giovedì 25 luglio 2019

S. Maria in Trastevere : l'incontro con don Tonino Bello, di Rosarita De Martino




S. Maria in Trastevere : 
l'incontro con don Tonino Bello
di Rosarita De Martino
 
 
...E guardo e riguardo la terrazza fiorita della mia nuova e bella casa e canto il mio grazie al Signore, oggi, nel maggio del’94.
Dall’angolo estremo del giardinetto posso contemplare l’Etna, che mi è diventata cara e familiare; finalmente, sazia di gioia, rientro per continuare il lavoro iniziato ieri.
Sto terminando di ordinare la nuova libreria: sono rimasti fuori solo gli scatoli che contengono i libri a me più cari e, prima fra tutti, la “Divina Commedia”, ricordo  della mia  vita spensierata di studentessa in Calabria e  “I Promessi Sposi”, che io ho avuto fra le mani già quando frequentavo la quinta elementare. Li tiro fuori con commozione e vedo la pagina un po’ strappata dell’incontro dell’Innominato con il cardinale Federico e rivedo l’artefice di tale scempio, mia sorella Rinuccia, la quale, toccata nel suo credo politico di allora, ha voluto ricambiarmi il favore perché io le avevo strappato il suo libro preferito: “I sette fratelli Cervi” vendetta fascista contro i partigiani.
Ma quel tempo di lotte politiche è lontano lontano. Oggi gli ideali politici si sono molto accorciati e dalla poesia stiamo passando alla prosa..

Improvvisamente una busta fa capolino, la guardo interdetta, la apro curiosa e vi trovo un piccolo libro dal titolo “Alla finestra la speranza” e nell’aprire la busta sento un improvviso tuffo al cuore, leggo la dedica: <<La speranza ti sia compagna di vita.  Don Tonino Bello>> .
Mi fermo e una busta colorata, più piccola della prima, mi scivola fra le mani, la apro ed ecco una tovaglietta di lino frangiata con su ricamato “CEB ‘89”.
E mi rivedo gioiosa, scattante, follemente innamorata di Te Signore e, miracolo di fede, dopo anni respiro ancora un noto profumo di pace.
La guardo e il volto ansioso mi guarda.
Ora in ordinata fila sto entrando, insieme alla mia comunità di Catania, nella chiesa di Santa Maria in Trastevere per la veglia di preghiera che chiude, in splendida bellezza, il nostro convegno dei gruppi ecclesiali qui a Roma, nella città eterna di fede, di cultura, di arte.
Io sono inginocchiata sul sacco di iuta proprio accanto alla colonna in silenziosa preghiera ed ecco un sottofondo musicale accompagna la nostra veglia della pace guidata da un vescovo, da lui in persona, da Tonino Bello.
Ed eccolo, entra, non ha nulla di vescovile addosso, nulla di significativo del suo ruolo, ha solo un sorriso radioso, comunicativo, fraterno e, proprio nella sala del convegno, stamattina me ne ha regalato uno insieme alla dedica del suo libro.
Arriva fino all’altare in un turbinio di pace, ma il silenzio del momento è rotto da un brusio sempre più forte ed ecco, trattenuto a malapena dal servizio d’ordine, un uomo vacillante, di età indefinita, che pur conserva ancora i segni di un’antica bellezza, entra lasciando dietro di sé un puzzo di vino.
“Ma è un barbone” - qualcuno mormora. “E’ un ubriacone” – altri dicono fra i denti.
Ma l’uomo deciso si lamenta: “Ho fame!” e avanza verso l’altare, dove spiccano le ceste di pane azzimo preparate per fare la veglia.
I due ragazzi non sanno più come trattenerlo ed ecco don Tonino Bello, che in silenzio ha assistito alla scena, si alza sollecito, scende dall’altare, gli va incontro con le braccia spalancate, sorridendo sereno e fa cenno ai ragazzi del servizio d’ordine di allontanarsi, lo abbraccia, lo prende per mano e lo guida fino all’altare e amabilmente lo invita: Vieni fratello al posto d’onore, ti aspettavamo, mangia alla nostra mensa della gioia .
E così dicendo gli dona un pane e un sorriso luminoso e l’uomo si ritrova accolto e, nuovo miracolo, non è più un lurido barbone, è diventato un uomo, anzi un fratello in Cristo!
Stringendo il pane profumato di amicizia fra le mani, l’uomo ridiscende con passo sicuro i gradini dell’altare e sereno si avvia all’uscita, mi passa quasi vicino e intravedo una ricca chioma arruffata, ma i suoi vestiti emanano un profumo di gioia.
Lo seguo con lo sguardo, s’immetterà per le vie di Roma, ma forse è Gesù che è venuto a trovarci e tutti noi, escluso don Tonino, non l’abbiamo riconosciuto?
 
Nella chiesa regna un silenzio perfetto: “Possiamo continuare la nostra veglia della pace” annunzia don Tonino e inizia la Messa.
Ora i responsabili delle varie CEB salgono l’altare per distribuire il pane quotidiano che diventa il pane dell’uguaglianza, il pane dell’allegria, il pane dell’amicizia, il pane della Tua Parola, il pane dell’Agape fraterna, il pane del lavoro, il pane dell’abitazione per tutti, il pane della serenità e della pace, il pane del perdono.
Piera si sta avvicinando per distribuire la tovaglietta della CEB, io la guardo con riverenza, perché tra poco, su questa liturgica tovaglia, Tonino Bello vi poggerà il pane azzimo. Padre Antonio così prega:
Se ci sediamo alla mensa con il Padre dobbiamo ascoltare il suo pressante invito a spezzare il pane con ogni uomo, a invocare insieme al povero, al disadattato, al drogato, a chi si sente solo, a chi è senza lavoro, a chi è sottoposto a ingiustizie il pane quotidiano.
 
Ma perché la musica da melodiosa diventa stranamente ritmica?
Toc – toc – toc, ma no è solo il mio cuore che, impazzito di gioia, pulsa in modo frenetico.
Ed eccolo si avvicina, è piccolo di statura, eppure come Francesco sa abbracciare il mondo.
Ora i nostri sguardi si incrociano in uno slancio di fede e di fraternità. Alzo gli occhi e sul mio petto ansante sussulta la targhetta con il mio nome: Rosarita – Catania.
Non so il motivo profondo del suo gesto, ma si avvicina, si ferma, mi fissa e sussurra con voce calda e decisa: Il Signore ti ha colmato di gioia, non essere avara, non tenerla solo per te, regalala al mondo che ne ha tanto bisogno e sulle mie mani aperte, coperte dal liturgico tovagliolo vi poggia il pane azzimo, che è la nostra Comunione.
Silenzio divino mi circonda intatto, ma dura poco, perché un assordante vocio infrange la mia quiete, un televisore a tutto volume commenta  una partita, mi pare, perché dai balconi vicini sento urla di protesta e … sono tornata alla realtà della mia città...
(Dal libro “STORIA DI UNA CHIAMATA” di Rosarita De Martino)
 
 
 









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