Monastero Janua Coeli
Sr. Maria Teresa della Croce,
O.Carm.
DIO CI CHIAMA
"Sei tu
colui che deve venire ?"
III domenica
di Avvento A
12 dicembre 2004
Is 35,1-6a. 8a.10
Gc 5,7-10
Mt 11,2-11
LETTURA
Il testo
(Mt 11,2-11)
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Gesù rispose: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me». Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. Egli è colui, del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te. In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Momento di silenzio
Lasciamo
che la voce del Verbo risuoni in noi.
MEDITAZIONE
Domande
Beato colui che non si
scandalizza di me.
Scandalizzarsi di Cristo è facile, troppo facile. Siamo proprio
tardi a capire, e tutto è una meraviglia per noi, anche il mistero più semplice
quale quello del corso di una vita umana. La felicità sta nel non scandalizzarsi
di uno che sta dalla parte dei ciechi, degli storpi, dei lebbrosi, dei sordi,
dei morti, dei poveri… perché è la sua gente. Quando sarò anch’io beato?
Chiave di lettura
Dal deserto al carcere. Giovanni
sa che Gesù è il Figlio di Dio, ma desidera che i suoi discepoli vedano e
comprendano. Non c’è più da attendere perché la risposta di Gesù è presente
nelle sue opere: ciò che si vede e si ode bisogna raccontare. E in questo vedere
e udire c’è tutto, c’è l’avvento del regno. Quando un uomo è capace di
riconoscere nella sua vita la presenza di Dio non è forse un cieco che
riacquista la vista? Quella stessa realtà infatti per uno è un insieme di fatti
casuali, per lui è un progetto compiuto della grazia. Quando il cuore ascolta le
sue voci segrete, non è forse un fendere la sordità della sua esistenza ignara
per cogliere i sussurri dello Spirito che lo abita? Per qualcuno il cuore è
sordo, per un altro il cuore ha orecchie capaci di ascoltare la voce che viene
da lontano. Non è forse storpio guarito chi passa da una vita chiusa
nell’egoismo a scelte di apertura alla vita e di condivisione? I passi che
coprono le distanze fino a poco prima non visibili non sono forse i passi
benedetti del Figlio di Dio fatto carne? Anche i morti risuscitano, perché il
richiamo della vita è più forte di qualsiasi morte. Chi sceglie di gettarsi da
un ponte per non udire più i morsi del dolore, non cerca in qualche modo di
vivere e di annientare ciò che lo imprigiona in una morte estenuante? Il regno
di Dio è il regno dei poveri, poveri che hanno bisogno di udire buone notizie,
le notizie di una pienezza di vita che mai si esaurisca. Quando Gesù parla di
Giovanni alle folle, propone una grandezza di appartenenza che superi i limiti
del comune pensare. Giovanni, non una canna sbattuta dal vento, né un uomo
avvolto in morbide vesti, un profeta e più che un profeta perché è un messaggero
speciale Giovanni Battista, un ponte tra l’Antica e la Nuova Alleanza, uno
capace di aprire strade, il più grande degli uomini e allo stesso tempo il più
piccolo perché la grandezza non si misurerà più sulle capacità o sulla missione
dell’uomo, ma sul dono ricevuto. E chi riceve il dono di appartenenza al regno,
per piccolo e peccatore che sia, è più grande di qualsiasi profeta, perché vaso
di elezione, terreno benedetto di grazia.
PREGHIERA
“Ecco, ti attendo; soltanto non
tardare” (Tobia 5,8).
CONTEMPLAZIONE
Canne sbattute dal vento nel
deserto della vita: sì, siamo povere canne noi uomini, sbattute dal vento divino
per salmeggiare i canti nuovi dei figli redenti. Che non ci accada di avvolgerci
in morbide vesti e di chiuderci nei palazzi costruiti dai giochi degli
opportunismi… resti in noi il desiderio di abitare lungo le rive del tempo e di
attendere il soffio che animi le canne del nostro deserto! Il regno è fra noi.
Perché non lo vediamo? Il Verbo narra la gloria di Dio. Perché non ne udiamo la
voce? Abbiamo bisogno di aiuto perché siamo poveri. Perché ci ostiniamo a
crederci sufficienti a noi stessi? Mendicare la misericordia, vestire gli abiti
della sete, danzare il canto dell’attesa.. questo sì che è vita. Perché solo una
vita capace di danzare al crepuscolo della sera le nenie della notte che avanza
nella nostalgia di lidi lontani può dirsi vita di uomo. Quel vuoto che spera e
che non si placa, quel percepirsi rapiti da Altrove, quella sensazione di
inafferrabile… questo è Avvento, il profumo di un Dio vicino ma non contenibile,
una scia da inseguire per scoprirne la dimora. Signore, rapisci il mio cuore
perché io viva il mio oggi fin d’ora nell’Amore!
Fonte :
Monastero Janua Coeli -
Santuario dell’Addolorata (Comunità monastica carmelitana), 58010 Cerreto
di Sorano GR tel. 0564.633298-633073, fax 0564.632742 ,
ccp 11855582,
e-mail:
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; sito web: www.januacoeli.it ,
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