LA SACRA DI SAN MICHELE
un luogo sacro da sempre.
di Alessio Varisco
Origini e storia del territorio
Piemonte.
A pochi passi dalle Alpi.
Remoti tempi che furono.
Civiltà lontane e scomparse.
Ormai seppellite. Preistoriche.
Alle falde del Monte Pirchiaro
l'uomo delle caverne a Vaie e a Villarfocchiardo si stanziò costituendo delle
tribù di pastori. Da questo momento si realizzò la nascita della zona.
L’uomo -stabilendosi
definitivamente in epoca neolitica- diede origine a piccoli insediamenti di
agricoltori; a questo periodo risalgono i palafitticoli dei laghi di Avigliana e
di Trana.
La zona passò poi ai Liguri -che
la fortificarono-, per finire ai Celti. A questi rimase fino all’anno 66 d.C.,
quando passò al dominio di addirittura due re[1].
I Romani offrirono il luogo alle
divinità alpine. Di questa pratica ne lasciarono traccia su alcuni pezzi
marmorei epigrafici a noi pervenuti.
La toponomastica è singolare:
“Pirchiriano” è l’ antichissimo appellativo del monte che letteralmente –dal
latino- è “Porcarianus”[2]
-ossia “monte dei Porci”-. In maniera analoga, vicino a questo monte si colloca
“Caprasio” -e cioè il “monte delle Capre”- unitamente a “Musinè” che è il “monte
degli Asini”. Questi nomi così strani hanno certamente un legame col culto dei
Celti, popolazione –come già osservato- che tra le prime occupò la Valle di Susa.
La visita alla Sacra
Visitare o rivisitare la Sacra è
un’opera di pietà. È un’ascesi. Un’espiazione. Un cammino verso la vetta. Una
vibrante camminata che diviene preghiera per i nostri passi. Una sorta di
itinerario che affonda su di un cammino storico. In breve un pellegrinaggio
peregrinante.
Pregevole lo slancio di chi
vuole cogliervi una sacralità diffusa -che tutta l'avvolge, come un’aurea
mistica- con quella sua soverchiante ispirazione cristiana celata fra le arcate
della chiesa, gli alti archi, le scale sontuose e ripide, l’erpicarsi, quasi su
di una vetta della luce.
Visitare la Sacra –però- vuol
dire lasciarsi suggestionare.
Certo bisogna aguzzare i sensi,
saper ascoltare le arditezze architettoniche, saper gustare le bizzarre sculture
medioevali, lasciarsi dissetare dagli infiniti gradini fatti di pietra.
Visitare la Sacra vuol dire –in
un certo senso- depauperare con la nostra visita lo stesso complesso e
mortificare la Sacra.
Clemente Rebora –una delle voce
fra le più genuine ed inquietanti della poesia religiosa del Novecento- la
definisce “culmine vertiginosamente santo” cantando mirabilmente la sacralità di
un luogo senza eguali.
Storia della Dedicazione
Il complesso della
Sacra -con la sua storia-
deve la sua titolazione a San Michele
perché nasce e cresce attorno al culto dell’Arcangelo.
San Michele è da sempre venerato
come “il principe delle milizie celesti” nonché braccio destro della divinità.
Il cronista dell'abbazia clusina
quando a metà sec.XI così annotava:
«Sappiamo, in base a molti
documenti (= testi) della sacra scrittura, che il beato Michele, per volere di
Dio, non solo possiede in cielo il primato tra i cori della milizia celeste, ma
anche in terra possiede, per così dire, un principato (...) soprattutto nelle
plaghe occidentali (...). Infatti nelle regioni occidentali l'Arcangelo del
Signore ha scelto per se, in modo specialissimo, tre luoghi illustri (...): il
primo è il monte Gargano, ormai notissimo in tutto il mondo; il secondo, vicino
all'oceano Atlantico, si chiama Presso-il-pericolo-del-mare (Mont-Saint Michel);
il terzo (la Sacra di San Michele), posto giustamente in mezzo alle cime elevate
dei monti (...), dove si può contemplare più da vicino la maestà divina».
Certamente si potrebbe sprecare
molto altro inchiostro ma appare esaustiva questa definizione così pertinente a
cui vogliamo aggiungere il testo del monaco Guglielmo che scriveva ciò che ancor
oggi risponde al vero:
«Il luogo è lontano da ogni
impaccio e moderno tumulto: qui non strepito d'uomini e d'animali; non
frastuono, non ruggiti: la pianura d'Italia, con ameni paesaggi e fiumi, vi si
stende a far lieti gli sguardi umani (...)».
Un'arte, quella della Sacra, che
è tutta religiosa, fatta di preghiere, di litanie. Pietre di fede che cantano
una Lode solenne a Dio.
La storia della religiosità del
complesso emerge aggressivo; avvicinandoci alle gigantesche audacissime
costruzioni architettoniche abbiamo la sensazione di penetrare quasi in una
Creatura che rimanda al Creatore. Un complesso vasto e complesso in cui la
conoscenza dell’architettura è resa dall’incedere lento e religioso penetrando
–quasi- verso il cielo.
Le opere scultoree e quelle
figurative sono tutte di ispirazione tutta religiosa. Gli affreschi
cinquecenteschi, tavole e tele abilmente istorianti una composta devozione
mariana.
La difficoltà è rendere cosa
faccia fremere l'animo del visitatore che quest’oggi si approssima alla Sacra. È
un percorso interiore reso esteriormente mediante l’andare verso (dal greco “erchomai”).
A livello generale si può cogliere l’intero complesso sotto vari aspetti:
artistico, storico, panoramico, fantasioso, o addirittura magico.
Le sculture bibliche intarsiate
sul portale dello zodiaco e quelle che fanno corona al finestrone dell'abside
centrale, con profeti ed evangelisti che cantano al sole nascente, in compagnia
d'una stupenda Annunciata, dal volto d'una dolcezza mistica, opera datata tra il
1160 e il 1170. Da qualunque parte si guardi la Sacra emana un fortissimo senso
religioso. Le volte della basilica, le colonne austere, le atmosfere mistiche,
le decorazioni auliche ed al contempo ieratiche, la sagoma svettante sono tutte
così terribilmente pregne di spiritualità da coinvolgere ed avvolgere il
visitatore. Le pietre pare abbiano conservato ancora –a distanza di molto tempo-
l'eco di delicate note gregoriane, il canto che da secoli qui si fa preghiera e
si fa poesia. Quando la vista si posa su alcune ruderi -mute Rovine-, su resti
di mura silenziose e misteriose che per secoli hanno accolto un intenso vissuto
spirituale e culturale.
Culto a San Michele Arcangelo
Il culto all’Arcangelo Michele
si diffonde in Italia dall'Oriente.
La sua diffusione si ha
maggiormente in luoghi elevati e solitari. In ambiente alpino viene portato
forse fin dai secoli VI e VII.
Il glorioso Arcangelo Michele
venne celebrato per olte un secolo dai Longobardi. Il loro ricordo è marchiato
nella toponomastica locale ove i protettori -S.Michele, S.Pietro, S.Ambrogio-
davano nome a villaggi.
Sotto le coste del monte
armarono le "Chiuse" con fortilizi che vennero espugnati nel 773 da Carlo Magno.
Stranamente quassù i carolingi non lasciarono ricordo -ma la loro scomparsa-
alla fine del secolo IX, fu causa di tali scompigli da permettere ai Saraceni
l'invasione delle Alpi Occidentali e quasi certamente l'occupazione del
Pirchiriano.
Il loro nome rimase invece in
alcune località –ad esempio la Bonaria- quali "Truc Sarasin".
La Chiesa verso il Mille
acquistò un potere economico che le rese possibile l’acquisizione beni immobile.
La costituzione della Diocesi man mano consentì di esercitare sui propri fedeli
giurisdizione civile. Ed anche la zona del Pirchiriano transitò al Vescovo di
Torino.
Diffusione del cristianesimo e costituzione di una comunità benedettina
Verso la fine del X secolo la
vetta del monte sta per avere un suo nome. Nel frattempo sopraggiungono alcuni
monaci.
Il primo fu San Giovanni
Vincenzo –uno dei discepoli di San Romualdo, padre fondatore dell’ordine dei
camaldolesi- iniziò quassù la vita eremitica –assumendo la regola camaldolese-.
Morirà nell’anno 1000 a Celle sul monte di fronte al Caprasio.
Alcuni monaci benedettini nel
frattempo si stabilivano sul monte Pirchiriano. Tracce delle origini e
dell’edificazione del complesso sono descritti nella cronaca del monastero, i
testi narrano l’epica edificazione e consacrazione d'una prima chiesetta per
mano angelica. Quest’opera angelica consente la titolazione della Sacra -il nome
dovrebbe esser “la consacrata”- che viene poi esteso a tutte le successive
costruzioni. La storia delle origini di questo complesso deve certamente anche
all’impegno economico di un penitente –il conte Ugo di Montboissier- che fece
erigere un monastero affidandolo a cinque benedettini.
La storia dell’abbazia
benedettina presso il monte Pirchiriano inizia negli anni 983-87 e continuerà
sino al 1622. durante questi sette secoli venne governata da 27 abati monaci,
cui successero sfortunatamente 26 commendatari.
Il periodo di migliore fulgore
si ebbe tra la fondazione a metà 1200, nel periodo successivo invece l'abbazia
stentò una perdita evidente; seguì mezzo secolo di decadenza.
Nei primi sessant’anni del
Trecento la vita si rinnova sotto il prudente governo degli abati: Guglielmo III
di Savoia, Rodolfo di Mombello, Ugone di Marbosco.
Gravissimi disordini si ebbero
sotto il governo dell'abate Pietro di Fongeret. A seguito di questi il conte
Amedeo VI ricevette l'istituzione della commenda da papa Urbano VI.
Il periodo che va dal 1381 al
1622 il governo della comunità monastica vennero governati da “priori”, mentre
-sempre lontani dal monastero- gli “abati commendatari” gioivano delle rendite.
Nel 1622 il cardinale Maurizio
di Savoia –“abate commendatario”- riuscì a convincere Papa Gregorio XV per far
sopprimere il monastero; le motivazioni erano molto evidenti: il monastero era
pressoché disabitato di monaci -ormai ve erano soltanto da tre- uno dei quali
cieco!
Viene appositamente creata la
collegiata dei canonici di Giaveno, cui spetta la gestione del complesso
monastico della Sacra di San Michele.
I possedimenti della Sacra di San Michele appaiono straordinariamente numerosi. L’estensione giungeva sino a proprietà in Francia e Spagna, nella Savoia e in Piemonte, in Lombardia e nelle Puglie, tramite una formula con dominio feudale sulla bassa Val di Susa e Valsangone.
Sino all’anno 1697 la Sacra controllava 176 territori con diritti spirituali, amministrativi, civili e penali.
Un capitolo spiacevole e purtroppo frequente è dominato da assalti e rovine.
Iniziando dal periodo a cavallo del Mille sono diversi i tentativi riportati dalle cronache. Il più cruento riguarda l’incursione del 1076 quando il santo abate Benedetto II ed i suoi monaci vengono scacciati dal monastero dal vescovo di Torino Cuniberto.
Nei secoli successivi vi furono numerose distruzioni, in particolare si vuole ricordare un gravissimo incendio sotto l'abate Rodolfo di Mombello (1325-1359).
Nondimeno vengono segnalate scorrerie addirittura di bande inglesi –alla volta dell'avventuriero Guglielmo Bosons, al soldo Filippo d'Acaia- che saccheggiarono la vallata ed il monastero simbolo dell’intero territorio.
Successivamente -con il periodo della Riforma Protestante- occorre segnalare le innumerevoli lotte armate tra Francia e Spagna che rendono il complesso monastico un vero baluardo conteso fra i rivali.
Nell’anno 1629 viene parzialmente distrutto dai francesi di Richelieu. Anche nell’anno 1693 le truppe del Catinat tentarono di espugnarlo, distruggendo parte della struttura.
I francesi nel 1706 ridussero il monastero nuovo alle rovine che vediamo. Furono invece lasciate le costruzioni addossate alla "porta di ferro" che -sino dal secolo XII- formavano un vero e proprio impedimento difensivo, piantonato a turno dagli uomini del feudo abbaziale.
Rosmini
La Sacra di San Michele restò
quasi disabitata per oltre due secoli dopo seicento anni di vita monastica retta
dalla regola benedettina, custodita solo da un cappellano ed un romito.
Il re sabaudo Carlo Alberto nel
1836 ottenne che il Sommo Pontefice[3]
vi chiamasse Antonio Rosmini con la congregazione religiosa da lui fondata,
chiamata “Istituto della Carità”. Simultaneamente il re consegnava in custodia
ai Padri Rosminiani –nuovi guardiani della Sacra- le spoglie di ventiquattro
reali di casa Savoia che -trasferite dal Duomo di Torino- ora sono sepolte in
basilica dentro mastodontici sarcofagi di pietra.
L’assegnazione di questa antica
Abbazia fa risaltare la profondità della spiritualità di Antonio Rosmini che
–nei suoi scritti Ascetici- ricorda durevolmente ai suoi religiosi la priorità
della vita contemplativa.
La spiritualità rosminiana è la
sorgente e il cibo che dà il “senso” e il “gusto” ad ogni attività esterna.
Nella “vita attiva” il consacrato accede solo dietro chiamata della Provvidenza
e tutte le attività, in qualsiasi luogo o tempo, sono per lui buone se lo
perfezionano nella carità di Dio.
Anche dopo che l'iniqua legge
dell'incameramento[4]
dei beni ecclesiastici nel 1867 i padri Rosminiani rimasero alla Sacra. Quest’Ordine
è custode tuttora del complesso un tempo benedettino, mentre le mura sacre
echeggiano d'un insolito fervore di iniziative.
Il Santo Padre Giovanni Paolo Pp
II visitò personalmente il 14 luglio del 1991 il complesso della Sacra di San
Michele.
L’attività della vita di questo
complesso monastico a tutt’oggi è reso possibile, è incoraggiato e esortato
dalla presenza di tanti volontari, sorretto da enti pubblici e privati.
Con una legge speciale del 21
dicembre 1994 istituisce "la Sacra monumento simbolo del Piemonte".
Tappa di un pellegrinaggio
micaelico
Nell'ambito dell’Italia
settentrionale il complesso della Sacra di San Michele è stata una delle più
gloriose abbazie benedettine ed è tra i più grandi complessi architettonici di
epoca romanica in Europa.
La Sacra si erge tra il 983 e il
987 dovuta alle esigenze di una cultura del pellegrinaggio –a metà del percorso
fra il Mont Saint-Michél e il Gargano- e, destinazione essa stessa di
un'energica ed elitaria frequentazione quale santuario micaelico.
Già alla fine del secolo scorso
l’intero complesso è oggetto di un'intensa attività di ristrutturazione da parte
del D'Andrade.
La scuola di pensiero
“conservativa” ha prevalso negli interventi presso la Sacra che gode oggi di un
rinnovato interesse di restauri conservativi. La legge regionale n. 68 del 1994
ha dichiaro la Sacra il “monumento simbolo del Piemonte” ed ha ribadito la
custodia e gestione dei padri Rosminiani.
Sepolcro dei monaci
È chiamato “Sepolcro dei Monaci”
una cappella - a forma ottagonale- cimiteriale.
In realtà taluni storici
vorrebbero dicono che sia la rimanenza di alcuni “resti d'un antico tempio”, ciò
nonostante oggi si mostra più realistica l'ipotesi che vede in questa cappella
-forma ad ottagono- la riproduzione esatta del Santo Sepolcro, quasi un anticipo
ai pellegrini del Sepolcro di Gerusalemme.
Questa sottolineatura indica la
“pre-visione gerosolimitana”.
La Sacra di San Michele è luogo
di forte evocazione della morte e resurrezione di Cristo. Il complesso avrebbe
dovuto anche richiamare a quella Gerusalemme celeste ancorpiù di quella terrena,
umana e mortale.
Appare tutt’altro che
disdicevole la costruzione dello stesso Monastero poco oltre i resti ove si
ergeva il Sepolcro è simbolo e preannuncio di una civiltà nuova –celeste, non
terrestre- o addirittura “terra promessa”.
L'edificio
Il complesso della Sacra si
presenta come una spettacolare realizzazione che fascia tutta la vetta rocciosa
del monte Pirchiriano.
Il nucleo da cui si sviluppa la
Sacra, iniziata negli ultimi anni del 900, attorno a una chiesetta tricora
intitolata all'Arcangelo San Michele.
L’edificazione continua dall'XI
al XIV -nel corso di quattro secoli- diventando uno dei maggiori complessi
abbaziali benedettini d'Europa, certamente il più famoso nell’Italia
Settentrionale.
L’ingresso alla Abbazia è la
l’immagine più forte di tutto il complesso. Si ha come la sensazione di una
“apertura/pertugio” che immette in una sorta di vera e propria creatura. È
sicuramente la parte più imponente dell' abbazia.
41 metri di altezza. Un
massiccio pietroso che può “spiazzare” il pellegrino. Chi vi scrive è
restato letteralmente basito nell’osservare come su di uno scoglio montuso si
sia realizzata una simile struttura.
La facciata si presenta come un
vero “massiccio”. Cogliamo vari elementi, ma sostanzialmente due registri: uno
di vera e propria facciata, rotto da un l’altro costituito dall’area
presbiteriale dell’abside della chiesa di San Michele.
A livello funzionale questo
stesso organo è leggibile anche in base all’ordine delle pietre la combinazione
coloristica e geometrica delle linee rette dello zoccolo grigio-ferrigno con le
curve piene della chiesa verdognola, coronata dall'abside centrale e da quel
trionfo di galleria ad archetti -detti “viretti”- è fra i migliori esempi di
logge absidali romaniche.
I monaci benedettini si
accinsero a costruire un ciclopico lavoro di basamento intorno alla prima metà
del XII secolo, per erigervi sopra la grande chiesa a cinque absidi.
Dal 24 settembre 2005 è collocata nella vicinanza della rampa di
scale esterne prossime all'accesso al basamento della chiesa, vi è la statua di
San Michele Arcangelo creata dall'artista Paul dë Doss-Moroder.
Scalone dei morti e porta
dello zodiaco
Al piano della chiesa dedicata
all’Arcangelo si sopraggiunge dal piano d'ingresso attraverso un ampio e rapido
scalone[5].
Oltrepassati i primi scalini
sulla sinistra troviamo un pilastro di oltre 18 metri che sostiene il pavimento
della sovrastante chiesa, alla destra sporge una larga roccia che si smarrisce
pian piano nel muro di fronte. Tutto sembra così scenografico, silenziosamente
afono.
Lo “scalone dei Morti”, così
chiamato perché durante i recenti restauri, fra archi arditi, tombe e ampie
nicchie sono stati rinvenuti alcuni scheletri di monaci, di qui il nome.
Certune delle tombe che
accoglieva -ornate di marmi- altre intonacate e dipinte: esse vennero più volte
manomesse. Oggi ne vediamo solo cinque.
La Porta dello Zodiaco è in cima
al rapidissimo scalone che domina il silenzio dei secoli. Il lavoro degli
scultori[6]
è formato da frammenti marmorei. Sullo stipite alla destra di colui che sale si
evidenziano i segni dello zodiaco e su quello di sinistra altre costellazioni.
Il Portale d’ingresso si trova
sull’ultima rampa, una sontuosa scala di pietra verde. Quattro massicci
contrafforti e archi rampanti progettati dall'architetto D'Andrade e ultimati
nel 1937.
È impossibile che l’osservatore
non lanci lo sguardo verso l’infinito. Dall’alto si apre, verso la piana
sottostante, una delle più belle panoramiche sulla pianura torinese. La visuale
dalla Sacra è un vero cannocchiale, mozzafiato. Anche per questo, nel corso
degli anni, è stato sempre oggetto ambito da varie milizie per stabilire la loro
base logistica.
Ingresso alla chiesa
Lo stupendo portale romanico in
pietra grigia e verde si trova su di uno spazioso ripiano. Nei primi anni del
Mille venne costruito dagli architetti di Ugone.
Il portale presenta un'ampia
apertura –di fattura romanica- tutto archi, cordoni sostenuti da semicolonnine a
capitelli floreali. Ancor’oggi trasmette un forte senso di rilassatezza, difatti
la tipicità dei portali è trasfondere sicurezza , accoglienza e calma.
La testa di un monaco
incappucciato sovrasta dall’alto il gocciolatoio che termina a destra. Sulla
sinistra un tempo una testa di ragazzo, oggi scomparsa.
Le colonnine con archetti
trilobati sulla destra e sinistra, resti del portico che proteggeva il portale.
La porta è stata eseguita nel
1826, i cui battenti esibiscono il diavolo in forma di serpente ma con volto
umano e le armi di San Michele Arcangelo.
L’interno della Chiesa dal 1937
ha subito grandiosi restauri, iniziati con la ricostruzione della volta centrale
a crociera. La sala liturgica si presenta a tre navate, è stata creata -in
parte- direttamente sul monte, difatti sotto il primo pilastro a sinistra
affiora come la cima. Il tempio a oriente è sostenuto da un imponente basamento.
La chiesa di San Michele riesce
a dimostrare -nel suo insieme- il graduale modificarsi dell'arte da romanica in
gotica, passaggio del secolo XII al XIII che dimostrano la sua datazione.
Nella cornice strombata del
finestrone absidale delle figure dei profeti maggiori tra i quali Isaia,
Geremia, Ezechiele e Daniele. La parte inferiore è coperta dalla scena
dell'Annunciazione dell'Arcangelo Gabriele a Maria: occorre sottolineare lo
sguardo -meritevole di considerazione e nostro riguardo per la scelta estetica e
la costruzione prospettica della visione resa- l'atteggiamento di questi ed il
viso dell'Annunciata, ricco di intesa spiritualità e mistica dolcezza. Al di
sopra delle lesene absidali troviamo alcune sculture, raffiguranti i quattro
evangelisti nei loro relativi simboli da destra: un angelo -simbolo di Matteo-,
il leone –Marco-, il bue -che raffigura Luca- e l’aquila -che è Giovanni-. È
certamente degna di essere ammirata in contemplazione, per accogliere l'intenso
messaggio religioso.
L’originario santuario di San Michele
Il Santuario di San Michele,
contenuto nel complesso della Sacra, ha avuto alterni momenti e fasi di
costruzione.
Il primitivo sacrario è composto
di tre sacelli absidali, messi da parte entro un cantuccio -il più antico della
grandiosa mole sacrense- là dove i piedi del pellegrino appoggiano proprio sul
culmine del monte Pirchiriano.
L’atmosfera è estremamente
energetica, soprattutto in questa parte dell’antico santuario in cui si
percepise –con più vigore, complice il raccoglimento- la sacralità del luogo.
Le fonti riguardo l’erezione del
primo nucleo della Sacra mancano o sono insicure; mentre le supposizioni
riguardo l’origine si fanno numerose, si attorcigliano in maniera confusa. La
più parte degli storici convengono nell'individuare qui la prima Sacra,
ritengono momento storico originario del suo culto a San Michele. La cappella
più vasta ha la parte di fondo di roccia viva ed è un ampliamento delle altre
due: la sua costruzione risale prima dell’anno Mille -alla fine del 900- ed è
opera degli angeli e di San Giovanni Vincenzo.
Questa cappella è certamente il
luogo più sacro di tutta la Sacra.
Il grande affresco della assunzione
Il più grande affresco
conservato nella Sacra è l’Assunzione. Risale al 1505 e si trova sulla parete
sinistra di chi entra in chiesa. È eseguito -in gran parte- di Secondo del Bosco
di Poirino.
L’autore di questa Assunzione
–chiunque sia stato- seppe ripartire lo spazio in modo equilibrato e con ottimo
criterio suddividendovi tre scene: la prima nel registro inferiore descrive la
Sepoltura di Gesù; nel secondo registro la dormitio di Maria -soggetto piuttosto
insolito e raro nell’iconografia cristiana-; nel terzo registro invece la
Madonna Assunta.
Eccellente è la scena che narra
il Cristo calato nel sepolcro, molteplici i dati che la rendono un unicum: da un
lato l' espressività del viso che esprime con grande pathos dolore, ciò è reso
maggiormente dal movimento accentrato delle persone. La tipicità di quest’illustrazione
è ancora più la genuina freschezza dei colori, specialmente riuscito –nella sua
ieratica semplicità composta- il bel corpo di Gesù morto.
Il trittico di Defendente Ferrari
Il trittico è quanto di meglio
si serbi alla Sacra, è ora attaccato alla parete occidentale del Coro Vecchio.
Una dolce Madonna allatta il
Bambino Gesù –un altro unicum della storia dell’arte: la raffigurazione della
Madonna del latte-, spicca al centro del trittico, domina in piedi, dagli
occhietti guizzanti ed un poco ansiosi. Lateralmente –ai lati della Madre di
Dio- altri due pannelli che rappresentano l'uno San Michele Arcangelo –nell’atto
di sterminare con forza il demonio-, mentre l'altro presenta San Giovanni
Vincenzo, che mostra alla Vergine il committente dell'opera Urbano di Miolans[7].
La grazia del Bambinello è
eccezionale. Si osservino la faccia e le mani della Madonna, dimostrano una
grande e raffinata compostezza. Il realismo descrittivo della descrizione di
piccolo Gesù è impressionante: i capelli hanno l'apparenza una lieve superficie
di seta, naturalissima la collocazione dei piedini. Il viso di Maria è
amorevole, sintesi di virtù quale la modestia dello sguardo, la freschezza della
bocca che ispira fiducia e amore compassionevole verso il suo Bimbetto. La
Vergine è avvolta da un’aureola dorata a forma di mandorla.
Completa questa tavola centrale
lo zoccolo del trittico che illustra -in una squisita predella- altre scene
della vita di Maria quali: la Visitazione di Maria, la Natività di nostro
Signore e l'Adorazione dei Magi. L’autore sintetizza molti motivi iconografici
con un’originalità ed una padronanza degna di un grande maestro che conosce
molto bene non solo la storia dell’arte cristiana, ma anche la teologia.
Affresco della leggenda
L’affresco dell’antica leggenda sé ubicato sulla parete destra
del Coro Vecchio e riepiloga la storia, mista a leggenda, della fondazione del
Santuario.
Schiere angeliche e colombe muovono le travi dal monte Caprasio
alla cima del Pirchiriano, per l’edificazione della prima chiesetta dedicata a
San Michele Arcangelo.
Il Vescovo di Torino Amizzone che ascende da Avigliana e trova la
chiesa già consacrata dagli Angeli è illustrato al centro della scena, mentre a
sinistra –sul fondo- il corteo di Ugo di Montboissier che da Susa si porta verso
il Pirchiriano per fondarvi il Monastero.
Rovine
Adiacenti la chiesa si scorgono -dal terrazzo- sono le rovine del
grande monastero costruito fra il XII e il XV secolo. Lo sguardo che osserva
–oltre allo stupendo scenario della piana- può scorgere imponenti massi di
pietre che sono ciò che resta delle celle monastiche e cucine.
Un senso di commozione e di sgomento invade lo spirito di chi
entra fra questi imponenti e rovine ammassi di pietre.
Il grandioso edificio a cinque piani, che oggi mostra solo
pilastri, muraglioni enormi, archi terrificanti e barbacani spettacolosi,
termina sul precipizio del monte con la cosiddetta Torre della Bell'Alda.
Torre della Bell'Alda
La torre Bell’Alda si intravede
già da molto lontano. La costruzione è solitaria, staccata dal resto del
monastero.
La fantasia popolare elaborò una
leggenda popolare che si diffuse in valle: la bella Alda spiccò da lì il salto
per sfuggire a soldati di ventura.
La bella ragazza si gettava nel
sottostante burrone rimanendovi illesa.
Purtroppo tentò nuovamente
–questa volta per vanità e denaro- ed il suo corpo si massacrò sfracellandosi
sulle profonde scogliere.
«Tanto ci raccontavano i vecchi
che erano coetanei ai tempi ne' quali ciò successe»[8].
Altri ambienti non sacri
Un altro ambiente visionabile è
l'officina. Questa è un ambiente estremamente caratteristico poiché costruito
con mattoni a vista -oggi anneriti dal tempo e dal fumo-, strutturata in una
bellissima volta a botte.
L’edificio fu fatto per
effettuare lavori di riparazione degli attrezzi o si realizzavano
artigianalmente nuovi oggetti. Fino agli anni '40 dello scorso secolo sulla
parete di fondo del locale è inserita una forgia.
Cella eremitica
Nel 1987 sotto il pavimento del
corridoio che percorre il piano sottostante il "coro vecchio" venne scoperto un
piccolo locale, probabilmente una cella eremitica.
Lo spazio è estremamente angusto, misura appena due metri di
lato.
Durante il ritrovamento era tutto ingombro di macerie. Una volta
asportati i detriti si è giunti alla originaria pavimentazione su cui vi erano
assicelle di legno, viluppi di corda e un accozzaglia di candele liquefatte
assieme.
La scoperta più significativa è
di due preziose monete d'argento coniate dai vescovi di Le Puy (fine X sec.) e
dai Visconti di Limoges (fine X inizi XI sec.). Queste due medaglie coniate i
hanno consentito di attribuire la data di costruzione dello spazio ritrovato e
anche di accennarne l'utilizzo da parte della comunità monastica quale
ripostiglio, prima che fosse abbandonato. Altre ipotesi sull'uso di quest’ambiente
attribuiscono tale spazio ad un suo utilizzo quale cella dell'eremita San
Giovanni Vincenzo. Altre ipotesi ne dichiarano la possibilità di impiegarla come
cella eremitica utilizzata dai monaci per ritirarsi a pregare in solitudine,
isolati dagli altri confratelli, ma prossimi alla comunità monastica.
La buona tecnica costruttiva fa
anche considerare che la minuta stanzetta si debba mettere in comunicazione al
cantiere della costruzione della primigenia chiesa abbaziale, a prescindere
dall'uso residenziale o meno cui fu destinata prima di trasformarsi a fondaco.
Biblioteca
«Ho due stanze piene di libri –diceva
il Priore di San Michele, Benedetto Juniore - e non
li ho ancora letti tutti, ma vi studio sopra ogni giorno. Non esiste libro sulla
terra che io non l'abbia….».
Questa la dichiarazione resa a
Limoges nel 1031 durante Concilio dei rappresentanti delle grandi abbazie
benedettine d'Europa riunitisi per discutere dell’Ordine Benedettino e fare il
punto della diffusione nelle diverse regioni.
Le parole dell’allora Priore
sono il più remoto segno dell’estesa e ben corredata biblioteca abbaziale che
-dopo la soppressione del 1622- sparisce, probabilmente disseminata in tutto il
mondo.
Nell'ottobre del 1836 sorse
l'odierna biblioteca, quando sul Monte Pirchiriano si insediò a custodia della
Sacra di San Michele l’Ordine dei Padri Rosminiani.
Addirittura due giorni dopo
l'arrivo dei primi religiosi, fu lo stesso Rosmini, a spedire una comunicazione
da Stresa con l'elenco dei libri da acquistare.
L’originaria biblioteca
conteneva circa 300 tomi dei secoli XVII e XVIII e, con il tempo, vi si
immagazzina un patrimonio importante di testi, sino a raggiungere il numero di
circa ottomila volumi -tutti riordinati e schedati-, tenendo conto del sistema
della Biblioteca Vaticana, dal paziente e ininterrotto lavoro di un gruppo di
studiosi Volontari. Oggi la biblioteca è a disposizione di studiosi e studenti,
su prenotazione, non effettua prestiti.
Museo quotidiano
Il Museo del quotidiano è posto
in un Locale al piano d'entrata del Monastero vecchio, impiegato in passato
dapprima come legnaia e poi come ripostiglio.
La sede è oggi ubicata in un
piccolo museo, che raccoglie macchinari ed utensili da lavoro d'epoca, presenti
in un’officina di un fabbro o un piccolo laboratorio di falegnameria. Molte le
curiosità presenti in una mostra permanente sulla civiltà e gli strumenti
preindustriali, l’artigianato presente in questa regione subalpina.
L’esposizione mette in luce come
il Monte Pirchiriano prenda un posto molto importante nella costruzione
dell’abbazia, difatti la parete settentrionale ella stanza è completamente di
roccia, definendo così la sua funzione di supporto e di sostegno all'intero
complesso della Sacra.
L’odierna attività della Sacra di San Michele
Come si è già sottolineato poc’anzi
negli ultimi anni la Sacra ha avuto un interesse speciale -generoso ed
incoraggiante- da parte di vari enti (pubblici e privati).
Un'intelligente azione la
svolgono da sempre le soprintendenze ai beni architettonici ed artistici[9]:
studi mirati sollecitano e garantiscono gli indispensabili interventi di
restauro da parte degli organi statali competenti.
Solo recentemente l’ente Regione
Piemonte ha disposto dei mezzi per occuparsi seriamente della Sacra: sta
lavorando in modo deciso e confortante dopo che è riuscita ad averla
definitivamente in concessione dal demanio. La Regione si è anche adoperata per
ottenerne la proprietà.
Le più recenti opere di
ripristino sono state: il totale rifacimento del tetto della chiesa, unitamente
a quello del vecchio convento. È stato inoltre restaurato il Portale dello
Zodiaco, contemporaneamente a pregiate tavole e tele.
L’intervento del così detto
Sepolcro dei Monaci è stato positivo e felice. A questo si è aggiunto il
recupero conservativo entro il monastero vecchio, nelle antiche foresterie e
sala del pellegrino, sugli archi rampanti.
In questi ultimi anni
-unitamente ai lavori di ripristino di alcune strutture e restauro conservativo-
la Sacra ha ricominciato a vivere forti momenti di iniziative culturali che
l’hanno resa una Comunità viva e molto attiva a livello intellettuale:
-
dal 1992 un convegno annuale con la pubblicazioni degli atti;
-
la cura liturgico-religiosa dell'antico santuario micaelico;
-
a favore del pellegrino e del turista un potenziamento un servizio –via via sempre più qualificato- di guida e di accoglienza
-
la costituzione dell'associazione dei volontari della Sacra che promuove –per consentire un potenziamento degli iscritti- di corsi di formazione;
-
numerosi concerti in basilica, nei mesi di maggio, giugno e settembre, con particolari visite guidate al monastero vecchio;
-
l’accrescimento della biblioteca, con relativa schedatura di tutti i libri e il riordino dei manoscritti e volumi più pregiati;
-
la realizzazione di un cd rom sulla Sacra nel tempo, con l’inventario delle opere accumulatesi durante i secoli di permanenza dell’edificio;
-
l’introduzione di un ticket d’accesso -che consente un minimo di ordinaria manutenzione- per la custodia e la gestione dell'intero complesso.
-
Non ultime e da non sottovalutare per la loro particolare opera di prestigio per la Sacra:
-
il 14 luglio 1991 la visita del Santo Padre Giovanni Paolo Pp II,;
-
esternamente l’illuminazione interna dell'intero complesso che è stata inaugurata la notte del 24 settembre 1994;
-
il riconoscimento della Sacra di San Michele quale “monumento simbolo del Piemonte” con la Legge Regionale n.64 del 21/12/1994;
-
-
un grande progetto concernente l'accessibilità, la sicurezza e laconservazione della Sacra, è stato accolto nel piano degli interventi per il Grande Giubileo del 2000;
l'atto sacrense più rilevante è stato quello della convenzione
tra regione Piemonte e padri Rosminiani ed è stato siglato nel 1995. In esso si
puntualizzano e si garantitiscono -attraverso la presenza dei Rosminiani- i più
estesi compiti di vigilanza e di ordinaria manutenzione, di sicurezza e di
conservazione, di diffusione culturale e di fruizione della Sacra. All’art.3
-della stessa convenzione- si ribadisce un posto speciale dell'istituzione di un
Comitato Regionale per il godimento –da un lato- e –dall’altro- della
valorizzazione culturale della Sacra. Gli obiettivi ed i progetti individuali
prefissi dalla Regione e dai Padri Rosminiani si spostano in più direzioni: la
manutenzione e valorizzazione del sacro monumento; la cura liturgica del
santuario; il servizio di accompagnamento-guida ai visitatori (nei giorni
festivi la media è di oltre 1000 persone); l'accoglienza ed ospitalità per tre o
quattro persone per una condivisione dell’attività spirituale; il riacquisto e
la promozione di possenti momenti culturali sfocianti in convegni, conferenze,
concerti, mostre, non ultimo l’assistenza agli studiosi. È così che la Sacra
varca la soglia del secondo millennio lanciandosi in una sfida nuova: di esser
un centro privilegiato di formazione alla vita consacrata, alla ricerca di
spiritualità e di promozione culturale.
[1]
Cozio, amico il primo di Cesare Augusto.
[2]
Notiamo come i romani hanno cercato di rendere -in forma elegante- un
attributo che era dato dalle popolazioni precedenti, che hanno influito alla
storia del territorio precedentemente la dominazione romana. Questo
significa una sorta di timore reverenziale dei romani verso “luoghi sacri”
ed un tentavo di captatio benevolentiae alle divinità del luogo alfine di
sottomettere le popolazioni senza scontrarsi.
[3]
Papa Gregorio XVI…………………………………..
[4]
Legge che depauperò la
comunità religiosa dei pochi averi che le avrebbero garantito un dignitoso
sostentamento e all'edificio un minimo di manutenzione.
[5] Caratteristica comune anche
al Mont-Saint-Michel in cui l’accesso alla chiesa era preceduto –durante le
visite solenne- da sontuose processioni scenografiche.
[6]
L’autore è il maestro Nicolao, famoso scultore del XII secolo.
[7]
Urbano di Miolans è l’abate
commendatario della Sacra dal 1503 al 1522.
[8] Così scriveva
lo storico Gallizia nel
1699.
[9]
Finalizzata alla tutela ed
alla valorizzazione del monumento.
Fonte : scritti dell'artista prof. Alessio Varisco , Técne Art Studio .
Prof. ALESSIO VARISCO , Designer - Magister Artium , Art Director Técne Art Studio
http://www.alessiovarisco.it ; www.antropologiaartesacra.it ; http://architetture.splinder.com/
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