giovedì 25 luglio 2019

L'ALBERO DELLA CROCE, di Padre Felice Artuso



L'ALBERO  DELLA CROCE
di Padre Felice Artuso 
                           
 
 
 
Nella Bibbia Dio rivela agli uomini il suo progetto salvifico, tenuto segreto per molti secoli. Comunica, attua e rende credibile il suo gratuito piano di redenzione universale. Gesù professa la fede del suo popolo, che riconosce gli interventi storici naturali e sopranaturali di Dio. Crede nell’origine divina dei libri biblici. Ritiene che la Sacra Scrittura è la parola di Dio. Attenendosi alla tradizione ebraica, ne approfondisce il significato. Interpreta la parola ispirata, la perfeziona e la applica alla sua missione di elevare gli umani alla completa comunione con Dio.
Gli apostoli proseguono nella stessa direzione interpretativa. Riferiscono a Gesù i testi dell’Antico Testamento nei quali evidenziano il metodo che Dio adotta per manifestare la sua vita intima e per condurre ogni uomo alla conoscenza della salvezza definitiva ed eterna .
La Chiesa antica sviluppa la loro interpretazione. Coglie nella Bibbia, anche nei passi più oscuri, un messaggio teologico, morale, liturgico, spirituale e mistico. Vi riconosce che Dio guida le genti e particolarmente il popolo d’Israele ad una cognizione sempre più profonda del suo progetto salvifico. Collega i complessi racconti biblici alla preparazione, all’attesa, alla venuta, all’insegnamento, alla sofferenza, alla esaltazione e alla sovranità universale di Gesù Cristo.
Gli autori medievali approfondiscono e ampliano l’interpretazione patristica della Sacra Scrittura. Tuttavia non sempre brillano nelle loro riflessioni, perché si abbandonano a commenti artificiosi ed estranei al significato originario del testo ispirato. Per giungere ad una migliore intelligenza della Bibbia, gli esegeti odierni si distanziano dai precedenti schemi interpretativi e rilevano l’intreccio delle tradizioni letterarie, i livelli di ricezione delle singole comunità e il legame tra l’annuncio e l’attuazione dell’unico disegno salvifico di Dio.
Qui presentiamo le principali figure inanimate e animate, che la tradizione cristiana collega al mistero pasquale di Gesù. Iniziamo la non facile esposizione, partendo dalle figure inanimate, inerenti alle cose. Passiamo poi alle figure animate, relative alle persone.
A) Le figure inanimate L’albero dell’Eden (Gn 2,9.17; 3,1-19) Gli alberi, che ornano la superficie terrestre, sono una risorsa vitale e salutare. Attratti dalla loro bellezza, gli antichi li avevano divinizzati e venerati. I nostri contemporanei li proteggono, per impedire la desertificazione del suolo e la crescita della fame nel mondo. La Bibbia deplora il culto agli alberi, perché fomentava l’idolatria e la corruzione. Il libro della Genesi attesta che nell’Eden Dio coltiva le piante, che producano frutti saporiti e nutrienti. Pone i nostri progenitori nel suo bello e piacevole giardino. Li autorizza di scegliere, di cogliere e di mangiare a loro volontà ogni frutto. Proibisce solo di astenersi dai prodotti, che vedono nella pianta della vita e della morte, della giovinezza e del declino, del bene e del male, del lecito e dell’illecito (Gn 2,9.17). Adamo ed Eva ignorano l’avvertimento di Dio. Si avvicinano alla pianta insidiosa e pericolosa. Suggestionati dal serpente, simbolo della magia, della potenza malefica e più avanti del demonio (Sap 2,24), prendono e mangiano il frutto vietato. Compiono un atto di arroganza e di ribellione al loro Creatore. Immaginano di superare i loro limiti, di ottenere l’autosufficienza, l’immortalità e la parità con Dio. Conoscono invece una movenza che li introduce nella miseria, nella fragilità, nella sofferenza e nella solitudine. Dio potrebbe abbandonarli alla decadenza, ma preferisce infondere in loro la speranza di redimerli dalle conseguenze della trasgressione (Gn 3,1-19). Il profeta Osea annuncia che il popolo d’Israele, fedele a Dio, diverrà come un albero rigoglioso e fruttifero (Os 14,6-9). Il profeta Ezechiele asserisce che il Messia sarà come un albero che, piantato sul monte Sion, offrirà sicura protezione ai poveri e agli umili (Ez 17,22-23; 31,6). Nelle sinagoghe o anche all’ombra di un albero i rabbini spiegano il valore religioso della Legge, dei Salmi e dei Profeti. Nelle sinagoghe e in altri luoghi Gesù paragona i falsi maestri ad alberi spinosi, dannosi e infruttiferi. Insegna ai suoi discepoli che si conosce una persona dai suoi frutti, ossia dalle sue stesse opere (Lc 6,43-45). L'albero dell’Eden è una figura della croce di Gesù, che con la sua obbedienza al Padre tramuta la maledizione in benedizione, introduce gli uomini nella Chiesa, li prepara ad entrare nel Paradiso e dona a loro la beatitudine eterna.
Sant’Ireneo, uno dei primi Padri della Chiesa, osserva che Gesù «Come uomo partecipò alle nostre sofferenze e come Dio condona benignamente i debiti che avevamo con Dio nostro creatore. Distrusse la cambiale del nostro debito e la fissò alla croce, affinché, come per causa d'un albero divenimmo debitori a Dio, per mezzo di un albero ricevessimo il condono del nostro debito» . In un'omelia pasquale e con un linguaggio poetico Ippolito di Roma asserisce: «La croce è l’albero della mia salvezza eterna: di esso mi nutro, di esso mi diletto. Nelle sue radici cresco, nei suoi rami mi distendo, la sua rugiada mi rallegra e lo Spirito come carezza di brezza mi feconda» .
San Cirillo di Gerusalemme ricorda che il peccato ha i suoi inizi dal legno dell’albero ed è sconfitto dal legno della croce: «Il peccato parte da un legno e giunge fino a un legno» . San Zenone di Verona in un discorso al popolo rileva che i frutti dell’albero dell’Eden causano la morte, mentre Gesù crocifisso dona la vita a coloro che credono in lui: «Poiché per colpa della donna, che sola aveva toccato l’albero apportatore di morte, in entrambi i sessi era entrata la morte, al contrario, per merito di un uomo appeso al legno della Croce tutto il genere umano riebbe la vita» . In un’omelia Cromazio d'Aquileia esprime il medesimo pensiero di Cirillo e Zenone: «Per colpa di Adamo la morte, la vita per merito di Cristo che si degnò di essere crocifisso e di morire per noi per cancellare il peccato dell’albero mediante il legno della croce» .
Nei secoli seguenti i Padri della Chiesa confermano l’interpretazione tipologica dei loro predecessori. Influenzati dal comune insegnamento della Chiesa, i poeti compongono antifone ed inni liturgici, nei quali associano l'albero dell’Eden a quello della croce. Trascriviamo tre antifone della liturgia latina, redatte per la festa dell’Esaltazione della croce: «Nel cuore della santa città s’innalza l’albero della vita; le sue foglie guariscono i popoli»; «L’albero della vita si è manifestato nella croce del Signore»; «Da quest'albero di vita è venuta la gioia nel mondo» .
Nel prefazio della stessa ricorrenza è inserita questa confessione di fede: «Nell’albero della Croce tu (Dio Padre) hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall’albero traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto, per Cristo nostro Signore» . Nell’inno Vexilla regis prodeunt, fulget crucis mysterium la Chiesa canta: «O albero fecondo e glorioso, ornato d’un manto regale, talamo, trono ed altare al corpo di Cristo Signore» .
Nelle basiliche o nei fonti battesimali gli artisti dell’epoca imperiale tratteggiano la croce a forma d’albero. Nel Medioevo vi aggiungono l’immagine del melo, della vite e della menorah, candelabro liturgico ebraico a sette braccia. Ornano l’albero della croce, ponendovi rami, guarniti di abbondanti foglie, fiori e frutti. Vi mettono anche volatili, versetti della Scrittura o volti di santi popolari. In Liguria gli artigiani producono crocifissi per le processioni e li decorano con disegni floreali. 



 
 
 
 


Fonte : scritti e appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)






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