giovedì 25 luglio 2019

CRISTO RE , di Padre Felice Artuso



CRISTO  RE
di Padre Felice Artuso 
                           
 
 
 
L’iscrizione del cartello (Mt 27,37-38; Mc 15,26-27; Lc 23,38; Gv 19,19-22)

Su una tavoletta di legno, verniciata di bianco i romani solevano scrivere con lettere rosse o nere il nome, il paese e il reato commesso dal condannato, che stava per essere condotto alla crocifissione. Appendevano al collo del malfattore la tavoletta con l’iscrizione, perché la gente potesse leggerla e comprendere i motivi della condanna a morte. Arrivati sul luogo del supplizio, gli aguzzini affiggevano il cartello sulla sommità dello stipite e doveva rimanervi fino al decesso del giustiziato. Attenendosi alla prassi romana, Pilato ordina di scrivere su una tavoletta queste parole, che evocano concisamente il risultato del dibattito processuale: «IL RE DEI GIUDEI» (Mc 15,26) o con più precisione: «GESÙ, IL NAZARENO, IL RE DEI GIUDEI» (Gv 19,19).
La scritta è redatta con le lettere delle tre lingue conosciute: l'ebraico (forse l’aramaico), la lingua della rivelazione teologica e della liturgia ebraica; il latino, la lingua dei conquistatori e dominatori romani; il greco, la lingua degli intellettuali, dei sapienti e filosofi, assai diffusa in Medio Oriente, parlata correttamente anche dagli ebrei della diaspora. Leggendo la dicitura del cartello, tutti capiscono il motivo del reato attribuito a Gesù. Possono quindi approvare o dissentire l’esecuzione. I copisti cristiani non collocano la dicitura delle tre lingue nello stesso ordine dell’evangelista Giovanni 19,20. Mettono, infatti, delle piccole varianti corrispondenti all’importanza che essi assegnano alla diffusione del Vangelo. Alcuni codici portano quindi la scritta in questa disposizione: ebraico, greco e latino; altri codici hanno questa procedura: greco, latino ed ebraico. Lo studioso tedesco Michael Hesemann sostiene che la tavoletta, tagliata a metà e conservata a Roma nella chiesa cistercense di Santa Croce in Gerusalemme, sarebbe un reperto originale, già segnalato a Gerusalemme dalla pellegrina Egeria e poi dal pellegrino Antonio di Piacenza. La tavoletta, che nel Medioevo fu impregnata di resine, di olio e di colore, ha le lettere in questa disposizione: in alto i caratteri ebraici, in mezzo quelli greci e sotto i latini. Secondo uno studio di Maria Luisa Rigato i caratteri ebraici sarebbero autentici e propendono per questa lettura: Gesù di Nazar, il vostro Re. L'arte medievale ripresenta talora la scritta nelle tre lingue. Altre volte riporta le parole in un sola lingua. Spesso raffigura le sole iniziali latine: I.N.R.I, Jesus, Nazarenus, Rex Judeorum. La scritta abbreviata e tanto diffusa attesta il motivo dell’ingiusta e offensiva condanna. La beata Florida Cevoli, mistica cappuccina conferì all’iscrizione questa severa interpretazione spirituale: «Io Non Ricevo Ingrati» . Noi toglieremmo la negazione della Cevoli e affermeremmo che Gesù Nazareno riceve tutti, anche gli ingrati, che si convertono al suo misericordioso amore. Nell’arte contemporanea di orientamento profano o sacro si tende ad omettere la raffigurazione del cartello, collocato sopra la testa del Crocifisso. Questa propensione toglie al popolo cristiano la coscienza dell’effettiva e universale regalità di Gesù.
Per i capi dei giudei egli bestemmia, quando ammette di essere il loro re. Leggendo l’iscrizione, fissata sopra la sua croce, non accettano che Pilato li derida e li offenda, mentre pretendono essere elogiati da lui per quando gli avevano chiesto. Si recano nuovamente dal prefetto e gli propongono di cambiare la formulazione: «I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: Non scrivere il re dei Giudei, ma che egli ha detto: io sono il re dei Giudei» (Gv 19,21). Pilato riprende il suo ruolo di giudice civile. Risponde alla loro domanda, affermando che la sua dicitura è definitiva e irrevocabile: «Ciò che ho scritto ho scritto» (Gv 19,22). Presumevano di imporgli ancora la loro volontà, ma intuiscono che conveniva rinunciarvi e ritirasi in silenzio. L'iscrizione non ha per i cristiani nulla d’ambiguo e spregevole. Essa attesta senza equivoci chi è realmente Gesù. Conferma che egli è il sovrano spirituale, inviato da Dio agli uomini; secondo la preghiera liturgica è il re «di verità e di vita, di santità e di grazia, di amore e di pace» .
Per gli uomini del potere Gesù muore, per aver compiuto un reato di lesa maestà. Avendo ammesso di essere re, Pilato lo ha giudicato un sovversivo e lo ha condannato alla morte di croce. Per noi cristiani Gesù è il Santo, il Giusto, l’Innocente che si sacrifica e muore al posto di tutti i colpevoli. Ritornato alla gloria del Padre, egli regna ininterrottamente su tutto l’universo (Gv 12,32). Scrive, infatti, l'apostolo Paolo: «Per questo Cristo è morto ed è ritornato in vita: per essere il Signore dei vivi e dei morti» (Rm 14,9). Avendo meditato sul senso della condanna inferta a Gesù, sant’Alfonso Maria De’ Liguori emette quest’atto di fede: «Io vi confesso per mio Re e Dio, e mi protesto che non voglio altro re del mio cuore che voi mio amore ed unico mio bene» .



 
 
 
 


Fonte : scritti e appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista) , e-mail: feliceartuso@katamail.com  .








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