giovedì 25 luglio 2019

IL GIUSTO PERSEGUITATO NEL LIBRO DELLA SAPIENZA , di Padre Felice Artuso



IL GIUSTO PERSEGUITATO NEL LIBRO DELLA SAPIENZA
di Padre Felice Artuso 
 
                



Il giusto perseguitato nel libro della Sapienza
(Sap 2,12-20; 5,1-7)

Intorno al 100 avanti Cristo un pio giudeo, residente in Alessandria d’Egitto, scrive il libro della Sapienza. Adotta la lingua greca e il genere letterario dell’oratoria classica. Dimostra di possedere una distinta concezione di Dio, una precisa conoscenza della storia d’Israele, un’ampia cultura ellenistica e un perspicace sp
irito di osservazione. Dedica il suo scritto ai connazionali della diaspora che, lontani dalla patria, sottovalutano l’importanza dell’elezione ad essere il popolo di Dio, trasgrediscono la sua Legge, privilegiano gli interessi personali, ignorano i diritti della minoranza e omettono di testimoniare la fede dei loro padri agli stranieri. Denuncia il loro comune scetticismo sui fondamenti della rivelazione divina, il quale genera una serie di intollerabili errori e di ripugnanti atteggiamenti come l’intolleranza religiosa, l’apostasia, l’idolatria, la ritualità magica, il malcostume, l’arroganza e il sarcasmo.
Riflettendo sulla storia dei discendenti di Giacobbe, chiamato poi Israele, colui che combatte con Dio (Es 32,29), insegna ai suoi lettori che solo l’assidua fedeltà all'alleanza del Sinai procura benessere e salvezza integrale, Afferma che Dio onnipotente, sorgente d’ogni bene, ama le sue creature e specialmente il suo popolo. Si rammarica, quando gli ebrei ignorano la sua Parola, lo abbandonano, si allontanano da lui, si degradano e muoiono prematuramente . Seguendo la traccia del quarto poema di Isaia (Is 53), elogia il giusto che si dichiara figlio di Dio, osserva fedelmente l’alleanza divina, evoca agli empi l’elevatezza della fede monoteistica e l’educazione morale, ricevuta fin dalla giovinezza; richiama i valori della verità rivelata, raccomanda a tutti di astenersi dal male e biasima la loro condotta idolatra (Sap 2,12-20). Osserva che il giusto con la sua fedeltà all’alleanza inquieta e intimorisce i trasgressori della Legge; li accusa di incoerenza, corruzione, protervia e opposizione al progetto salvifico di Dio.
Non riuscendo a sopportare la presenza del giusto, dimorato di Dio, gli empi lo calunniano e tentano di indurlo all’apostasia, ma non ottengono gli effetti sperati. Troncano allora ogni rapporto con lui, lo condannano ad una morte crudele e brigano di ridurlo ad un rigido cadavere, per dimostrare che la sua fede in Dio salvatore è davvero illusoria: «Vediamo se le sue parole sono vere; proviamo ciò che gli accadrà alla fine. Se il giusto è figlio di Dio, egli l’assisterà, e lo libererà dalle mani dei suoi avversari» (Sap 2,17-18).
Perseguitato dagli empi, il giusto rinuncia alla legittima autodifesa. Lascia che essi lo aggrediscano e gli tolgano la vita. Affronta il doloroso martirio, confidando in Dio, che difende, libera dall’oscurità della morte e introduce nella pace eterna. Il suo sereno atteggiamento di fronte all’imminente venuta della morte li stupisce e confonde. Propugna a loro di pentirsi del proprio peccato e di mutare condotta: «Allora il giusto starà con grande fiducia di fronte a quanti lo hanno oppresso e a quanti hanno disprezzato le sue sofferenze. Costoro vedendolo saranno presi da terribile spavento, saranno presi da stupore per la sua salvezza inattesa» (Sap 5,1-2).
Gesù Cristo è dall'eternità perfetta immagine del Dio invisibile. Assieme al Padre e allo Spirito progetta l'universo, lo crea, lo conserva nella sua funzione e vi pone la sua dimora Possiede una completa conoscenza della volontà di Dio. Racconta parabole in cui lascia trasparire la sua sapienza divina e la sua comprensione per ogni minima sofferenza. Ai dubbiosi chiede di aprirsi a Dio, di confidare nella sua benevola azione e di rendergli una convincente testimonianza. Si autodefinisce "più di Salomone" (Mt 12,24), perché ha una sapienza superiore a quella dei grandi dotti. Dichiara beati quelli che ascoltano il suo annuncio e vi danno un’incondizionata adesione: «Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!» (Mt 13,16-17).
Vivendo da giusto, persevera nella fedeltà a Dio e nell’adempimento della sua missione. Straniero e pellegrino infastidisce i malvagi, tuttavia non si ritrae mai dal suo mandato. Durante la silenziosa agonia della croce subisce lo scherno dei suoi oppositori e rivive la drammatica esperienza dei giusti della diaspora: «Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti detto: Sono Figlio di Dio!» (Mt 27,43). Nella sofferenza unisce a sé i perseguitati di tutti i tempi e nella risurrezione realizza le grandi promesse divine. Testimonia che Dio difende il giusto, dimostra la radicale stoltezza dell’orgoglio umano e proclama la sua vittoria sulle conseguenze del peccato.
Nella liturgia romana il testo che abbiamo presentato è inserito nella messa del venerdì della IV settimana di Quaresima, perché esso è adatto ad introdurci nel mistero della passione del Signore e ci ricorda che la storia di Gesù si ripete in noi. Viviamo in un periodo di crisi fede, percepibile in tutti i settori della vita religiosa e sociale. Siamo tentati di ignorare l’insegnamento cristiano, ricevuto dall’infanzia. Tendiamo di uniformarci all’andazzo comune, per evitare la persecuzione e il pericolo della morte violenta. La Chiesa odierna ci esorta a riprendere l’ascolto della parola di Dio. Ci assoceremo allora alla passione redentrice di Gesù Cristo, saremo sempre irreprensibili nella nostra condotta, trasmetteremo la nostra fede agli altri, bisognosi di essere orientati verso il destino finale della vita. A sua volta il Signore, nostro difensore, ci proteggerà da ogni eventuale insidia e ci libererà dal timore della morte, spesso raffigurata da un minaccioso scheletro allato che regge una falce. Al termine del nostro pellegrinaggio terreno c’introdurrà quindi nella gloria eterna.


 
 
 
 


Fonte : scritti e appunti di Padre Felice Artuso (religioso Passionista)






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