giovedì 25 luglio 2019

LA GLORIA E LE UMILIAZIONI DEL RE DAVIDE, di Padre Felice Artuso


LA GLORIA E LE UMILIAZIONI DEL RE DAVIDE
di Padre Felice Artuso 
                           
 
 
Gli ebrei bramano la potenza e la celebrità nazionale, quando stanno insediandosi nella terra promessa. Vogliono un re che li governi e li mantenga uniti (1 Sam 8,6-9). Dio accondiscende al loro desiderio. Tramite la mediazione di Samuele elegge Saul a rappresentarlo ed a sostituirlo nel governo della nazione. Dimostratosi indegno del ruolo conferitogli, sceglie quindi Davide, il più giovane dei sette figli di Jesse, il meno preparato ad assumere una funzione regale ed il più sprovvisto di quei valori, che qualificavano tutti i sovrani del mondo. Lo nomina re d’Israele, perché è un ragazzo attraente, coraggioso e abile nella caccia delle belve, che assalgono il suo gregge (1 Sam 17,34-36). Gli manda Samuele, che lo consacra profeta e re (1 Sam 16,1-13). Inoltre gli trasmette le benedizioni, promesse ai patriarchi, a Mosè e ai giudici d’Israele. Mentre gli uomini premiano i primi e i potenti, egli esalta l’ultimo e il debole.
Ricevuta la santa unzione, Davide non prende subito il potere statale, gestito da Saul. Entra tuttavia nella simpatia del re, che lo riceve nella reggia, lo onora con dei doni, gli concede di sposare sua figlia Mikal e di intrecciare una profonda amicizia con il principe Gionata. Per 10 anni serve il sovrano e i suoi cortigiani. Compone liriche, suona, canta, danza, diverte, incrementa l’amicizia e si prepara a svolgere il ruolo che Dio gli ha affidato.
Divenuto capo di un gruppo di combattenti, ottiene stupende vittorie militari. Infatti con rapide manovre riesce a vincere i guerrieri filistei, che compiono molte razzie nel territorio d’Israele. In particolare ardisce esporsi ad un pericolo di morte. Si munisce di un bastone, di una bisaccia e di una fionda, si avvicina al gigante Golia, che terrorizza gli ebrei con le tipiche armi del guerriero greco. Invoca Dio, che protegge i poveri indifesi e reprime gli orgogliosi. Estrae quindi dalla bisaccia la fionda, mira l’avversario sulla fronte e gli lancia un sasso, che lo colpisce e stordisce. Si precipita poi su di lui e lo decapita, procurando la totale sconfitta dei filistei (1 Sam 17,12-54). Rientrato in città, la gente, che seguì lo svolgimento della sfida, lo accoglie con festanti applausi e lo ringrazia cordialmente. Pertanto egli passa dall’anonimato alla fama di eroe nazionale.
Dominato da una gelosia maniacale, da un progetto assolutista e dall’incapacità d’ascolto, Saul immagina che Davide sia un provocatore ed usurpatore. Scarso di personalità, s’intimorisce ed esaspera. Muta improvvisamente il suo benevolo atteggiamento nei confronti Davide. Incarica le sue guardie a sorvegliarlo. Comincia anche a invidiarlo, odiarlo e umiliarlo. Trama pure di aggredirlo e più volte tenta di ucciderlo con un colpo di lancia .
Davide evita di scontrarsi con Saul e cerca di calmarlo con qualche allegra invettiva. Non riuscendo a domare la sua ostilità, fugge dalla reggia e si nasconde in una suggestiva grotta del deserto di En Ghedi. Qui sperimenta le debolezze e le incertezze della povera gente. Rivive la tensione conflittuale incorsa tra Mosè e Faraone. Potrebbe uccidere l’inseguitore Saul, mentre si ritira nella stessa grotta, ma preferisce rispettare la vita del consacrato di Dio e, senza farsi notare gli taglia solo un lembo del mantello. Compie un gesto d'eroismo, superiore alle precedenti imprese militari. Messosi al sicuro, si prostra davanti al re, gli mostra il pezzo di stoffa, che ha portato con sé e gli assicura la propria fedeltà (1 Sam 24, 1-13).
Nel deserto di Zif, situato nel Neghev, ripete un gesto che ha le caratteristiche simili a quello precedente. Nel corso di una notte riesce ad avvicinarsi a Saul, che dorme sotto una tenda. Potrebbe ammazzarlo con un colpo di lancia e prendere subito il potere su alcune tribù d’Israele. Opta invece di impadronirsi della sua lancia e brocca d’acqua, Gliele mostra quindi più tardi e gli offre un segno di perdono (1 Sam 26,1-17).
Preso il possesso del trono regale, dimostra una gran capacità diplomatica, uno straordinario spirito organizzativo e una piena attenzione ai problemi della gente. Conquista la città di Gerusalemme, la fortifica, la costituisce capitale d’Israele e vi trasporta il tabernacolo, segno della presenza di Dio. Balla durante il trasloco dell’Arca dell’Alleanza per esprimere la sua gratitudine a Dio, che si è degnato di stabilire la propria dimora su Gerusalemme. Progetta di costruirgli un tempio, perché sia una perenne riconoscenza dei tanti doni (2 Sam 7,1-3). Incrementa il culto, il canto sacro, le feste nazionali e prescrive al popolo di osservare la Legge divina . Fortifica l’esercito, rendendo obbligatoria la leva militare (1 Cr 27,1,ss). Unifica e difende le dodici tribù d’Israele, che rischiano di essere oppresse dalle pretese dei discendenti di Saul (2 Sam 20,14ss; 21,1ss). Estende persino la sua autorità oltre i confini dello Stato, assoggettando i re circonvicini e costituendoli suoi vassalli (2 Sam 6,14-18; 8,15).
Davide non è tuttavia perfetto nella condotta personale e nel governo del popolo. All’apice del suo splendore regale compie scelte che oscurano la sua popolarità. Sottovaluta la potenza degli amaleciti che riescono ad invadere e saccheggiare il territorio giudaico. I suoi sudditi lo criticano aspramente. Vorrebbero addirittura aggredirlo e ucciderlo: «Davide fu in grande angoscia perché tutta quella gente parlava di lapidarlo» (1 Sam 30,6). Dopo aver impigrito sul suo letto, si invaghisce di Betsabea, moglie di Uria. Avendo poteri assoluti come ogni re dell’epoca, ordina ai suoi cortigiani di condurre la donna nella reggia e commette un adulterio. Per togliere gli indizi sul suo reato, invia un soldato ad uccidere Uria e nega di essere il responsabile dell’omicidio. Inoltre, prescrive il censimento su tutto il territorio che amministra per conoscere l’aumento della sua potenza . Se ne gloria altamente, mentre dimentica di dipendere da Dio, supremo elargitore di beni ed eccelsa difesa delle sue creature.
Compie tuttavia un atto di grande clemenza verso Assalonne, suo figlio terzogenito. Si mostra paziente verso di lui, che ambisce spodestarlo per succedergli e regnare al suo posto (2 Sam 13,26-32; 15,10-11). Lascia che Assalonne entri in città, la occupi, assuma il potere e s’impossessi dei suoi beni. Fugge dalla sua sede con un gruppetto di soldati, che gli sono rimasti fedeli. Privo d'insegne regali, umiliato, scalzato e lacrimante, attraversa il Cedron, sale sulla cima dell’erto monte degli Ulivi. Prende quindi la strada per Gerico e a Bacurìm (2 Sam 15,11-33; 16,4) Simeì, uomo della famiglia di Saul, lo insulta dicendogli: «Vattene, vattene, sanguinario scellerato!» (2 Sam 16,7-8). Abisài, fedele difensore di Davide, vorrebbe uccidere Simeì, che disprezza Dio, insultando il re, sconvolto dalla ribellione del figlio. Il re non glielo permette, perché ha perdonato il suo avversario e rifiuta di spargere il sangue (2 Sam 16,10-14). I soldati di Assalonne inseguono la truppa del padre, che scende nella foresta d'Efraim presso la depressione del Giordano e organizza la difesa. I due eserciti si scontrano e vincono gli uomini di Davide, più esperti nel combattimento (2 Sam 18,6). Al che Davide ritorna vittorioso a Gerusalemme e riprende a governare il suo popolo. Assalonne tenta invece di sottrarsi alla cattura dei nemici. Mentre fugge celermente, la sua lunga chioma s'impiglia al ramo di un terebinto e vi riamane sospeso. Ioab, nipote e fedele generale di Davide, raggiunge il fuggiasco e con la lancia gli trafigge il cuore. Informato dell’accaduto, il sovrano si emoziona e piange la morte del figlio, emettendo forti singulti. Manifesta di essere un padre sensibile, affettuoso ed esemplare a tutti i genitori. Nella valle del Cedron i giudei erigono ad Assalonne, ribelle e fratricida, una stele commemorativa. Nel periodo del governo erodiano la sostituiscono con un imponente monumento funerario, tuttora intatto e visibile (2 Sam 18,17-18) .
Davide, pieno di autentici valori e di molteplici difetti, è il capostipite dei re di Giuda, gradito a Dio, perché riconosce che egli lo ha elevato sopra gli altri connazionali, gli ha donato la corona regale, gli ha rimproverato le infedeltà e lo ha condotto ad una completezza interiore. Infatti, mentre governa lo stato, mantiene la semplicità del pastore, cosciente dei suoi doveri, conserva la dignità regale, distingue il bene dal male (2 Sam 14,17) e accetta i rimproveri del profeta Natan. Non tenta di giustificarsi con dei meschini espedienti. Si pente di aver abusato dei suoi poteri. Confessa davanti a Dio di averlo offeso, invoca il suo perdono e inizia un cammino di fedeltà all’Alleanza (2 Sam 12,1-14; Sal 50). Si mostra un personaggio capace di umiliarsi, di amare, di riparare il male compiuto e di distinguersi dai sovrani circonvicini, contrari a qualsiasi atto di pubblico pentimento. Rifiutato l’orgoglio personale, crede che Dio gli concederà una dinastia solida ed eterna . Si comporta di fronte a lui “con cuore integro e con rettitudine”. Lo ringrazia con sincerità e gli offre con gioia i sacrifici di lode (1 Re 9,4). Prevedendo imminente la sua morte, gli eleva questa preghiera: «Sii benedetto, Signore, Dio d'Israele nostro padre, ora e sempre. Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno, tu ti innalzi sovrano su ogni cosa» (1 Cr 29,10-12).

Mosè termina la sua vita senza entrare nella terra promessa ed esprime il desidero che il popolo osservi l’alleanza divina. Davide, che conserva la fede e la pietà degli avi, muore senza poter realizzare l’auspicio di edificare un sontuoso tempio a Dio.
I profeti approfondiscono il contenuto della promessa di Dio a Davide. Raccomandano ai re, agli amministratori locali e agli addetti al culto di mantenersi fedeli alla volontà di Dio, di tendere alla santità e di aborrire i costumi pagani. Interrotta la successione monarchica, degenerata in un sequenza di re corrotti, annunciano che Dio susciterà per Israele un nuovo re, dotato di sapienza e intelligenza, di consiglio e fortezza, di conoscenza e timore (Is 11,1-9). Garantiscono che costui sarà un governante potente e superiore a tutti i sovrani del mondo, perché rinnoverà l'alleanza divina, ricostituirà il regno di Davide, eliminerà i conflitti tra i popoli, ripristinerà la felicità dell’Eden e governerà su tutte le nazioni e promuoverà la pace, il diritto e la giustizia .
Gesù appartenente alla stirpe di Davide e nasce a Betlemme, villaggio del suo grande antenato (Mt 2,1; Lc 2,1-7.11). Rappresenta il nuovo Israele regale, sacerdotale e benedetto da Dio . Possiede un’origine divina ed umana, attestata dalle genealogie evangeliche, dalla predicazione apostolica e dalle prime professioni di fede . Trascorre la sua giovinezza a Nazaret, dove si era insediato un clan davidico. Radicato nella cultura nazionale, attua le promesse e le profezie messianiche . Si presenta, infatti, con l’immagine del pastore divino, del servo premuroso e del fondatore di un nuovo Regno (Mt 22,23-28.34-45). Vince le insidie di Satana (Mt 4,1-11), serve Dio Padre celeste, porta a compimento le speranze del popolo d’Israele (Mt 1,1.18.21-23), insegna a perdonare le colpe dei nemici (Lc 6,27-35) e stabilisce il Regno di perenne giustizia e pace (Mt 25,31-46). Per evitare i fraintendimenti, non si dichiara mai figlio di Davide o suo erede spirituale, né ambisce di svolgere una funzione politica (Mt 4,8-10). Rifiuta l’elezione regale, eseguita dalla gente entusiasta del suo operato (Gv 6,15). Accetta solo che gli infermi, i poveri e i fanciulli lo invochino quale figlio di Davide . Nell’ingresso trionfale a Gerusalemme, preludio della vittoriosa risurrezione, fa un’eccezione: permette che i suoi accompagnatori lo acclamino ripetutamente figlio di Davide e ripetano le ovazioni delle antiche celebrazioni d'intronizzazione regale. Piange e si rattrista alla vista della Città santa, perché i suoi abitanti non sono disposti ad accoglierlo (Lc 19,41-44). Dopo l’istituzione eucaristica attraversa il Cedron ed entra nell’orto del Getsemani. Cammina su un tratto di sentiero, percorso da Davide, quando era inseguito dal figlio ribelle (Lc 19,41). Qui aspetta i nemici, che lo incatenano, lo conducono in Città, lo processano e lo crocifiggono. Non si spaventa della loro malignità, più terribile del gigante Golia e dei partigiani di Assalonne. Li affronta e li vince nel giorno della gloriosa risurrezione. Prende quindi possesso del trono e del regno, che Dio aveva promesso a Davide. Coronato di fulgida potenza, esercita ora «il primato su tutte le cose» (Col 1,18). Pertanto l’autore dell’Apocalisse lo definisce: «colui che ha la chiave di Davide» (Ap 3,7); colui che «ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide» (Ap 5,5); «la radice della stirpe di Davide e la stella radiosa del mattino» (Ap, 22,16).
I giudei rappresentavano il regno di Davide con l’immagine della vite, appesa sul frontone del tempio di Gerusalemme. I cristiani collegano questa immagine profetica a Gesù, che nella celebrazione eucaristica si rende presente, per unire le genti e introdurle nel suo regno (Didaché 9,2). Esultanti lo accolgono quindi con acclamazione: Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nel più alto dei cieli!
Nel IV secolo sant'Ambrogio elabora questa connessione con le vicende di Davide: Gesù «è il vero Davide, la mano forte, il vero umile e mansueto, il primo e l’ultimo, il primo per l’eternità, l’ultimo per l’umiltà… Questi è colui che viene indicato dal nome di David, eccelso per natura, umiliato per misericordia, sublime nella sua divinità, mite nella sua umanità: umiliato in ciò è anche obbediente» . Sant’Agostino riferisce che: «Davide è figura di Cristo, come Golia del diavolo; e come David abbatté Golia, così Cristo è colui che uccide il diavolo» . San Leone Magno in un discorso sulla passione del Signore commenta: «Il re Davide, nella cui discendenza è Cristo secondo l'umanità, prevenne il tempo della croce del Signore… Veramente Davide ha patito in Cristo, perché realmente Gesù nella natura, presa da Davide, è stato crocifisso» .
Chi segue Gesù, «Signore dei signori e re dei re» (Ap 17,14), si riconosce peccatore, gli chiede perdono, mantiene con lui un rapporto d’amicizia, rinuncia a dominare sugli altri, intraprende un cammino d’ascensione spirituale, cresce nelle virtù teologali ed attende la gioia della risurrezione gloriosa.



 
 
 
 


Fonte : scritti e appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)









Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari negli ultimi 30 giorni