giovedì 25 luglio 2019

LA PRESENTAZIONE DI GESU' AL TEMPIO (Lc 2,22-35), di Padre Felice Artuso



LA PRESENTAZIONE DI GESU' AL TEMPIO  (Lc 2,22-35)
di Padre Felice Artuso 
                           
 
 
 
 
Maria e Giuseppe riconoscono che Gesù, concepito per opera dello Spirito Santo, appartiene a Dio e a lui va offerto. Lasciano pertanto Betlemme e si recano a Gerusalemme con il loro primogenito. Si dirigono nella Città santa, per compiere la loro offerta rituale, consigliata dalla Legge divina (Es 13,12-13; Nm 18,15). Giunti sul luogo, salgono emozionati i gradini del tempio ed entrano nell’area della presenza di Dio, della profezia, delle speranze d'Israele e del culto quotidiano. Si raccolgono in fervente preghiera, si prostrano davanti al Creatore di tutte le realtà visibili ed invisibili e ricordano i suoi maggiori interventi salvifici: la liberazione dei padri dalla schiavitù egiziana, l’alleanza del Sinai, la peregrinazione nel deserto e l'entrata nella terra promessa (Es 12,22-23). Compiono poi un gesto sacerdotale: offrono con gratitudine a Dio il loro figlio Gesù. Svolgono un rito, che prelude l’istituzione eucaristica di Gesù, il suo doloroso sacrificio sul Golgota e la sua gloriosa entrata nel santuario celeste. Nella loro offerta riscattano Gesù dalla morte con un sacrificio sostitutivo. Nel giorno della crocifissione egli non sarà tuttavia riscattato da nessuna vittima suppletiva. Sacrificherà bensì tutto se stesso, offrendosi al Padre suo.
Le persone, che circolano nel tempio e i sacerdoti, intenti nelle loro funzioni, non gettano alcun sguardo su Gesù, perché lo reputano un comune neonato. Arriva l'anziano Simeone, un laico povero, umile e riservato, ma ricco interiormente. Illuminato dallo Spirito Santo, riconosce che il bambino è il Cristo, che adempierà le profezie messianiche e salverà tutta l’umanità. Pieno di gioia gli corre incontro, lo guarda, se lo stringe commosso al petto e ringrazia cordialmente Dio, per avergli permesso di vedere il Messia atteso. Dichiara quindi che ormai non gli dispiace morire, perché nel piccolo volto di Gesù ha contemplato la salvezza, che splenderà su Israele e su tutti i popoli (Is 42,6; 49,6.9). Le sue parole stupiscono Maria e Giuseppe. Suscitano in loro un forte senso di sorpresa e di soddisfazione. Li spinge inoltre ad approfondire le loro conoscenze su Gesù, per capire meglio la sua speciale missione.
Simeone si rivolge in particolare a Maria. Le predice che suo figlio conoscerà la persecuzione e l'esaltazione, il rifiuto e l’accoglienza, la sofferenza e la gloria, la sconfitta e il trionfo. Le assicura che egli sarà un segno di grande frattura nel popolo d'Israele: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34-35). Gesù viene nel mondo e consente a tutti di accoglierlo o di opporsi a lui. Le persone, che lo respingeranno e lo osteggeranno, sperimenteranno lo scontento, la divisione, la caduta e lo sfacelo. Le persone invece, che si apriranno umilmente al suo Vangelo, conosceranno la liberazione dal peccato, la vittoria sul male, la risurrezione e la gloria eterna. Maria sarà pienamente coinvolta nella missione del figlio: «E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35). La divisione del popolo d’Israele le trapasserà l'anima e le procurerà un’inesplicabile lacerazione. Ella ha sognato un futuro sereno, radioso e bello. Non si realizzerà come lo ha immaginato, perché attraverserà momenti sconcertanti e dolorosi. Si sbigottirà nel vedere che l’opera della redenzione abbia in Israele un’accoglienza parziale. Soffrirà nell’intimo le stesse pene sperimentate da Gesù. Proverà l’incomprensione, l’esclusione, il disprezzo, l’abbandono e il dolore al massimo eccesso. Non c’è redenzione e santificazione senza sofferenze.
Non conosciamo la reazione psicologica di Maria alla predizione di Simeone. Sappiamo solo che nel giorno dell’annunciazione dell’Incarnazione del Verbo di Dio ella si era turbata per l’inaspettato messaggio dell’angelo Gabriele (Lc 1,29). Docile all’azione dello Spirito Santo, forse ora si angustia maggiormente, pensando di dover trascorrere giorni tristissimi. Si prepara quindi ad affrontarli con ferma determinazione. Era entrata nel tempio con gioia, vi esce con l'animo ferito e lo conserverà fino alla risurrezione del figlio. Per non attirare l’attenzione sulla sua afflizione, geme nel silenzio e si dispone di adempiere quello che Dio le va chiedendo in ogni momento. Attende di partecipare attivamente alle sofferenze e all’offerta sacrificale del Figlio. Patisce taciturna l'acuto dolore della trafittura interiore, sperimentata da diversi mistici.
Nell'omiletica i Padri della Chiesa ricordano che Maria, grande nell’animo, conosce due sentimento contrapposti: da una parte esulta in Dio (Lc 1,47) dall’altra soffre oltre ogni limite, per cooperare con Gesù alla realizzazione del progetto salvifico. Nel Medioevo i cristiani compatiscono Maria addolorata, accanto al figlio. La raffigurano vestita a lutto e trafitta nel costato da una o più spade. Le preghiere liturgiche di questo giorno evocano il percorso d'impopolarità, di rifiuto, di sacrificio e di esaltazione finale di Gesù e di Maria. Risvegliano in noi la coscienza della nostra chiamata a compiere il loro stesso cammino e a non lasciarci manipolare dalle contraddizioni del nostro tempo.



 
 
 
 


Fonte : scritti e appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)






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