separa dal viaggio.
E per la seconda volta, dopo il viaggio a Lourdes, mi ritrovo all’ aeroporto di Catania, pronta per l’imbarco.
 
Al  check in  la mia gonfia valigia gira sul nastro scorrevole e la vedo sparire verso l’interno.
Indosso il mio completo da viaggio, ricco di tasche e di zip rilucenti.
Oggi, 23 luglio, mi accingo a salire sull’ aereo insieme a tutti i miei fratelli di ieri e quelli nuovi da poco conosciuti.
Arrivata dentro l’ abitacolo, cerco il mio posto numerato e lo trovo: eccolo è il 28\A ..e   ritrovo ancora il sorriso luminoso di padre Egidio  che è seduto  accanto a me!
Seguiamo insieme le istruzioni dell’ hostess e via stiamo per decollare alla volta di Roma, prima tappa verso la Terra Santa.
Rullando l’aereo si stacca da terra, sale e io con lui!
Dalla cabina di pilotaggio una voce metallica ci avverte che stiamo per arrivare a Messina e passeremo dalla Calabria, già la Calabria: la terra della mia  adolescenza e della mia giovinezza e con un tuffo al cuore rivedo Canolo con <<I due monti che si abbracciano \  il fiume che li bacia  il mare in lontananza / è un tremulo sussurro!>>
Mi rivedo sul vecchio autobus che da Canolo mi porta a Siderno marina dove si trova la mia scuola media <<Alessandro Manzoni>>.
E attraverso l’oblò dell’ aereo vedo fra le nuvole la tenera ragazzetta di ieri che si destreggia a portare i suoi libri, legati con la cinghietta blu!
Ma la visione sparisce in un attimo e un'altra Rosarita prende forma e  sostanza reale: ora indosso, con eleganza, il mio nero grembiule di studentessa e sono a Locri nel mio istituto magistrale <<G.Mazzini>>.
Porto con disinvoltura un’ elegante cartella di cuoio che ha in sé il peso della cultura, che è aumentata di molto pare!
Ora che sono librata nel cielo di Dio posso meglio contemplare la terra calabra e superando i limiti dello spazio e del tempo, mi rivedo dietro la finestra della mia casa di Canolo. Sono splendente di giovinezza e di fede e attendo l’ arrivo della processione del Corpus Domini. La bandiera che mio padre ha innalzato sul portone della caserma, sventolando accanto a me  dà una sensazione di orgoglio, rappresenta la Patria che mio padre onora nel suo lavoro di maresciallo dei carabinieri. Lassù nel balcone mia madre ha esposto le nostre più belle coperte di damasco fiorato.
E comincio a sentire un mormorio  e già dalle lunghe scalinate di fronte cominciano a scendere saltellanti rubicondi bambini e ora dalla curva di via  Roma appare la processione a cui partecipa tutto il paese di Canolo in uno slancio di fede popolare e genuina! E alle mie orecchie arriva un canto  che ha  la cadenza di un inno militare: <<Cristus vincit, Cristus imperat, Cristus , Cristus vincerà>>.
L’arciprete tiene tra le mani l’Ostensorio e quattro catechisti sostengono  il baldacchino  di  broccato.
I bambini che hanno fatto da poco la prima Comunione ora sono diventati angioletti e infatti indossano enormi ali di cartone foderate di carta velina bianca e celeste.
Mia sorella Rinuccia ha un’aria compunta e, messa proprio al posto d’onore, sfila tenendo in mano il cestino pieno di petali di rose e le sue lievi ali sono un incanto a vedersi. L‘arciprete, appena arrivato sotto la mia finestra, dà il segnale di fermata e poi alza al cielo  l’Ostia Santa per la benedizione a me e alla caserma tutta.
E la “timpa” risplende di improvvisa luce e il mio cuore innamorato e felice Ti canta il suo grazie . In un tripudio di fede e di giovinezza raggiungo le vette della pura contemplazione e la bandiera sventola  accanto a me, ma chi mi chiama con voce nota? Perché sento sempre più chiaro e  sempre  più insistente pronunciare il mio nome? <<Rosarita che fai? Al tuo solito sogni ad occhi aperti ? Guarda stiamo per atterrare a Fiumicino>>. La calda voce di padre Egidio  mi riporta alla realtà mentre il sole romano ride nel suo tramonto d’oro! E così   l’aereo rullando infine plana , si ferma, e tutti scendiamo in ordinata fila.
Laggiù in lontananza la fitta siepe di alberi illuminati dal sole del tramonto per un attimo mi riportano a Vizzini tra le pere, ma no! la visione scompare, sono tutti qua nei miei occhi e nel mio cuore i fratelli d’allora e i nuovi.
Mi beo della Tua tangibile presenza, o Signore, amato e amante, sono visibili e amorevoli i segni del Tuo amore e non li capisco pienamente, tuttavia riesco ad assaporarli! Enza si avvicina, mi stringe la mano e mi invita ad affrettare il passo, infatti ci stiamo preparando per il secondo imbarco alla volta di Amman.
Superato il check-in entro nell’abitacolo, stringendo tra le mani il mio biglietto numerato, 18/C e stavolta accanto a me ritrovo Enza. Padre Egidio, in fila davanti a me, si gira e mi rassicura con uno sguardo sorridente perché il viaggio stavolta sarà proprio lungo e io sono eccitata come una bambina! Piano mi siedo, allaccio la cintura e getto un rapido sguardo al sole romano che sembra un cerchio di fuoco, no, ora sembra invece un’ostia bianca che si allarga, si allarga e splende luminosa nel Tuo cielo! Ed io mi sento già immersa in questa realtà !
E volo e d’altronde il mio posto è vicino alle ali dell’aereo e penso alla canzone  “Tutti i figli di Dio hanno le ali”.  Con più sicurezza ora  posso volare verso di Te.
 Un velluto di azzurro già trema sotto di me luccicando di giallo e intravedo in lontananza la vela di una barca e sembra  quella dell’ anima mia che corre fiduciosa verso di Te! Così sospesa fra il tuo cielo e il tuo mare ti accolgo e ora riposa un poco nella mia anima e possa io “riposare” nel tuo cuore di padre e di fratello!
Un silenzio divino mi avvolge e <<naufragar mi è dolce in questo mare>>.
Ma la pace è violata da un vocio che aumenta  sempre più e mi raggiunge ormai.
A fatica scendo dal mio empireo e la fredda voce metallica proveniente dalla cabina, ci ordina di allacciare bene le cinture: stiamo per atterrare ad Amman. Che buio intorno! Scendiamo dalla scaletta, ora il modernissimo aeroporto luccica di luci  ma ritrovo una città occidentalizzata e subito ne ricevo conferma: l’autobus ci sta portando al nostro albergo  e osservo che le strade sono larghissime , affiancate da grattacieli.  L’albergo spendente di luci,  con soffici tappeti, mi fa sentire solo una turista spaesata e non una pellegrina. Non riesco a  gustare la ricca cena e neppure la moderna stanzetta che accoglie me e Margherita e l’ aria condizionata non rinfresca la mia arsura, anzi aumenta il mio disagio. D’istinto apro la valigia e consulto il programma del viaggio: la Samaria ci attende ,anzi tu, Signore, mi attendi al pozzo di Sicar, aspettami,  non prendere altri appuntamenti, devo parlarti io!
Tanta strada,  tanta “arsura” e finalmente l’auto si ferma  sotto il cocente sole della Palestina per il più atteso appuntamento del mio pellegrinare .
Scendiamo  e insieme ci incamminiamo verso la chiesetta dove è incastonato il pozzo, già il pozzo, dove tu Gesù hai atteso la donna e alla quale tu ti presenti bisognoso, stanco assetato e le chiedi da bere, tu Creatore e tu Dio!
Stupenda metodologia è la tua, vedo che conosci bene la sensibilità dell’animo femminile e ti mostri attento e premuroso con la samaritana, solleciti la sua attenzione e il suo interesse e il vostro è un dialogo di alta teologia che termina con la sua conversione; io Gesù attendo ancora la mia!
Chinandomi, dietro Aurora, scendo le strette e piccole scale, eccolo il pozzo! Lo posso toccare!  Appoggio lievemente la mano sulla levigata bordura di marmo e contemplo.
La lunga corda gira, gira e il secchio sale, si solleva, eccolo appare e guardo l’acqua, avida ne respiro la frescura! Le mie mani tremanti si uniscono pronte a ricevere l’acqua che Pina versa nel cavo delle mani. Con viva  commozione “assaporo” questa ristoratrice acqua di vita  eterna e in uno slancio di fede rinnovo  gli impegni battesimali!
Una sensazione di letizia, di pace, di purificazione, arriva intatta in tutto il mio essere e intono il mio Magnificat e mi sembra di recitarlo per la prima volta!
La gioia che mi riempie dentro vuole esplodere in tutta la sua forza vitale.
Ma a   chi posso comunicarla? E come posso fare? Quale linguaggio usare?
Ho trovato la via, gli occhi sono lo specchio dell’ anima e hanno un loro misterioso linguaggio che altri occhi, innamorati di Dio, possono captare.
Alzo i miei occhi brillanti e cerco e trovo padre Antonio e i nostri sguardi s’ incrociano. Per un attimo ho l’impressione di sentire me stessa gridare con tono implorante : “Dammi da bere” ma no, nessun suono esce dalle mie labbra, è solo il mio essere che grida, impazzito d’ amore, grida il suo piccolo grazie al mio Dio Uno e  Trino! Ora ho acquistato la forza per risalire le scale, per proseguire il viaggio della vita, sicura che lungo il cammino avrò sempre una robusta corda, un profondo pozzo, una lucida brocca e così potrò saziare la mia rinnovata sete e grazie ancora per questa “meravigliosa certezza”!                                            
 
 
 
E’ maestosa questa basilica, è un inno alla maternità . La grandiosa  cupola in robusto cemento armato dimostra di essere  una sicura roccaforte contro gli assalti del  maligno.<< Una donna  ti schiaccerà il capo>> Una donna,  la Donna, la  Vergine.
La madre di Dio. Il mistero dell’Annunciazione racchiude il <<Si> di Maria a Dio e Ancora il <<Sì>> di Dio a Maria e la basilica ,in una perfetta simbiosi, tra arte e Fede , rende visibile tale mistero.
La cupola a forma di grandioso dodecagono filtra la luce del cielo, che poi filtrando  da tale altezza fa vedere le tante lettere <<M>> che, moltiplicandosi all’infinito,diventano un’ osannante schiera di angeli che  portano l’annuncio di speranza dal cielo alla terra. Armoniosamente ci accostiamo attorno all’altare per chiudere il cerchio formato dai sacerdoti celebranti.
Davanti a noi si trova la grotta!    In tutto questo candore spicca sui bianchi paramenti di padre Antonio la scritta  FIAT, in celestiale azzurro colore !  Piccola parola, grande significato! In questo luogo sacro comprendo perché tu, Signore, mi hai fatto venire qui,il battesimo di purificazione ,vissuto al pozzo di Sicar, rende possibile la mia nuova nascita e la mia conversione.
 
 
 
 

 
Splendente di verde, di vita , di luce, di gloria, la montagna appare e l’autista del taxi guida con rapida determinazione, ma ecco siamo arrivati in cima e siamo in sette (numero simbolico?), si scende e i miei occhi estatici contemplano il santuario adorno di antiche pietre illuminate da fulgore di verde.
Mi chino riverente e silenziosa perché di qui passò la storia della chiesa e dei popoli.
Silenziosa entro nella stupenda basilica e ammiro la scena della trasfigurazione raffigurata nella calotta dell’abside centrale e nel fondo riluce di bellezza e di arte il mosaico mi  giro di botto perchè  riconosco la voce profonda e implorante di Pietro che  canta la sua felicità estatica  <<Signore facciamo tre tende: una per te, una per Mosè, una per Elia>>. Approfitto della sua richiesta e formulo la mia <<facciamo solo due tende: una per me e una per te! Così posso riempirmi di luce.>> Comprendo infine che anche in terra santa oso pensare solo a  me e risento dentro il tuo velato rimprovero: “L’amore che ti ho dato portalo nel mondo”  Ho capito: il Tabor è per tutti noi   una tappa di luce. Il Tabor è ancora impregnato di luce, regala luce, è luce per le tenebre della mente e del cuore. Ma tu Signore ti sei veramente trasfigurato oppure sei rimasto il Gesù di sempre e i tuoi discepoli, finalmente trasformati, ti hanno visto splendente perché hanno saputo trasformare il loro cuore di pietra in un cuore di carne, quindi capace di ascolto e di accoglienza, di amore e di contemplazione.?
Ora scendiamo in silenzio verso la cripta della Trasfigurazione per partecipare alla messa e sarà una speciale cena di luce!                                    
Nella vetrata troneggiano due pavoni simbolo dell’ immortalità. La cripta è adorna di mosaici in splendido  colore bianco che spiccano eterei e maestosi dallo sfondo azzurro cobalto. I mosaici raffigurano: la Natività, l‘Eucaristia, la Morte, la Risurrezione. La volta, in sfolgorante azzurro, è rilucente di piccole stelle d’oro che via  via formano un'unica stella che, miracolo dell’ arte, allargandosi forma una croce rilucente. Tutte le figure emanano luce, esprimono gioia, speranza e la luce si estende, penetra dentro per  comunicare letizia .
“Nel nome del Padre, del Figlio e dello  Spirito Santo” e i sacerdoti salgono l’altare indossando rilucenti paramenti verdi. Essi stessi sono come avvolti di luce , testimoni visibili di speranza . Ora il mio essere,  perduto nel tuo cuore, ti ascolta o Gesù proprio qui dove ti sei fatto bambino, carne, uomo, nella terra santa dove hai istituito l’Eucaristia e il sacerdozio e provo un senso di pace nel risentire  dentro di me la voce nota del mio padre spirituale che ripete piano : “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel Nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo e vai in pace con il tuo Dio uno e Trino”. E ora permetti, o Signore, che io renda eterni questi momenti di grazia in rapide pennellate visive, la parola scritta insieme con Te forse conserverà nel tempo la freschezza di questi momenti.
 
 
 
 

 
E il pellegrinaggio continua. Stiamo andando verso il monte e dentro di me ascolto la sua voce nota: “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia” e in vicina lontananza, abbracciata da palmizi e circondata da inebriante verde, la Basilica appare. Ha una pianta circolare alleggerita da archi continui che lasciano intravedere il lago di Tiberiade. La natura è già fresca di tremula luce azzurrina e si vede è tutta beata!
Un gruppo italiano celebra la messa in uno spazio verde all’ aperto e all’ armonia delle voci fa eco quella dei cantori del cielo: gli uccelli. In tutto il suo differenziato Splendore ovunque risplende il tuo volto di Padre Creatore.
“Laudato sii o mi Signore” intona il mio cuore insieme a Francesco. Tutto era buono quando uscì dalle tue mani ma l’uomo ha peccato. Il peccato ha rotto l’armonia, ma tu Dio Padre  Creatore ci hai mandato Tuo Figlio Gesù e tutto può risplendere di nuova luce e di nuova speranza. Gesù ci ha redento, ci ha amato, ci ama, ci ha donato se stesso nell’ Eucaristia ,mistero d’amore che si rinnova attraverso il sacerdozio.
Beati voi perché siete figli di  Dio, beati voi perché siete fratelli di  Cristo!
Ma chi lo ripete in tono ritmato? E’ solo la piccola falciatrice che la vecchia giovane suora usa per sistemare un pezzo di prato. Ora di fronte a me si offre la siepe che “non preclude lo sguardo” ma risplende in una festa di fiori concavi rosso-corallo con tre piccoli bianchi cerchietti, ripetono la Trinità ? Il biancore è Maria ?
Enza sorridendo mi chiama piano. 


 

 
In ordinata fila ora saliamo sul battello per andare a Cafarnao  per visitare la casa di Pietro oggi basilica. Ora il tuo lago si apre in rapide onde spumose e in concentrici cerchi azzurri ricolmi di spuma biancheggiante!
Risento chiara la tua voce nota “Vi farò pescatori di uomini!” E i discepoli Ti seguirono subito fiduciosi, non io.                
E ho perso del tempo prezioso per captare fra le tante la tua Voce ma proprio in questo momento  sento l’ accorata richiesta di Pietro: “Signore fa che io venga a te sulle acque” e Tu Signore lo prendi in parola, hai fiducia nella sua fede, ma non lo sai che la sua è una fede irruenta, istintiva, ma debole nella prova, proprio come la mia!?
Pietro sta per annegare, salvalo, Ti invoca, Tu lo senti? Mi senti? Salvami dal mare insidioso del dubbio, che ancora vive dentro di me, ricostruiscimi quale creatura di speranza!  Del resto nessun mare in tempesta può farmi più paura, nella mia barca ci sono i fratelli!   Ed io sono salita sicura, mani fraterne mi hanno accolto ,cuore paterno mi ha sostenuto e pur essendo una pessima nuotatrice, ora posso stare sicura perché quando sarò vuota di gioia, colma di egoismo, una sicura barca mi accoglierà. Ora il battello scivola lieve sul lago e si delinea chiara l’altra sponda. Padre Antonio, messo in prua, sembra il coraggioso capitano della nave  che sicuramente arriverà in porto. Grazie o Signore perché mi fai inebriare di gioia ma rendimi ancora capace di donare gioia. Lo so ancora stento nel coniugare il verbo donare   ma poi che cosa posso donare se io non posseggo niente? Tutto Tu mi hai donato ma la mia vocazione è un bene troppo prezioso custodito in un vaso d’argilla, pensaci Tu   a rinverdire  il tenero arboscello dell’ anima mia! Ora ti lascio o mio lago, stasera al tramonto, vivremo senza la presenza di turisti una speciale veglia di preghiera.  Ti ringrazio perché hai preparato per noi e per me questo colloquio che  ha il sapore dell’ eternità! Ciao o Gesù!
Sì siamo noi soli stasera con Te, è un incontro intimo e confidenziale, è un incontro “riservato”, nessun turista può interrompere la nostra adorazione e il nostro tacito colloquio-amoroso. E’ speciale questo momento qui sul tuo…    lago .
Siamo seduti su due panche lunghe, situate una di fronte all’altra e dondola dolcemente il battello in questo viaggio intersecato da liturgiche preghiere e da taciti  inebrianti silenzi amorosi. La brezza soffia leggera, le onde si aprono spumose alla luce rilucente della luna.  Ma sono tutte sull’acqua le stelle del tuo cielo? Ma no è solo un’ impressione di luce, la Luce della Tua chiara presenza. Si ode ora il lieve sciabordio delle onde e  Aurora, i bei capelli al vento, intona: “Ti ringrazio o mio Signore per le cose che sono nel mondo….” Il canto pian piano tace,  ci stiamo fermando al centro del lago con i motori spenti, e un divino silenzio mi circonda, mi avvolge complice perchè questa è una “sosta d’amore” nel cuore di Cristo!
       Mille sensazioni mi pulsano dentro, appoggio la mano sul cuore l’ armonia del   Creato mi placa. Ora siamo soli, o mio Amore Santo, soli a parlarci, soli nella più armonica e serena contemplazione. Alzo gli occhi al tuo cielo e come  brillano felici le tue stelle! Abbasso lo sguardo sul tuo mare. Come freme di vita! Posso offrirti ora una preghiera che sento mia anche se fa parte dei frammenti inediti di Alessandro Manzoni? “Sei mio \ vivo di Te, gran Dio \ confuso a Te con il mio,\ offro il tuo stesso amore.”
Ti è piaciuta questa preghiera? Ed ora te la offro insieme a questo fascio rilucente fatto di  piccoli fiori di luce che brillano davanti ai miei occhi estatici.
 
 
 
 

 
 
Siamo arrivati al cuore del nostro essere comunità siamo già fermi e attoniti, a contemplare il luogo santo dove il maestro celebrò la  pasqua con i suoi discepoli
Inizia il silenzio e comincia il tempo benedetto del colloquio personale e ciascuno sceglie  il luogo e lo spazio più idoneo al proprio contemplare.
Abbiamo già visitato, quali turisti, la basilica della  Dormizione splendida di arte e di  fede. Si sente un lieve mormorio e un rapido strusciare di  scarpe. Chi resta? Chi va? I miei piedi sono come incollati al suolo e tutto il mio essere è già in adorazione. Qualcuno rimane dentro e si sistema nelle due scalette di fondo,  mi scuoto , mi allontano e trovo un angolino ecco qua la mia pietra e inizio a parlarti, o mio Signore. E via via sento che il colloquio acquista il tono della confidenza e dell’ intimità. Ora invoco  Te Santo Spirito fammi assaporare l’unicità di questi doni,  ogni tappa di questo pellegrinaggio ha avuto un suo scopo, così il pozzo della samaritana è stato per me il momento della purificazione, il Tabor  è stato il momento della luce e la mia fede ha preso quota.
 Il sì di Maria, nella basilica dell’Annunciazione  mi ha fatto riflettere sui miei tanti no. A Betania, la casa di Marta e Maria mi è sembrata familiare, si respirava ancora aria di fraternità di amicizia e intravedevo la splendida unione tra contemplazione e azione, a me così congeniale!    E ti ho visto quale  maestro e amico premuroso   di Marta e Maria accogliendo entrambe nella diversità del loro ministero.  Ti ammiro perché Tu ,o Maestro, sai essere così tenero , cosi trascinatore, così poliedrico nei tuoi rapporti umani. Ma ora ti adoro in dolce silenzio ,ti contemplo con cuore libero, innamorato, felice ed io creatura, so di contemplare il mio Creatore!
Il cenacolo è l’appuntamento per eccellenza, il primo segno visibile del tuo amore per l’uomo. Il Cenacolo è il luogo dove Ti sei fatto pane per i tuoi discepoli e continui attraverso il sacerdozio, a farti pane per noi!   Il sacerdozio, nuovo perenne dono del tuo Amore!   Ti fai pane attraverso  la vita offerta e donata di un piccolo uomo che elevi fino a te e attraverso lui continui la tua incarnazione nello spazio e nel tempo.  Ed ora, ritorno nella splendida basilica della “Dormizione” per salutare tua madre poi si celebrerà la  Messa .   Questo luogo è adorno di grazia, è  rilucente di fede,  è adorno di tante piccole cappelle circolari impreziosite di tessere dorate. Su ogni gradino delle tante cappelle è in  contemplazione una mia sorella o un mio fratello e un brivido di commozione mi avvolge nel vedere il volto di Paola. Quanta serenità esprime! Non mi fermo, anche io cerco il mio angolo di luce e lo trovo  guardando l’icona del  Risorto! E’ parlante  questo volto santo, è familiare con la sua gloria e la sua tenera autorità!   Un abbraccio a te Maria, un abbraccio a te   Gesù e tutti noi ci incamminiamo in tacito silenzio ma gli occhi di tutti parlano, pregano, sorridono ma non è finita una giornata così; ci attende la Messa: la Cena pasquale. Busso, sono già davanti al portone dei frati francescani, fresca acqua ci disseta, piccola grande chiesa ci accoglie. I sacerdoti si preparano, sono tutti presenti oggi! Finalmente è presente anche padre Egidio! I libretti sono pronti mi accingo ad aprire il mio con mano tremante perché il momento è solenne, infatti proprio durante la messa ci sarà la rinnovazione delle promesse e le consacrate della prima ora salgono in ordine sull’ altare ponendosi alla destra dei sacerdoti concelebranti e formano un semicerchio che resta aperto.   Ma quale stupenda ispirazione   vibra nel cuore e nella voce di padre Antonio? “Venite, venite anche voi sull’ altare, oggi siamo tutti invitati, anche se voi siete nel periodo iniziale e delicato dell’ orientamento”. Tremante di emozione, mentre il mio cuore freme di   gioia, salgo sull’ altare e tutte insieme siamo sei, ci disponiamo alla sinistra dei sacerdoti e formiamo una splendida corona, un cerchio di fede, certo anche noi siamo state chiamate da Te, Gesù,  e questo gesto sacerdotale è un dono che hai preparato per me nel nostro colloquio al Cenacolo mentre io in tacita, esultante preghiera, Ti vedevo spezzare il pane ai tuoi. Grazie per il ministero sacerdotale che sgombra l’anima mia dai pesi inutili, grazie perché fra le mura del cenacolo ho sentito quale Maestro attento e premuroso sei, grazie perché ho udito le tue parole che, quale acqua preziosa, mi hanno dissetato al pozzo di Sicar, grazie per Betania, casa dell’ amicizia, grazie perché tutte le mie paure si sono placate al contatto del Tuo Amore, grazie perché hai istituito la chiesa e perché io ne sono figlia! Sento di essere invitata da Te, Dio Uno e Trino e la sintonia con i fratelli è piena e assoluta e si  manifesta in rilucenti perle di lacrime ma oggi sono “lacrime di gioia”! Ma un altro dono mi attende in questa storica giornata di grazia! 
Tutti noi riceveremo una crocetta di legno e padre  Antonio, inzuppato di santa gioia, passa in mezzo a noi, si ferma un attimo davanti a ciascuno di noi benedicente e sorridente  e il suo  trasparente sguardo di fede ti canta la sua felicità estatica,  perché  Tu, o Signore, gli hai  concesso di convocare i suoi fratelli sacerdoti e le sue figlie spirituali nella Santa Gerusalemme.Ora Marcello, sorridendo  commosso, ci invita ad uscire.   Mi attardo un attimo e rivolgo un abbraccio cosmico a questi luoghi sacri, lentamente e volutamente  mi distacco dal gruppo, sono tante le sensazioni che tumultuano nel mio cuore , vorrei condividere ma non ricerco nessuno stavolta: attendo , ma ecco una mano paziente sfiora la mia: delle rilucenti pagliuzze di gioia e di luce brillano ancora nei suoi occhi, ecco gli occhi di Enza cercano i miei, ma non parla, sorride e insieme facciamo un lungo tratto di strada nella santa  Gerusalemme .
Saliamo insieme sul taxi e siamo ancora in sette  e in più ho ritrovato l’ottavo sacramento: il sorriso.                                    
E comincia il viaggio di ritorno a Catania  e lo vivo in un’atmosfera irreale, mi concentro a guardare dall’ oblò dell’ aereo il tuo cielo ma è fuori di me oppure è dentro di me? Ecco laggiù, baciata dal tramonto, Roma appare;  io del resto con la memoria del cuore ne riconosco ogni particolare  e i miei occhi estasiati di luce si fermano per un attimo eterno sulla cappella  Sistina e contemplo in sacro silenzio la  Creazione  secondo Michelangelo. E così canto in versi.
“Impresso nella tela eterna \ contemplo il particolare \ \ delle due mani che si cercano \ Si sfiorano, infine si toccano\. L’una è immensa luce creatrice,\ l’altra,  piccola opaca carne,\ ma già vibrante di vita,\ ecco tu, uomo altero, ti sollevi \ E  Dio compiaciuto \ ti accarezza di eterno riso.”
E infine  atterriamo all’ aeroporto di  Fiumicino,  passiamo la dogana e via, ci imbarchiamo per Catania, ancora una volta dall’ alto dei cieli  rivedo la “Timpa”, la chiesa profumata di giovinezza, di campagna e risento il lieve gorgoglio del fiume, intravedo le pietruzze colorate che io bimba infilavo nelle tasche lassù a  Canolo in Calabria! Ma così presto spicca laggiù la terra calabra?
No, è solo il mio pensiero che viaggia alla velocità della luce! E, come in un documentario visivo, rivedo le tappe più significative del mio cammino spirituale.
Ma ora una voce metallica annuncia  “Allacciate le cinture, stiamo atterrando a Catania”.          
Dalla finestra spalancata sul verdeggiante paesaggio collinare del convento di Savoca, arriva al mio orecchio lo scampanellare del gregge, che si unisce al suono delle campane che intonano l’ Ave Maria.  I grilli e le cicale ripetono l’inno nel loro linguaggio ritmato, apro il mio diario  e rileggo con commozione: “Maria mostrati a me non più modello ma madre e concedimi di essere  piccola, povera, paziente, per diventare ancora una degna discepola del tuo  Gesù”  e ora nella stupenda cappella della Dormizione  mi sento come abbracciata da Te, Madre santa, e finalmente sento circolare l’abbraccio in tutto il mio essere reso speranzoso dalla certezza di essere fra la mia gente.   Do uno sguardo d’ insieme alla basilica: ogni nazione del mondo ha raffigurato Maria   secondo  le proprie  tradizioni  e le proprie arti! E’ dolce, tenera la Madonna  del  Giappone, è danzante, nera,  la Madonna africana  , tante espressioni di fede e di arte ma un unico amore!   Usciamo e ci avviamo verso il chiostro che già si intravede spazioso, antico, verdeggiante sotto il caldo sole di  Nazaret.
Silenzio divino e musica silenziosa mi circondano e il mio cuore è “sereno e  svezzato come un bimbo in braccio a sua madre.”
E finalmente settembre arriva e io già respiro aria di scuola; a giugno ho salutato i miei alunni di quinta classe ed ora aspetto di ricominciare il ciclo con i deliziosi bimbetti di prima classe. Inizierò il nuovo ciclo scolastico con una forte carica esistenziale, così i bambini potranno godere delle nuove fresche energie del mio spirito rinnovato dall’esperienza della Terra Santa che sarà per sempre ricchezza di luce per la mia vita …
 
Oggi, 12 settembre, la mia stanza acquista l’ aspetto di un laboratorio pieno di cartoncini , di colori ,di pennelli, di forbicine, la parola chiave  è stata già scritta in grossi caratteri cubitali  “benvenuti”  ma non ho finito, ora tiro fuori dal mio cassetto l’ elenco che ho già ritirato dalla segreteria e ne controllo i nomi, che ricopio con cura nei cerchietti che  diventeranno la corolla dei fiori.
E il primo giorno arriva fresco di speranze; parcheggio nel grande cortile della scuola e vedo una folla variopinta di mamme e di bambini che via via aumenta. Noto con piacere che i bambini sono numerosi perché si sono formate tre prime e ogni classe avrà la propria insegnante.  Che alta possibilità di comunicazione educativa didattica!
Svelta mi appoggio all’ albero e con la mia calda, tonante voce prendo l’elenco e inizio a chiamare: Gianfranco, Antonella, Rubinia, Oriana , Ilenia, Marilena, Mario, Antonio, Agata, Alessandra, Vincenzo, Giovanni, Salvo,  Orazio, Fiorella, Enzo, Laura, Grazia .  E subito ad ogni nome do un volto e d’ istinto ne percepisco le  potenzialità educative che sembrano tante.
  Tutti insieme saliamo le scale in un allegro brusio  e tutto è già pronto per l’accoglienza!
 Sul tavolo, coperto da un vistoso tappeto verde, troneggia l’enorme fascio di fiori cartacei.
 Sollecita invito i bambini a prendere posto liberamente e quasi tutti  si conoscono   perché provengono dalla stessa scuola materna .
E  mi propongo di giocare bene questa carta vincente inserendomi con tatto in questo gruppo già  affiatato .
 Anche le mamme si sistemano nei banchetti, ora invito tutti a fare silenzio prendo fra le mani alcuni fiori e passo nella prima fila di banchi e dò ad ogni bimbo una carezza e un fiore, alla fine della consegna ritorno al tavolo e prendo  con fatica, l’ultimo fiore molto grande : nella corolla c’è scritto il mio nome.
Poi agile, salgo su un banchetto e  incollo l’enorme fiore, nel grande cartellone murale.
 Ora ogni bambino, aiutato dalla propria mamma, incolla, intorno al mio, il proprio fiore, che diventa un petalo.
La parete della scuola sembra un quadro d’autore !
Certo la botanica non è rispettata ma già profonda  è  la sincera empatia nata fra noi!



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10° Capitolo
  
 
 
" ...La fede è facile, non credere sarebbe impossibile.
 La carità è facile, non amare sarebbe impossibile.
Ma sperare è la cosa più difficile.
                                                           (Alessandro Pronzato)
  
 

Oggi, nel mese di maggio dell’88 mi trovo a godere la frescura pomeridiana della mia stanza e guardo, in vicina lontananza l’Etna, avvolta nel suo candido velo di sposa.
Sto provando ad assaporare la pace che mi vive dentro e  analizzo tale sentimento, ma certo è una gioia strana e nuova quella che mi pulsa dentro e scaturisce dal primo impatto che ho avuto con i meravigliosi bambini della prima “ C.”
Certo, ogni generazione di alunni ha segnato una tappa del mio percorso di maestra, ma ora noto che l’impegno scolastico è stato per me altamente gratificante, perché la mia vita personale si è arricchita di una speciale intesa intellettiva ed emotiva.
Vivo infatti un rapporto nuovo, fresco stimolante, i bambini mi coinvolgono nei loro problemi quotidiani e gusto la gioia nuova della maternità spirituale a me congeniale. Sono affiatati fra loro perché provengono, quasi tutti , da una stessa sezione di scuola materna e posseggono un limpido sentimento religioso che si esprime nelle preghiere spontanee, improntate a una fede sicura, serena, francescana, direi. Intuisco che questa speciale intesa nata tra me e loro durerà oltre la scuola. Inoltre l’apprendimento culturale è profondo ed è esteso a tutte le materie. Alzo gli occhi verso il balcone e ora l’Etna è ricoperta da nuvolette rosa-dorate, ma il rosa non è il colore della felicità?
E, meraviglia nuova, anche io ho bisogno di gridare al mondo la mia felicità, ora ho due comunità : quella del mio cammino spirituale e quella scolastica di cui io sono la prima animatrice  secondo l’ ispirazione che mi ha dato Francesco nel mio primo indimenticabile incontro con  Lui ad Assisi.
E corre il tempo colmo di impegni,  di doni, di grazie  e proprio oggi, ultima domenica di giugno dell’89, mi concedo un momento di sosta nella  pace della mia casa di preghiera di Catania fermo sulla carta pensieri e propositi .
Ecco, finalmente ho capito che la speranza si concretizza nel quotidiano, nel feriale, perché “il progetto”   è radicato nel mio cuore dopo sì lunga sofferenza interiore  superata e addolcita dalla presenza  amica del mio padre- fratello Egidio.  Eppure non è stato un incontro speciale quello di ieri, ha mantenuto i toni smorzati e sofferti del quotidiano , è stato un confronto “fraterno” ma forse proprio per questa semplicità mi ha fatto bene dentro.  Il breve gesto dell’ assoluzione  mi ha dato pace .
E’ vero, sono reali le difficoltà da superare, sono diversi i gesti da capire e da compatire, raggiungere la vetta cioè l’incontro con Dio e i fratelli richiede delle scalate di sesto grado  ma ho la certezza  che il Signore si è impegnato con me  perché il mio dovrà essere un “matrimonio”  d’ amore e non d’ interesse.
Lo so che non mi devo aspettare niente, devo solo dare tutto, tocca a me  accogliere gli altri e amarli perché  l’ amore esclude ogni timore.
 Nell’ istituto c’ è un ritmo  vertiginoso di vita  e di impegni e non c’ è spazio per le sfumature, le delicatezze personali.   Ecco vorrei diventare una persona capace di amare senza misura  e senza aspettarmi il contraccambio .
Ci riuscirò? Non lo so, ma mi è nata dentro la voglia di provare per godere tutte le realtà sostanziali che fanno dell’ istituto una realtà di chiesa, un impegno di consacrazione totale. Aiutami tu, Signore, a superare le paure e le stanchezze per vivere in pienezza questa irripetibile giovinezza dello Spirito. Amen.
 
Acquavona   18 Luglio 89  ESERCIZI SPIRITUALI.
Siamo arrivati a “Villa Rosa”, incastonata fra i monti calabri, circondata da boschi secolari, un luogo che promette intense giornate di … pace.
Le suore ci accolgono e ci invitano a visitare i locali: ecco da lontano si può vedere l’ampia cappella circolare  protetta dai sempre verdi,  scendiamo delle lunghe scale  e troviamo pronto l’ampio salone che lascia intravedere una lunga fila di sedie ma ecco ho già trovato il “mio posto”: è di fronte alla tela raffigurante  degli alberi che si perdono lungo un sentiero e sotto la didascalia commenta  “Taci e contempla” .
Ma non era necessaria la spiegazione scritta perché il pittore l’avrà dipinto in spirito di preghiera e anch’ io, in ginocchio col cuore, inizio a gettare  sulla carta, in rapide pennellate visive, le mie emozioni in questo luogo di grazia, in questo tempo storico di grazia.
Continuiamo la nostra visita prima di sistemarci negli alloggi.
 
 
Io capito (per caso?) nell’ appartamento dedicato a santa Teresa e risuona ancora dentro di me la preghiera che recitavo nella chiesa dei padri carmelitani  “Niente ti turbi, niente ti sgomenti, solo Dio basta”  sorrido fra me e continuo la visita.
Ritorniamo verso l’ ingresso e,  mentre rivolgo  uno sguardo di preghiera al grande pannello che raffigura l’Annunciazione del beato Angelico, intravedo socchiuso un cancello   di ferro battuto  che protegge un verdeggiante giardino e lascia pregustare  sereni incontri con Te mio  Signore !
 
Acquavona    19  luglio ‘89
… Sono tre le colonnine su cui poggia il tuo altare nella cappella silente  che mi accoglie  e che in parte mi ricorda la basilica dell’ Annunciazione di Nazaret.
All’ esterno sono 9 le cuspidi che raggruppano e chiudono la svettante cupola.
Tu,  Gesù Crocifisso,  stai in alto,  dietro spicca una rossa vetrata , certo è il colore del tuo sangue sparso per noi ma sì il tuo dolore ha reso possibile e visibile nel tempo il tuo gesto d’amore. Quel  Corpo che ci hai offerto e donato sul Calvario  ora lo offri a noi nel silenzio divino di una piccola Ostia. Nuovo ripetuto miracolo d’amore!
E’ un triangolo equilatero il tabernacolo che Tu in croce indichi e custodisci.
I tre lati vogliono indicare la presenza delle tre divine Persone.
Lo sai, vero, Signore, io non conoscevo il tema degli esercizi spirituali, grazie per la tematica che mi hai proposto,  lo sai, mi piace chiamarti con il nome di “Padre”.
 Spingo il cancelletto  in ferro battuto che immette nel giardino ricco di alberi e impreziosito  da un curato prato all’ inglese. Gli  scalini esterni alla casa portano in tanti rettangoli di marmo che costituiscono il suolo calpestabile e intorno hanno una verdeggiante bordura di verde tenero fra cui sorride qualche tremula margherita bianca attorno alla quale sfrecciano piccoli insetti colorati.
“  Padre nostro che sei ….sulla terra “  mormora l’anima mia incantata fra tanta bellezza, sei grande o Padre  Creatore, Tu, nella  varietà di questo giardino, fai brillare e risplendere la Tua gloria. Variopinti gerani e delicate campanelline  scarlatto- violetto, fanno bella mostra si sé uscendo fuori dalle giare di argilla : ora una farfalla rossa mi si avvicina: è messaggera di letizia e di libertà. Meraviglia! Ora il mio cuore è libero, o mio Signore, libero da pretese, da paure, da interrogativi.
L’ampia e fitta  siepe che  “non preclude lo sguardo” impreziosisce di lucente verde smeraldo l’ampio perimetro del  giardino e forma come una cintura protettiva intorno , intorno .
E’ questa la teologia della bellezza di cui poco fa parlava padre Antonio ?
E’ questa la spiritualità ecologica che tanto mi rasserena e tanto mi è congeniale?
… Silenzio divino, solitudine sonora, musica silenziosa si alternano   nei caldi spazi dell’ anima ..
Ora , voce di uomini, dal ciglio della strada, arrivano fin qua ma non turbano la vita delle piccole creature che vivono in questo prato e del resto non turbano e non rompono il silenzio di tutto il mio essere .
E dentro di me risuona un canto : “Andiamo a costruire la città” per renderla più vivibile , più a misura d’ uomo, arduo compito ci attende, lo so!
Riesco ad ascoltare la voce silente della natura che mi guarda con i suoi mille occhi verdi  e  mi chiede amore e rispetto.
Certo le piante hanno “l’anima sensitiva” e forse per questo si può parlare con loro.
Francesco parlava con gli uccelli, Antonio con i pesci ed io?
 Beh, parlo con gli alberi!
E poi non è vero che solo ai santi e ai poeti è concesso di capire il muto linguaggio delle cose.  Perdona, Gesù,  se tanto osa il mio cuore ma anche io ne percepisco il
messaggio pur non appartenendo né ai santi  né ai poeti . Tu, con la tua misericordia di Padre riempi i vuoti dell’ anima mia e tutto il mio essere in pace Ti adora.
Riconciliami con me stessa, con gli altri, ora i miei  occhi, sgombri da nebbie di peccato, si elevano rasserenati e puri verso il Tuo- mio  Cielo che, nello splendore della mattinata estiva,  sfoggia un azzurro,  smagliante colore con ricami di sfumate, vaganti, spumose, nuvole bianche.
Un poeta diceva che le nuvole sono “la polvere dei tuoi passi”.
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Con passo svelto mi avvio verso il giardino perché so che  nella solitudine  Tu parlerai al mio cuore e  io, resa  attenta dal Tuo Amore, saprò ascoltarti.
Mi siedo al mio posto preferito: ho davanti agli occhi una bordura verde, esaltata  da colorati  gerani, ai piedi del pino  brillano dalie gialle .
Uno scintillio  mi  cattura: è lo splendore del pino argentato che sembra voglia abbracciarmi  con i suoi colori: verde, azzurro, argento .
Ma  sì, sei rilucente di gioia ,o mio albero,  e alla tua presenza rifletto e prego e ti
ringrazio perché mi offri, in semplicità questa tua fragranza   insieme a questo  palpito di vita!
La Bibbia  aperta accanto a me, si sfoglia al soffio della brezza e la pagina un po’  sgualcita  si apre .
Io  curiosa, vi fermo lo sguardo e leggo commossa “Ti mostrerò  il mio amore e la mia tenerezza” .
Dio Creatore , da poco ho scoperto   il tuo volto di  Padre, il  ruolo sponsale di Te o Spirito Santo , da poco fratello Gesù, ho  imparato ad amarti ,  ma ora ho dentro un pizzico di paura  e ti spiego il perché.
 Nel mio faticoso cammino ho capito che il carisma dell’ istituto, dove mi hai richiamato, richiede che io permetta a Te Gesù, di continuare a prolungare nella storia, la tua consacrazione in me. Piccola cosa ti  sembra questa richiesta? Lo so ci vuole più maturità . Ecco Ti sei preso questo fardello e tocca a te portarlo con me e farmi da Cireneo tocca a Te .
Ma allora che cosa mi fai dire?   La Croce tocca a me portarla e devo ancora chiederti in prestito i chiodi della tua, mi servono per “inchiodare il mio io” secondo la francescana intuizione del mio giovane padre spirituale Egidio.
“In tua volontate è nostra pace” cantava Piccarda  nel cielo dantesco ma io non capisco a pieno  la Tua volontà e quando la capisco, filtrata dalla direzione spirituale, mi fa paura.
Ma perché nel giardino davanti al mio sguardo s’ impone questo piccolo faggio rosso?
 E che cosa ci fa in un giardino tutto pieno di grandi maestosi sempreverdi?
Lentamente mi alzo, mi avvicino al piccolo faggio (piccolo rispetto agli altri alberi, non in sé) e vedo che al centro ha un grosso ramo che mostra la recente potatura.
Tendo la mano verso l’alto per accarezzare questa ferita di gloria annunciatrice e di frutti e rami rigogliosi. E mi viene in mente la provocazione del capitolo 15 di Giovanni : “Io sono la vite e il padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto,  lo pota perché porti più frutto”.
Vedi, Gesù, anche io ho urgente bisogno di potare qualche ramo sterile nell’ albero della mia vita.   Guarda  c’ è il   ramo  secco della mia incapacità di partorirti al mondo, c’è il ramo sterile della mia incapacità a conservare la gioia, perché gli altri  vi attingono con indiscrezione e nelle mie mani resta  solo una foglia secca , aiutami, vedi il mio tralcio muore , aiutami a non staccarmi da Te, mia Vite.
Perdonami,Signore, perché ho atteso che fossero gli altri a fare il   primo passo verso di me.
  Ho capito che tocca a me  donare letizia anche quando per gli avvenimenti umani che mi coinvolgono nel quotidiano, la mia gioia scarseggia tanto !
Mi sento più libera e più leggera ora, proprio ora che ho assunto questo peso!
Ma  vedi?    Parlando con Te, anche la mia chiara logica  vacilla .
Aspetta , voglio farti un regalo: ti offro le mie infedeltà piccole e grandi, la mia incapacità a ritrovarti nei piccoli, nei sofferenti . Ti piace il mio “dono”?  Sento dei passi leggeri nel giardino sei Tu?
 Ma no, è solo Margherita  che scorre il rosario ,  mi giro discreta e   con passo lieve raggiungo l’altra uscita , mi fermo un attimo presso un rilucente albero con foglie verdi merlettate di bianco ma cerco perplessa le bacche .
Ma dove sono le bacche bianche e rosse? Dove sono le augurali bacche natalizie?
 Io perplessa le cerco tra le foglie   ma non le trovo ma già, siamo ancora in estate , l’ albero non ha dato i suoi frutti, non è arrivata la sua stagione .
 Oggi ,o Signore,  l’ albero della mia vita che frutti può offrirTi ?
Ecco, non vorrei deluderti ancora ma guarda nel mio piccolo albero una piccola bacca quasi rossa già ondeggia al vento dello  Spirito:  è la gioia, ti può servire o Signore?
“Padre  nostro che sei  con noi Ti canto dentro e ritorno tra i fratelli.”
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La settimana di esercizi spirituali vissuta ad  Acquavona, ai  confini della mia terra calabra, mi  ha dato una profonda carica spirituale che ha investito, di nuova luce , il mio insegnamento  che è una seconda vocazione.
 
 Proprio oggi 4 ottobre dell’ ‘89 la festa di S. Francesco vado a San Cristoforo, un quartiere storico di Catania, perché padre Egidio vi è stato nominato parroco.
Ecco lo scenario:  nella piazza troneggia l’altare preparato  per la concelebrazione ma la  stranezza è costituita da un cielo ostile, oscurato da una pioggia nera di pulviscolo vulcanico e la gente si difende come può aprendo gli ombrelli colorati.
 Il vescovo esprime qualche timore per la montagna che tuona ma un rumore ben più assordante  vince: stridio di motorette, di macchine, calore di vita, di voci.
Ma ecco, arriva fino a me, confusa tra la folla sconosciuta,  la voce di p. Egidio, prima lenta e impaurita per la carica emotiva  poi forte, certa e chiara e copre il  rumore circostante offrendo  speranza al suo popolo e anche a me . “Laudato sii ,o mi Signore” canto con  Francesco .         
Oggi undici Novembre dell’ ’89 mi ritrovo  nella nuova parrocchia per vivere la mia Messa e,  strano,   mi  risuonano dentro le fraterne parole di padre Egidio  per il suo gregge.
 Io sento già l’appartenenza a questa realtà e, nuovo miracolo, dopo sì lungo silenzio e distacco ritrovo p. Egidio, ancora padre e fratello e con questi sentimenti mi preparo  ad accogliere, insieme a Cinzia, i bambini del catechismo di San Cristoforo, e inizio un nuovo gioioso cammino di fede fra  la gente istintiva, forte generosa della nuova parrocchia .
E  ora attendo  con gioia il momento solenne  dell’ ingresso ufficiale nell’ istituto cercato, ricercato, ritrovato e  oggi, 27 dicembre dell’89,  profuma di pace, di serenità, di letizia la nostra cappella francescana e dalla finestrella spalancata osservo i verdi rami del pino secolare.  La  Messa solenne sta per iniziare, nell’ aria si spandono le note dei canti gregoriani e i sacerdoti stanno per salire l’altare  il mio cuore batte all’ impazzata, sentimenti vari vi fanno ressa ed ecco padre Egidio   mi cerca con lo sguardo e mi regala uno dei suoi luminosi sorrisi .
 Alla fine della Messa solenne, mi  sento  avvolgere dalle note finali del mio canto preferito “Dolce sentire”  e  al mio anulare riluce la fedina di oro bianco, segno visibile del mio nuovo impegno,  apro  la mia borsa e trovo un foglietto azzurro con questa preghiera che subito faccio mia:
“La lucerna dell’amore”
Ti ringrazio, Signore / perché quando questa lucerna dell’ amore/ diventa troppo pesante/ da portare con le mie mani/ Tu la prendi tra le tue mani forti /  perché, Signore Tu sai,/ quanto preziosa essa sia per me/ e quanto io mi preoccupi  affinché essa non cessi di ardere.  Amen ripeto dentro di me.
Ma quale mano amica mi ha fatto questo dono ?
Qualcuno  mi sfiora:  è  Paola  che  premurosa  si è fermata ad aspettarmi, non parla , mi sorride complice e mi dà il benvenuto con un caloroso abbraccio, la seguo in silenzio ed entriamo  per ultime nel salone addobbato a festa, sul tavolo spiccano fiori campestri raccolti dal giardino.
Ecco padre Egidio  si alza, ci viene incontro dicendo : “Aspettavamo solo voi ma dove siete rimaste? E ora posso farti gli auguri  Rosarita?  “  Sorride,  si avvicina e mi abbraccia e mi dà il benvenuto nell’ istituto a cui  anche lui appartiene, riesco a gustare la cenetta  in un clima di fraternità.
Vivo il mio impegno di consacrazione nella  parrocchia  fra la mia gente .
Il venti luglio del ‘90 con i catechisti vado ad  Agnone per trovare la famiglia Platania, composta da Maria, Giovanni ,Gilda, Annamaria,  tutti membri impegnati nella parrocchia. Arrivata nel viale splendido di oleandri colorati, scendo dalla macchina con Cettina e Giuseppe e mi sento un poco imbarazzata ma è solo la sensazione di un attimo:  l’accoglienza è festosa e calorosa.
Che meraviglia ! Si respira aria di famiglia! Aria di fraternità!
Ci prepariamo e andiamo tutti a mare, siamo un folto gruppo di amici .
 L’insenatura di Agnone  è un quadro d’ autore, laggiù il verde della costa si unisce all’ azzurro del mare  e del cielo ricamato di nuvolette bianche,  questo paesaggio è un dono che,  Tu  Signore, hai fatto a noi    uomini.                
Quanti ombrelloni colorati ! Quanta vita ! Laggiù il mare manda riflessi d’ argento!
 E ora a tavola si gustano le specialità di  Maria: le lasagne  cucinate nel  forno di pietra,  il pane di casa, i peperoni arrostiti, le polpettine arrostite in foglie di limone e non manca il dolce casalingo e come sono vigili Maria e Giovanni e quali  attenzioni mi usano ! E come sa vivere in semplicità le pure gioie dell’ amicizia padre Egidio!
Ma non è finita una giornata così , è sera   abbiamo consumato  la cena e padre Egidio propone: “Andiamo sulla spiaggia per salutare la luna?” Prendiamo le nostre stuoie e andiamo verso il mare , è cosi vicino alla casa!
Stendiamo le stuoie e ci mettiamo comodi, la luna di lassù sembra sorriderci e vanitosa si specchia sul mare. Come è bello godere del  giallo chiarore della luna!
Pensiamo all’ infanzia, ai giochi di allora, io e Giovanni ricordiamo il gioco con il castello delle noccioline che si tiravano nella fossetta , Maria ricorda i giochi dentro i cerchi e le tenere pupe di pezza spesso fatte in modo artigianale . Cettina canticchia un’antica nenia. Ma come è delicato e ancora tenero il seme della fede che hai messo nei nostri cuori !
Fa, o Signore, che questo seme cresca e diventi un albero grande dove possano posarsi gli uccelli del cielo! E l’albero già ondeggia al vento dello  Spirito.
Ma no, che dico? E’ solo la brezza del mare che mi accarezza il viso:  “ Grazie , o Signore , per questa  pace lieve , lo so , è bello che i fratelli stiano insieme , e noi lo siamo” . Giovanni dà l’avvio per il ritorno a casa , io mi trattengo un attimo , devo salutare la luna che brilla di luce non sua, e come la luna riceve e dona la luce del sole, possa io ricevere la Tua luce e donarla a tutti quelli che Tu poni sul mio cammino.  Amen.
  
Acquavona 26  Luglio 90
 
Esercizi spirituali
 
Nell’ accogliente salone ora risuona calda e chiara la voce di  padre Antonio  che commenta il miracolo della moltiplicazione dei pani, la voce cadenzata mi segue ma io, guardando il cielo,  sfolgorante di luce e la grande distesa di alberi,( se ne vede solo la cima), mi allontano con la mente e con il cuore   e mi ritrovo in Palestina   Ti guardo estasiata mentre  l’immensa folla variopinta   freme, si muove, si interroga, si rasserena, si siede , a piccoli gruppi.
 Ora Tu, lievemente divertito, solleciti i tuoi discepoli a dar da mangiare alla folla  e il fragrante pane  corre di mano in mano e placa sia la fame del corpo, sia quella più profonda dello spirito.
E  io mi confondo  in mezzo alla folla anonima in cerca del pane di vita.
 Ti tendo la mia mano perché mi urge un pezzetto di  questo “pane speciale” ma non so regolarmi circa la quantità necessaria e sufficiente a placare la mia fame.
Molta roba inutile si è accumulata a casa mia vecchi problemi sono venuti a galla, forse e senza forse, è stato il cataclisma totale della mia nuova situazione famigliare venutosi a creare con il distacco  per il matrimonio di mia sorella  partita per il nord e io sono rimasta sola con la mamma.
Pensavo di avere tante risorse  dentro di me e invece … ho solo  vecchie e nuove paure ma gli esercizi spirituali vorrebbero essere  “una boccata di ossigeno per lo spirito una sorsata di acqua pura,  ma ascolta,  a me non  basta un sorso sarebbe appena sufficiente a inumidire le mie labbra screpolate dal sole,  ma non placherebbe l’arsura  di tutto l’ essere,  non sazierebbe il cuore che “ ha le sue ragioni che la ragione non comprende.”
  Tristi pensieri , negative sensazioni “tumultuano” dentro di me e io ho invece tanto bisogno di una verifica, di un dialogo paterno e liberante !
Ho sete di condivisione, di fraternità.  Dammi Tu questa rara acqua speciale!
Ho per parlarti piccole parole / hai per sedurmi abissi di silenzio.
Ma io continuo a parlare e Tu non riesci a …raggiungermi.
Troppo rapidi, improvvisi sono i  cambiamenti avvenuti attorno a me  e dentro di me a  questi esercizi mancano    diverse persone  a me care:  padre Egidio   non è con noi, è a Genova accanto alla madre sofferente.
 Fausto sta pregando altrove per il suo sacerdozio.
Margherita, all’ ultimo momento non è venuta ed io sento tutte queste mancanze.
 Egidio, sacerdote e padre sa regalarmi, anche nel rispetto del silenzio,un rassicurante sorriso  e Fausto riesce a farmi percepire,la fraternità.
Margherita mi dà uno strano senso di sicurezza . Sono queste le mancanze di persone e amici, ma c’è ancora un'altra mancanza.
 Manca, ma che cosa manca ancora?
Ma certo manca la possibilità reale di un confronto con i sacerdoti e i responsabili (che ,strano a dirsi,) non sono disponibili perché fanno gli esercizi spirituali insieme a noi!
Ancora manca qualcosa di bello e di rasserenante non abbiamo più l’uso del giardino attiguo, non  posso più godere della frescura del grande pino argentato  perché  quest’ anno vi abitano i proprietari della villa . Ultima mancanza credo.
Ma ritrovo qualcosa di nuovo Villa Rosa è più ricca di verde e di colori, di muretti rustici ascendenti e discendenti, di prati all’ inglese.
  
Oggi un nuovo rifugio mi accoglie, ora il mio corpo stanco si appoggia al grande muro laterale esterno della chiesa e il mio sguardo spazia sulla terra, ai miei piedi si estendono mattonelle intrecciate di colore granato che formano dei lunghi disegni geometrici.
Dalla mia sinistra si snoda , davanti al mio sguardo,  la visione delle due casette dagli aguzzi tetti rossi seguita dalla visione del lunghissimo corridoio ricoperto di vetrate e   lo sguardo si estende, a perdita d’occhio, in una macchia di verde, ora la brezza lieve di un piacevole venticello “lo  zefiro soave” scompiglia i miei capelli e pian piano, porta via con sé  la pesantezza del mio cuore.
Un passero solitario canta in modo ritmato ma ecco non è più solo ben presto altri amici suoi intonano un vero concerto e non rompono il silenzio del bosco, semmai lo rendono sacro.
 Gli alti larici mostrano le cortecce picchiettate di bianco-verde- grigio e chiudono, a una certa lontananza,  il lunghissimo caseggiato in modo circolare (anche nella natura ritorna la Trinità?) Certo il cerchio indica la perfezione.
 Ti invoco, vieni Signore Gesù! E ancora ripeto, vieni !
O Signore manda il tuo Spirito  manda su di me un raggio della tua luce !
Sana ciò che sanguina, bagna ciò che è arido, lava ciò che è sordido,  vieni maranathà!
Ora il vento sfoglia la mia Bibbia e leggo : “ Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho destinato a portare frutto”
Perché Tu  hai scelto me?  Ma guarda nessun frutto ti ho dato e tu ancora mi cerchi, mi ricerchi e ti ammiro per il tuo coraggio  Signore, ma io non mi fido di me, è scarsa la mia capacità di sperare e, a proposito, l’hai sentita l’ultima stamattina ?
 
 “Voi dovete essere speranza per gli altri ovunque vi troviate” così parlava Padre Antonio stamattina.
 Ma io quale speranza sono stata per gli altri?  Boh !
Mi alzo e guardo uno scorcio di prato.
Eccomi l’ultimo giorno di esercizi spirituali è arrivato, fra un’ ora sarà celebrata la messa e tutti noi che apparteniamo all’ istituto, rinnoveremo le promesse ; il momento è solenne e il cuore attende in pace con una gioia contenta e pacata.
Davanti la casetta di Santa Teresa un robusto sedile di marmo mi sostiene e un piccolo alberello mi dona la sua ombra.
La mia penna corre veloce cercando di fermare sulla carta impressioni, sensazioni, propositi, speranze , certezze.
Ma oggi sono io a ripeterti  la domanda che già ti ho fatto in questi lunghi silenzi, fra queste vette verdeggianti. E  Tu , Signore,  Ti fidi del mio sì?
Certo nella Messa  reciterò, insieme agli altri, la formula ufficiale e già sento tutto il peso  e la responsabilità che comporta specie ora che devo affrontare  da sola la famiglia, la scuola, la comunità.
Ora, in un anticipo d’amore, ti ripeto piano il mio sì mentre i miei piedi affondano nella morbida erbetta del prato, mentre una coccinella mette in mostra la sua colorata e allegra corazza a puntini, una farfalla rossa si posa avida su una rosa gialla e una  passerotta –madre cinguetta stridula dietro le  mie spalle, mi giro svelta e la vedo,    mi  mostra   orgogliosa  l’insetto che ha in bocca da portare ai piccoli. Di lato, alla mia destra, tra due rupi , spicca un bianco Crocifisso  e lo guardo in muta  preghiera   Signore la mia piccola offerta è per sempre incastonata nella chiesa che io amo! Ritorno al mio  sedile e ai lati del viale circolare ammiccano le ortensie nel loro sfumato colore rosa corallo. Di fronte a me, nell’ altro piccolo prato ondeggia, al vento dello Spirito, un piccolo faggio rosso dalle foglie di un cupo colore granato al quale, fa da contrasto, il bianco cespuglio delle margherite che ridono con i loro gialli bottoncini.  Più in fondo si vedono i piccoli cipressi verde scuro e sulla lontana-vicina bordura di cemento, in grandi ciotole rotonde, fanno bella mostra di sé rosse e
carnose begonie. Grazie finalmente Ti  canto per avermi chiamato in questo luogo di bellezza, di pace e di grazia!
Un dono Ti chiedo oggi concedimi di saperTi ritrovare e contemplare in tutto ciò che è piccolo, umile (creature, animali e cose). Liberami dalla tentazione dell’autosufficienza, liberami dall’ orgoglio, dalle paure vecchie e nuove, dal silenzio
colpevole , rendimi pura accoglienza del Tuo Amore e poi offerta libera e gioiosa, fammi attenta ai tanti bisogni degli altri , solo così lascerò finalmente i “miei bisogni”.
La passerotta  è ritornata e dal tetto sembra mostrarmi di nuovo orgogliosa l’insetto che tiene in bocca  ma non si decide ad entrare nel nido, ha bisogno della mia attenzione, mi giro e le dico : “Su i piccoli aspettano tu sei una madre premurosa!”
Sai  Gesù? la passerotta sembra aver captato il mio invito e spicca il volo sicuro verso il nido, anche il mio sì  voli nel cielo della grazia e sia deciso e decisivo so che mi attendono le tue mani di padre, di fratello, di sposo. Amen.
Ma guarda un po’Signore quanti testimoni ho avuto presenti in questa francescana fresca, giovane rinnovazione dei miei voti. Tu o Signore, che provvedi agli uccelli del cielo, ai gigli del campo, provvedi anche a me tua creatura: ma il sole è già più alto e altri passi silenziosi precedono i miei, ecco ora sono arrivata spingo la porta di casa tua ed entro in chiesa,subito cerco un posto isolato perchè, attraverso la vetrata, voglio ancora guardarti nel volto rilucente di Padre-Creatore.
Ecco il sole pian piano diventa una rilucente palla di fuoco e sembra incendiare il cielo di luce. Il fuoco del tuo amore possa riscaldare tutto il mio essere assetato   di ricevere e di dare amore. Ascoltami “ Tu che muovi il sole e le altre stelle.”
Ora dalla piccola sacrestia escono in fila i sacerdoti per celebrare la  Messa. Nel  nome del padre, del Figlio, dello  Spirito   Santo, Ti saluto o Trinità beata amante e donante . Benedici Padre Egidio e avvolgilo nella tua luce   d’amore fa che l’amarezza di questi lunghi giorni non spenga il fresco sorriso che aleggia sempre sul   suo viso segno di sollecitudine  paterna per le sue- tue pecorelle. Amen.  
                              
E la vita in parrocchia riprende e oggi, festa di san Francesco, si respira aria di famiglia, di gioia, perché si affaccia all’ orizzonte la comunità. Per me è splendido avere ricominciato dall’ inizio, mi risento viva . Ero diventata come una rosa reclinata sullo stelo pronta ad appassire e avevo avidamente bevuto le ultime gocce di acqua per attraversare   il mio deserto.
 Ora alle mie orecchie giunge un canto : “Acqua siamo noi” e volti amici mi sorridono, lo so Tu sei un Dio –Famiglia, un Dio- Comunità.
Grazie per il sacerdozio di Egidio così ricco di gioia, così incarnato nella vita di ogni giorno.
 
 
Lettera aperta a Te, meraviglioso Padre    11-11- 90
Oggi, il mio giovane cuore ti canta il suo grazie per le meraviglie di cui hai riempito questo giorno speciale io cercavo con chi “fare festa” e mi aspettavo di condividere questo momento con la mia comunità ritrovata ma lo stile sobrio dell’ istituto non riteneva opportuno festeggiare i miei 50 anni anche altri avrebbero potuto pretendere lo stesso trattamento e il primo insidioso dubbio sulla condivisione fraterna si affaccia fastidioso alla finestra del mio cuore. E allora?  Tu che fai’?
 Prepari per me una strana sorpresa chiudendo le porte di una comunità che credevo di avere e aprendo le porte di una famiglia ecclesiale di cui io ignoravo perfino l’esistenza parlo della mia famiglia  parrocchiale di  San Cristoforo. Lo sai Signore che io, oltre ad ignorarne l’esistenza ne sottovalutavo l’enorme potenziale umano ed affettivo. Ecco il tuo dono è la nuova famiglia di San Cristoforo.
 
Ecco sono arrivata davanti la porta della chiesa la messa del pomeriggio sta per iniziare e padre Egidio è già sull’ altare pronto per intonare il canto di ingresso.
Entro in punta di piedi e mi siedo nell’ ultimo banco e mi preparo ad ascoltare il tuo Vangelo. Il mio cuore sussulta ritrovo la parabola delle vergini savie e di quelle stolte e ascolto in estatica contemplazione: “L’olio che le vergini savie portano con sé è quello della fede e della preghiera. Ora guardate oggi, in mezzo a noi, c’è una vergine savia che ha seguito la voce dolce e familiare del suo sposo Gesù .
Certo la consacrazione è un atto di chiesa  è un impegno per sempre .
Oggi, fra noi c’è Rosarita ecco è in mezzo a noi in servizio di amore, mi guardo dentro con trepidazione e risento  un senso di timore ‘perché mi sento improvvisamente “scoperta”, era così  comodo nascondersi nell’ anonimato  .
Gente sconosciuta sorride , s’ interroga, qualcuno sussurra che aveva intuito qualcosa, anzi qualcosa di particolare .
Signore perdona la mia miseria e il  mio timore dammi il dono dell’umiltà e dell’ ascolto e fai che io possa donarmi a tempo pieno nella tua chiesa che io amo e sappia portare il mio tassello per costruire il grande mosaico , fa che il cuore mi regga per la troppa emozione. Fra poco ti riceverò nell’ anima mia e nel divino silenzio ci scambieremo i nostri reciproci auguri.
Ora da poco è finita la messa e la gente si avvicina per conoscermi e per farmi gli auguri e tutti ci avviciniamo nel salone per consumare la torta.
Maria e Antonella si avvicinano l’una ha in mano una rosa rossa, l’altra un biglietto su cui spiccano un ruscello e un campo inondato di gialli e rossi tulipani.
“semina la gioia nel giardino di tuo fratello e la vedrai fiorire nel tuo”
Dentro c’è scritto: “Guardarti ci riempie di gioia, starti accanto ci colma di pace, sentirti nostra ci fa essere più famiglia. Rosarita sei per tutti noi un prezioso dono dell’amore di Dio (la tua famiglia di san Cristoforo).
Prendo il biglietto e le mie mani tremano un poco nel riporlo nella busta sorrido ai fratelli ma qualcuno mi invita ad unire le mani per ricevere uno scatolino  lo apro  dentro c’ è un prezioso rilucente filo d’oro!
Lo guardo meravigliata ma è un attimo subito mani care e premurose me lo legano al collo e scroscia l’applauso comunitario. Grazie, o Signore, perché mi hai chiamato a servirti in questa parrocchia  fra questa gente semplice e calorosa.
E come brilla sul mio cuore questo rilucente filo d’oro e Tu, Amore mio santo, mi permetterai di tenerlo per sempre perché tu stesso me lo hai donato attraverso la mia nuova comunità.
Comunità, luogo privilegiato dello  Spirito, realtà visibile di fede, di speranza di fraternità. Posso dirti grazie o mio  Signore?
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Lunedì 12 /11/90
Sono qui nella cappella francescana per l’adorazione eucaristica.
Grazie il mio cuore ti canta per le meraviglie di ieri. Io altrove avevo programmato e desiderato festeggiare il mio compleanno nell’ istituto ma non hai permesso che si realizzasse  perché mi stavi  preparando in parrocchia una magnifica sorpresa , un bagno di gioia e in un solo giorno mi hai dato fratelli e figli.
Hai riempito  di olio di letizia la mia lampada tu stesso hai provveduto a non farmi finire l’olio della fede e della speranza.
Tu hai esaudito la preghiera lontana dei miei sponsali con Te, ti avevo chiesto di sapermi accostare a tutto ciò che è piccolo, semplice, povero e in parrocchia i piccoli hanno saputo dirmi che Tu mi ami.
 Ora brilla sul mio cuore il rilucente filo d’oro che tu mi hai donato, tramite loro, nel giorno del mio compleanno.
L’ufficialità della mia consacrazione mi impregna di responsabilità e di pace … interiore .
 Grazie, il mio cuore sereno e innamorato ti  canta, libero  da ogni preoccupazione, sereno perché attorno a me vive una comunità di fede .



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11° Capitolo
  
 
 
" ...Nessuno andò ieri, né va oggi, né andrà domani a Dio
 per la stessa strada che percorro io,
per ognuno riserva un nuovo raggio di luce il sole...
                                                           (Leon Felipe)
  
 

Il nuovo anno si affaccia all’ orizzonte della storia ricco di promesse e proprio oggi, primo gennaio, del 1992, la voce nota di padre  Egidio spiega il significato della parola “auguri”.
Dicendo la frase buon anno ci proponiamo di metterci tutta la nostra buona volontà per collaborare alla felice realizzazione dell’ augurio appena fatto con le labbra e noi ci impegniamo nel rendere possibile l’augurio appena formulato.
Sorrido fra me, e penso che sono tantissime le persone alle quali faccio gli auguri,come  posso ,essere presente per tutti e per ciascuno?
… “Ma ancora abbiamo dimenticato di   fare gli auguri a una persona speciale che deve esserci cara: noi stessi!
Vi invito a mettervi davanti lo specchio   e a ripetervi sorridendo “auguri di
pace insieme passeremo un anno sereno perché ci accettiamo.”


ORA DI ADORAZIONE SAN CRISTOFORO - 2 GENNAIO 1992
 
Sono seduta, inginocchiata con il cuore, e contemplo questo mistero di amore, questa tua “pazzia “ per noi.
E prendi  Corpo  tramite  le mani di un uomo peccatore come tutti, tramite la voce di un uomo frastornato da mille altre allettanti e suadenti voci .
Grande è  il mistero del sacerdozio.
Poco fa padre Egidio ha celebrato con me  e per me   il sacramento della riconciliazione.
Ripetendo le sole parole capaci di dare speranza: “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
La risonanza è ancora fresca nel mio cuore. “Fermati Rosarita guarda con fiducia la vita segui lo Stupendo compagno di viaggio che tu hai “
Per me è sempre nuova la riscoperta del tuo amore, o Gesù.
Sentirsi conosciuti e amati da Dio è il dono più grande per ciascuno di noi,
l’unico problema è quello di poterlo scoprire in tempo, in tempo opportuno
per “godere “ tale scoperta e  Tu mi hai donato tale divina possibilità.
Ti amo anche io. Ti basta il mio  Sì?
Ora l’eco del canto arriva alle mie orecchie: “Quanta sete nel mio cuore
solo in Dio si spegnerà, se la strada si fa scura spero in Lui mi guiderà”.
 
Ora divino silenzio mi avvolge complice di serenità .


SAN CRISTOFORO 13/3/1992
 
Lettera aperta a Te meraviglioso amico Gesù.
Affranto, stanco è l’animo mio ho toccato il  fondo della solitudine, dell’ angoscia, della paura, dell’egoismo, e pensavo di trovare anche i tuoi “rimbrotti” ma, strano, ho trovato solo il tuo Amore!
Meraviglia sempre nuova per me!
Tu mi mantieni sempre viva dentro e mi dici (tramite la voce paterna e fraterna) del tuo sacerdote parole di speranza e di gioia.
L’eco risuona fresco di grazia, dentro di me: “Non è grave cadere: è molto più grave restare a terra e non avere più la voglia di rialzarsi”.
Stai in piedi Rosarita io ti darò la forza necessaria giorno per giorno, non agitarti a vuoto, ma abbandonati al mio Amore anche quando non lo capisci perché  Io, il Signore, saprò riempire il tuo cuore di pace, prendi dal mio pozzo l’acqua per la tua sete, lo sai la mia acqua è bastata alla samaritana tu usa il secchio della pazienza e offrila generosamente ai tuoi fratelli, alla chiesa tutta: più ne darai agli altri più ne avrai tu.
Coraggio, su, io Gesù perdono le tue meschinità perché ti amo.”
 
Le lacrime che bagnano ora il mio viso hanno un sapore nuovo, sono diventate un tuo dono e già nel mio cuore rinasce il sorriso.
Non permettere o Gesù che io mi smarrisca nei cupi sentieri dell’angoscia
incontrollabile e incontrollata.
Dammi di vivere ogni giorno in novità  di vita e di speranza .
Mi inginocchio ora per ricevere il perdono sacramentale e la pace, insieme ad una  gioia pacata, penetrano lentamente in tutto il mio essere, ricreato nuovo dal Tuo Amore .
Staremo ancora insieme nel nostro ritiro comunitario domenica prossima.
 
Io ho tante cose da dirti ancora e Tu?


LA MORTE DI MIA MADRE
15  marzo 1992
 
Sei grande Signore perché mi hai rafforzato nella fede nel colloquio di venerdì per offrirmi oggi ,domenica  mattina , la forza di confrontarmi da sola con il mistero della Morte che di colpo mi  porta  via mia madre che  si abbandona fra le mie braccia mentre, in questa splendida giornata marzolina, fuori pulsa già la vita. Sono le ore otto, la mia comunità di San Cristoforo si sta preparando per  il ritiro.
Ora lei è la figlia  ed io sono la mamma  la sostengo con una forza non mia la
chiamo dolcemente, prendo la tovaglia, le sollevo piano la testa la guardo allibita  e  sento tutto il fardello della solitudine  amara di figlia  unica, perché mia sorella Rina, sposata da due anni, vive a Mestre.
Grido la mia angoscia, socchiudo la porta di ingresso e subito arrivano i miei vicini che  sollevano la sedia e delicatamente appoggiano mia madre sul letto, mi sento come sdoppiata, io devo pensare a tutto sono madre e figlia insieme, al telefono chiamo Rosalia, mia  amica da sempre, insieme  abbiamo condiviso i campi di lavoro del 70 e il viaggio ad Assisi,  e viene subito, mi abbraccia con forza e lucida, premurosa, consapevole  della tragedia già avvenuta, mi dice di avvisare mia sorella Rina,  per comunicarle la morte di mia madre.  Ma la sua decisione mi angoscia perché continuo a sperare che fosse solo un malessere risolvibile con una corsa all’ ospedale.
Rassegnata mi accingo a telefonare a mia sorella Rina,  d’ istinto lei intuisce qualcosa di triste perchè mi invita a passarle la mamma al telefono e sentendo il mio diniego mi ricopre con un fascio luminoso di affetto.
 
E passano lente le ore, i vicini entrano altri escono  e  un raggio di sole filtra dal balcone socchiuso,  ma no è un piccolo   biancore saltellante e, nello stupore generale dei pochi presenti, appare una colomba candida che si ferma mi guarda con i suoi occhi a spillo e vola via . Mi è sembrata una mia visione ma la saggia signora Maria dice : “E’ l’ anima di sua mamma che viene a salutarla”.
E ora Signore mi fermo in preghiera e affido mia madre alla Tua misericordia, dai a lei tutte le gioie che non ha saputo  più vivere dopo la morte di mio padre  ed io Ti chiedo perdono perchè spesso ho sentito il peso delle sue richieste, delle sue “pretese”.
La mamma mi voleva solo per sé,  ma io non ho saputo esserlo mai, forse non potevo perché anche tu Signore mi  volevi  per Te con un Amore Geloso.
Vivo questo momento come in un sogno fra l’accettazione e la ribellione interiore per la tragedia che ha colpito me e specie Rina che si trova lontano da noi.
Ora sempre più vicino sento un brusio e percepisco delle voci note: sono arrivati i fratelli di  san Cristoforo, da poco è finito il ritiro comunitario.
Sollecita mi alzo e abbraccio con lo sguardo tutti quelli che vedo prima della curva della scala ecco la famiglia Platania: Giovanni ,Maria, Gilda, Annamaria e dietro di loro padre Egidio, Cettina, Giovanna, Grazia, Antonella, Concita.
Con fine intuito sacerdotale, padre Egidio si avvicina per primo mi abbraccia in silenzio, poi prende le mie mani fra le sue e recita il salmo: “Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato ma il Signore mi ha raccolto” mi guarda intensamente, comprendo e ripeto piano con il cuore ancora in tumulto: Amen.
Mi chiamano perché nello studio il telefono squilla insistente alzo la cornetta e sento la voce di mia sorella Rina che sta venendo da Mestre.
Ho  preso l’aereo proprio di corsa - dice.
Fin da piccola la corsa è stata la sua specialità e d’incanto la rivedo bambina.
Ora indossa il suo vestitino rosso a puntini bianchi adorno di collettino merlettato, ha appena tre anni e  come affascinata guarda l’uscio spalancato del grande portone di legno intarsiato che qualcuno dei vicini ha dimenticato di chiudere.
D’istinto cerco di fermarla, ma Rinuccia già vola libera e felice nella strada   io,  più grande di lei di ben  cinque anni, ho l’incarico di sorvegliarla.
Mia madre con la folta treccia bionda che porta a forma  di corona ,arriva trafelata e mi ordina :”Svelta, corri dietro di lei  raggiungila  la strada è pericolosa  perché certamente Rinuccia  è diretta alla stazione dove papà ha l’ufficio di maresciallo”.  Il tono eccitato della voce di mia madre ottiene solo l’ effetto di bloccarmi, del resto io, al contrario di Rinuccia, sono lenta nella corsa ma subito trovo un rapido rimedio, e con la mia voce tonante chiamo a raccolta i nostri compagni di giochi tutti più grandi di noi, capeggiati da Pietro che mi è  caro .
Mia sorella Rinuccia  corre, corre trafelata e nella corsa non poggia i piedi e  tiene  le braccia aperte per aumentare la velocità .
Per fortuna  i primi quattro ragazzi la raggiungono rapidamente, la prendono al volo e io  da lontano, al sicuro sul marciapiede, l’aspetto insieme   ad  Adriana.
Il nostro gruppo si è sparpagliato  ma la missione è raggiunta perché io, fin da piccola, ho amici accanto a me, anche se arrivo sempre ultima nella corsa. 
Ora sento vicina la voce di  Rinuccia che  strilla: “Voglio andare da papà lasciatemi”  ma i ragazzi la tengono ferma, si dirigono verso di me, sopportano i calci che  lei distribuisce in modo equo, mi guardano interdetti mentre mia sorella cerca di svincolarsi adirata. 
I ragazzi, capeggiati da Pietro, orgogliosi del salvataggio, la consegnano a mia madre che vedendola sana e salva pensa bene di abbracciarla, e   io faccio fatica a distinguere i due volti cari uniti nella gioia e la lunga treccia bionda di mia madre si confonde con i boccoli dorati di  mia sorella   e il caldo sole  della mia prima infanzia mi riscalda il cuore qui a Villa Literno in Campania.
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La visione scompare e mi ritrovo in chiesa per il rito funebre, accanto a me
c’è mia sorella Rina con suo marito e dall’ altro lato ci sono tutti i miei meravigliosi  alunni della V “C” di cui io vado fiera.
 
Poco prima della preghiera dei fedeli, Marilena si stacca dal gruppo, si avvicina e mi stringe la mano come solo lei sa fare e mi sussurra piano:  “Maestra vai a pregare per tua mamma noi, quali tuoi figli, lo vogliamo.”
Mi alzo e, sostenuta da una forza non mia, raggiungo l’altare : ora chiara e sicura si eleva la mia voce nella chiesa di San Luigi.
 
Stamattina mia sorella Rina mi aiuta preparare la valigia perché mi ha invitato  a passare alcuni giorni nella sua casa di Mestre e poi passerò la mia prima pasqua da orfana a Roma nella casa di accoglienza di Paola cara sorella conosciuta a Catania nei gruppi ecclesiali di felice memoria.
E sono di ritorno, sul treno Mestre – Roma, e ho una sensazione di paura. In tutta fretta Caterina mi aiuta a salire le valigie e poi scende. Io resto sola, avvolta in un nero vestito che bene esprime la sensazione di vuoto che provo dentro e la nebbia avvolge le care figure di Rina e Salvo e le sottrae al mio sguardo .
E il treno parte. Le lacrime scendono libere, si confondono con la nebbia che continua intensa fino a  Padova.
Ma l’arrivo nel mio scompartimento del piccolo e pestifero Piero riesce a distrarmi e rimandare indietro le lacrime che ancora scendono incontrollate sul mio viso smunto.
Ma Tu Signore finalmente intervieni tramite la signora Chiara che comprende la situazione e si premura di parlarmi  di suo fratello che lavora in parrocchia e proprio per poco non è diventato prete.
Si parla dei dolci napoletani che ho gustato nella mia infanzia, mi rassereno e il piccolo Piero mi ripete per la centesima volta, la poesia di Pasqua.
Sto per arrivare a Roma e il marito della signora Chiara prende la mia valigia  e mi accompagna all’ uscita mentre il treno si ferma e io con lo sguardo cerco Paola.
Eccola è già fornita di carrello mi fa larghi gesti con il giornale e mi corre incontro. Come sento caldo il suo abbraccio!
Decisa  mi guida verso la stazione della metropolitana e si china ad accarezzare un bimbetto in braccio alla madre che è una barbona che lei conosce, la guardo stupita.
Non commento il  suo gesto, ma mi commuove .
All’ uscita dalla stazione Paola prende la macchina che guida con decisione nelle caotiche vie romane.
Stiamo camminando veloci, ora la macchina rallenta e, nascosto tra acacie e platani, si intravede un cancello di ferro.
Paola sorride vedendo la mia meraviglia nel trovare uno spazio di  verde nel cuore di Roma.
 
Al centro del salone trovo un rustico camino e subito noto una porticina in legno grezzo con nere borchie di ferro e, lasciata in un angolo la valigia, entro e ritrovo, come per incanto, “l’ atmosfera di allora dei campi di lavoro” infatti ci sono i sacchi di  iuta, i panchetti rustici e, attraverso la finestrella aperta, si sente chiaro il  canto degli uccelli..
Tu Gesù stai nascosto nel tabernacolo e io mi ritrovo a Vizzini: ecco Paola, Aurora, Marilena  e, in fondo, padre Antonio. Lo chiamo ma la visione scompare.
Ti saluto Gesù e subito sento il tuo benvenuto e mi basta.
Ed ecco  dalla lunga scalinata di pietra mi appare il mondo in tutta la sua vitalità.
Ecco una bionda donna con azzurro-verdi occhi ladri, con in testa una tovaglia di spugna, messa a mo’ di turbante per asciugare i biondi lunghi capelli, mostra orgogliosa e sicura l’enorme pancione: è stupenda nella sua sfolgorante maternità .Ora si affretta a farmi festa secondo lo stile che regna in questa fraternità sui generis.
Entro in cucina e vedo due brunissime ragazze palestinesi con bellissimi e scuri occhi che stanno gustando un enorme piatto di fagioli e possono mangiare solo frutta e legumi secondo le rigide regole del corano.
Come vedi,  o Signore, questa è una casa di accoglienza dove l’ecumenismo è di casa.
Le ragazze sorridono schiette mostrando dei denti bianchissimi, poi Paola chiama piano: “vieni Eden è arrivata Rosarita”.
Si intravede una bellissima ragazza di razza nera  con crespati capelli tirati all’indietro, sfoggia grandi occhi lucenti, indossa un lungo vestito rosso e giallo e sorride senza parlare  e Paola comunica con lei con uno strano linguaggio fatto di colorita mimica,  di inchini e di sorrisi lievi, di faticoso lavoro quotidiano intessuto di amore fraterno  che riesce a rendere possibile la convivenza, perché  lei è sordomuta.
Ora sono seduta a tavola,  gusto il pollo cucinato con la salsa e i peperoni assaggio la tenera insalata romana e mi sento a casa.


L’ARRIVO IN PARROCCHIA (POMERIGGIO) 
 
Fraterni e cordiali sono i saluti con i due Giuseppe e con il loro ospite padre Giacomino (giovane prete della Croazia) ricco di gioia.
Paola, con aria misteriosa, mi fa visitare i locali della parrocchia e così arrivo nella   cucina e che vedo? Ecco trovo un piccolo esercito di uomini  e di donne che, in tre grossi fornelli da campo, preparano calde bevande: ettolitri di the,  di  latte, di caffè,  di cioccolato fumante che  travasano, ancora bollente, in bidoni di plastica rossa muniti di rubinetto.
Un secondo gruppo di persone sta già travasando da enorme pentole del riso con le lenticchie e infine dei ragazzini imbottiscono i panini con prosciutto e formaggio.
Padre Giuseppe accoglie tutti, abbraccia altri che arrivano alla spicciolata,e rivolto a me chiede. “Rosarita vuoi venire con noi alla Tiburtina? Portiamo da mangiare ai barboni. Oggi è il turno della nostra parrocchia che si impegna  nella carità.”
Uno sciame tumultuante di pensieri fanno ressa dentro di me.
“Ma guarda in quali guai si va a cacciare costui e par che ci guazzi!” penso con Manzoni.
E ancora rifletto: “Ma non è questo il carisma del nostro istituto, tocca ai vincenziani servire i poveri, a noi semmai tocca solo parlare dei poveri: ecco ricordo, ci sono i poveri di affetto, i poveri di salute, i poveri di Dio, i  poveri di pane, i poveri di giustizia … come vedi Signore sono carente e cito padre Antonio.”
In fondo è più facile è più congeniale anche a me!
Ma, strano, sto diventando riflessiva e non rispondo.
Una ragazza sconosciuta mi chiede indifferente : “Hai preso i piatti di carta?”
Rosanna, la ragazza spastica che abita con Paola, mi dice : “Mi dai il braccio? Vedi tutti si sono dimenticati di me.”
Stavolta sono io ad appoggiarmi a lei come Dante a Virgilio e timorosa inizio questa esperienza.
Salgo in macchina con Rosanna, mentre Paola e Andrea sistemano nel
portabagagli tre bidoni di the .
Si arriva presto ma non vedo nessuno in giro,  i nostri ragazzi, però, stendono sulle panchine le tovaglie di carta e appoggiano i pesantissimi contenitori.
Presto si spande nell’aria l’odore del cibo e piano, dai punti più diversi della stazione, avanza una folla formata da donne, uomini,  e provo un brivido nel vederla così colma di miseria, di apatia, ma più terribile ancora è che ci sono giovani, ragazze belle e desiderabili e perfino ragazzi già allo sbando.
Ora tutti fanno ressa per scegliere la bevanda preferita ed io ,timorosa, mi affretto a sostenere Rosanna, ma lei,furba,si appoggia alla colonna e mi sussurra: “Su coraggio aiuta Paola perché da sola non riesce a dare retta a tutti “
Paola, complice, mi mette in mano un lungo  rotolo di bicchieri  di carta ma non ho il tempo di riflettere perché subito una giovane, calda voce maschile mi chiede:  “E’ caldo il the?”  “Sì” rispondo con un filo di voce e intravedo  una riccia, fluente capigliatura scura, sento il bisogno di guardarlo ma non posso, mi evita.
Dietro di lui comincia la lunga fila  e meccanicamente riempio bicchieri e bicchieri della bionda bevanda ristoratrice. Nella panchina accanto altri fratelli della parrocchia distribuiscono sorrisi e panini imbottiti, molto lontano dalla mia postazione si distribuisce il riso con le lenticchie.
Ora dentro di me è sparita la paura mi sento soddisfatta dell’ esperienza  del piccolo “servizio” che ho prestato prezioso ai tuoi occhi perché condito di tanto amore.
Alcune barbone baciano  e abbracciano Paola che ricambia con semplicità.
Qualcuno tenta di abbracciarmi, ma io  imbarazzata mi sottraggo, ancora ho tante remore dentro di  me !
 
Sono inginocchiata col cuore in fondo alla chiesa perché ho da dirti qualcosa che mi urge dentro in questo giovedì santo.
Sì, lo so, io devo continuare a lottare dentro di me, attorno a me, fuori di me per vivere in pienezza la mia consacrazione, o per meglio dire, per permettere a Te di continuare ad incarnarTi nell’ oggi della storia e oso chiederTi : “Tu Ti fidi di me ?”
Alla fine il tuo Amore riuscirà a guarirmi e a rendermi adulta nella fede?
Ti ascolterò stasera nella messa.
 Aspettavo l’invito di padre Giuseppe per condividere la cena pasquale e poi neanche Paola è con me perché è in servizio fra i sofferenti  e allora con chi spezzerò il pane dell’amicizia?
Sì lo so, ancora non sono libera dentro, ancora aspetto dei gesti che ora mi sembrano solo”formali” e trascuro il tuo gesto per me.
Stasera mi offrirai un pane diverso, dal sapore sconosciuto e così cenerò a casa di Zenia e  di  Giuseppe: una famiglia romana che sa praticare “l’ospitalità” secondo lo stile di “fraternità” che regna qui a San Romano.
 
Sento già la tua vicinanza, o  Inseparabile Amico,  che sempre mi offri nuovi amici.
Grazie o Signore perché stai faticando per educarmi e per farmi capire valori nuovi.
Da poco ho spezzato il pane dell’amicizia e ho consumato una cena fraterna, ora sono ritornata in chiesa dove  ho trovato un angolo tutto per me per parlarTi e per ascoltarti in silenzio orante.
Alzo gli occhi e trovo la tua sorpresa ecco sistemato dietro l’altare l’enorme pannello che stamattina avevo appena intravisto insieme a una grande quantità di grano.
Così pian piano si è formato come un prato che fa da sfondo a una stupenda Croce intrecciata con fiori scarlatti dal nome sconosciuto ma che fin da bambina ho visto a Pasqua.
Sullo sfondo, in lontananza, si intravede Gerusalemme mentre in basso spicca l’azzurro lago di  Tiberiade sulla spiaggia sono visibili, le tue orme o Signore !
Sotto l’ ombra della fresca palma è posata la rete e a terra  fra due pietre, il fuoco brilla acceso, ai bordi del prato spiccano le dodici ciotole con dentro il pane.
Ascolta, o Amore Santo, ne dai un pezzettino anche a me?
Ho tanta fame dentro il cuore:  ho fame di condivisione, di comunione e solo Tu puoi saziare questa mia fame spirituale.
Sì, lo so,  l’ ho saputo da sempre  e così Ti ho cercato e ricercato, in spazi di chiesa.
Ti ho ricercato in una struttura umana, leggi “istituto”, ma proprio perché finalmente  ho trovato Te credevo di trovare anche i fratelli di cordata ma non è stato così per me !
Il pozzo di Catania, costruito nell’ enorme giardino della fraternità sacerdotale, è invitante c’è perfino il secchio lucente, la lunga corda, sul fondo mi pare di vedere brillare l’acqua, ma, sai ? non sono riuscita a saziare la mia lunga sete di fraternità.
Tu lo sai la fraternità non è una mia idea ma è la testimonianza di potere essere insieme speranza per il mondo di oggi come lo furono i primi discepoli per il mondo di ieri.
Scusa Signore come possiamo comunicare al mondo il tuo Amore  se non sappiamo amarci fra di noi? Se non sappiamo fare una robusta cordata?
Perché qui a  Roma la comunione è possibile e viene espressa in gesti semplici di “fraternità” che a Catania sembrano impossibili ?
Ma guarda, Ti pongo una seconda domanda.
Perdonami, insegnami  a tacere e godere della tua presenza che rendi visibile e tangibile attraverso gli amici che mi poni accanto nel mio lungo e faticoso cammino di liberazione interiore.
Sradica dal mio cuore tutte le illusioni che ho coltivato e dammi la forza interiore di appoggiarmi solo a Te in un continuo, rinnovato vincolo di offerta e di amore.
Faccio mia la preghiera di Francesco :
“O Signore fa che io non cerchi tanto di essere consolato ma di consolare, di essere amato ma di amare, di essere compreso ma di comprendere.”


SABATO SANTO : LA VEGLIA PASQUALE A SAN ROMANO  (ROMA)
 
Con francescana semplicità accetto l’invito di cenare in canonica con padre Giuseppe, Paola, Lina, Rosanna.
Non provo nessun disagio nel condividere la semplice cena pasquale perché tutti sanno rispettare il doloroso momento che attraverso.
Anche padre Giacomino con la sua ricca umanità e la sua fresca risata  riesce a comunicare con me  e sembra così naturale essere amici anche se membri impegnati dello stesso istituto. Mistero romano! Mistero! Ma a Catania lo stile austero non lo permette.
Sono saporite le pizze condite con l’olio della fraternità
Che sollievo per il cuore stanco e sfiduciato !
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La presenza del piccolo Cristoforo che fra poco riceverà il battesimo,mi rende presente la mia parrocchia di Catania e dà un significato più intenso alla stupenda veglia pasquale.
Tutti si rivolgono in preghiera al piccolo, delizioso bimbo nero e alla sua bella famiglia . Come è grande il tuo Amore, o Padre di tutte le genti!
La messa continua e la pace pian piano entra dentro di me.
“Alleluia” -Ti canto -  e sento commossa di ricevere finalmente i tuoi attesi auguri che arrivano al mio cuore insieme a quelli della mia famiglia di San Cristoforo.
Nel mio ritorno a Catania porto con me la bianca perla della fraternità, che ho  trovato a Roma  e , rivedo con gioia rinnovata, la  “gente” di San Cristoforo e gusto, con gioia rinnovata, l’ enorme   potenziale umano e affettivo che li distingue.
Ma certo la sorpresa più bella mi viene  dalla mia splendida classe: la quinta “C” di cui sono ancora maestra unica, mentre si parla già di sezionare maestra e alunni  in ordinati  moduli  con specializzazioni  di conoscenze.
Arrivo in cortile, tutte le classi sono fuori,  ma la mia non c’è, solo Marilena mi viene incontro, mi guarda,  mi rassicura   e, stringendomi in un caldo abbraccio, mi chiede:  “Sei serena? Hai parlato con Padre Egidio’?  Se vuoi io sono qua per te “
La tratto non da alunna ma di amica e rispondo “Grazie sto bene . Sì ho già  parlato con padre Egidio, che mi ha sostenuto in questo periodo  difficile per me,  ora ritorno più serena al mio lavoro con voi!”  e lei continua “Ho capito, possiamo salire in classe, i bambini ti aspettano”.
E la sua piccola mano stringe forte la mia grande mano e sembriamo madre e figlia e non maestra e alunna . 
Qualche collega perplessa si limita a guardare con disapprovazione ma, per amore di pace, non commenta a voce alta “l’insano” gesto.
Arrivo in classe e al mio posto trovo seduta la gentile direttrice che i miei alunni hanno coinvolto per questo mio “rientro”.
Guardo l’aula, i ragazzi  hanno tolto i cartelloni scolastici  e li  hanno sostituito con lettere cubitali di benvenuto e poesie improvvisate.
Ora la direttrice meravigliata commenta: “La  vogliono proprio bene e vedo che sanno organizzarsi da soli, complimenti   maestra Rosarita sono contenta di averla nella nostra scuola!”
Fiera  rispondo: “Il merito è dei ragazzi perché , con la possibilità di avere una sola maestra, si crea una forte intesa affettiva e culturale fra  l’insegnante e fra gli stessi compagni  di   “cordata”  .
Ogni alunno può impegnarsi al massimo delle sue possibilità in un clima famigliare e culturale   sereno privo di  “competizione”.
Ma il  “ modulo “ distruggerà questo  “miracolo educativo” profetizzo e, nel dirlo, una nube offusca la mia serenità perché, come Cassandra, non sarò creduta .
La mia vita riprende serena  ho ancora tempo per “gustare” questa esperienza educativa che gratifica  sia me sia gli alunni  sia i genitori  per l’entusiasmo che dimostrano i ragazzi nel frequentare la  nostra scuola.
Le mie due “ vocazioni “ la scuola e la “comunità “ si armonizzano e si completano a vicenda.  Alleluia!
Nella parrocchia di San Cristoforo   la gente  sa offrirmi tanta accoglienza perché  possiede una fede sincera, genuina capace di gesti  fraterni.


LUNEDI DELL’ANGELO SULL’ETNA , Aprile 1992

Signore, sei imprevedibile e meraviglioso, troppo grande è il tuo amore per me.
Ecco mi hai invitato, tramite padre Egidio, a fare una gita e mi hai offerto un mare di gioia.
Ma andiamo con ordine: partenza da casa mia.
Sono equipaggiata bene,  ho portato un borsone enorme e nella paura inconscia di gelare di freddo, mi sono trascinata dietro troppe cose insieme alla mia incertezza a parteciparvi.
Siamo stretti in macchina, penso di essere vestita troppo pesante, ma è solo il calore dell’amicizia che riscalda tutto il mio essere.
In macchina ascoltiamo i canti, godiamo il panorama del mare da una parte, quello della montagna dall’ altra.
Mi sembra di vivere un sogno,  ma è bella la mia Sicilia !
Il mio cuore Ti loda e Ti canta il primo grazie della giornata che si annuncia già “meravigliosa.”
Siamo arrivati al primo rifugio dell’ Etna, ecco ora si parte per la funivia.
Io non ci sono mai stata nella mia gioventù, ho sempre rifiutato di andarci e ora ho paura   perché  ho la pressione alta; per me è più prudente aspettare al bar e cerco di formulare  questo pensiero, ma padre Egidio mi ordina di rischiare vincendo me stessa  e, come faccio  nel campo spirituale, gli  obbedisco convinta.
Ora passa la cabina: c’è spazio solo per sei e noi siamo sei!
Si sale, si ride  e Ti   vedo Signore nel volto sereno dei miei fratelli, Ti ammiro nella tua creazione stupenda.
Che spuma di bianco mi acceca gli occhi, che sensazione di pace scende nell’ animo mio!
Padre Egidio premuroso mi chiede.” Hai paura?”
Sorrido guardo in lontananza i paesi, in vicinanza le spumose nuvole che mi avvolgono, e d’incanto dondolo fra le nuvole e sento sul viso un soffio leggero
“Anche se i tuoi peccati fossero come scarlatto io li farò bianchi come la neve!”
 
Apro gli occhi sento ridere e parlare attorno a me!
 
Indosso la doppia giacca,  i guanti e scendo. I miei piedi affondano nella neve alta.
E cerco altre orme le Tue forse?
Ci sono, lo so, lo sento ora mi chiamano per fare la foto.
Che bella famiglia mi hai dato! Eppure gli altri resistono meno di me al freddo pungente. Io do l’ avvio e la mia piccola fraternità mi viene dietro, mi superano ed entrano al bar per consumare la colazione. Subito ne approfitto e cerco di isolarmi per ascoltarTi  un attimo  e per placare il mio cuore che Ti canta, ebbro di gioia, la sua felicità !
Appoggio la fronte alla doppia finestra e vedo  una lunga rete tesa in alto, dai lati partono due anelli, certo avrà una funzione tecnica ma io preferisco cercarvi il significato simbolico a me più congeniale.
Ecco i due grandi anelli che pendono dalla rete sono un appiglio per chi vuole un po’ sollevarsi da terra e io lo voglio, oggi.
Da troppo tempo non posseggo più la capacità di volare libera nel tuo cielo.
Faccio solo dei  goffi tentativi ma non riesco a spiccare il volo e mi fermo  impaurita.
Ma che stupida sono ho la sensazione di essere io sola a cercarTi,  ma oggi mi dici il tuo amore gratuito portandomi sulla montagna, per  liberarmi dalla paura, per farmi assaporare la Tua vicinanza nelle semplici gioie dell’ amicizia fraterna, nei gesti sacri della condivisione.
Ho la strana sensazione che Tu goda nel vedermi così serena e … Perché mi chiami?
 
Ma no è solo Tanina  che mi invita a fare colazione,  ora  gusto il toast croccante e caldo, sorseggio il te, poi insieme ci avviamo verso la stazione della funivia, perché ci attende la discesa e il ritorno a valle. Non  termino di formulare questo pensiero perché,  vicino alla cabina, su un rustico panchetto, brillano delle pietre lucenti che suscitano dentro di me uno strano fascino;  ora  la indico, la compro e il ragazzo dice che la pietra si chiama  azzurrite. Penso alla   lettura del sabato santo :”Ecco io pongo sulla malachite   le tue pietre e sugli  zaffiri le tue fondamenta. Farò  di rubini la tua merlatura, le tue porte saranno di carbonchi, tutta la tua cinta sarà  di pietre preziose     
( Is 54, 5-14 )”
Oggi mi regali gli zaffiri dell’ Etna?
 
L’azzurrite   è una pietra speciale: è formata dal nero cupo e poroso della pietra lavica che,  per uno stupendo processo di trasformazione, viene come ricoperta da cristalli cilindrici di un azzurro intenso (pezzetti di cielo caduti e imprigionati nella terra  riarsa e arida?).
Fa, o Signore, che qualche pezzetto di azzurro  cada ora nell’arido terreno dell’ anima mia e vi resti per sempre.
Prendiamo posto nella cabina per godere insieme il tragitto della discesa.
Calco bene gli occhiali e comincio la mia adorazione silenziosa.
Padre Egidio comprende subito la mia esigenza, rispetta il mio silenzio adorante.
Ora intravedo in lontananza  i paesi sfumati dal velo della nebbia e baciati dal sole lontano.
La cabina corre su un soffice tappeto bianco che ricopre la montagna che sprigiona una forza potente e misteriosa e mostra una bellezza  superba.
Ora fra il bianco accecante, appare il tipico color nero delle rocce secolari mentre da  qualche buca profonda fa capolino il colore rossiccio della lava  ricoperta da un trasparente velo di neve
Che spettacolo di grandezza mi offri, o Signore!
Rapida cerco di mettere una mano sul cuore perché è come impazzito dalla gioia.
Padre Egidio, seduto accanto a me, sorride, mi guarda e intona con la sua calda melodica voce : “Lui mi ha dato i cieli da guardare e tanta gioia dentro il cuore, quando un dì con lui sarem nella sua casa abiterem, nella sua casa tutta d’or con tanta gioia dentro il cuor …”
Signore Ti grido perché mi ripeti oggi il canto della mia gioventù, il canto del mio primo indimenticabile incontro – scontro con Te avvenuto proprio qui nel campeggio sull’ Etna?
Perché  continui ad amarmi ancora?
Tante sono state  le mie infedeltà, tante sono state le mie paure, ma Tu Padre di Misericordia, dimentichi e mi offri la Tua fedeltà.
Nella lettura della notte di pasqua mi hai detto: “Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero non si allontanerebbe da te il mio affetto.”
E lo vedo oggi, lo vedo con i miei occhi mortali, con il mio corpo che possiede ancora un giovane cuore.
Ora alla calda voce di padre Egidio   fa eco Agata e, miracolo,  anche io canto non sono più stonata!
Ma il mio è un canto del cuore perché nessun suono esce dalle mie labbra.
Padre Egidio con la sua attenzione sacerdotale riesce a farmi vivere e a farmi
gustare un momento di alta preghiera, di pura e intensa contemplazione.
Ora la gioia si espande dentro di me in lievi cerchi  e penetra in tutte le cellule del mio essere scacciando la paura e il dubbio.
Grazie di questa nuova guarigione interiore. E dovevo arrivare di nuovo fin quassù per averla!
Il tuo amore, reso visibile attraverso l’amore della mia comunità, mi ha guarito dentro finalmente!
Scendiamo e controllo la tasca del giaccone c’è ancora l’azzurrite e insieme ci avviamo ai monti “Silvestri” ma come soffia il vento uuuii uhia.
 
Rifaccio così il cammino di ventitré  anni fa. Per me è un pellegrinaggio! Insieme costeggiamo un pezzo di monte, poi padre Egidio ordina la ritirata:
“Su presto torniamo al rifugio, togliamoci calzettoni e giacconi perché ora andremo a Milo.” Io riesco a isolarmi ancora una volta, rallento il passo faccio passare avanti gli altri e mi fermo ai piedi del monte, ecco devo salutare una persona importante che vedo solo io,  l’ho lasciata ventisei anni fa, la rivedo, con la memoria del cuore, eccola è in posa per la foto porta uno strano capello marrone, indossa una colorata maglietta molto leggera: è il mese di luglio e il sole picchia forte e il cuore è in festa .
La vedo ridere, è  felice.
Ma certo,  è sana, è giovane, è innamorata da poco, da troppo poco Ti ha conosciuto quale amico, fratello, sposo (forse).
 
Non lo sa ancora la Rosarita di  allora: è ricca di entusiasmo, altre persone la circondano, altri affetti sicuri la circondano e la sostengono (papà, mamma,  Caterina).
Ma altre battaglie l’attendono, momenti di cocenti delusioni, momenti di buio totale  ma non lo sa la Rosarita di allora, lo sa la   Rosarita di oggi .
Miracolo nuovo dopo ventisette anni:  la Rosarita di oggi sa ancora lottare con se stessa, sa ancora sperare, contro ogni speranza, sa ancora amare, sa ancora ringraziare.
Ecco il mio grande grazie perché quando le forze mi stavano venendo meno mi hai messo accanto i fratelli di oggi e il mio piccolo -  grande padre e  fratello Egidio che mi ha accolto nel suo cuore sacerdotale e mi ha fatto camminare spedita verso di Te,  o mio Signore, nonostante la mia zavorra che mi impediva di spiccare il volo .
Saluto il mio  “Oreb”  e mi sento chiamare. “Dove sei stata’’? mi chiede padre Egidio, io rapida  eludo la domanda sfilo il primo giaccone e in silenzio mi avvio verso la macchina, giro gli occhi verso il mio Oreb, ci riesco  a stento perché in macchina siamo stretti.
Abbiamo lasciato la strada arida dell’Etna che tanta impressione mi ha fatto nella salita e mi ha procurato una sensazione di paura inconscia.
Sono sereni i canti in macchina e il mio cuore può vivere in libertà questi momenti preziosi di grazia.
Com’ è cambiato il paesaggio! Ora siamo nel pieno della giornata e presto una sosta ci attende.
Siamo arrivati al monte Pomiciaro, ma come sono chiare e fresche le tracce dell’ ultima colata lavica! La terra è nera fino in profondità e qua e là  si vede un tenue colore rosso mattone . Signore ti sento vicino e arriva fino a me  la voce di padre Egidio che spiega e illustra la posizione geografica.
Ma che cosa è l’ombra lucente che a tratti si vede ?
Padre Egidio sta spiegando che è il sole che si riflette sul nero accecante e sembra come l’ombra di un grande albero ma sai io penso che è l’ombra  del tuo Spirito .
Padre Egidio, passandomi accanto, mi sorride perché ha capito che sto pregando .
La macchina procede sicura e il cuore canta canzoni nuove. Paterna e fraterna è la compagnia . Il mio essere è più sereno,  anche il paesaggio è più sereno perché stiamo lasciando la terra nera arida e brulla della pietra lavica e costeggiamo castagneti secolari.
Siamo già arrivati: ecco la casa ospitale. Ora tutti ci impegniamo a preparare il pranzo.
Decidiamo di uscire il tavolo nella terrazza per godere il panorama stupendo.
Ecco si intravedono in lontananza i monti di Taormina, e proprio da vicino si gode la visione di Giarre .
Ma che sapore speciale hanno i cibi preparati da noi: la pasta con la salsa, il pesce arrostito, i carciofi, l’insalata verde e non manca il dolce agnellino ricoperto di glassa bianca.
Si ride sereni e tanto mi diverto. Più tardi ci sarà la preghiera comunitaria.
 
Fermiamo la macchina e ci addentriamo  nel bosco alla ricerca di una “altura erbosa”
Ma per me è difficile questo cammino fatto di piccole scivolose discese  e di ripide salite.
Padre Egidio ha già intravisto un luogo adatto e, da buon pastore apre la  fila.
Ma tante sofferenze hanno lasciato il segno, non sono più agile come una volta, quando seguivo e superavo nelle salite un altro pastore 
Ma la  mia gioia è intatta dentro di me forse ora è più profonda perché purificata dal primo istintivo, giovanile entusiasmo, ora la gioia si è come radicata nelle fibre del mio essere infatti cambiano i luoghi, le persone, i sacerdoti,  ma Tu sei sempre fedele a Te stesso e mi dai sempre nuove sorelle e fratelli.
 
Grazie!
 
Cettina affettuosa sorveglia i miei passi, padre Egidio di lontano mi guarda e quasi si diverte a vedermi procedere con tanta cautela.
Ecco finalmente prendiamo posto nella piccola erbosa altura e mentre prima
abbiamo condiviso il pane dell’amicizia, ora ci prepariamo a condividere il pane della tua Parola.
Mi sistemo serena sotto un grande spoglio albero di ciliegio che mostra per ora solo i lisci, bianchi rami  con i primi segni di vita le gemme.
Il ciliegio fiorirà.
Provo una sensazione di sicurezza e di protezione perché Tu Signore mi hai aspettato sotto alberi speciali, sempre.
Per la mia conversione Tu, o Signore,  mi hai aspettato nei boschi secolari di Gambarie.
I pini  sono le colonne immaginarie del grande tempio consacrato che ha come volta il cielo di Dio, nell’ oggi  storico della mia conversione: il 25 Aprile del ‘68.
A Vizzini mi attendono i lunghi filari di pere,  nei campi di lavoro del  ‘70.
Ma poi è arrivato il triste momento del disincanto e Tu mi hai guidato nell’oasi del sorriso dei padri gesuiti e mi hai aspettato sotto un altro albero stavolta di carrubo, mentre in lontananza pascolavano placide le mucche e Tu mi hai parlato e sono ritornata alle mie origini,  nei gruppi ecclesiali guidati da padre  Antonio.
E negli esercizi spirituali  del ‘90, tenuti da padre Antonio, mi hai aspettato sotto il grande pino argentato di Lamezia  .
Ora ritorno nel presente e insieme noi sei, piccola fraternità nascente,  recitiamo i vespri del giorno .
“Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso” -
recita con voce modulata il mio piccolo- grande fratello Egidio
Poi legge il vangelo di Matteo (cap. 28) dove Gesù affida alle donne il compito di annunciare ai discepoli  la sua Risurrezione .
E tanto mi commuove questo Tuo gesto, o Signore, giro gli occhi e accanto a me brilla di santa gioia il volto di padre Egidio, perché si rende conto che si sta incontrando con te unico Signore della sua vita.
Ora ognuno di noi esprime, a voce alta, la propria riflessione.
                                                                                                                                                                                                                                             
La sensazione di benessere pieno passa ancora in tutta la mia persona e il mio cuore, ora in silenzio adorante,Ti guarda nella tua creazione e nei volti dei fratelli .
Ci attende ora la discesa verso il bosco e ci armiamo tutti di bastoni e in coro cantiamo: “Vogliamo prendere il bosco ! Bum, bum!”
Il coro termina, ma non la gioia, e sicura mi lancio in una corsa liberatoria  senza paura sono  tornata giovane  e le pere di Vizzini  occhieggiano dai filari verdeggianti di speranza.
Ma non vedo le cassette ripiene, mi curvo fra i filari e il mio cappello cade a terra. In lontananza intravedo un piccolo  gruppo    che mi viene incontro  subito lo riconosco  e sento  la voce nota di padre Egidio che dice: “Ma perché  ti sei allontanata da noi, Rosarita?
Ti sei incantata nel bosco o hai parlato con gli alberi?
Ti hanno detto che  vi ritorneremo ?”
Non rispondo, lo guardo senza parlare  e mi regala il suo azzurro sorriso di cielo .


C’ERA UNA VOLTA LA... SCUOLA
 
E maggio arriva, la vita a scuola  diventa più intensa di impegni, di lavori,  di gioia.
Ognuno dei ragazzi sta preparando la tesina per gli esami di quinta classe,quasi tutti hanno rifiutato il mio aiuto perché vogliono farmi una  “sorpresa”.
E, senza volerlo, mi vengono in mente, le parole di DEVAOU, pedagogista francese:
“Il nostro trionfo consiste nel vedere che non hanno più bisogno di noi!”
Ma per me significa che dovrò lasciarli e ricomincerò il ciclo, certo, avrò i bambini di prima classe, ma il pensiero, che finora mi ha consolato, mi crea un senso di insofferenza perché ci sarà il modulo con schematici orari, con pesanti “rientri”.
Finirà la libertà di insegnamento e inizierà la schiavitù delle regole: il bambino non deve essere formato, secondo il personalismo di Maritain, capace di relazionarsi  con gli altri ma dovrà acquisire un sapere specializzato, dovrà essere  competente nell’uso del  computer, dovrà imparare l’ inglese, lingua di uso mondiale e di valore universale per la forte valenza economica e politica.
Poesia , arte, creatività  diventano parole vuote di significato perché  l’uomo vale in quanto produce.
Mi fermo e rifletto: la poesia produce solo speranza!
 
Gli esami arrivano, le colleghe che sono nella commissione esprimono la loro ammirazione per l’ approfondimento  storico, per le conoscenze scientifiche e matematiche e soprattutto per  la maturità culturale, umana e religiosa  dei ragazzi perché alcuni,hanno tralasciato le poesie studiate e hanno preferito presentare poesie di loro produzione a tema religioso e sociale. 
E ,questo  nostro successo scolastico  è   la prova concreta  della validità della  “maestra  unica”  che qualche  rivista progressista  ha già bollato con l’appellativo di “tuttologa”, perché precisavano che nessuna persona può conoscere  tutto il sapere ma io ribatto che una maestra, degna di questo nome sacro,  può  suscitare il sapere  considerando i ragazzi  “non vasi da riempire ma focolai da accendere”.
Evviva, io l’ ho fatto, pare.
Il rapporto instaurato con la classe resterà per la vita.
Ora sul mio tavolo brilla un fiore  di cartoncino e subito riconosco la fantasia di Rubinia e la sua creatività .
Curiosa lo apro e  dentro,  sovrapposti a scalare, ci sono 25 petali con i nomi dei ragazzi e ognuno ha scritto qualcosa , vedo ma non leggo per ora, lo farò a casa.
Io regalo a ogni alunno un’ immaginetta  personalizzata  e cerco di nascondere la commozione.
Marilena mi sussurra “e non sentirti sola perché tu sarai nei nostri cuori, la maestra non si può dimenticare”  e neanche gli alunni, penso io.
Mario, come sempre,  aspetta per portarmi la borsa fino in cortile.
Poi mi fa una calda raccomandazione:  “So che pensi di comprarti la macchina nuova, attenta, non comprare la prima serie perché spesso è difettosa , aspetta un poco, quando la serie  sarà sicura te lo farò sapere io, verrò di persona” - e continua- “non farti  imbrogliare!”
 
E’ questo il suo modo di ringraziarmi !
 
Ma già arriva settembre, e con esso il giorno temuto e atteso del collegio dei docenti riunito in seduta plenaria .
Guido con la solita prudenza ma il cuore non vola, mi devo rassegnare ad accettare il pesante cambiamento, il lavoro di insegnante vivificato da straordinario afflato umano sarà un  pantano insidioso di carte,  progetti e il bambino sarà stritolato, giudicato dalle nuove prove oggettive definite inoltre minuziosamente dalla programmazione settimanale ma , ma come si fa  a programmare l’amore ? - mi chiedo perplessa .
Ecco un'altra parola chiave si fa strada: “interdisciplinarietà”, cioè collegamento fra il sapere.
Amaramente sorrido perché io, nel mio ruolo di maestra unica, creavo forse senza saperlo, attimo per attimo, il collegamento fra le materie usando anche la lezione occasionale .
Anzi ricordo l’assenza forzata di Gianluca che rivediamo a scuola dopo una settimana con il viso ancora tumefatto e il polso ingessato in seguito a una brutta caduta dalla bicicletta avvenuta nelle vicinanze del panificio dei genitori.
I compagni, dopo la calorosa accoglienza per il suo rientro, hanno preparato un cartellone con relativo disegno e si è parlato di educazione civica e stradale, del sistema scheletrico, della solidarietà, del servizio sanitario.
Ora stringo fra le mani due fogli con l’elenco delle due sezioni A e B e ogni foglio contiene, oltre i nomi degli alunni  anche i nomi degli insegnanti catalogati per materia.
Pina( italiano- educazione fisica)
Nuccia (matematica-scienze )
Rosarita (storia- geografia- studi sociali - educazione musicale - religione)
E posso ancora insegnare religione perché ho il titolo specifico ! Evviva !
Ma questa prima istintiva sensazione lascia il posto a un dubbio che mi assale insidioso e improvviso.
La direttrice infatti, nel collegio dei docenti precisa che anche l’insegnante  di religione dovrà muoversi con prudenza tenendo presente la nuova valenza storica della materia.
La religione cattolica dovrà confrontarsi con le altre religioni e soprattutto dovrà escludere  l’aspetto dottrinale che sarà relegato … nelle sacrestie.
Gesù viene considerato alla stregua di un personaggio storico come Cesare o Napoleone (che hanno affrontato le guerre), mentre il Maestro  Gesù si è limitato solo a  predicare l’amore e la fraternità, che proprio oggi sono idee fuori moda !
Già coi programmi dell’ ‘85  la scuola  intendeva  educare istruendo e riduceva tutto il percorso della conoscenza alla sola acquisizione di “competenze” e poco si preoccupava di educare la “persona”, un essere unico e irrepetibile e cosi decadevano  i valori   della solidarietà ,della tolleranza reciproca  ma io, usando la libertà didattica e il mio fine intuito educativo , sono riuscita a tenere lontano   lo spauracchio  della “competizione”,   nel mio ruolo splendido di “maestra unica” sono stata per le famiglie e gli alunni un sicuro riferimento.
Oggi so che è finito un periodo scolastico  speciale, gioioso sia per me sia per i ragazzi ora inizierà un altro modo di vivere la scuola perché troppe figure si alterneranno con orari diversi, e perfino con valori esistenziali diversi e questa alternanza inneggia al “pluralismo”.
E tutti in coro esultano per questo “svecchiamento” che purtroppo colpirà i bambini più  deboli affettivamente e culturalmente  perché mancheranno di un riferimento costante.
E oggi 14 settembre, arrivo  in anticipo e parcheggio nel cortile  di quella che per venti anni è stata la mia scuola, mentre oggi, grazie ai moduli, mi ritrovo in una vera “agenzia   lavorativa” e infatti,  le classi parallele hanno bisogno di  più insegnanti !
E’ questa l’unica positività pratica per aumentare la possibilità di lavoro che inizia  già a scarseggiare.
Nessuno dei pedagogisti sospetta che presto verranno meno i valori della solidarietà, del rispetto reciproco,  inghiottito dalla bramosia della “carriera” e dalla corsa sfrenata per dividere la magra cifra “dell’incentivazione” .
Nei miei venti anni di maestra unica sono stata sempre incentivata solo dalla stima dei genitori e dalla gioia dei ragazzi.
Salgo le scale ed entro, insieme a Pina, nell’aula 16 e stiamo insieme per due ore (si chiama  “compresenza”), oggi sembra superflua ma poi servirà per le future supplenze interne .
I bambini di prima classe sono teneri, spauriti ma stavolta non ho preparato nulla per loro, solo il mio cuore, ma non può servire anzi dovrò muovermi con prudenza nella gabbia dorata del  team  che mi allontanerà sempre più dai bambini e mi avvicinerà sempre più a test di inchieste, di verifiche oggettive che invaderanno il mondo scolastico.
Noi insegnanti non dobbiamo lavorare con bulloni o macchinari, ma abbiamo dinanzi delle persone che devono essere indirizzate con delicatezza, con pazienza, con amore prima verso i valori e dopo verso conoscenze scolastiche essenziali alla vita.
Passate le due ore entro nell’ altra classe e vedo altri bambini impauriti, confusi stavolta sono in compresenza con  Nuccia e mi sento più tranquilla perché anche lei  ha fatto l’esperienza esaltante di maestra unica, lavorando nell’ aula accanto alla mia.  Lei, vedendomi triste,  mi sorride.
Poi, esortandomi , dice  “Rosarita, dobbiamo adattarci al nuovo lavoro sarà pesante per noi e specialmente per i bambini, lo sappiamo noi due, ma dobbiamo mostrare entusiasmo per non farci reputare  “conservatori e tradizionalisti”. “ Amen ” ripeto e poi aggiungo con padre Dante “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”.
Ora bussano alla porta, entra Valeria che, fresca di concorso appena superato, sventola un foglio. “ E’ una nuova circolare?” - chiedo.
“Ma no” - risponde convinta dell’ utilità - “è una   “griglia” che ogni insegnante dovrà riempire” . Ora gli alunni saranno divisi in gruppi: A-B- C secondo il  livello intellettivo  di ciascuno.
   
E la griglia, con questo ambizioso progetto, entra di diritto nel nuovo travolgente iter … educativo .
 E  cerco di adattarmi, con sofferenza al nuovo lavoro,  che  mi allontana  dal mio modo di insegnare  e mi fa rientrare nel ruolo  di impiegata in un mare di circolari e di scartoffie.
Cammino sempre con l ‘agenda dell’ orario che  Nuccia,  con mentalità matematica, ha  saputo fare quadrare. Arrivo in  cortile, ma  nessuno dei ragazzi mi viene incontro  e salgo le scale con un senso di vuoto dentro di me.
Entrati in classe,  dopo aver posato le cartelle ai posti che l’insegnante d’italiano ha stabilito, i bambini si alzano in piedi  meccanicamente per il saluto e rispondo con un cenno del capo perché penso che cosi sono “professionale”. Una bimba, azzurri occhi di cielo, mi guarda interdetta e dice : “Con noi hai due ore ”. Guardo l’elenco e grazie alla piantina topografica, preparata dalla funzione- obiettivo, conosco  il suo nome: Jennifer .
 E anche io  apro la borsa professionale  e tiro fuori le  prove d’ingresso   che Nuccia sollecita ha preparato per me e per lei .
Ora sono a casa, sto selezionando le schede per formulare la  “griglia ” è una sterile  fatica mentale per me capace di capire la capacità globale di ogni bambino sin dal primo sguardo amico! Ma oggi i bambini non si guardano, le schede parlano al loro posto !
 
 E continua il lavoro. Arriva febbraio del ‘93 e si registra una notevole assenza di insegnanti, che fa  traballare la selezione fatta attraverso  la griglia,  perché le insegnanti , nell’ orario della compresenza, sono costrette a fare supplenza nelle altre classi quando le colleghe  sono assenti per malattia 
Ma non tutto è perduto, i pochi, vecchi, tarlati   armadi non riescono più a contenere l’enorme cumulo di schede,  di cartine topografiche, di piantine dell’ aula  e  cosi qualche topo, desideroso di impadronirsi del nuovo      “sapere”,   commuovendosi, lascia i suoi escrementi sulle “ sudate carte ” .
 
Qualche insegnante di buon senso suggerisce di rendere la scuola più vivibile rimodernando l ‘arredamento  scolastico,  ma questa è un’ utopia certo perché il comune, addetto all’arredamento scolastico, è in deficit.
Allora gli animi (specie quelli dei genitori ) si riscaldano e si ottiene una ”disinfestazione” che durerà tre giorni per la gioia dei ragazzi che  ancora si affannano a  distinguere le domande vere da quelle false .
Ma i ragazzi, da soli hanno capito  che, oggettivamente parlando, la scuola  è   una fatica  priva di gratificazioni  immediate,  anzi !  Così i ragazzi “difficili”  diventano sempre più  “difficili” perché non respirano amore e accoglienza , anche i compagni sono impegnati a formulare schedari, a vivere la competizione e a trattare,  con il dovuto disprezzo, il ragazzo più lento che ha bisogno di   recupero.   E nascono i famigerati gruppi di “livello “ e fra tutti questi   livelliio ho perduto il mio “ livello d’amore ”!!
E  arriva settembre del nuovo anno  e comincio ad accettare con meno stress il mio lavoro.
Ora ho imparato a memoria le entrate e le uscite delle due classi e, infatti cinque minuti prima del cambio dell’ora mi trovo già pronta, i bambini, orario alle mani, preparano già lo schedario per le nuove discipline.
Nel nostro collegio  dei docenti solo in ventisette siamo state maestre uniche e non possiamo parlare per ora, perché ci hanno già catalogate come  “nostalgici di potere”
e come “tuttologhe” .
E la  direttrice assume il nome di dirigente e come  tale è vivamente interessate ai progetti che porteranno, alla nuova azienda  educativa  che conserva ancora il nome di scuola, lauti incentivi  economici e tutti possiamo parteciparvi in orario extra – scolastico basta solo trovare gli alunni disposti a frequentare le attività proposte e inoltre ci sarà la possibilità di fare carriera.
Ma la carriera non mi interessa proprio, mi sta a cuore solo suscitare l’interesse degli alunni verso il sapere.
E ci provo, anzi ricomincio a provarci, con la mia solita passione risorta dalle ceneri delle carte.
Nella nostra prima riunione, fatta per classi parallele, ritrovo Francesca, che essendo stata maestra unica, ha vissuto un’esperienza culturale e affettiva molto simile alla mia e così la nostra programmazione settimanale si arricchisce della finalità chiave: bisogna  privilegiare il rapporto educativo, bisogna valorizzare l’alunno al di là della minuziosa stesura cartacea.
E l’ultimo dubbio mi assale: si vuole verificare il livello di  “competenze” raggiunto, e forse si può usando un metro quantitativo, ma come si potrà mai verificare la stima reciproca, l’intesa metafisica, il rapporto interpersonale  che nasce fra il maestro  e l’alunno ? Non certo con il modulo né con gli schedari  programmati.
 
Ma una grossa nube si prospetta anche nel cielo limpido della comunità: presto padre Egidio partirà per Roma per conseguire una specializzazione in Sacra  Scrittura. Anche la chiesa pensa di fare  “specializzare” i suoi figli migliori?! E poi non serve lui è già  “specializzato” nel donare amore e accoglienza  alla sua gente generosa di san Cristoforo .
La parola “specializzazione”  acquista sempre più  un amaro sapore sinonimo di allontanamento, di distacco, di anonimato , di competizione .
Mi chiedo, a che cosa servirà, nella fatica del vivere, conoscere quante volte si trovano i verbi greci nelle pagine della Bibbia oppure quante volte Gesù ha incontrato i farisei nella sua vita terrena ?
Ma non sarebbe più utile capire perché è così difficile vivere da fratelli ?
 
 
E stasera mi ritrovo a San  Cristoforo per partecipare alla messa di ringraziamento per la partenza di padre Egidio per Roma, la chiesa è colma di amici, l’altare profuma di fiori, e nel silenzio generale la sua voce risuona chiara,   imponente, sicura:
“il Signore mi ha mandato fra voi, ora a lui piace mandarmi lontano per approfondire i miei studi,  vi prego di continuare con gioia il lavoro che insieme abbiamo cominciato, la mia preghiera vi seguirà sempre.”
Alla fine della messa tutti si alzano per salutarlo, io non ci riesco: mi bruciano dentro domande esistenziali che sembrano senza spiegazione razionale.
Certo “ il cuore ha le sue ragioni che la ragione non intende ”( Pascal )


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Fonte : scritti autobiografici di Rosarita De Martino , il Diario "Storia di una chiamata" dell'incontro di Rosarita con Dio
 


 









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