La Chiesa dedicata al Beato Giovanni XXIII , a Seriate
di Alessio Varisco
Percorrendo la strada provinciale che porta da
Brescia a Bergamo, poco prima di entrare nella città di Seriate, svoltando a
sinistra per la frazione di Paderno, ci
si imbatte nell’ultima chiesa dell'architetto Mario
Botta. Dedicata al Beato Giovanni XXIII si trova nella Diocesi di Bergamo.
Chiesa
molto particolare,dall'aspetto insolito per un luogo di culto di cui siamo
abituati,in questo sito,a proporre esempi artistici antichi.
Il luogo di culto ha visto una lunga gestazione
di circa dieci anni dall’elaborazione dell’iniziale progetto alla sua definitiva
realizzazione.
Sicuramente, come la gran parte delle
architetture di Botta occorre lasciarsi coinvolgere e trasportare dai sentimenti
e dalle suggestioni cariche dei rimandi dell’architetto ticinese. Può lasciare
favorevolmente colpiti, senza riuscire a darsene una spiegazione. Certamente
abbisogna di essere percorsa, girata, visitata con calma, appropriandosi
degli spazi ed entrando in soliloquio con la forma
quadrangolare, elemento cardine e rimandante alla “naturalità/umanità” del
creato rispetto il Creatore. Tutto ciò si realizza nella mediazione “terra” e
“cielo”: pietra e vetrate nel caso di Botta.
Trovandovisi di fronte, avvicinandosi a poco a
poco, giungendo quasi ai suoi piedi si riesce a far scorrere lo sguardo sui
corsi di pietra regolari che si conseguono sino alla punta.
Ciò che mi è ritornato alla mente, guardando un
progetto ora realizzato, è stata una frase di Botta che lasciò durante
un’intervista al Politecnico di Milano che diceva che l’architettura moderna
deve parlare di “levità” facendo quasi una sfida, e qui entra in gioco la
tecnica e la tecnologia, con la pesantezza dei corpi. Questa struttura sacra si
percepisce come un’imponente mole alleggerita dalla particolarità
di alcune sue geometrie, non mere
texture, che ne ingentiliscono la complessità.
«Il sito della nuova chiesa
dedicata a Papa Giovanni XXIII si trova a lato della chiesetta settecentesca di
S. Alessandro Martire in località Paderno-Seriate a
Sud di Bergamo. Nei dintorni si è consolidato un insediamento urbano sparso con
residenze ai lati della strada che collega Bergamo a Seriate. Nella composizione
planimetrica del nuovo impianto la chiesa esistente definisce il lato nord-ovest
di uno spazio rettangolare antistante la nuova chiesa mentre
sul lato sud-est un volume allungato ad un solo piano contiene l'abitazione del
parroco e altri servizi che si concludono oltre la chiesa verso la campagna con
l'oratorio e le aule di catechesi organizzate nel piano superiore». [Mario
Botta]
Una Chiesa dedicata a Papa Giovanni XXIII
-voluto Beato dal compianto Papa Giovanni Paolo II- è un complesso cristiano, un
piccolo cosmo composto da: chiesa, casa del
sacerdote, centro per la realizzazione della pastorale di zona. L’area è
limitrofa la chiesetta di Sant’Alessandro
martire (il cui campanile rimane attivo anche per la nuova chiesa,
che ne è sprovvista). La vecchia chiesa -vicina alla
nuova- ha ora la funzione di cappella feriale. La nuova chiesa ha la pianta
quadrata ed è stata disegnata conformemente ai dettami post-conciliari e le più
recenti indicazioni liturgiche.
La chiesa di Seriate, un paese in provincia di
Bergamo, nasce dal progetto iniziato nel 1994 quando
Mario Botta riceve l’incarico dai committenti, Parrocchia del Santissimo
Redentore e Comune di Seriate, e termina nell’anno 2000. L’edificio sorge
in località Paterno di Seriate, Bergamo. La
realizzazione della struttura per un totale di 2137 m²
di area costruita, su di un terreno di 17'000
m², la chiesa misura 741 m²
ed il centro parrocchiale è di 1396 m², il volume
fuori terra è di 16'500 m³. La direzione dei lavori
di cantiere sono stati affidati a Guglielmo Clivati
di Seriate.
Ed anche qui in Seriate notiamo
un’attitudine naturale in Botta alla rievocazione del fascino dei luoghi di
culto di storica memoria, di stilemi arcaici, questo
ancora una volta il leitmotiv dell’architetto ticinese incline a monologhi con
il passato. Forse è questa la vera ed assoluta grandezza di Mario Botta,
accusabile di
auto-referenzialismo da parte
di molti colleghi, certamente un astro luminoso dell’architettura moderna che
invece accusa un'innegabile ricerca di spettacolarità. Troviamo ovunque
disseminati –Roma, Parigi, Milano, Londra, New York,
Tokio- edifici veementi (litigiosi con il loro
intorno, a volte troppo scomodi ed invasivi) e appariscenti. Si palesa così
un’architettura celebrativa di se stessa, delle proprie linee, delle cause
formali, della scuola, nonché dell'architetto, ma
principalmente del richiedente, che così facendo magnifica il potere di cui
dispone. Nell’ultimo decennio si è ritornati a costruire grattacieli, mausolei
del businessman, come una sorta di gara -in altezze- che
attraversa il pianeta dalle capitale orientali, Hong Kong e Shanghai,
alle più occidentali, New York.
Come un tempo si
alzavano campanili, conventi e cattedrali che
dominavano il tessuto urbano e gli altri edifici facendo accorrere il popolo al
timore di Dio ed alla preghiera nella fede. Ora si edificano “templi
pagani”, ma non scarseggiano tuttavia le eccezioni,
difatti, nell'epoca di un supermoderno melenso e ritrito, dell'effimero, del
disdicevole, dello scontato e persino del cattivo gusto, si torna a innalzare
chiese, per necessità di spiritualità, di fedeli, di nuovi centri residenziali
(a volte in quartieri un tempo meno popolosi e più rurali o disabitati) e per
avversare il sapore del sovrabbondante, dei linguaggi inflazionati e mediatici,
del culto dell'immagine e della esteriorità.
Sicuramente si sono distinti
alcuni architetti, e tra questi si è quasi costruita un’attenzione particolare a
questo tipo di “fabbricati” e strutture. Questa nuova generazione di progettisti
si è dedicata a queste progettazioni, manifestandosi orientati alla reminiscenza
del richiamo dei luoghi di culto di memoria storica.
Purtroppo si sono creati “status” e stilemi un po’
ripetuti. Non è il caso di Mario Botta.
Particolare l’attenzione dell’architetto
ticinese per gli antistanti spazi: difatti attorno alla chiesa è stata mantenuta
un'area verde con due rogge. Così pure il verde pubblico del vialetto alberato è
preesistente. Nelle vicinanze della chiesa è presente acqua. Ciò può suggerirci
che già in questo stesso luogo vi fossero
insediamenti celti e, nei tempi più antichi, fosse
un luogo di culto. Mario Botta, architetto luganese
del Canton Ticino, giunge da una
zona in fatto di storia dell'arte può dir molto, essendo la patria dei
Maestri Comacini.
La Chiesa è costruita in modo molto organico:
tutti gli spazi edilizi sono legati fra di loro da
accessi pedonali. Per raggiungere l'ingresso della chiesa si passa il lungo
corridoio che misura circa un centinaio di metri, costituito dal porticato che
collega la casa del sacerdote con la sala multiuso e il Centro per la pastorale.
Questo complesso ospita anche uffici, un bar, spazi ricreativi, le dieci aule
per il catechismo o riunioni di gruppo. A sud della chiesa si trovano aree
verdi attrezzate per lo sport dei più giovani.
L’aspetto che si porge agli occhi del
visitatore è quello di un immenso prisma di pietra,
con «piani geometrici - come egli stesso sostiene descrivendola- rigorosamente
definiti»; il materiale di rivestimento è la pietra rossa di Verona. La parte
più elevata delle quattro pareti è di circa 23 metri.
Sulla facciata principale, direttamente sulla
parete, è incisa profondamente una croce che troneggia e ci fa intuire che
quella maestà di forme ed arditezza stilistica è per gloria a Lui. Il portone
principale, che funge anche da porta processionale per le funzioni solenne, è
realizzato da vetrate che, dall'interno, sono estremamente
emozionanti. Coinvolgenti, per contrasto, anche gli altri
due portoni, posti ai lati, costituiti da pesanti portali in metallo.
La geometria –nonostante il coinvolgimento,
l’emozione luminosa, pare di essere “ovattati di luce” e sospesi fra cielo e
terra- appare alquanto grave.
Dall'esterno si accede all'unica aula interna di
forma quadrata di circa 25 metri per lato. L'essenzialità delle forme può
lasciare certamente colpiti. Forse
è l’ana-iconicità
a renderla così “impressionante”. Mi ricorda certe forme
della dimensioni aurea.
Ascoltando il silenzio, mentre cammino al suo
interno, penso alle parole di un Amico, Padre Giuseppe Magrino, che durante il
Giubileo confrontandosi con mia Madre pittrice citava le parole del Te Deum che
stava componendo «Santo e terribile è questo luogo, è la casa di Dio, è la Porta
del Cielo!».
Janua
Coeli.
Neppure il bisogno di scriverlo sull’architrave… è implicitamente esplicitato
dalla dialettica delle forme che si svolgono dalla processione della penna
del Maestro Botta!
Shekinah.
Per dirla in ebraico: “Casa di Dio”.
Un’atmosfera “unica” «una
perfetta –spiega il progettista-
cassa armonica luminosa», impareggiabile ed inequivocabilmente
singolare: pareti rivestite da lamelle di legno orizzontali laminato in
foglia d'oro che trasformare la chiesa in una –passatemi il termine- “bomboniera
di luce”.
All'ingresso del Centro
Parrocchiale ci si ritrova si ha la sensazione di
fare un passo nella storia e di esser ripiombati in una
“Bisanzio risorta”.
Lo sguardo si perde verso l'alto, sia all’esterno che all’interno.
All’interno si è frastornati
dall'oro che sfolgora
rivestendo l'intero edificio. Scampati allo sfolgorio accecante:
l'altare, le due absidi con il solenne Cristo crocefisso, e due volti di donne
addolorate (desunte dalla celebre fotografia dell'Afghanistan, dove l'araba
sofferente era acconto ad una donna morente).
La zona di culto è animata di una forma più
perfetta del quadrato: il cerchio. Il quadrato è simbolo dell’umano: i “quattro
viventi” e i quattro Angeli dell’Apocalisse, le quattro
stagioni (che segnano ineludibilmente il passaggio
del tempo) e i quattro Evangelisti (appunto quattro “uomini”, creature che si
dispongono alla trasmissione).
L’area presbiteriale è
semicircolare e termina in una
doppia abside. Una scultura di Giuliano Vangi
raffigurante la Crocifissione
spicca sulla parete.
Si è attratti dal pavimento,
dall'ambone-pulpito e dall'acquasantiera in pietra di Verona
lucidata, ben efficace a fianco dell'oro.
Come si può notare girando
attorno all’enorme cubo, il fabbricato non ha finestre aperte al di
fuori. Per dare luce all’altare, si nota dalle foto, e creare una stupenda
scenografia al suo interno, l’architetto ha squarciato quattro grandi lucernari
dalla struttura cubica. Botta li ha premeditatamente sistemati in modo tale da
catturare la luce del sole allo zenith. Ciò evoca un
equilibrio fra gli elementi, terra e il cielo, e crea quella
intima relazione tra la creaturalità e il
Divino.
L’elemento “luce” giunge quindi solamente
dall'alto. L’unica eccezione è data da un gioco ad effetto della facciata che
presenta una spettacolare vetrata.
Osservando l'edificio dall'alto, facilmente si
ha la sensazione che questa chiesa sia consimile ad un
fiore di pietra, dischiuso
eternamente verso la Luce, proteso verso la sua ricerca. Non è scontata questa
notazione. L’aspetto simbolico è molto importante sia per l’architetto -che ha
sottolineato veramente bene-, sia per la funzione
liturgica e i nuovi requisiti in merito di architetture sacre.
L’acquasantiera è
realizzata in pietra rossa di Verona, come la maggior parte degli
arredi, ed è l’unica in tutta la Chiesa. Di medesimo
materiale: lo zoccolo di rivestimento ed il pavimento. Il rivestimento
ligneo, più in alto, conferisce calore all'insieme e scalda, stemperandosi
a seconda dell’incidenza della luce proveniente
dall’esterno.
Quando
a Seriate è stato inaugurato il nuovo Centro Pastorale Giovanni XXIII, l'effige
del Papa buono compariva da uno schermo tv collocato vicino all'altare. Era una
delle tante Chiese progettata dall'architetto Mario
Botta che sta svolgendo sollecitamente la Chiesa del Santo Volto a Torino. La
Diocesi di Bergamo non dista che pochi chilometri da un’altra sua chiesa
costruita in Brianza, a Merate, nella frazione di Sartirana;
anche la struttura meratese è costituita dalla
chiesa e dall'oratorio parrocchiale, insomma non mero insediamento
sacro, ma volontà di aggregazione del tessuto urbano
in medesimo progetto.
“Sacralità della pietra”… forse
il titolo della mostra fiorentina allestita nella gipsoteca dell’Istituto
Statale d’Arte della Città del Giglio deve la sua origine ad un poeta del
Novecento che ha trascorso i suoi ultimi giorni non distante
dall’area dove sorge la Chiesa del Beato Giovanni XXIII. David Turoldo,
sacerdote servita, attivo poeta e commentatore in versi delle Sacre Scritture
venne nella bergamasca,
esattamente a Fontanelle, un’amena località fra viti e foreste quelle percorse
quotidianamente da Angelo Roncalli per recarsi al seminario vescovile di
Bergamo. Padre David scrive «le pietre cantano» guardandosi forse intorno nella
sua stupenda chiesetta ad un paio di chilometri da Sotto il Monte.
Qui Botta è riuscito a far
cantare una pietra, quella rossa di Verona, tipica peraltro delle decorazioni di
molti altari dal Quattrocento in poi.
Elemento
architetturale in molte sue architetture, ed anche qui, la luce.
La luce
zenitale giunge dal cielo attraverso i quattro lucernari, creando e mutando gli
spazi secondo il mutar delle stagioni, invadendo i comodi panchetti
in legno chiaro che accolgono i fedeli e il
rivestimento con pannelli di legno a bande orizzontali, composto da minuscole
listarelle di legno, usate anche per le cornici dei quadri, mettendo in risalto
una scultura lignea antica, raffigurante la Madonna con il bambino.
Dopo dieci anni di lavori Botta ha terminato quest'opera in neppure sei mesi. La chiesa è costata complessivamente circa nove milioni di euro.
Dopo dieci anni di lavori Botta ha terminato quest'opera in neppure sei mesi. La chiesa è costata complessivamente circa nove milioni di euro.
L'edificio
all'esterno è costituito da una struttura portante in
cemento armato, a pianta quadrata, con muro di rivestimento trattato a spacco,
ricoperto da pietra di Verona, si eleva sul fronte sino a 23 metri, con
il lato di 25, con un'immagine severa, con tagli e forme geometriche. Il
complesso comprende una chiesetta del '700 sul lato
di nord-est, mentre su quello di sud-est si allunga un corpo edilizio, ad un
piano con colonne, per la casa del parroco, sale per la catechesi, bar e altri
servizi che procedono oltre la chiesa, verso la campagna con oratorio e sale su
due piani, dove il verde è elemento indispensabile.
L'effetto per i numerosi visitatori, accorsi ad ammirare la Chiesa tutta d'oro, è poetico, mistico, quasi misterioso, antico e nuovo ad un tempo.
L'effetto per i numerosi visitatori, accorsi ad ammirare la Chiesa tutta d'oro, è poetico, mistico, quasi misterioso, antico e nuovo ad un tempo.
Dopo la rielaborazione,
tuttora
al centro di vigorose polemiche, del Teatro alla Scala di Milano, il ticinese
Botta. Ora il creatore di chiara fama, conosciuto in tutto il mondo, celebra una
struttura alla memoria del “Papa Buono”, in onore di
Angelo Roncalli tanto amato dagli italiani. E
parrebbe, anche a detta dei critici, aver oltrepassato se stesso.
Mario Botta ci spiega che
«lo spazio della chiesa, come in passato, deve
durare nel tempo, sfuggire alle leggi del consumo,
resistere almeno due secoli».
Ed
è ciò che auguriamo e speriamo di ottenere per questa pregevole architettura di
luce.
Fonte : scritti dell'artista prof. Alessio Varisco , Técne Art Studio .
Prof. ALESSIO VARISCO
Designer - Magister Artium
Art Director Técne Art Studio
http://www.alessiovarisco.it
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