LA PRESENTAZIONE DI GESU' AL
TEMPIO (Lc 2,22-35)
di Padre Felice Artuso
Maria e Giuseppe riconoscono che Gesù, concepito per
opera dello Spirito Santo, appartiene a Dio e a lui va offerto. Lasciano
pertanto Betlemme e si recano a Gerusalemme con il loro primogenito. Si dirigono
nella Città santa, per compiere la loro offerta rituale, consigliata dalla Legge
divina (Es 13,12-13; Nm 18,15). Giunti sul luogo, salgono emozionati i gradini
del tempio ed entrano nell’area della presenza di Dio, della profezia, delle
speranze d'Israele e del culto quotidiano. Si raccolgono in fervente preghiera,
si prostrano davanti al Creatore di tutte le realtà visibili ed invisibili e
ricordano i suoi maggiori interventi salvifici: la liberazione dei padri dalla
schiavitù egiziana, l’alleanza del Sinai, la peregrinazione nel deserto e
l'entrata nella terra promessa (Es 12,22-23). Compiono poi un gesto sacerdotale:
offrono con gratitudine a Dio il loro figlio Gesù. Svolgono un rito, che prelude
l’istituzione eucaristica di Gesù, il suo doloroso sacrificio sul Golgota e la
sua gloriosa entrata nel santuario celeste. Nella loro offerta riscattano Gesù
dalla morte con un sacrificio sostitutivo. Nel giorno della crocifissione egli
non sarà tuttavia riscattato da nessuna vittima suppletiva. Sacrificherà bensì
tutto se stesso, offrendosi al Padre suo.
Le persone, che circolano nel tempio e i sacerdoti, intenti nelle loro funzioni,
non gettano alcun sguardo su Gesù, perché lo reputano un comune neonato. Arriva
l'anziano Simeone, un laico povero, umile e riservato, ma ricco interiormente.
Illuminato dallo Spirito Santo, riconosce che il bambino è il Cristo, che
adempierà le profezie messianiche e salverà tutta l’umanità. Pieno di gioia gli
corre incontro, lo guarda, se lo stringe commosso al petto e ringrazia
cordialmente Dio, per avergli permesso di vedere il Messia atteso. Dichiara
quindi che ormai non gli dispiace morire, perché nel piccolo volto di Gesù ha
contemplato la salvezza, che splenderà su Israele e su tutti i popoli (Is 42,6;
49,6.9). Le sue parole stupiscono Maria e Giuseppe. Suscitano in loro un forte
senso di sorpresa e di soddisfazione. Li spinge inoltre ad approfondire le loro
conoscenze su Gesù, per capire meglio la sua speciale missione.
Simeone si rivolge in particolare a Maria. Le predice che suo figlio conoscerà
la persecuzione e l'esaltazione, il rifiuto e l’accoglienza, la sofferenza e la
gloria, la sconfitta e il trionfo. Le assicura che egli sarà un segno di grande
frattura nel popolo d'Israele: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di
molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di
molti cuori» (Lc 2,34-35). Gesù viene nel mondo e consente a tutti di
accoglierlo o di opporsi a lui. Le persone, che lo respingeranno e lo
osteggeranno, sperimenteranno lo scontento, la divisione, la caduta e lo
sfacelo. Le persone invece, che si apriranno umilmente al suo Vangelo,
conosceranno la liberazione dal peccato, la vittoria sul male, la risurrezione e
la gloria eterna. Maria sarà pienamente coinvolta nella missione del figlio: «E
anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35). La divisione del popolo
d’Israele le trapasserà l'anima e le procurerà un’inesplicabile lacerazione.
Ella ha sognato un futuro sereno, radioso e bello. Non si realizzerà come lo ha
immaginato, perché attraverserà momenti sconcertanti e dolorosi. Si sbigottirà
nel vedere che l’opera della redenzione abbia in Israele un’accoglienza
parziale. Soffrirà nell’intimo le stesse pene sperimentate da Gesù. Proverà
l’incomprensione, l’esclusione, il disprezzo, l’abbandono e il dolore al massimo
eccesso. Non c’è redenzione e santificazione senza sofferenze.
Non conosciamo la reazione psicologica di Maria alla predizione di Simeone.
Sappiamo solo che nel giorno dell’annunciazione dell’Incarnazione del Verbo di
Dio ella si era turbata per l’inaspettato messaggio dell’angelo Gabriele (Lc
1,29). Docile all’azione dello Spirito Santo, forse ora si angustia
maggiormente, pensando di dover trascorrere giorni tristissimi. Si prepara
quindi ad affrontarli con ferma determinazione. Era entrata nel tempio con
gioia, vi esce con l'animo ferito e lo conserverà fino alla risurrezione del
figlio. Per non attirare l’attenzione sulla sua afflizione, geme nel silenzio e
si dispone di adempiere quello che Dio le va chiedendo in ogni momento. Attende
di partecipare attivamente alle sofferenze e all’offerta sacrificale del Figlio.
Patisce taciturna l'acuto dolore della trafittura interiore, sperimentata da
diversi mistici.
Nell'omiletica i Padri della Chiesa ricordano che Maria, grande nell’animo,
conosce due sentimento contrapposti: da una parte esulta in Dio (Lc 1,47)
dall’altra soffre oltre ogni limite, per cooperare con Gesù alla realizzazione
del progetto salvifico. Nel Medioevo i cristiani compatiscono Maria addolorata,
accanto al figlio. La raffigurano vestita a lutto e trafitta nel costato da una
o più spade. Le preghiere liturgiche di questo giorno evocano il percorso
d'impopolarità, di rifiuto, di sacrificio e di esaltazione finale di Gesù e di
Maria. Risvegliano in noi la coscienza della nostra chiamata a compiere il loro
stesso cammino e a non lasciarci manipolare dalle contraddizioni del nostro
tempo.
Fonte : scritti e
appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)
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