ATTUALITA' DELLA SPIRITUALITA' DI "
GIACOMO GAGLIONE "
E PRESENTAZIONE DI TRE SUE ICONE MARIANE
di Rosa Morelli
Madonna delle
Grazie , di Giacomo Gaglione.
La spiritualità di Giacomino
Gaglione e la sua attualità
<<Cinquant'anni di
croce per saper sorridere>>: il testamento spirituale di Giacomino Gaglione si
compendia in queste brevi dense parole.
Mi è stato chiesto
un intervento per parlare dell'attualità della sua spiritualità. Ritenendo che
la vita spirituale, poiché vita
nello Spirito, vita trinitaria, è
sempre attuale e tocca tutti coloro che nel battesimo sono chiamati alla vita
eterna, e che, pertanto, l'attualizzazione è un'operazione obsoleta, mi piace
accogliere questo invito come una provocazione perché è un'occasione per fermare
l'attenzione su quanto parla con forza sempre, in ogni tempo, nella vita di ogni
uomo.
Il mistero della sofferenza
Giacomino Gaglione
è stato da questo mistero completamente avvolto. Giovanissimo, elegante,
aristocratico nei modi, fascinoso nella parola, con il dono di una disinvoltura
nelle relazioni che è eredità culturale e rivelazione di una personalità forte
nel carattere si trova d'un tratto immobilizzato senza speranze di
miglioramento.
La rivolta, la
ribellione è violenta, specie quando comprende con profonda amarezza che a lui è
negata ogni speranza in una vita ricolma di affetti.
Per un giovane
appassionato della vita questa è una scoperta devastante.
Ma la vera vita di
Giacomino comincia qui, in quel giorno d'ottobre che sarà per lui la seconda
nascita. L'incontro con Padre Pio si trasforma da richiesta a lode: dimentico
della grazia che era andato a chiedere, nell'incontro con il padre di
Pietralcina si spalanca il Paradiso: incontro con il Risorto nella cui luce
vivrà tutta la vita.
La statura di
Giacomino cresce come d'un balzo e oggi ci permette, ad opera della sua
intuizione -l'apostolato della sofferenza- di proporre un discorso sul dolore,
accolto in tutto lo scandalo che la sofferenza porta con sé, scandalo che può
essere non superato ma attraversato
come lo ha attraversato Gesù di Nazaret e con Lui tutti i Suoi Santi.
Nulla come
l'evoluzione umana somiglia a una
via
crucis (T. de Chardin).
Nel Giardino posto ad
Oriente tutto è bellezza e l'uomo passeggia con Dio alla brezza della sera. Ogni
suo sentimento, ogni sua azione, ogni suo dolore -fino alla morte- trovano in
Dio l'amore che consola che solleva e dà la forza per superare qualsiasi prova.
Non esiste un periodo storico immune dalla percezione del limite perché la
sofferenza è limite creaturale, è la consapevolezza che Dio è Dio e l'uomo non è
Dio.
Il dubbio del serpente
-simbolo del nemico-, il fascino malsano della promessa: diventare come Dio,
ribaltano ogni rapporto. La prospettiva si altera: l'uomo vuol porsi al centro e
fare da solo quel che è il desiderio di Dio: il senso, il fine della creazione e
della creatura è diventare 'simili' a Lui, crescere, come dirà Paolo, fino alla
statura di Cristo.
Il desiderio diventa lotta
di classe: togliere potere per avere potere, saltando ogni passo intermedio,
rinunciando alla crescita graduale che trasforma il bambino in adolescente e
l'adolescente in adulto.
Vivere come se Dio non ci
fosse: etsi Deus non daretur.
Questo è il succo della secolarizzazione, riduzione al mondano di tutte le cose,
riduzione all'effimero, lontananza dal cielo.
Se il peccato delle
origini è tutto questo esso è anche angoscia di fronte al dolore ed alla morte.
Due quadri sinottici: il
Giardino in cui ogni limite è accolto senza angoscia; la terra di 'triboli e
spine' dove ogni cosa è dolore e soprattutto: angoscia.
Era
necessario
un Dio per riportare al centro l'Amore, quello concreto pronto a farsi tutto a
tutti, per ricondurre l'uomo nella giusta prospettiva il cui centro irradiante è
Cristo rivelazione della Trinità.
Il
Figlio
che muore abbandonato sulla Croce realizza nel supremo abbandono del Padre la
comunione più profonda col Padre
e nella 'consegna' dello Spirito
apre le braccia ad accogliere tutti i lontani, dispersi nell'esilio dal cielo.
La società secolare,
globale, con le sue leggi e i suoi meccanismi, dimentica sempre il silenzioso
dolore degli ultimi. Per tale società valgono le leggi del mercato e del potere,
legge che seduce anche tanti che si dicono cristiani. Potere luciferino,
menzogna ben condita per deviare lo spirito e i sensi, nell'accecamento prodotto
dalla falsa luce del nemico: Satana si traveste da angelo della luce.
Nella società globale
quale valore ha una vicenda come quella di Giacomino e di tanti santi consumata
in un piccolo centro della Campania?
Se il Dio biblico chiama
le stelle ad una ad una ed esse risplendono nella risposta gioiosa; se il Padre
ha cura dei gigli e dei fili d'erba, la rivelazione di Gesù è certezza che
ciascuno di noi è per Dio 'importante'. Il tempo in cui si consuma e passa la
nostra storia non è un tempo cronologico, fatto di istanti isolati e
addizionati. La vita non è un'addizione (Sartre)con di tanto in tanto una somma.
In Cristo il tempo è il tempo della Grazia e passa di gloria in gloria fino alla
Gloria finale.
Per chi ha scommesso la
propria vita sulla fede in Cristo Gesù, la propria storia è gioia, nonostante il
dolore, nonostante il limite, nonostante l'angustia di certi giorni.
Il mistero dell'uomo
Giacomino è l'uomo che ha
vissuto alla presenza di Dio per cinquant'anni. Ha vissuto ai piedi del trono
dell'Agnello; ha sperimentato la
dilatatio del
cuore da cui sono sgorgate tante grazie. Anziché chiudersi in un egoistico e
superbo isolamento, sulla scia del Profeta Nazareno, ha percorso strade, ha
annunciato la bellezza, ha asciugato le lacrime dei suoi compagni di strada, ha
cantato la gioia.
Ha imparato a
sorridere. La
sofferenza resta un mistero e lui non chiede spiegazioni, la accoglie, ne fa la
sposa la compagna del quotidiano. Come Gesù la trasforma in una via di salvezza
per sé e per gli altri.
Salvezza, che il mondo non
cerca. Salvezza: senso nascosto sempre cercato e mai pienamente conquistato.
Giacomino Gaglione è
l'uomo in tutta la sua statura perché nel nostro tempo che smarrisce sempre più
l'umanità, incapace di porsi la domanda fondamentale: <<che cos'è l'uomo?>>, pur
avendo tante risposte già pronte; un tempo che trascina la sua disumanità con
leggerezza, che ha trasformato anche la guerra in 'guerra intelligente' con
bombe 'intelligenti' che portano morte e dolore senza che l'uomo che è dietro di
esse ne avverta il peso -salvo a vivere nevrosi e drammi negli anni successivi
'inspiegabili'-; si è fatto problema a se stesso, ed ha perciò sollevato la
questione su Dio nella sua vita. E perciò Lo ha conosciuto conoscendo se stesso
nell'unica maniera veramente cristiana: nella Croce del Figlio che riconduce gli
esiliati presso l'albero della vita, nel giardino ad Oriente.
La Croce non permette
armonizzazioni. Essa è la memoria costante della serietà, come fedeltà, di Dio,
e della serietà dell'uomo. Scomoda, è inciampo in qualunque momento della
storia.
La parola della Croce non
tramonta e non tramonta chi ha fatto della Croce la sua forza.
Questa e
solo
questa
è l'attualità di Giacomino: la più vera, la più autentica tra le attualità:
nell'oggi di una chiesa in cui la parola della croce rischia di essere
sconosciuta e dimenticata proprio da quanti avrebbero dovuto in essa fare la
scelta che qualifica la vita.
Capodrise, 29 maggio 2010
Rosa Morelli
Madonna con Bambino
, di Giacomo Gaglione.
Le icone mariane di Giacomino
Gaglione1
La malattia, la
ribellione, il sorprendente cambiamento che lo vede trasformarsi in apostolo
della sofferenza, pronto a raccogliere le lacrime dei sofferenti di tutto il
mondo e ad accoglierle nel suo cuore, dilatato dal dolore, libero da ogni
angustia, lo consegnano a noi, nella vita e negli scritti, come un'icona vivente
dell'amore di Dio.
Egli è
instancabile nell'azione, un'azione che trova la sua sorgente inesauribile
nell'inesauribile Amore trinitario che egli dona e sparge a tutti, ai più vicini
-la madre, le sorelle, i nipoti- ai più lontani.
Questa sera viene
a noi incontro non nei suoi scritti, ma attraverso tre immagini mariane.
Egli ci rivela se
stesso attraverso la pittura, che assume per lui il valore di una preghiera.
Perché, al di là ed oltre ogni valore artistico, questi dipinti parlano di un
desiderio, una preghiera, una speranza: diventare, come Maria, un'icona vivente
del Dio Tre volte Santo; diventare come un bambino tra le braccia della Madre.
Divino
Maestro dell’universo,
illumina l’anima, il cuore e lo spirito del tuo servo
guida la sua mano affinché possa,
per la gloria e la bellezza della Santa Chiesa,
rappresentare in un modo perfetto e degno
la Tua immagine creata,
quella della Tua Madre Purissima
e di tutti i Santi
illumina l’anima, il cuore e lo spirito del tuo servo
guida la sua mano affinché possa,
per la gloria e la bellezza della Santa Chiesa,
rappresentare in un modo perfetto e degno
la Tua immagine creata,
quella della Tua Madre Purissima
e di tutti i Santi
E' questa la
preghiere che l'iconografo, il monaco che, nella tradizione orientale, dipinge
il Volto del Cristo, di Maria e dei Santi tutti di Dio innalza a Dio prima di
iniziare la sua opera.
L'iconografo di
tradizione bizantina, è un uomo dedito alla vita contemplativa, alla vita
monastica; una vita immersa nel Mistero che si nutre di preghiera e di silenzio.
Secondo la tradizione orientale la pittura delle icone, non obbedendo ad
un'estetica mondana, è una vera ascesi, del cuore e della mente, alle altezze di
Dio ma perché ciò sia possibile, bisogna invocare lo Spirito Santo che, nel
movimento dell'epiclesi, inonda della sua Luce l'artista e gli dona l'arte
divina3,
poiché nello Spirito noi diventiamo 'figli' , nello Spirito diventiamo: 'icona'.
Dipingere l'icona
trasforma così in icona
l'artista-teologo, perché la pittura è riflessione credente sul Dogma
trinitario, e mette in moto una lenta trasformazione -trasfigurazione- che
avviene nel profondo, ricolmando sempre più l'artista di quello Spirito che
realizza il Vangelo dello Spirito Santo, vangelo <<visivo e contemplativo>>4,
poesia senza parola: <<Nelle sue rivelazioni, egli è il “dito di Dio” che
traccia l'Icona dell'Essere con la Luce increata. Alla soglia dell'ineffabile
Sapienza di Dio, egli fa contemplare la Bellezza sofianica del Senso e lo
costruisce come Tempio cosmico della Gloria>>5.
Giacomino Gaglione
non è un monaco orientale; è un uomo pienamente inserito nella nostra tradizione
occidentale. Egli vive la sua esistenza in relazione con i compagni di strada
che il Signore gli pone accanto.
La sua sofferenza,
spinta fino all'eroismo, diventa per lui, in maniera inaudita, la fonte della
gioia che non delude, della giovinezza che non invecchia.
Se c'è un
testimone credibile della vita secondo lo Spirito è certamente a lui che
dobbiamo guardare.
Impara a dipingere
e dipingerà non con la pretesa di realizzare dei capolavori dell'arte
occidentale, ma per cantare la sua poesia a Colui che ama più d'ogni altro e
alla Madre tenerissima di quel Figlio da cui ogni gioia discende. Dipinge
seguendo i canoni della tradizione dell'arte occidentale; dipinge perché ogni
pennellata è per lui 'memoria', biblicamente: presenza nella sua vita delle
meraviglie del Signore.
Non ci consegna
un'icona come la Vergine di Vladimir6,
piuttosto un dipinto chiaramente sulla scia dei Raffaello e dei Masaccio. Ma il
suo vangelo dello Spirito, la sua Teologia della Bellezza, quella della sua
esistenza, ci viene incontro nei dipinti mariani: <<La bellezza perfetta viene
dall'alto, dall'unione con la luce più che risplendente e che è l'unica origine
di una teologia sicura>> (Gregorio Palamas).
Madonna delle Grazie
“Con qual titolo
ti loderò, o Vergine Bella; / qual nome ti griderò che sia degno di Te?”
Il primo dipinto ci viene incontro con i primi versi
di una preghiera Giacomino. E' la Madonna delle Grazie.
La Vergine e il
Bambino sono inseriti in una mandorla dallo sfondo azzurro. I volti della Madre
e del Bambino quasi si toccano. La guancia paffutella del Bimbo divino e quella
giovane, nell'ovale levigato, della Madre, generano nell'atto del Bimbo come un
movimento, un'azione che sta compiendosi mentre l'osservatore contempla il
dipinto. Anche l'inclinazione del corpo del Bimbo che sembra protendersi verso
sua Madre, aumenta il movimento, donando al dipinto un senso di estatica pace e
di gioia profonda.
Lo sguardo di Maria
è come fermo in un punto lontano; allo stesso modo anche il Bambino non guarda
verso l'osservatore bensì fissa gli occhi ridenti verso lo stesso punto della
Madre.
E' la
Madonna delle Grazie, dipinta nel 1951, in
cui ogni pennellata rivela la gioia immensa di un cuore senza confini, tanto
ampio da contenere, ad immagine della Trinità Santa, il mondo intero,
l'universo.
La Grazia è il dono
di Dio, è Dio stesso che si comunica a noi, non per i nostri meriti ma per i
meriti di Gesù Cristo. E Maria è la 'piena di Grazia', è Colei che ne è stata
rivestita in abbondanza. Guardando il suo volto sorridente -per la luce degli
occhi per il delicato sorriso-, un volto giovane e adulto, vengono a noi le
parole del Magnificat: “L'anima
mia magnifica il Signore/ e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore>> (Lc 1,
46). La lode della Madre è lode al Dio Tre volte Santo, poiché Ella è tutta
relativa al Figlio la Gloria viene da Lei stessa resa al Signore.
L'immagine del
Bambino, che, nella scena si lega in un abbraccio alla Madre, rivela che
quell'abbraccio è fonte di tenerezza: il Figlio è come attento a proteggere la
Madre, a sostenerla. La manina destra le accarezza la guancia. La Madre lo regge
con la destra, nel gesto tipico di ogni donna che regge tra le braccia un
bambino, mentre la sinistra quasi esita: è un sostegno e una carezza. Quel
Figlio che regge tra le braccia è anche Colui che è venuto per la salvezza di
Tutti. E' il suo Bambino ma non le appartiene. E' Lui la Grazia che Lei porge al
mondo.
Madonna con Bambino
Maria è qui seduta su un
trono invisibile e regge tra le braccia il piccolo Gesù. La sua posa è maestosa
nell'essenzialità della scena: lo sfondo è privo di elementi architettonici, una
nuvola fa da sedile ed un'altra da poggiapiedi. Il volto è quello di
un'adolescente.
Tutto in Lei, dagli occhi
che guardano lo spettatore, alle labbra come sigillate in una silente preghiera,
è evocazione del fecondo silenzio di Dio.
A spezzare la visione
della Vergine, resa dalla staticità della posa, e a donarle come un mostrarsi ed
un ritrarsi allo sguardo dello spettatore, è il Bambino. Il suo corpo è tutto
movimento, i suoi occhi sorridenti e vivaci. Con il piedino sinistro poggia
sulle ginocchia della Mamma che è costretta a reggere quel corpicino che quasi
le sfugge di mano. Egli guarda oltre e sorridendo alza la manina sinistra per
benedire il mondo.
Sulla destra, tra le
nuvole, i volti di due angioletti,incuriositi, spuntano. Ansiosi di partecipare
a quella scena che vede il Figlio di Dio desideroso di comunicare al mondo il
dono della Sua benedizione. A sinistra dell'osservatore un altro angioletto, più
serio degli altri due, più compreso nel suo ruolo di primo piano, partecipa a
questo incontro mirabile del cielo e della terra.
Ecco l'Ancella del
Signore: anche qui è il Bambino il protagonista assoluto e Lei, la Madre, nel
silenzio della sua esistenza, è tutta impegnata alla sequela di quel Figlio.
Conoscere il suo cuore di Madre, equivale a conoscere le richieste del cuore di
Gesù.
Maria è
la
Donna perché nulla in Lei è fuori posto, nulla è arbitrario, nulla è frutto di
un calcolo e di un egoismo. Nuova Eva, Ella è Colei che tra il dubbio insinuato
dal serpente e il fidarsi esclusivamente di Dio (cf. Gen 3), sceglie, nel timore
che la consapevolezza della sua creaturalità le dona, come un'ulteriore
bellezza, di affidarsi alla Sua Volontà. Ed ecco perché “tutte le generazioni mi
chiameranno Beata”. In questo sta la beatitudine e la vita eterna.
La Madonna del Carmine
Due sono i dipinti che
conosciamo su la Madonna del Carmine. In entrambi ritorna la giovane Madre e il
Bambino vivace.
La Madre e il Figlio, come
anche nei dipinti precedenti, sono come sospesi in una dimensione
d'incantamento. In uno la Madre regge il Bambino Gesù, sempre dolcissimo nei
tratti e bellissimo, felice, radioso, impegnato nel movimento con cui si rivolge
a qualcuno che si trova oltre il perimetro delimitato dalla scena. Nell'altro
gli sguardi della Madre e del Figlio, ridenti, si incrociano mentre l'abitino,
viene mostrato e offerto a quelli che li ammirano.
Simile ai dipinti
precedente è l'atmosfera che Giacomino riesce ad esprimere: i due sono come
avvolti da un unico afflato, la loro comunione è perfetta, ma è una comunione
che è anche un'offerta: è invito, a tutti coloro che li guardano,a prendervi
parte. Non c'è niente che chiuda, in un egoistico piacere, il rapporto della
Madre con il Figlio.
Entrambi mostrano
l'abitino o scapolare, che è l'abito dei carmelitani, l'abitino che dona a chi
lo porta con sé una morte santa e la vita eterna.
Con un movimento grazioso,
la Madre in uno inclina il corpo mentre il suo sguardo si posa su un punto
invisibile, alla destra dello spettatore e la bella mano regge lo scapolare;
nell'altro ferma il suo sguardo, dai grandi occhi -evidenziati da una linea di
contorno- sul Figlio.
Il Bambino guarda verso
sinistra, nel primo dipinto; la manina tiene lo scapolare come un bimbo che
regge un oggetto di gioco. Nell'altro, sempre sulle ginocchia della Madre,
risponde al sorriso materno mentre offre anch'egli l'abitino.
E' assente ogni elemento
architettonico. Tutto trabocca di letizia e serenità che sottolineano la
solennità della scena.
Madonna del Carmine , di Giacomo Gaglione.
La Vergine la Madre la Sposa
Ogni icona è rivelazione
nel visibile dell'Invisibile. Nell'icona si legano, indissolubilmente,
l'antropologia di Dio e la teologia dell'uomo: movimento di discesa di Dio nel
cuore del mondo, movimento di ascesa dell'uomo alle vette della contemplazione.
Il mondo dell'icona è perciò un compendio denso del Mistero.
Maria è l'icona del
Mistero7.
In lei si incontra tutta la storia dell'Antica Alleanza, presenza del Dio della
Bibbia nelle pieghe della storia, e della Nuova Alleanza: rivelazione, epifania
di Dio nell'Incarnazione del Figlio. Ella è l'apice dell'attesa del popolo, è la
speranza del popolo della promessa, è il luogo concreto in cui questa attesa si
fa carne (Gv 1, 14).
Figlia del Figlio, Ella è
la purissima; grembo accogliente dell'Incarnazione del Verbo, Ella è la Madre;
luogo in cui l'eternità sposa il tempo, Ella è la Sposa.
Antropologia di Dio e
teologia dell'uomo, Maria è anche l'icona dell'abbraccio tra la Trinità e il
mondo.
Dinanzi al Padre Ella è
Vergine,
pura accoglienza della Sua
Parola; dinanzi al Figlio è Madre
che nella assoluta gratuità dell'amore, rimanda alla sorgente dell'amore
trinitario: il Padre, amore originario originante e gratuito; dinanzi allo
Spirito è Sposa
perché ricolma della sponsale comunionalità tra il Padre e il Figlio che è lo
Spirito.
Colei che l'umana natura
nobilitasti: Ella è anche <<semplicemente la creatura umana davanti a Dio
[...]come rappresentante della creazione da lui interpellata e della libertà
della creatura che nell'amore non svanisce ma si 'realizza'. Nel <<sì>> della
Vergine risplende il capolavoro della gratuità creatrice di Dio: la dignità
della creatura, resa capace nell'economia della grazia preveniente di dare l'
assenso della sua libertà al progetto dell'Eterno>>8.
L'iconografo
Giacomino
Gaglione ha nei dipinti mariani scritto il suo Vangelo dello Spirito, la poesia
del cuore e, svelando la sua fede trinitaria, ha intravisto in Maria l'epifania
del Mistero, il mistero di Dio e il mistero dell'uomo e della Chiesa
pellegrinante nella storia.
«O Vergine Santa,
conducimi con Te. Dammi i tuoi
occhi
per cercare Gesù. Voglio
imparare da Te,
o eternamente Vergine,
ad amare Gesù.
Parla all’anima mia, o Madre
dolcissima!Parla!...
Parla ancora e fa’ che io
comprenda meglio e faccia
in ogni sospiro, in ogni lacrima
e in ogni parola,
rivivere questo spirito di carità
che man mano,
sotto il Tuo sguardo, mi inonda!
Parlami o Madre!
Guidami, o Dolcissima!
Chiamami e correrò lungo la scia
del Tuo profumo».
(tratto da G. Gaglione, Ostie sul Mondo, n. 4
(luglio-agosto 1954).
Capodrise (Ce), 27 maggio 2010
Rosa Morelli
Note:
1Relazione
per il decreto di venerabilità di Giacomino Gaglione.
2Giacomo
Gaglione è stato dichiarato Venerabile. A sedici anni, d'improvviso,
si scopre malato di una forma di poliartrite che lo paralizzerà,
permettendogli solo il movimento delle mani. Dopo una prima fase di profonda
ribellione, e la speranza di una guarigione per l'intercessione di Padre Pio
da Pietralcina, vede, con suo stesso stupore, mutare i suoi sentimenti.
L'incontro con San Pio non gli ha donato la guarigione fisica ma ha operato
una vera rivoluzione. Egli non solo accetta il dolore ma si fa apostolo per
aiutare gli altri sofferenti e le famiglie, consapevole che il 'dono delle
lacrime' non può essere accettato subito come un 'dono' e che il malato, che
pure ha ricevuto una missione ineguagliabile, deve essere aiutato,
sostenuto, aperto, pedagogicamente, al mistero della sofferenza. I suoi
viaggi a Lourdes, la sua preghiera ai piedi di Maria, sono per lui fonte di
sempre nuove e più ricche grazie. Dimentico di sé, egli si impegna per
sostenere la croce degli altri, con delicatezza e premura; è dolce e fermo
assieme, pronto all'ascolto; attento alla propria famiglia e a coloro che
sono lontani. Le sue lettere e le sue preghiere sono un gioiello di
spiritualità e a questa produzione scritta si affianca anche il suo talento
di artista, come testimoniato dai suoi dipinti.
3<<Gli
attributi ben noti dello Spirito sono la Vita e la Luce. La Luce, anzitutto,
è potenza di rivelazione, e per questo il Deus revelatus
si chiama Dio-Luce>>: EVDOKIMOV, Teologia della Bellezza. L'arte
dell'icona, Paoline, Roma 1981, 31.
4Ibi.
5Ibi.
6Su
questo cf. EVDOKIMOV, cit.; pure
7Cf.
FORTE B. , Maria, la donna icona del Mistero. Saggio di mariologia
simbolico-narrativa, Paoline, Cinisello
Balsamo(Mi) 1989.
8FORTE
B. , Maria la donna..., cit. ,
163-164.
Fonte : La
Redazione di ARTCUREL ringrazia la prof.ssa Rosa Morelli che ha
gentilmente fornito la documentazione per l'articolo.
E-mail della Prof. Rosa
Morelli : morelli.rosa2003@libero.it
Per
approfondimenti su Giacomo Gaglione e il suo Apostolato della Sofferenza,
sito web :
www.giacomogaglione.it ;
www.sorelledelleucaristia.it
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