LA GLORIA E LE UMILIAZIONI
DEL RE DAVIDE
di Padre Felice Artuso
Gli ebrei
bramano la potenza e la celebrità nazionale, quando stanno insediandosi
nella terra promessa. Vogliono un re che li governi e li mantenga uniti
(1 Sam 8,6-9). Dio accondiscende al loro desiderio. Tramite la
mediazione di Samuele elegge Saul a rappresentarlo ed a sostituirlo nel
governo della nazione. Dimostratosi indegno del ruolo conferitogli,
sceglie quindi Davide, il più giovane dei sette figli di Jesse, il meno
preparato ad assumere una funzione regale ed il più sprovvisto di quei
valori, che qualificavano tutti i sovrani del mondo. Lo nomina re
d’Israele, perché è un ragazzo attraente, coraggioso e abile nella
caccia delle belve, che assalgono il suo gregge (1 Sam 17,34-36). Gli
manda Samuele, che lo consacra profeta e re (1 Sam 16,1-13). Inoltre gli
trasmette le benedizioni, promesse ai patriarchi, a Mosè e ai giudici
d’Israele. Mentre gli uomini premiano i primi e i potenti, egli esalta
l’ultimo e il debole.
Ricevuta la santa unzione, Davide non prende subito il potere statale,
gestito da Saul. Entra tuttavia nella simpatia del re, che lo riceve
nella reggia, lo onora con dei doni, gli concede di sposare sua figlia
Mikal e di intrecciare una profonda amicizia con il principe Gionata.
Per 10 anni serve il sovrano e i suoi cortigiani. Compone liriche,
suona, canta, danza, diverte, incrementa l’amicizia e si prepara a
svolgere il ruolo che Dio gli ha affidato.
Divenuto capo di un gruppo di combattenti, ottiene stupende vittorie
militari. Infatti con rapide manovre riesce a vincere i guerrieri
filistei, che compiono molte razzie nel territorio d’Israele. In
particolare ardisce esporsi ad un pericolo di morte. Si munisce di un
bastone, di una bisaccia e di una fionda, si avvicina al gigante Golia,
che terrorizza gli ebrei con le tipiche armi del guerriero greco. Invoca
Dio, che protegge i poveri indifesi e reprime gli orgogliosi. Estrae
quindi dalla bisaccia la fionda, mira l’avversario sulla fronte e gli
lancia un sasso, che lo colpisce e stordisce. Si precipita poi su di lui
e lo decapita, procurando la totale sconfitta dei filistei (1 Sam
17,12-54). Rientrato in città, la gente, che seguì lo svolgimento della
sfida, lo accoglie con festanti applausi e lo ringrazia cordialmente.
Pertanto egli passa dall’anonimato alla fama di eroe nazionale.
Dominato da una gelosia maniacale, da un progetto assolutista e
dall’incapacità d’ascolto, Saul immagina che Davide sia un provocatore
ed usurpatore. Scarso di personalità, s’intimorisce ed esaspera. Muta
improvvisamente il suo benevolo atteggiamento nei confronti Davide.
Incarica le sue guardie a sorvegliarlo. Comincia anche a invidiarlo,
odiarlo e umiliarlo. Trama pure di aggredirlo e più volte tenta di
ucciderlo con un colpo di lancia .
Davide evita di scontrarsi con Saul e cerca di calmarlo con qualche
allegra invettiva. Non riuscendo a domare la sua ostilità, fugge dalla
reggia e si nasconde in una suggestiva grotta del deserto di En Ghedi.
Qui sperimenta le debolezze e le incertezze della povera gente. Rivive
la tensione conflittuale incorsa tra Mosè e Faraone. Potrebbe uccidere
l’inseguitore Saul, mentre si ritira nella stessa grotta, ma preferisce
rispettare la vita del consacrato di Dio e, senza farsi notare gli
taglia solo un lembo del mantello. Compie un gesto d'eroismo, superiore
alle precedenti imprese militari. Messosi al sicuro, si prostra davanti
al re, gli mostra il pezzo di stoffa, che ha portato con sé e gli
assicura la propria fedeltà (1 Sam 24, 1-13).
Nel deserto di Zif, situato nel Neghev, ripete un gesto che ha le
caratteristiche simili a quello precedente. Nel corso di una notte
riesce ad avvicinarsi a Saul, che dorme sotto una tenda. Potrebbe
ammazzarlo con un colpo di lancia e prendere subito il potere su alcune
tribù d’Israele. Opta invece di impadronirsi della sua lancia e brocca
d’acqua, Gliele mostra quindi più tardi e gli offre un segno di perdono
(1 Sam 26,1-17).
Preso il possesso del trono regale, dimostra una gran capacità
diplomatica, uno straordinario spirito organizzativo e una piena
attenzione ai problemi della gente. Conquista la città di Gerusalemme,
la fortifica, la costituisce capitale d’Israele e vi trasporta il
tabernacolo, segno della presenza di Dio. Balla durante il trasloco
dell’Arca dell’Alleanza per esprimere la sua gratitudine a Dio, che si è
degnato di stabilire la propria dimora su Gerusalemme. Progetta di
costruirgli un tempio, perché sia una perenne riconoscenza dei tanti
doni (2 Sam 7,1-3). Incrementa il culto, il canto sacro, le feste
nazionali e prescrive al popolo di osservare la Legge divina . Fortifica
l’esercito, rendendo obbligatoria la leva militare (1 Cr 27,1,ss).
Unifica e difende le dodici tribù d’Israele, che rischiano di essere
oppresse dalle pretese dei discendenti di Saul (2 Sam 20,14ss; 21,1ss).
Estende persino la sua autorità oltre i confini dello Stato,
assoggettando i re circonvicini e costituendoli suoi vassalli (2 Sam
6,14-18; 8,15).
Davide non è tuttavia perfetto nella condotta personale e nel governo
del popolo. All’apice del suo splendore regale compie scelte che
oscurano la sua popolarità. Sottovaluta la potenza degli amaleciti che
riescono ad invadere e saccheggiare il territorio giudaico. I suoi
sudditi lo criticano aspramente. Vorrebbero addirittura aggredirlo e
ucciderlo: «Davide fu in grande angoscia perché tutta quella gente
parlava di lapidarlo» (1 Sam 30,6). Dopo aver impigrito sul suo letto,
si invaghisce di Betsabea, moglie di Uria. Avendo poteri assoluti come
ogni re dell’epoca, ordina ai suoi cortigiani di condurre la donna nella
reggia e commette un adulterio. Per togliere gli indizi sul suo reato,
invia un soldato ad uccidere Uria e nega di essere il responsabile
dell’omicidio. Inoltre, prescrive il censimento su tutto il territorio
che amministra per conoscere l’aumento della sua potenza . Se ne gloria
altamente, mentre dimentica di dipendere da Dio, supremo elargitore di
beni ed eccelsa difesa delle sue creature.
Compie tuttavia un atto di grande clemenza verso Assalonne, suo figlio
terzogenito. Si mostra paziente verso di lui, che ambisce spodestarlo
per succedergli e regnare al suo posto (2 Sam 13,26-32; 15,10-11).
Lascia che Assalonne entri in città, la occupi, assuma il potere e
s’impossessi dei suoi beni. Fugge dalla sua sede con un gruppetto di
soldati, che gli sono rimasti fedeli. Privo d'insegne regali, umiliato,
scalzato e lacrimante, attraversa il Cedron, sale sulla cima dell’erto
monte degli Ulivi. Prende quindi la strada per Gerico e a Bacurìm (2 Sam
15,11-33; 16,4) Simeì, uomo della famiglia di Saul, lo insulta
dicendogli: «Vattene, vattene, sanguinario scellerato!» (2 Sam 16,7-8).
Abisài, fedele difensore di Davide, vorrebbe uccidere Simeì, che
disprezza Dio, insultando il re, sconvolto dalla ribellione del figlio.
Il re non glielo permette, perché ha perdonato il suo avversario e
rifiuta di spargere il sangue (2 Sam 16,10-14). I soldati di Assalonne
inseguono la truppa del padre, che scende nella foresta d'Efraim presso
la depressione del Giordano e organizza la difesa. I due eserciti si
scontrano e vincono gli uomini di Davide, più esperti nel combattimento
(2 Sam 18,6). Al che Davide ritorna vittorioso a Gerusalemme e riprende
a governare il suo popolo. Assalonne tenta invece di sottrarsi alla
cattura dei nemici. Mentre fugge celermente, la sua lunga chioma
s'impiglia al ramo di un terebinto e vi riamane sospeso. Ioab, nipote e
fedele generale di Davide, raggiunge il fuggiasco e con la lancia gli
trafigge il cuore. Informato dell’accaduto, il sovrano si emoziona e
piange la morte del figlio, emettendo forti singulti. Manifesta di
essere un padre sensibile, affettuoso ed esemplare a tutti i genitori.
Nella valle del Cedron i giudei erigono ad Assalonne, ribelle e
fratricida, una stele commemorativa. Nel periodo del governo erodiano la
sostituiscono con un imponente monumento funerario, tuttora intatto e
visibile (2 Sam 18,17-18) .
Davide, pieno di autentici valori e di molteplici difetti, è il
capostipite dei re di Giuda, gradito a Dio, perché riconosce che egli lo
ha elevato sopra gli altri connazionali, gli ha donato la corona regale,
gli ha rimproverato le infedeltà e lo ha condotto ad una completezza
interiore. Infatti, mentre governa lo stato, mantiene la semplicità del
pastore, cosciente dei suoi doveri, conserva la dignità regale,
distingue il bene dal male (2 Sam 14,17) e accetta i rimproveri del
profeta Natan. Non tenta di giustificarsi con dei meschini espedienti.
Si pente di aver abusato dei suoi poteri. Confessa davanti a Dio di
averlo offeso, invoca il suo perdono e inizia un cammino di fedeltà
all’Alleanza (2 Sam 12,1-14; Sal 50). Si mostra un personaggio capace di
umiliarsi, di amare, di riparare il male compiuto e di distinguersi dai
sovrani circonvicini, contrari a qualsiasi atto di pubblico pentimento.
Rifiutato l’orgoglio personale, crede che Dio gli concederà una dinastia
solida ed eterna . Si comporta di fronte a lui “con cuore integro e con
rettitudine”. Lo ringrazia con sincerità e gli offre con gioia i
sacrifici di lode (1 Re 9,4). Prevedendo imminente la sua morte, gli
eleva questa preghiera: «Sii benedetto, Signore, Dio d'Israele nostro
padre, ora e sempre. Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la
gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra,
è tuo. Signore, tuo è il regno, tu ti innalzi sovrano su ogni cosa» (1
Cr 29,10-12).
Mosè termina la sua vita senza entrare nella terra promessa ed esprime
il desidero che il popolo osservi l’alleanza divina. Davide, che
conserva la fede e la pietà degli avi, muore senza poter realizzare
l’auspicio di edificare un sontuoso tempio a Dio.
I profeti approfondiscono il contenuto della promessa di Dio a Davide.
Raccomandano ai re, agli amministratori locali e agli addetti al culto
di mantenersi fedeli alla volontà di Dio, di tendere alla santità e di
aborrire i costumi pagani. Interrotta la successione monarchica,
degenerata in un sequenza di re corrotti, annunciano che Dio susciterà
per Israele un nuovo re, dotato di sapienza e intelligenza, di consiglio
e fortezza, di conoscenza e timore (Is 11,1-9). Garantiscono che costui
sarà un governante potente e superiore a tutti i sovrani del mondo,
perché rinnoverà l'alleanza divina, ricostituirà il regno di Davide,
eliminerà i conflitti tra i popoli, ripristinerà la felicità dell’Eden e
governerà su tutte le nazioni e promuoverà la pace, il diritto e la
giustizia .
Gesù appartenente alla stirpe di Davide e nasce a Betlemme, villaggio
del suo grande antenato (Mt 2,1; Lc 2,1-7.11). Rappresenta il nuovo
Israele regale, sacerdotale e benedetto da Dio . Possiede un’origine
divina ed umana, attestata dalle genealogie evangeliche, dalla
predicazione apostolica e dalle prime professioni di fede . Trascorre la
sua giovinezza a Nazaret, dove si era insediato un clan davidico.
Radicato nella cultura nazionale, attua le promesse e le profezie
messianiche . Si presenta, infatti, con l’immagine del pastore divino,
del servo premuroso e del fondatore di un nuovo Regno (Mt
22,23-28.34-45). Vince le insidie di Satana (Mt 4,1-11), serve Dio Padre
celeste, porta a compimento le speranze del popolo d’Israele (Mt
1,1.18.21-23), insegna a perdonare le colpe dei nemici (Lc 6,27-35) e
stabilisce il Regno di perenne giustizia e pace (Mt 25,31-46). Per
evitare i fraintendimenti, non si dichiara mai figlio di Davide o suo
erede spirituale, né ambisce di svolgere una funzione politica (Mt
4,8-10). Rifiuta l’elezione regale, eseguita dalla gente entusiasta del
suo operato (Gv 6,15). Accetta solo che gli infermi, i poveri e i
fanciulli lo invochino quale figlio di Davide . Nell’ingresso trionfale
a Gerusalemme, preludio della vittoriosa risurrezione, fa un’eccezione:
permette che i suoi accompagnatori lo acclamino ripetutamente figlio di
Davide e ripetano le ovazioni delle antiche celebrazioni
d'intronizzazione regale. Piange e si rattrista alla vista della Città
santa, perché i suoi abitanti non sono disposti ad accoglierlo (Lc
19,41-44). Dopo l’istituzione eucaristica attraversa il Cedron ed entra
nell’orto del Getsemani. Cammina su un tratto di sentiero, percorso da
Davide, quando era inseguito dal figlio ribelle (Lc 19,41). Qui aspetta
i nemici, che lo incatenano, lo conducono in Città, lo processano e lo
crocifiggono. Non si spaventa della loro malignità, più terribile del
gigante Golia e dei partigiani di Assalonne. Li affronta e li vince nel
giorno della gloriosa risurrezione. Prende quindi possesso del trono e
del regno, che Dio aveva promesso a Davide. Coronato di fulgida potenza,
esercita ora «il primato su tutte le cose» (Col 1,18). Pertanto l’autore
dell’Apocalisse lo definisce: «colui che ha la chiave di Davide» (Ap
3,7); colui che «ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di
Davide» (Ap 5,5); «la radice della stirpe di Davide e la stella radiosa
del mattino» (Ap, 22,16).
I giudei rappresentavano il regno di Davide con l’immagine della vite,
appesa sul frontone del tempio di Gerusalemme. I cristiani collegano
questa immagine profetica a Gesù, che nella celebrazione eucaristica si
rende presente, per unire le genti e introdurle nel suo regno (Didaché
9,2). Esultanti lo accolgono quindi con acclamazione: Benedetto colui
che viene nel nome del Signore. Osanna nel più alto dei cieli!
Nel IV secolo sant'Ambrogio elabora questa connessione con le vicende di
Davide: Gesù «è il vero Davide, la mano forte, il vero umile e mansueto,
il primo e l’ultimo, il primo per l’eternità, l’ultimo per l’umiltà…
Questi è colui che viene indicato dal nome di David, eccelso per natura,
umiliato per misericordia, sublime nella sua divinità, mite nella sua
umanità: umiliato in ciò è anche obbediente» . Sant’Agostino riferisce
che: «Davide è figura di Cristo, come Golia del diavolo; e come David
abbatté Golia, così Cristo è colui che uccide il diavolo» . San Leone
Magno in un discorso sulla passione del Signore commenta: «Il re Davide,
nella cui discendenza è Cristo secondo l'umanità, prevenne il tempo
della croce del Signore… Veramente Davide ha patito in Cristo, perché
realmente Gesù nella natura, presa da Davide, è stato crocifisso» .
Chi segue Gesù, «Signore dei signori e re dei re» (Ap 17,14), si
riconosce peccatore, gli chiede perdono, mantiene con lui un rapporto
d’amicizia, rinuncia a dominare sugli altri, intraprende un cammino
d’ascensione spirituale, cresce nelle virtù teologali ed attende la
gioia della risurrezione gloriosa.
Fonte : scritti e
appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)
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