MELCHISEDECH, RE E SACERDOTE
di Padre Felice Artuso
(Gn 14,17-24)
Abramo, capostipite degli ebrei, lasciata la sua famiglia d’origine ed emigrato nel Canaan. diviene un potente signorotto. Qui cerca di intrecciare e incrementare delle buone relazioni con la gente. Alcuni capi clan dell’attuale zona siriana, di cui non è pervenuta nessuna informazione o documentazione storica, bramano di ampliare la loro area di dominio. Scendono armati nella valle del Giordano. Irrompono nelle piccole tribù dei cananei, le sconfiggono e le saccheggiano. Invadono anche il territorio di Lot, nipote di Abramo. Catturano Lot e fuggono. Un testimone del loro assalto corre a Mamre e informa Abramo sull’accaduto.
Per garantire il rispetto dei propri diritti, il nostro patriarca organizza un gruppo d’uomini armati con cui insegue fulmineo i razziatori, li raggiunge, li aggredisce e li vince. Libera quindi Lot e recupera il bottino di guerra. Riprende poi trionfante il cammino di ritorno alla propria residenza, mentre il re di Sodoma, sfuggito agli invasori, gli va incontro e si complimenta con lui.
Melchisedech, re di Salem, nome antico di Gerusalemme, incrocia anche lui Abramo di ritorno alla propria sede. Gli riconosce subito il diritto di transito e lo ospita in casa, dove offre a lui e alla sua truppa una porzione di pane e una coppa di vino, simbolo della fatica umana, della comunione fraterna e del nutrimento quotidiano. Compie inoltre un rito sacrificale: rende lode ad ‘El-'Eljon, Dio Altissimo, divinità conanea, conosciuta e venerata a Salem. Nel rito riconosce che Dio ha concesso ad Abramo la straordinaria vittoria sui razziatori..
Nell’intrattenimento Abramo si comporta con gentilezza e rispetto. S'inchina davanti a Melchisech. Riconosce la sua supremazia regale e sacerdotale. Accetta i suoi doni e lo ricambia, concedendogli la decima dei beni ricuperati nella vittoriosa battaglia. Consacra poi il luogo dell’incontro a ‘El-‘Eljon, identificandolo con ‘El.Shaddaj, il Dio montano, che si era rivelato a lui come amico, alleato, protettore e guida fedele (Gn 12,1ss). In seguito gli ebrei riconoscono che ‘El-‘Eljon è il supremo creatore, lo adorano ovunque e nel tempio di Gerusalemme pongono dei pani sull’altare dei sacrifici, perché fungono da nutrimento ai sacerdoti (Es 25,30; Lv 24,8-9).
Nel periodo della monarchia davidica un salmista ricorda ad un nuovo sovrano che mediante l’intronizzazione regale Dio lo ha investito irrevocabilmente di una dignità sacerdotale, simile a quella di Melchisedech: «Il Signore ha giurato e non si pente: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedech» (Sal 110,4). Estinta la dinastia davidica, gli ebrei asseriscono che il Messia sarà un re fedele a Dio ed un sacerdote perfetto. Custodirà i luoghi santi, adempirà con perfezione la sua missione, riscuoterà la decima, che gli spetta (Is 61,1-3; Ez 44,15-19) e offrirà a Dio un’oblazione tutta pura (Ml 1,11). Ogni sacerdote ebreo rinnova a Gerusalemme la preghiera di Melchisech e ringrazia Dio per aver sconfitto i nemici d’Israele (Gdt 15,8-10).
La Bibbia non indica il luogo esatto dell’incontro dei due personaggi. Nasce quindi una permanente controversia tra popoli affini. I samaritani, desiderosi di valorizzare la sacralità del loro tempio, asseriscono che Melchisedech ospitò Abramo sul monte Garizin e la loro asserzione fu accolta dalla tradizione musulmana. I giudei si oppongono all’attestazione dei samaritani e affermano che Melchisedech accolse Abramo nel tempio di Salomone, dove i sacerdoti immolavano le vittime a Dio.
Gesù è l’antitipo della dignità regale e sacerdotale di Melchsedech. Sganciato dalla qualifica ereditaria, guarda i problemi, che assillano le persone. Nell’ultima cena ringrazia Dio per il dono del cibo. Anticipa l’offerta sacerdotale del Golgota. Dà compimento a tutti i riti antichi. Istituisce l’Eucaristia, in cui inaugura la nuova ed eterna alleanza ed unisce gli uomini alla vita di Dio (1 Tm 2,5), costituendoli un popolo regale, sacerdotale e profetica (1 Pt 2,9).
Nell’interrogatorio finale annuncia ai componenti del Sinedrio che arriverà il momento in cui si presenterà a tutta l’umanità con i segni inconfondibili della sua funzione regale, sacerdotale e giudiziale (Mc 14,62); mostrerà ad ognuno i suoi poteri divini e introdurrà i salvati nel regno di Dio Padre. Completa il suo annuncio, attestando a Pilato di essere un re, che stabilisce tra gli uomini la giustizia, la pace e la verità (Gv 18,37).
L’autore della lettera agli Ebrei collega Melchisedech a Gesù, tratteggiandone gli aspetti di continuità, di diversità, di santità e di superiorità. Insegna che Melchisedech, «senza genealogia, senza principio di giorni, né fine di vita» (Eb 7,3), raffigura il Figlio di Dio, che svolge la funzione regale e sacerdotale. Infatti, dall'incarnazione sino alla fine della vita terrena, Gesù rinuncia ad ogni profitto personale (Eb 7,11-19), rende un vero culto al Padre e solidarizza con i più sofferenti della terra. Appeso alla croce non offre a Dio dei sacrifici comuni, ma tutto se stesso (Eb 7,27). Ritornato a lui, continua a intercedere per l’umanità e abroga il sacerdozio levitico (Ger 31,31-34). Si rivela l’unico re e sacerdote che compatisce i deboli, sostiene i bisognosi, libera gli oppressi, santifica i peccatori e li introduce nel santuario celeste .
Il libro dell’Apocalisse trasmette la stessa interpretazione della lettera agli Ebrei. Presenta, infatti, Gesù che nella Gerusalemme del cielo indossa gli indumenti tipici del sommo sacerdote e presiede lo svolgimento della liturgia: «Vidi sette candelabri d’oro, e in mezzo uno simile a figlio d’uomo, con un abito lungo ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro… Mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi» (Ap 1,12-13.17-18).
Seguendo l’indicazione tipologica della Bibbia, i Padri della Chiesa scorgono nell’offerta di Melchisedech ad Abramo una prefigurazione del sacrificio eucaristico. Inseriscono pertanto nella preghiera della messa il ricordo dell’azione cultuale di Melchisedech. Chiedono poi a Dio che mediante l’invio del suo Spirito Santo trasformi nel corpo e nel sangue di Cristo le loro offerte. Ecco qualche testimonianza. San Cipriano asserisce: «Vediamo prefigurato nel sacerdote Melchisedech il mistero del sacrificio del Signore. Quest’ordine da parte di quel sacrificio, quello stesso che Melchisedech aveva offerto, il pane e il vino, cioè il suo corpo ed il suo sangue. Questa benedizione si riferisce al nostro popolo. Perché se Abramo confidò in Dio e gli fu imputato a giustizia, lo stesso sarà per chi confida in Dio e vive nella fede di Abramo» .
Sant’Agostino conferma l’interpretazione di Cipriano: «In quella circostanza (Abramo) fu benedetto da Melchisedech. Là si offrì per la prima volta il sacrificio, figura di quello che attualmente i cristiani offrono a Dio su tutta la terra…» . San Leone Magno si pone sulla stessa linea della tradizione e asserisce che Gesù «è il vero ed eterno sacerdote, la cui cura non può mutare né finire. Egli è colui del quale il pontefice Melchisedech fu figura offrendo a Dio non le vittime giudaiche, ma il sacrificio di quel sacramento che il nostro Redentore consacrò nel suo corpo e nel suo sangue. Egli è colui del quale il Padre con attestato di inviolabile giuramento istituì il sacerdozio… che si doveva in perpetuo celebrare» .
Dipendendo dall’insegnamento biblico e patristico, il terzo prefazio pasquale della liturgica romana ricorda che Gesù «continua ad offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato» . Invita poi l’assemblea ad unirsi alla sua perfetta offerta regale e sacerdotale, per percorrere un cammino di donazione.
Gli artisti ritraggono Melchisedech, che presenta le sue offerte a Dio e lo benedice. Le loro raffigurazioni variano nel tempo. Quelli più antichi rappresentano Melchisedech accanto ad un altare, che offre a Dio il pane e il vino. Un loro modello ben riuscito si trova nella basilica di san Apollinare in Classe (Ravenna). Quelli medievali raffigurano invece Melchisedech, che dona il pane ed il vino ad Abramo. Se ne conserva un bel modello nella cattedrale di Chartres, dove si può ammirare Melchisedech che sorregge una coppa di vino e la consegna al nostro primo padre della fede.
Abramo, capostipite degli ebrei, lasciata la sua famiglia d’origine ed emigrato nel Canaan. diviene un potente signorotto. Qui cerca di intrecciare e incrementare delle buone relazioni con la gente. Alcuni capi clan dell’attuale zona siriana, di cui non è pervenuta nessuna informazione o documentazione storica, bramano di ampliare la loro area di dominio. Scendono armati nella valle del Giordano. Irrompono nelle piccole tribù dei cananei, le sconfiggono e le saccheggiano. Invadono anche il territorio di Lot, nipote di Abramo. Catturano Lot e fuggono. Un testimone del loro assalto corre a Mamre e informa Abramo sull’accaduto.
Per garantire il rispetto dei propri diritti, il nostro patriarca organizza un gruppo d’uomini armati con cui insegue fulmineo i razziatori, li raggiunge, li aggredisce e li vince. Libera quindi Lot e recupera il bottino di guerra. Riprende poi trionfante il cammino di ritorno alla propria residenza, mentre il re di Sodoma, sfuggito agli invasori, gli va incontro e si complimenta con lui.
Melchisedech, re di Salem, nome antico di Gerusalemme, incrocia anche lui Abramo di ritorno alla propria sede. Gli riconosce subito il diritto di transito e lo ospita in casa, dove offre a lui e alla sua truppa una porzione di pane e una coppa di vino, simbolo della fatica umana, della comunione fraterna e del nutrimento quotidiano. Compie inoltre un rito sacrificale: rende lode ad ‘El-'Eljon, Dio Altissimo, divinità conanea, conosciuta e venerata a Salem. Nel rito riconosce che Dio ha concesso ad Abramo la straordinaria vittoria sui razziatori..
Nell’intrattenimento Abramo si comporta con gentilezza e rispetto. S'inchina davanti a Melchisech. Riconosce la sua supremazia regale e sacerdotale. Accetta i suoi doni e lo ricambia, concedendogli la decima dei beni ricuperati nella vittoriosa battaglia. Consacra poi il luogo dell’incontro a ‘El-‘Eljon, identificandolo con ‘El.Shaddaj, il Dio montano, che si era rivelato a lui come amico, alleato, protettore e guida fedele (Gn 12,1ss). In seguito gli ebrei riconoscono che ‘El-‘Eljon è il supremo creatore, lo adorano ovunque e nel tempio di Gerusalemme pongono dei pani sull’altare dei sacrifici, perché fungono da nutrimento ai sacerdoti (Es 25,30; Lv 24,8-9).
Nel periodo della monarchia davidica un salmista ricorda ad un nuovo sovrano che mediante l’intronizzazione regale Dio lo ha investito irrevocabilmente di una dignità sacerdotale, simile a quella di Melchisedech: «Il Signore ha giurato e non si pente: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedech» (Sal 110,4). Estinta la dinastia davidica, gli ebrei asseriscono che il Messia sarà un re fedele a Dio ed un sacerdote perfetto. Custodirà i luoghi santi, adempirà con perfezione la sua missione, riscuoterà la decima, che gli spetta (Is 61,1-3; Ez 44,15-19) e offrirà a Dio un’oblazione tutta pura (Ml 1,11). Ogni sacerdote ebreo rinnova a Gerusalemme la preghiera di Melchisech e ringrazia Dio per aver sconfitto i nemici d’Israele (Gdt 15,8-10).
La Bibbia non indica il luogo esatto dell’incontro dei due personaggi. Nasce quindi una permanente controversia tra popoli affini. I samaritani, desiderosi di valorizzare la sacralità del loro tempio, asseriscono che Melchisedech ospitò Abramo sul monte Garizin e la loro asserzione fu accolta dalla tradizione musulmana. I giudei si oppongono all’attestazione dei samaritani e affermano che Melchisedech accolse Abramo nel tempio di Salomone, dove i sacerdoti immolavano le vittime a Dio.
Gesù è l’antitipo della dignità regale e sacerdotale di Melchsedech. Sganciato dalla qualifica ereditaria, guarda i problemi, che assillano le persone. Nell’ultima cena ringrazia Dio per il dono del cibo. Anticipa l’offerta sacerdotale del Golgota. Dà compimento a tutti i riti antichi. Istituisce l’Eucaristia, in cui inaugura la nuova ed eterna alleanza ed unisce gli uomini alla vita di Dio (1 Tm 2,5), costituendoli un popolo regale, sacerdotale e profetica (1 Pt 2,9).
Nell’interrogatorio finale annuncia ai componenti del Sinedrio che arriverà il momento in cui si presenterà a tutta l’umanità con i segni inconfondibili della sua funzione regale, sacerdotale e giudiziale (Mc 14,62); mostrerà ad ognuno i suoi poteri divini e introdurrà i salvati nel regno di Dio Padre. Completa il suo annuncio, attestando a Pilato di essere un re, che stabilisce tra gli uomini la giustizia, la pace e la verità (Gv 18,37).
L’autore della lettera agli Ebrei collega Melchisedech a Gesù, tratteggiandone gli aspetti di continuità, di diversità, di santità e di superiorità. Insegna che Melchisedech, «senza genealogia, senza principio di giorni, né fine di vita» (Eb 7,3), raffigura il Figlio di Dio, che svolge la funzione regale e sacerdotale. Infatti, dall'incarnazione sino alla fine della vita terrena, Gesù rinuncia ad ogni profitto personale (Eb 7,11-19), rende un vero culto al Padre e solidarizza con i più sofferenti della terra. Appeso alla croce non offre a Dio dei sacrifici comuni, ma tutto se stesso (Eb 7,27). Ritornato a lui, continua a intercedere per l’umanità e abroga il sacerdozio levitico (Ger 31,31-34). Si rivela l’unico re e sacerdote che compatisce i deboli, sostiene i bisognosi, libera gli oppressi, santifica i peccatori e li introduce nel santuario celeste .
Il libro dell’Apocalisse trasmette la stessa interpretazione della lettera agli Ebrei. Presenta, infatti, Gesù che nella Gerusalemme del cielo indossa gli indumenti tipici del sommo sacerdote e presiede lo svolgimento della liturgia: «Vidi sette candelabri d’oro, e in mezzo uno simile a figlio d’uomo, con un abito lungo ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro… Mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi» (Ap 1,12-13.17-18).
Seguendo l’indicazione tipologica della Bibbia, i Padri della Chiesa scorgono nell’offerta di Melchisedech ad Abramo una prefigurazione del sacrificio eucaristico. Inseriscono pertanto nella preghiera della messa il ricordo dell’azione cultuale di Melchisedech. Chiedono poi a Dio che mediante l’invio del suo Spirito Santo trasformi nel corpo e nel sangue di Cristo le loro offerte. Ecco qualche testimonianza. San Cipriano asserisce: «Vediamo prefigurato nel sacerdote Melchisedech il mistero del sacrificio del Signore. Quest’ordine da parte di quel sacrificio, quello stesso che Melchisedech aveva offerto, il pane e il vino, cioè il suo corpo ed il suo sangue. Questa benedizione si riferisce al nostro popolo. Perché se Abramo confidò in Dio e gli fu imputato a giustizia, lo stesso sarà per chi confida in Dio e vive nella fede di Abramo» .
Sant’Agostino conferma l’interpretazione di Cipriano: «In quella circostanza (Abramo) fu benedetto da Melchisedech. Là si offrì per la prima volta il sacrificio, figura di quello che attualmente i cristiani offrono a Dio su tutta la terra…» . San Leone Magno si pone sulla stessa linea della tradizione e asserisce che Gesù «è il vero ed eterno sacerdote, la cui cura non può mutare né finire. Egli è colui del quale il pontefice Melchisedech fu figura offrendo a Dio non le vittime giudaiche, ma il sacrificio di quel sacramento che il nostro Redentore consacrò nel suo corpo e nel suo sangue. Egli è colui del quale il Padre con attestato di inviolabile giuramento istituì il sacerdozio… che si doveva in perpetuo celebrare» .
Dipendendo dall’insegnamento biblico e patristico, il terzo prefazio pasquale della liturgica romana ricorda che Gesù «continua ad offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato» . Invita poi l’assemblea ad unirsi alla sua perfetta offerta regale e sacerdotale, per percorrere un cammino di donazione.
Gli artisti ritraggono Melchisedech, che presenta le sue offerte a Dio e lo benedice. Le loro raffigurazioni variano nel tempo. Quelli più antichi rappresentano Melchisedech accanto ad un altare, che offre a Dio il pane e il vino. Un loro modello ben riuscito si trova nella basilica di san Apollinare in Classe (Ravenna). Quelli medievali raffigurano invece Melchisedech, che dona il pane ed il vino ad Abramo. Se ne conserva un bel modello nella cattedrale di Chartres, dove si può ammirare Melchisedech che sorregge una coppa di vino e la consegna al nostro primo padre della fede.
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