LA RELIGIONE EMARGINATA IN UNA METROPOLI EUROPEA
L’invisibilità della religione nelle “regioni” marginali del sistema urbano
di Alessio Varisco
Pro
manuscripto, dicembre 2000, MONZA, Técne
Art Studio
INDICE:
PARTE
PRIMA: DEFINIZIONE RELIGIONE NELLA SOCIETA’
0.0.
INTRODUZIONE
0.1.
PREMESSA STORICA
0.2.
FINALITA’ SISTEMATICHE
0.3.
PROBLEMATICITA’ (LAICIZZAZIONE, SECOLARISMO, ATEISMO)
0.4.
DISCIPLINE
0.5. ESISTENZA
OD INCONSISTENZA DEL SACRO
0.6.
METODOLOGIE
0.7. DEFINIZIONE
DI “RELIGIONE”
0.8.
SCOPO DELLA RELIGIONE (E DUNQUE NELLA SOCIETA’)
0.9. SOCIOLOGIA
DELLE RELIGIONI
0.10.
SISTEMA PER IPOTESI (MODELLO DI DURKEIM)
La
religione emarginata in una
metropoli europea
L’invisibilità della religione nelle “regioni” marginali del sistema
urbano
PARTE
SECONDA: PROBLEMI DI S.D.R.
1.0.
INTRODUZIONE
1.1.
“PROTO-DISAGIO”: FAMIGLIA, SCUOLA, CHIESA
1.1.1.
IPOTESI DI RISOLVIMENTO
NOTA DEL
REDATTORE
1.2. I
“DROP-OUT”
1.3.
“DISAGIO FAMIGLIA”
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA
PARTE
PRIMA: DEFINIZIONE RELIGIONE NELLA SOCIETA’
0.0 INTRODUZIONE
Il tema della “religione
nella società” è largamente dibattuto ed argomentato e ne
esiste una nutrita letteratura scientifico-speculativa.
Esso è di per sé autonomo
nell’analisi dei fenomeni sociali.
Ed è certamente “attuale”
poiché porta a riflettere su “una dimensione religiosa che cambia in una
società in trasformazione”.
Oggi
non esiste una figura
rappresentativa determinabile.
La quotidianità, il consumo
e l’individualismo caratterizzano l’uomo occidentale e la nostra percezione
dell’uomo.
(L.
NIKLAS, “Teorie della società”,
Milano, Franco Angeli, 1994)
La “religione” nasce
dall’esigenza di spiegare l’origine dell’universo, il mistero della morte, il
rapporto fra uomo e natura. Se la religione provenga
dalla magia, dall’animismo è difficile stabilire.
Di sicuro, stabilisce un
rapporto tra uomo e realtà e non lascia l’uomo al caso o all’indecifrabilità
della sua condizione. Le religioni sciolgono il mistero e, in un certo senso,
nascono contro il mistero.
La
insostituibilità delle
religioni sembra dovuta al fatto che esse costituiscono una spiegazione di
esigenze che non sono tenute in conto se non, appunto, dalla religione, sia pure
in forma mitologica o di esigenze che trovano nella religione una risposta che
non sempre le altre manifestazioni fondamentali dell’uomo, quali la filosofia,
la scienza, la ideologia hanno capacità di affrontare o di risolvere.
La religione è favorita in
quanto non risponde ad alcun criterio di spiegazione razionale o scientifica.
Le altre concezioni,
esposte alle verifiche razionali o storiche, sono
vulnerabili giacché hanno bisogno di provare quel che garantiscono.
La religione ha la sua
garanzia esclusivamente nella volontà di credere del soggetto.
Dal punto di vista
sociologico la religione
è tenuto il altissimo conto perchè reputata garante
dell’ordine e della coesione sociale. Quantunque proiettata
sovente in mondi al di là da venire e sovrumani la religione ha un potentissimo
e concreto effetto sugli uomini in questo mondo.
(A.
Saccà,
Marx contro Marx, 1983)
0.1 PREMESSA STORICA
Nella storia della
Sociologia vi sono stati più studiosi che lo hanno
argomentato ed affrontato.
Si pensi che la Sociologia
stessa nasce studiando i fenomeni psicologici di
integrazione dell’individuo nella società, ovverosia in
quell’insieme di Leggi e di Istituzioni che articolano la convivenza -una
sorta di filosofia costituzionale che trova lo studio in un substrato
psicologico.
Dal punto di vista
fenomenologico tutti i popoli del continente ne sono
coinvolti.
Le antiche “religioni”
costruivano nuovi fermenti
aggregazionali
interrogandosi e originavano così le prime cellule sociali.
Si entra nello scenario
delle religioni ove le interrogazioni trovano risposta in un sistema liturgico
che è -forse- l’unico collante.
Così è stato si pensi fino
alla laicizzazione ad opera
del movimento illuminista e del razionalismo poi, determinazione infine della
vivacità delle religioni che tendono a suadere le
interpellanze.
0.2 FINALITÀ SISTEMATICHE
La tipologia dell’uomo che
è alla ricerca di un “senso”, ai
suoi numerosi quid che
trascendono la realtà umana, si suole identificare come “homo
religiosus”.
Le diverse espressioni
artistiche, formazioni culturali e strutture sociali ne sono coinvolte in questa
sequela alla scoperta dei perchè ultimi.
Fondamentale di
questa esperienza è la
smania e la creatività nel creare
sistemi religiosi che si manifestano in una differenziazione di costumi.
Nessuna religione e/o
popolo(*),
può sfuggire a quel magnetismo verso problemi che trascendono la realtà visibile
udibile e percepibile dall’uomo e quindi la costruzione di schemi che possano,
come si diceva, rispondere ai grandi quesiti. La costruzione
così di sistemi funzionali di pensiero e di norme.
(*)
che poi è la stessa cosa
poichè l’etnia e/o l’appartenenza ad un clan è
dipesa dall’aderenza alla tradizione religioso-comportamentale base inoltre per
i diversi modi di compattarsi-.
0.3 PROBLEMATICITÀ
(LAICIZZAZIONE,
SECOLARISMO, ATEISMO)
Lasciando
alle spalle tutta la problematica che influenza
quest’oggi lo studio delle Scienze Religiose(*),
quest’oggi si assiste ad una “laicizzazione”,
seguita dalla “secolarizzazione” e ad un crescente dilagare dell’“A-teismo”.
A questo riguardo ci si
potrebbe perdere nella seguente distinzione
largamente usata:
·
Ateismo
scientifico
·
Ateismo
filosofico.
(*)
Nonché delle molteplici
discipline intese a sanare l’analisi speculativa, e in particolare
quell’influsso determinato dalla diffusione di una
“gnosi orientale” in bacini definiti, alla vecchia maniera “Antico
Continente”, o meglio -dal punto di vista economico- “Occidentale” oltre alla
crescente diffusione negli “Ambienti Orientali” di un pensiero laicizzante in
modo particolare riferibile in quelle terre ove l’insediamento della religione
poteva essere un fatto “fontale” per la società
stessa -mi riferisco all’Asia e all’Africa- che vedono perdere quel senso
“forte” della religiosità che invece permeava fino a qualche decennio fa il
sub-strato culturale e sociale di aggregazione
Il nostro punto di vista è
inficiato particolarmente da una critica radicale alla religione che vede i suoi
presupposti in un pensiero scientifico-filosofico di stampo occidentale e in un
conseguente modello di scienza e tecnologia. Entrambi -si è
concordi nell’affermare- derivano da uno
schema prettamente occidentale, intendente a decodificare i prodotti
della società.
Le tipizzazioni, gli schemi
interpretativi e i modelli di condotta contenuti in una concezione del mondo non
sono “unità di significato” separate ed isolate, ma sono ordinati secondo una
gerarchia di significanza. Formalmente parlando,
questo ordinamento gerarchico di significati
costituisce un’essenziale caratteristica “strutturale” della concezione del
mondo. Tuttavia, l’ordinamento concreto degli elementi in
una concezione storica del mondo, è una caratteristica che la distingue
empiricamente da altre concezioni storiche del mondo. La straordinaria
ricchezza delle trasformazioni di significato e la varietà storica delle
gerarchie di significanza non ci
consentono un’analisi dettagliata.
(T.
LUKMANN,
“La religione invisibile”, 1963)
0.4 DISCIPLINE
Le scienze che studiano i
fenomeni d’identificazione religiosa possiamo
definire partendo da una teologia razionale
passando poi alla teologia delle religioni,
l’antropologia religiosa, la
sociologia, la
psicologia, la
psicoanalisi della religione (che
hanno avuto un grande sviluppo in modo particolare in quest’ultimo secolo.
) ci possono condurre ad un’approfondita analisi
speculativa.
Ai fini di detta
trattazione, per il limitato raggio d’applicazione, ci basti solo sapere che
esistono.
0.5 ESISTENZA
OD INCONSISTENZA DEL SACRO
La società
tecnico-industriale, che pareva essere e sembra aver distrutto una richiesta di
sacro, ha ridotto la valenza
simbolica di quei simboli religiosi
considerati tradizionali e ha puntato sull’utile smorzando l’influsso della
religione nella società.
Alcuni studiosi considerano
il cristianesimo senza religione, altri distinguono fra un “sacro” -come
istituzione che rappresenta specifiche strutture storiche e la “tensione
religiosa originaria dell’uomo”, che sarebbe espressione dell’autenticità
religiosa nel cuore umano-.
Secondo questa logica le
istituzioni religiose devono continuamente rinnovarsi o cedere il posto a nuove
manifestazioni di religiosità, atte ad avere senso per l’uomo contemporaneo.
(*)
Il Sacro si manifesta
sempre come una realtà affatto diversa dalle relatà
“naturali”. Il linguaggio può ingenuamente esprimere il
tremendum,
o la
maiestas o il
mysterium
fascinans con gli stessi termini usati
nel mondo naturale o nella spirituale profana dell’uomo. Ma questa terminologia
analogica è giustamente dovuta all’impossibilità di
esprimere il ganz
andere; il linguaggio è limitato a
suggerrire ciò che oltrepassa l’esperienza naturale
dell’uomo per mezzo dei termini da essa stessa usati.
(vedasi
Rudolf
Otto, Il sacro, 1917)
0.6 METODOLOGIE
Sono questi alcuni motivi
che dal punto di vista degli approcci, delle metodologie, a quelli che sono i
problemi nello studio del fenomeno religioso occorrerebbe anzitutto chiarire
poichè ci si trova difronte
a tante tradizioni religiose che
col passare degli anni e nella storia si sono
inseguite e bisogna cercare di decodificare fra gli strati accumulatisi con il
tempo.
Un lavoro del genere
può essere molto faticoso, incompleto, poco neutrale, può
addirittura ridurre le capacità ideative di quel
fenomeno non tenendo conto dei dati oggettivi o soprattutto del “typus
religiosus”.
0.7 DEFINIZIONE
DI “RELIGIONE”
Mircea
Eliade,
grande studioso dell’antropologia religiosa,
ha fatto notare che gli occidentali non dispongono di
un termine preciso di religione per significare l’esperienza del “sacro”.
Il Sacro ed il profano sono
due modi d’essere del mondo, due situazioni
esistenziali assunte dall’uomo nel corso della storia.
(Mircea
Eliade,
Il
sacro e il profano, (“Le sacré
et le profane”,
Gallimard,
Paris 1965), 1967 Bollati Editore, Torino, 1984, pag. 16)
Il termine “religione”
traduzione del sostantivo latino “Religio”
esprime anzitutto un tipo di manifestazione “culturale” della religione e poi
desunta dagli antiche romani, ma non può essere usato
univocamente per indicare le correnti, le esperienze, le tradizione religiose
dell’umanità orientale.
L’espressione latina è
stata adottata da quasi tutte le lingue occidentali. E’ un termine, religione
puramente convenzionale
(Gino
Ragozzino,
“Il fatto religioso”, “Introduzione allo studio della religione”,
Messaggero, Padova, 1990, pag. 13)
Non cerchiamo ora
all’inizio di questa trattazione di definire a livello filosofico ciò che
identifica la religione.
Soffermandoci invece su
quello che è l’approccio che distingue il
nostro interesse per le religioni, vedremo che si tratta di un
approccio prettamente fenomenologico; esso sarà
motivato, alla ricerca di un fatto religioso ma non unicamente.
Esiste una
pluralità di scienze religiose, il
motivo è dato dal fatto che ogni religione è vissuta da un uomo, da un uomo che
differisce dagli altri con cui però interagisce, ma
quest’uomo risulterà costituito da diverse valenze o fattori, da una
differenziazione dei caratteri di relazionalità, in
modo particolare di emotività, di razionalità ed intuizione, e potremmo quindi
identificarlo sotto diverse specie: Homo
sapiens, Homo ludens, Homo
faber, Homo symbolus, Homo
rationalis, relazione e poi ancora
sociale capace di cogliere le valenze:
artistiche, metafisiche economiche, scientifiche, tecnologiche e poi
via-via tutte le altre.
L’Homo
Religiosus sentiva il bisogno di vivere sempre nel Centro del Mondo, ...
di non perdere il contatto con l’Axis Mundi, al fine
di non allontanarsi dal Centro e non perdere il contatto con il mondo
sovraterreno.
“ll
Santissimo ha creato il Mondo come un embrione. E proprio come l’embrione si
sviluppa dall’ombelico, Dio ha cominciato dall’ombelico la creazione del Mondo e
da esso il Mondo si è espanso in ogni direzione”. E
poichè l’ “Ombelico della
Terra”, il “Centro del Mondo” è la Terra Santa,
Yoma afferma: “Il mondo è
stato cerato da Sion”.
(Mircea
Eliade,
Il
sacro e il profano, (“Le sacré
et le profane”,
Gallimard,
Paris 1965), 1967 Bollati Editore, Torino, 1984, pag. 33)
0.8 SCOPO DELLA RELIGIONE
(E DUNQUE NELLA SOCIETÀ)
La religione quindi coglie
il senso ultimo. Coinvolge tutte
le componenti, le valenze, le dimensioni e le
istanze, non si identifica con l’arte, la scienza, l’etica e la tecnica; è altro
rispetto a queste, mantiene una sua specifica irriducibilità e quindi una non
riduzione. Coglie l’uomo nella totalità polimorfica, dalla sua coscienza, infine
nella sua condotta, nei suoi comportamenti: l’istanza
di dover essere studiata sotto i più diversi punti di vista con strumenti di
ermeneutica differenziati che possono tradurre i segni, i gesti che compongono
questa religione diffusa nella società.
Il calendario delle feste
costituisce un ritorno periodico delle medesime situazioni primordiali, e di
conseguenza la riattualizzazione dello stesso Tempo
sacro. La più grande speranza dell’uomo religioso (homo
religiosus) è costituita dalla riattualizzazione
degli stessi eventi mitici (N.d.r.:
Vedasi “Le mythe
de l’éternel retour”).
E grazie a questo “eterno ritorno” alle fonti del
sacro e del reale, l’esistenza umana si salva dall’annientamento e dalla morte,
si vedrà poi il “mito” e la pratica del “rito”...
(Mircea
Eliade,
op. cit., pag.
70)
Questi aspetti non possono
non essere presi ad esame in questa seppur breve trattazione. Desidero quindi
trattare attraverso la manifestazione di approccio
alla religione a quella che secondo me potrà essere l’identificazione di una
manifestazione del dato religioso al di là però del dato religioso come fatto
fontale dell’esperienza nella società.
0.9 SOCIOLOGIA
DELLE RELIGIONI
Andreè
Rousseau
così scrive nel Primo Volume del suo Grande Dizionario delle Religioni
Sociologia delle religioni
ha come oggetto i rapporti fra le religioni e la
società. Si fornisce una definizione comprensiva ma limitata di questa
disciplina.
(Sociologia
delle Religioni,
in
Grande Dizionario delle Religioni, M-Z,
Cittadella editrice, Assisi, Edizione Piemme, Casale
Monferrato, 1988, pag. 1998).
I rapporti fra religione e
società sono dunque il sistema che si intende
studiare e la religione come fenomeno sociale sta alla base dello studio
analitico di detta disciplina.
La
religione influisce nella società.
E
la società influisce nella religione?
Forse solo nel vissuto
dell’uomo religioso
Ma tutto questo come
avviene, tutto questo è stato trattato da
Auguste Comte, Carl
Marx, Max Weber, George Simmel
ed è necessario cogliere il contesto di questi
documenti religiosi, delle analisi fenomenologiche
per non cadere nell’astrattismo o peggio ancora in un nebuloso
pressapochismo.
La problematica maggiore è
che non vi sono fatti religiosi allo stato puro. Sociologia delle Religioni
dunque è funzionale allo studio dei messaggi religiosi, la
sociografia delle pratiche religiose e la
costituzione delle medesime.
A livello storico la
Sociologia delle Religioni ha fatto uso di metodi
differenziati che in taluni casi erano influenzati da una specifica
filosofia od ideologia.
Vi è stato un approccio
morfologico-tipologico che si fonda sulla diversità
fenomenica delle religioni; così si sono classificati tipi
di esperienze, le modalità di appartenenza e di organizzazione.
Un metodo funzionale che parte dall’idea secondo cui la
realtà sociale consiste in un intreccio di forze interdipendenti. Nel
caso delle società primitive si è voluto oggettivare alcune funzioni della
religione come integrazione della società. La
sacralizzazione dei valori sociali, l’integrazione
dell’individuo nel gruppo
Procede come peraltro altre
discipline per ipotesi.
0.10 SISTEMA PER IPOTESI
(MODELLO
DI DURKEIM)
Quella
durkemaniana, che prendiamo a modello, di una sociale degli schemi di
pensiero e di azioni attraverso la costruzione
metodica dello spazio proprio in cui agiscono gli specialisti della religione, e
attraverso l’analisi delle classi sociali. Diviene così strumento epistemologico
che permette di rendere a confronto del convertirsi delle strutture sociali di
strutture mentali, a livelli differenti a seconda della
struttura della società e delle classi sociali.
Le religioni diffondono
percezioni mentali del mondo sociale che sono adatte a confermare questo mondo e
a contestarlo.
(Andreé
Rousseau, op.cit., pag.
2000)
PARTE
SECONDA: PROBLEMI DI S.D.R.
/ disagio socio religioso
1.0 INTRODUZIONE
[Nella
trattazione di questa seconda parte ho inserito numerose testimonianza raccolte
dall’Archivio del C. S. A. (Centro Sociale
Ambrosiano, con sede presso il Palazzo dell’Arcivescovado) di Milano
e dall’Agenzia per le Tematiche Sociali
Giovanili della Fondazione Mons. Moneta, oltre ai numerosi
contributi dell’Arcivescovo proprio
sui fatti della dis-gregazione e
di deliquenza citando il “formarsi” di
detti episodi dalle loro famiglie d’origine (vedasi l’Illustrazione
dei volti del Padre qui citata)]
La condizione sociale delle
periferie urbane è uno degli aspetti più sconvolgenti delle grandi metropoli.
Anche il
Capoluogo di regione della Lombardia, Milano
-metropoli da oltre un milione di abitanti- ritenuta
capitale economica dell’Italia Settentrionale (quantomeno
mercato di numerosi “negozi” in quanto sede istituzionale degli affari
attraverso la Borsa valori), ed il suo hinterland (che oggi studiosi considerano
questa addizione “metropoli + periferia e circondario = Megalopoli”) vive la
crisi ed il disagio
socio-religioso.
Crescenti e frequenti
episodi di microcriminalità e di delinquenza
fanno da sub-humus alla vita cittadina, colpendo aree più periferiche
tramutandole in bronx.
E’ di questi
primi nove giorni del 1999 l’uccisione di ben
nove persone (nei primi nove giorni
dell’anno).
Un dato che fa riflettere e
che al di là del semplice
reporteges da rotocalco evidenzia massimamente i conflitti fra residenti
e nuove ondate migratorie (in particolare mi riferisco alle manifestazioni del
sabato 16 gennaio 1999 e la successiva del successivo 23 a difesa della
conservazione dell’area dismessa in cui a detta
delle forze dell’ordine si anniderebbero solo gli “homeless
(*) irregolari senza
permesso di soggiorno”).
(*)
Utilizzo questo termine per
sottolinearne la vicinanza di detto disagio a quello presente nella gran parte
dei paesi dell’America Settentrionale, dove però identifica maggiormente quegli
individui meno
abbienti che non hanno un alloggio né un lavoro (non
necessariamente emigrati extra-comunitari o profughi)]
A questo problema si
aggiunga l’inculturazione e la
pacifica convivenza di pratiche di culto differenti.
Il problema emergente
si intende essere solo “inculturazione” o molto più
specifico e poliedrico?
Indubbiamente come
riferisce Carlo Maria MARTINI,
Arcivescovo di Milano, è un problema non solo di disagio criminoso, e quindi
estirpabile solo dall’ordine pubblico, bensì un problema morale che interroga la
coscienza di tutti i cittadini.
Un disagio, o meglio, una
crisi morale.
In data 10 gennaio 1999
così si esprime il metropolita milanese:
Questa drammatica
situazione ci invita a verificarci, ad esaminarci
sulle cause della violenza e sulla complicità della società. Quante volte anche
noi siamo tentati di essere irosi, ingiusti,
vendicativi nel nostro piccolo, freddi di verso le disgrazie altrui, chiusi
nell’accogliere, offensivi nel parlare.
Sono tutti semi di violenza
nelle nostre città.
(Omelia
tenuta il 10. 01. ‘99 ad
Abbiategrasso a commento dei fatti delittuosi dei precedenti nove giorni)
Il rischio che si corre,
come sottolineato da alcuni osservatori del mondo
cattolico, è indubbiamente la demagogia.
Ed anche quivi si terrà ben conto di allontanarla.
Il problema pare
appiattirsi al numero di soccorso 113 e su uno stesso quotidiano,
Il Corriere della Sera, in prima
pagina un editorialista auspica la cooperazione dei tre organi di polizia,
smentito a pagina 5 dal Colonnello dell’Arma dei Carabinieri che
afferma la partecipazione in tempo reale
-astrattamente possibile, ma ahimé poco verificabile- dell’intervento dei due
nuclei.
Problemi
tecnicistici un poco
pressapochistici che fanno sorridere dinanzi ai veri problemi, la morte
di ben nove persone.
La campagna
dell’informazione si sposta sul fronte “estero” e si moltiplicano editoriali a
difesa del modello americano. Si intervista il
Sindaco di New York, l’italo-americano
Rudolf
Giuliano, che afferma la sua “tolleranza zero” additandola ai giornalisti
italiani per la risoluzione dei disagi periferici e a combattere la criminalità.
Il proclamare “ricette”, a
difesa forse della loro poltrona, simile ad un nastro con dispositivo
di autoreverse, si
moltiplica esponenzialmente alla Tv. nei Talk-Show.
Il sindaco
newyorkese è a capo di ben trentasettemila agenti
della polizia municipale, oltre all’indipendente FBI, e pare riuscire a reggere
al problema dei writers, dei delinquenti, degli
spacciatori. Certo è una difesa multifunzionale, capillare che pare non
consentire nessuna “svista” e New York è diventata la
capitale della sicurezza e della tranquillità almeno apparentemente.
1.1 “PROTO-DISAGIO”:
FAMIGLIA,
SCUOLA, CHIESA
Il problema appare dunque
di natura sociale, apparentemente, più che religioso.
Ma è anche
fortemente legato alla “marginalità” che si manifesta
in quel proto-disagio generatore del vero male:
famiglia, scuola, chiesa.
La
mancanza di colloquio o di confronto
che i soggetti in crescita dovrebbero instaurare con le figure-chiave per la
loro crescita, con i modelli di riferimento (genitori,
insegnanti e sacerdoti) porta a squilibri.
Il disagio della nostra
società, e le cause dei molti casi dilagati in questi giorni, è legato
alla educazione
che questi soggetti hanno ricevuto...
La
famiglia ha il compito primario di
educare e di alleviare le sofferenze aiutata dalla
scuola e dalla chiesa (penso alla figura del sacerdote nelle parrocchie ai
margini della nostra città...)
(Carlo
Maria Card.
MARTINI così si esprimeva nel Giornata Nazionale della Famiglia 1999)
1.1.1 IPOTESI DI
RISOLVIMENTO
“Facciamo rinascere lo
spirito civico” rispondono dai quartieri i residenti di Milano delle zone più
colpite.
Rispetto degli altri e
della legalità per dar vita ad nuovo spirito di
convivenza pacifica in Milano.
·
Come poter risolvere?
Investire per il recupero delle aree dismesse a
trasformarle in veri centri sociali integrati nel tessuto urbano ripartendo dal
ruolo fontale dell’istruzione
NOTA DEL
REDATTORE
Inserirò ora alcune
testimonianze di giovani della periferia di Monza citando le raccolte del
C. S. A.;
quale monzese ed ex-allievo di Cederna e figlio di
una I.D.R. che insegnò dal 1977 al 1997 in quelle
zone, per scelta -quindi- o -forse più- per affetto citerò dette
testimonianze, tra cui alcuni miei compagni di scuola da me intervistati (Tonino
e Samuele)
E a che serve andare a
scuola, tanto poi non trovi lavoro?!
(Antonio,
16 anni, disoccupato di Cederna)
Mi piaceva andare a scuola
perchè almeno non sei in giro e hai gli amici per scherzare ed era meno pallosa
che l’oratorio dove non si poteva fare nulla.
(Gianmarco,
22 anni fa “vari lavori”)
“A scuola non conoscevo
nessuno, né i Prof., né i compagni. Non ci andavo
mai. Con altri si andava al Parco a fumare qualche spinello e poi in chiesa a
far saltare i cessi dell’oratorio o a pasticciare i muri”.
(Tonino,
“drop-out” di Cederna
-da me intervistato-)
1.2 I “DROP-OUT”
I “drop-out” sono alcuni
giovani, per la maggior parte sotto i vent’anni, che
vivono sia nei quartieri della periferia sud che in quella
nord di Gratosoglio e nella case popolari di
Cederna e San Rocco a Monza.
Provenienti da famiglie
meno favorite sul piano sociale, spesso con
molti figli, coi genitori talvolta esclusi dal
mercato del lavoro o inseriti in esso in condizioni di marginalità. I
ragazzi stessi spesso, oltre a non studiare, si
trovano in condizioni di non-occupazione o sottoccupazione talvolta di
emarginazione sociale. Probabilmente i loro
percorsi scolastici, segnati da ripetute delusioni e numerosi
insuccessi, sono stati determinati oltre che da
fattori individuali, anche da
fattori ambientali e culturali legati alla
famiglia d’origine, che hanno inciso sulla motivazione dell’apprendimento e
sulle loro opportunità di riuscita (si veda E. BESOZZI,
Differenziazione culturale e socializzazione
scolastica, Vita e Pensiero, Milano 1983).
L’abbandono definitivo
della scuola o lo spostamento da un indirizzo all’altro, è avvenuto solitamente
nel corso del primo biennio di scuola secondaria superiore e in qualche caso,
fortunatamente raro, i ragazzi non hanno neppure terminato la scuola
dell’obbligo.
Questo racconto esemplifica
bene la situazione di disagio nei confronti della propria famiglia,
dell’istituzione scolastica e di se stesso, di uno dei tanti giovani drop-out da
me avvicinati:
A scuola non conoscevo
nessuno, i professori non mi capivano, mi
interrogavano e mi davano brutti voti. Così mi sono stufato.
Mi vergognavo di portare a
casa sempre voti neri.
I miei lavoravano tutto il
giorno e io invece di andare a scuola ho cominciato a stare in giro [...]
Sono stato bocciato tre
volte. La prima alle elementari, in quinta; poi alle medie in seconda perchè ho
menato un compagno e tirato una penna al Preside.
Adesso mi ero iscritto
all’IPSIA, quella degli elettricisti, ma ci son
andato per un po’ poi mi padre s’è ammalato e l’ho
aiutato... Siamo sette fratelli ed io il primogenito.
(Samuele,
17 anni, fa qualche “lavoretto in nero”, è
un drop-out)
Oltre al fattore del
disimpegno personale nei confronti dello studio, presente in molti ragazzi,
bisogna tenere conto delle situazioni
presenti nelle loro famiglie d’origine, dei loro limiti e della
mancanza di stimoli, che inducono i
ragazzi ad una crescente perdita d’interesse, cosicché dopo una serie
di insuccessi la scelta dell’abbandono sembra
inevitabile.
Per loro la
scuola e la
chiesa sono meri
luoghi di distrazione, ove
attraverso:
Ho sempre pensato che la
mia vita è fuori dal lavoro. Purtroppo per
sopravvivere bisogna lavorare; a me il mio lavoro piace, però penso che la mia
vita sia fuori dell’ambito del mio lavoro.
(Andrea,
25 anni, operaio di Cederna, Monza)
In queste situazioni si
riscontra che, spesso, la decisione di proseguire gli studi e la scelta del tipo
di scuola è lasciata ai ragazzi stessi, senza che i genitori o gli insegnanti
delle scuole medie abbiano un ruolo decisivo, cosicché talvolta l’insuccesso
scolastico dipende anche da una
carenza
di azioni orientative (1).
Molto raramente si è
riscontrata tra questi giovani un’intenzione ben precisa di riprendere a
studiare, sostenuta in parte dalla consapevolezza della difficoltà ad inserirsi
sul mercato del lavoro senza un adeguato titolo di studio o dal desiderio di
migliorare la propria posizione attuale, in parte dal disagio di percepirsi
quasi totalmente sprovvisti delle più elementari nozioni culturali.
Comunque,
il tentativo di integrare o completare(2)
in qualche modo la propria formazione, il più delle volte, viene rimandato ad un
momento futuro non meglio precisato e difficilmente è fatto oggetto di un piano
operativo attuabile nel presente.
N.d.r.
:
(1)come
I.D.R. in molte scuole superiori del circondario
monzese posso dire che non è un luogo comune ma una realtà pesante ma poco
risolta.
(2)Come
I.D.R.
presso i Corsi serali dell’Istituto
Professionale Statale Tecnico per Programmatori “GIORGI” di Milano
(servizio prestato nell’anno scolastico 1999/2000) posso portare l’esempio di
molti giovani ed adulti -alcuni già diplomati al serale- che per aumentare la
loro qualificazione e “mobilità” nel proprio lavoro in azienda frequentavano i
corsi serali di periti elettronici per accrescere -con un altro diploma- li loro
bagaglio professionale ed evitare la morsa dei licenziamenti,
cassaintegrazione.
Per questi -una percentuale
molto esigua di avvalentisi all’I.R.C.,
circa il 5% nell’anno 1999/2000- l’ora di I.R.C. è
stata un laboratorio in vista della “tesina”, con preparazione al colloquio
orale e di indagine alla scientificità della fede mediante l’apporto delle
“scienze religiose”; grazie a questa didattica, si è riusciti ad evitare “fughe”
prima del suono della campanella delle 21.40...
Le lezioni erano quasi
individuali ma abbiamo costruito molto.
Devo a molti di loro la
spinta propulsiva per l’elaborazione di questa mio
elaborato ed il crescente interesse e ri-accostamento
a molti miei ex-compagni delle scuole primarie.
Infine, se per alcuni le
delusioni scolastiche possono comportare una perdita di fiducia in se stessi ed
essere di ostacolo alla realizzazione di determinati
progetti lavorativi, per proprio l’uscita dal sistema scolastico, nei confronti
del quale ci si sentiva estranei ed inadeguati, può esser l’occasione per una
rivincita personale nel lavoro, grazie al quale ci si sente più valorizzati e
non ci si percepisce più come un peso inutile sulle spalle della famiglia.
Le conseguenze peggiori sia
per il singolo sia per la società, si verificano
allorquando all’espulsione e all’emarginazione dal sistema scolastico segue
un’emarginazione sociale e una difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro,
imputabile oltre che alle risorse del singolo, anche a quelle del contesto
familiare e sociale in cui esso si trova inserito.
Cosicché la riuscita
dell’inserimento lavorativo va collegata non tanto alla frequenza scolastica,
quanto alle risorse culturali e familiari di ognuno, legate certamente
all’istruzione, ma non riconducibili ad essa.
1.3 “DISAGIO
FAMIGLIA”
I bimbi, si sa, amano
parlare dei loro genitori. li ritengono perfetti ed
onnipotenti... “Il mio papà è molto ricco. Abbiamo comprato una macchina che è
la più bella del paese. E anche mio zio è venuto per
vederla e ha detto che gli piaceva moltissimo, ma che lui non poteva comprarla.
(Carlo
Maria Card.
MARTINI, “Il padre, capace di dare
gioia”)
ho
visitato una volta una esposizione -afferma
Carlo Maria Card.
MARTINI, ne il suo scritto “Il padre
nostro”-, di disegni di bambini.
Il tema era molto
difficile: “disegna Dio”...
I disegni erano
impressionanti.
Ricorrevano
infatti volti accigliati, severi, spaventevoli. La guida spiegava che ciò
era dovuto al fatto che questi bambini vivevano nelle
borgate degradate della grande città, in ambienti sociali difficili e avevano
spesso genitori violenti, con reazioni imprevedibili, capaci di rendersi
insopportabili, spesso motivo di incubi notturni e di terrori diurni.
Tra i presenti qualcuno
obiettò: “Sempre la colpa ai genitori... provate ad
avere in casa bambini irrequieti...” Ma una signora
replicò: “Si capisce; però i bambini vanno educati, mentre i genitori devono
esserlo già! I bambini non sono responsabili, i genitori, sì!!!”
La discussione si prolungò,
non senza toni aggressivi e perfino offensivi... Io però mi sono staccato dal
gruppo e son tornato a guardare quei disegni
infantili con volti spaventevoli di Dio, che spegnevano il desiderio di
preghiera e di ogni speranza.
Ho cercato di pregare
ugualmente lasciandomi ispirare dal Padre Nostro... L’amore dei genitori avrà
sempre dei difetti, talora perfino può mancare (!) del tutto: ma l’Amore di Dio
è infinito e perfetto.
(Carlo
Maria MARTINI,
“Mamma e papà: per aiutare a disegnare Dio”).
Il moderno cosmo sacro
risulta dunque operare come un’ideologia totale (o
meglio “senso della vita”).
Fornisce un completo
assorbimento di idee plausibili che coopera al
funzionamento delle moderne società industriali - ma senza legittimarle
esplicitamente. La limitazione finale della precedente affermazione indica un
motivo per cui non è molto utile chiamare la nuova
forma sociale come un’ideologia nel senso originario della parola. La nuova
forma sociale di religione non rappresenta gli interessi costituiti di un
particolare strato sociale e non è articolata come un programma
di azione politica e sociale. Non è utopica né
restauratrice, né comunista né capitalista. E’ dubbio se le tradizionali forme
sociali di religione possano essere adeguatamente intese applicando loro
l’etichetta di ideologia, nonostante le loro
occasionali funzioni ideologiche. L’etichetta però sarebbe, senza dubbio alcuno,
fuori luogo nel caso della nuova forma sociale di religione. [...]
Lo sforzo per tentare di
capire questo mutamento davvero rivoluzionario nel rapporto dell’individuo con
l’ordine sociale non può essere inutile. L’emergere della nuova forma sociale di
religione è nascosta in parte dalle più evidenti caratteristiche economiche e
politiche della moderna società industriale. E’ probabile che l’indirizzo che
abbiamo cercato di descrivere sia reversibile, anche ammettendo che tale
reversibilità sia da considerarsi desiderabile. Non si deve dunque cercare di
non volerlo solo perchè si rimane attaccati ad illusioni religiose
tradizionalistiche. Né se ne devono ignorare le
implicazioni solo perchè si è animati da ottimismo
secolarista.
(Luckmann,
“La religione invisibile”, Universale Paperbaks Il
Mulino, 1967, Proscritto)
CONCLUSIONE
Dopo aver citato
diversi campioni di giovani in quartiere
periferico dell’hinterland milanese (alcuni drop-out e allievi del
serale), le strategie dei
comitati di qualrtiere
e della “tolleranza zero”
e le polemiche sulla mancanza di coordinamento fra gli istituti delle Forze
dell’Ordine, le risposte
del Pastore e gli
scritti illuminanti di un grande della
Sociologia concludo questa mia breve
trattazione con una celeberrima frase di un filosofo greco
“La cura di molte malattie
è ignota ai medici della Grecia perchè essi trascurano il tutto che andrebbe
invece studiato; difatti la parte non può mai essere sana se il tutto non è
sano!”
(Platone,
Carmide)
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sacro e il profano, (Le sacré
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Il
sacro,
1917
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G. Ragozzino,
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studio della religione”, Messaggero, Padova, 1990, pag.
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“Grande Dizionario delle Religioni”, M-Z, Cittadella editrice,
Assisi, Edizione Piemme, Casale
Monferrato, 1988, pag. 1998.
7.
C. M. MARTINI,
Omelia tenuta il 10. 01.
‘99 ad Abbiategrasso, “Avvenire
(in Lombardia)”, n. 2 anno IV “Il
nostro tempo, I.T.L.”
8.
Il
corriere della sera,
Primapagina, 10 gennaio 1999
9.
C. M. MARTINI,
Riflessione in “Il nostro tempo,
I.T.L.” del 17 gennaio
1999.
10.“Archivio”
del Centro Sociale Ambrosiano
11.“Agenzia
per le Tematiche Sociali Giovanili”
della “Fondazione Mons. Luigi Moneta”
12.T.
Luckmann,
“La religione
invisibile”, (“The
Invisibile Religion. The transformation of Symbol in
Industrial Social”, New York, 1963), Il Mulino,
Bologna, 1967
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scolastica, Vita e Pensiero, Milano 1983
14.C.
M. MARTINI,
“Il padre, capace di dare gioia”,
1998
15.
C. M. MARTINI,
“Siamo genitori falliti?”, 1998
16.
C. M. MARTINI,
“I figli degli altri”, 1998
17.
R. BATTAGLIA,
“Lettere dal domani”, Torino,
1973
18. Platone,
Carmide
Fonte : prof. Alessio Varisco , Técne Art Studio , sito web www.alessiovarisco.it .
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