giovedì 25 luglio 2019

CONOSCERE SE' STESSI : L'AMORE, di Ugo Abate



Ugo  Abate
CONOSCERE SE' STESSI : L'AMORE
 


 

L’Amore è principalmente una duplice realtà, contenente al suo interno sia un volontario dono di sé sia un’esigenza dell’altro, in un modo inscindibile.
Il volontario dono di sé è quello della propria “perfezione” di essere umano, capace di relazionarsi e di donarsi e, quindi, di nel donarsi trova così la propria perfezione realizzata in un modo più forte e ciò porta con sé la gioia.
Inoltre, nell’Amore c’è l’esigenza dell’altro, come qualcuno che ci perfeziona, nel momento in cui diventa oggetto (cioè il fine) della nostra conoscenza e, quindi del successivo desiderio di averlo, possederlo quale oggetto (termine o fine) di Amore. Ed in tutto ciò c’è anche oltre che la gioia nel donarsi e quella dell’aver raggiunto una maggiore perfezione ontologica, anche una normale componente di piacere.
L’Amore, quello vero, che oggi molto spesso è confuso con una semplice relazione su base prettamente sessuale e di attrattiva fisica, comporta sempre, anche se in vari gradi, le due suindicate inseparabili ed inscindibili realtà, sia che l’amore si realizzi sul piano bipersonale uomo-donna, sia se si realizzi sul piano interpersonale Uomo-Dio, sia se si realizzi su quello pluripersonale Uomo-Prossimo.
C'è da considerare che la creatura umana, qualunque sia il tipo di amore nel quale si trova, a quale sia stato chiamato da Dio ed egli abbia liberamente scelto, si attende sempre una qualche gratificazione, la quale lo faccia sentirsi e star meglio, qualunque dei tre tipi di relazione sia.
La vita matrimoniale realizza il primo delle tre relazioni summenzionate ma non può escludere le altre due. Questa è protesa primariamente, a motivo della relazione d’Amore bipersonale stabile, alla relazione d’amore con i figli, ordinario frutto naturale di questa vita matrimoniale.
L’assenza eventuale di questo frutto, cioè dei figli e solo se dovuto a cause naturali, non rende sterile, per questo motivo, quest’amore, che anzi conserva una intrinseca naturale e soprannaturale spirituale fertilità, che potrà fruttificare nei modi più vari ed armoniosi.
La relazione matrimoniale stabile, aperta ed aprendosi alla vita dei figli, comunica a questi ultimi la propria perfezione biologica ed affettiva e questa relazione d’amore è protesa e si continua durante tutta la vita e della relazione intra ed extra familiare coi figli.
Il secondo tipo di relazione, quello uomo-prossimo, preso in un senso totale, come vita consacrata al prossimo, totalmente esclude necessariamente ed ordinariamente il primo tipo di relazione: quello della vita matrimoniale.
L’esclusione è resa necessaria non sempre, ma solo quando la dedizione al prossimo prende tutta la vita di una persona e tutta la sua giornata e tutto il suo essere per cui costui si pone nella necessità di dover restringere il proprio ambito, escludendo il pure specificamente impegnativo esercizio dell’amore familiare bipersonale prima, e pluripersonale poi se ciò è vengono i figli che un amore vero non escluderà mai di accettare. Certo che l’Amore-donazione verso il prossimo è pur sempre in parte realizzabile anche avendo scelto e vivendo una vita matrimoniale, ma necessariamente l’ambito, lo spazio di amore-disponibilità al prossimo, si restringe.
Ritornando all’Amore-stabile-bipersonale-matrimoniale, esso include necessariamente il terzo tipo di relazione d’Amore: cioè quello uomo-Dio, poiché l’Amore bipersonale-stabile-matrimoniale da quest’ultimo scaturisce, così come vi scaturisce la relazione Uomo-prossimo. E’ Dio infatti la fonte di bontà di ogni tipo d’Amore.
Il terzo tipo di relazione d’Amore, cioè il rapporto uomo-Dio non può escludere il rapporto uomo-prossimo ma non necessariamente implica anche quello bipersonale-stabile matrimoniale uomo-donna. Ecco dove trova il motivo di esistere la vita celibataria sacerdotale, quella conventuale dei frati e delle suore e quella monastica dei monaci e monache.
Costoro sono chiamati a rispondere liberamente alla chiamata di Dio (vocazione alla vita consacrata, che è diversa dalla vocazione che ad altri Dio fa, chiamandoli alla vita matrimoniale).
La vocazione alla vita consacrata non vuole soffocare e non soffoca nessuno dei due tipi di fertilità, quella biologica e quella spirituale presenti in ogni creatura umana, ma solamente fa rivolgere solo a Dio (cioè con cuore indiviso), e poi attraverso la carità verso il prossimo le forze ed i bisogni di questa duplice fertilità che possiede ogni essere umano.
Se, dunque, si esamina bene il tutto, il perno della vita di ogni essere umano è sempre e solamente l’Amore, a chiunque e dovunque sia rivolto poiché noi tutti siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio. E questa similitudine con lui consiste proprio nell’essere stati strutturati capaci di Amare, in modo cosciente e libero. Queste ultime caratteristiche sono essenziali perché un Amore possa dirsi veramente tale. Gli animali, infatti, non possiedono una tale struttura ma la possiede solo la creatura umana, che l’ha e può amare, sa di amare e liberamente può scegliere di amare o di rifiutarsi di farlo.
Siamo stati creati tutti per una vita di Amore, prima su questa terra ed infine, sempre come dono gratuito di Dio, ad una Vita Eterna di Amore con Dio, la Santissima Trinità, che è l’amore stesso per essenza. San Giovanni, l’evangelista, infatti, lo afferma: Dio è amore e chi non ama resta sempre nella morte, quella peggiore cioè quella spirituale (cfr. 1Gv 4).
Amare con lo spirito, con l’anima ed in piena libertà, qualificano specificatamente l’Amore vero umano e ne costituiscono le prerogative essenziali, anche se presenti da sole.
In più, a tali prerogative si può associare anche la componente corporea, la quale presa da sola non è però qualificante dell’Amore vero umano, e non dice Amore, ma è solo una equiparazione al puro istinto, quello cioè che hanno anche tutti gli animali non razionali. Se invece all’amore col corpo si accompagna anche l’amore spirituale, quest’ultimo qualifica e perfeziona lo stesso amore umano e corporale e lo finalizza al suo proprio specifico fine, cioè: l’effusione dell’Amore bipersonale, che si concretizza nella comunicazione della propria vita biologica ed affettiva ad un altro essere distinto ma simile ai due amanti.
Questa nuova creatura sarà, infatti, anch’essa strutturata come coloro che l’hanno procreata, cioè i genitori e creata, cioè Dio. Infatti mentre il corpo ci viene trasmesso dai genitori, lo spirito e l’anima vengono creati da Dio proprio al momento del concepimento, nel momento stesso in cui il seme maschile l’ovulo si uniscono. Abbiamo già in questo istante una nuova creatura, un altro essere umano completo, che deve attendere solo il suo tempo di sviluppo biologico, per potere venire alla luce. Questa nuova creatura sarà anch’essa capace di amare quale appropriato frutto dell’unità di “carne” che costituiscono la coppia stabile (“ed i due saranno una sola carne”, cfr. Gn 2, 24).
L’amore è, per sua natura effusivus suis, cioè diffusivo di sé stesso, della propria ricchezza, cosicché i due coniugi comunicandosi scambievolmente la propria perfezione e comunicandola, per parte biologico-affettiva alla nuova creatura, creano una nuova realtà già nel ventre materno e sin dal momento del concepimento, e con ciò i procreatori, cioè i genitori, possono stabilire un’ulteriore rapporto-dialogo-relazione-comunicazione d’amore vero e cioè: il dono scambievole di sé, anche se nato un altro livello. Infatti, ora c’è il rapporto dei genitori verso il figlio e del figlio verso i genitori. Tutti insieme, ora, rivolgendosi l’uno verso l’altro, ciascuno come al proprio specifico fine, cioè la persona da Amare e da raggiungere Amando “possedendosi” in qualche modo ma sempre senza egoismo, né ossessività in tale modo tutti i membri di questo nascente nucleo familiare si perfezionano in questa tensione d’Amore, in questa tensione ad amare ed ad amarsi vicendevolmente. Se ciò non avviene, e nella misura in cui ciò non avviene, cade la stessa unità della famiglia. Allora, è facile anche la disgregazione della stessa, poiché manca il suo elemento fondamentale, cementante e vitale: l’Amore.
Ora considereremo il rapporto tra amore e gioia che portino con sé anche una naturale componente di soddisfazione dei sensi.
L’amore vero, che logicamente non esclude le prove più o meno difficili della crescita a due, l’essenza di questo amore vero nel dono di sé all’altro ci relaziona all’altro. È proprio in questa relazione che ci si perfeziona e, perfezionandoci ci arricchiamo e giungiamo così a percepire anche la gioia di questo rapporto. Quest’ultima ci viene proprio da questa maggiore ricchezza, è il sussulto dello spirito che avverte di essere più ricco di qualcosa che sappiamo essere l’essenza stessa di Dio: l’Amore.
L’amore umano riflesso, immagine, somiglianza dell’amore divino, è anche come quest’ultimo, fecondo per sua natura, aperto alla vita ed allo stesso Dio, alla fedeltà reciproca al rispetto del corpo
dell’altro, in tutti i sensi evitando tutto ciò che possa danneggiarlo, vedendolo non esclusivamente come fonte di piacere, ma come il corpo di quella stessa persona che è il fine ed il termine del proprio Amore. Considereremo ora il rapporto amore-piacere, con esclusiva componente di appagamento dei sensi.
L’amore egoistico, quello in cui non c’è il vero dono di sé ma solo il desiderio ed il possesso dell’altro per sé stessi appaga solo i propri desideri istintivi, che pur sono buoni in sé stessi, altrimenti Dio non ce li avrebbe posti dentro di noi. Questo tipo e modo di amare è spesso anche chiuso alla vita nascente e spesso, più o meno, con un unico legame, sono chiusi anche a Dio.
È in questo tipo di relazione maschio-femmina che trovano spazio tante forme distorte di amore e di amare. Infatti, più che un dono del proprio corpo, unito al dono di tutto sé stessi, cioè anche dello spirito dell’anima, vi è l’uso del proprio corpo per trarne principalmente del piacere per sé e, se anche per l’altro, lo è, in ultima analisi solo e sempre per sé stessi.
In tal modo vi è solo un appagare i propri desideri istintivi e solo un rafforzamento di questi stessi. In questo tipo di amore, inoltre, è più facile ancora che trovi spazio l’uso dei molteplici mezzi contraccettivi (anticoncezionali), sia orali che locali o persino chirurgici, maschili e/o femminili, con notevoli danni a volte immediati, ma spesso tardivi, sull’uno e/o sull’altro partner e, a volte, anche sulla futura inaspettata o attesa prole.
Nello stesso tipo di amore qui indicato, trovano spazio, inoltre, a volte anche tante pratiche, se talvolta non sono addirittura contro natura, spesso deturpano il corpo in un modo immediatamente visibile o meno, con effetti che a volte si manifestano a distanza di settimane, mesi o perfino anni influenzando talvolta la sfera psico-affettivo-sessuale.
Per terminare, in tale tipo di amore può trovare più facilmente spazio la fedeltà di uno o di entrambi i partner, infedeltà nelle sue più svariate e sottili forme, partendo da quelle solo mentali, spirituali fino a quelle anche materiali.
Per tutto quanto sopra esposto, per ben ponderare e discernere, cioè saper dividere, tra ciò che è bene e ciò che male e solo così poter fare delle scelte veramente libere dal punto di vista morale cristiano, occorre conoscere, conoscersi, conoscere l’altro sia come persona fisica con tutte le sue proprie esigenze da rispettare, sia come persona spirituale con i suoi propri caratteri psicologici, affettivi, intellettuali unici ed irripetibili per ciascun essere umano.
È qui che si deve rivolgere principalmente la vera tensione d’Amore. Conoscere l’altro come persona fisica certamente non comporta, in nessun modo, tutte quelle relazioni fisiche prematrimoniali comunemente intese ed ammesse sempre più, nel mondo d’oggi, da una morale che va perdendo la sua oggettività ed universalità, tendendo sempre più al soggettivismo ed al personalismo: non è bene ciò che veramente per tutti è bene, né è male ciò che veramente e per tutti è tale, ma è bene quello che lo è per me, ed è male solo quello che secondo il punto di vista è tale.
Tutto ciò è chiaramente esposto dagli insegnamenti della Santa Madre Chiesa, dal suo Magistero, da suoi Documenti, dalle nuove disposizioni del Concordato tra Stato italiano e Chiesa.
Questa è la nostra fede: credere ciò che la Santa Madre Chiesa ci invita e insegna a credere, la sua Verità, quella del Santo Vangelo e di tutte le sacre scritture.
L’insegnamento della Religione Cattolica è per i battezzati, affinché vengano aiutati a meglio comprendere i contenuti della propria fede e del proprio credo a maturare come coloro che sono calati e vivono le realtà terrene, quali cittadini anche di una società: quella terrena, locale, regionale, nazionale, europea, mondiale. Certamente da tale insegnamento non viene mai escluso chiunque lo voglia: battezzato o non battezzato.
Riprendendo il discorso sulla bontà dell’amore coniugale, si deve tener presente che la relazione interpersonale corporea dei due coniugi segue quella, già avviata, della loro relazione interpersonale spirituale, più o meno avviata più o meno approfondita e che è chiamata a durare per tutto l’arco della propria vita: “…finché morte vi separi” (vedi Rito Della Celebrazione Del Matrimonio Cristiano).
La relazione corporea, come precedentemente accennato, perfeziona e completa continuamente i due coniugi, a tal punto che essa, sempre più, esprime la sua realtà di essere mezzo necessario per concretizzare questa relazione fattasi unità stabile, fedele  perenne nel matrimonio: “…e sarete una sola carne” (cfr. Mt 19,4), fino a giungere all’eventuale frutto, innaturale concepimento, espressione concreta e visibile di questa relazione di Amore vero. È a questi che l’amore dei coniugi continua ad effondersi, cioè al figlio già solo concepito, in quanto costui è già vero uomo e vera persona, e totalmente, fin dal primo istante, cioè fin dal momento in cui il seme maschile si unisce al suo ovulo.
Al neoconcepito continua ad effondersi l’amore dei due genitori, e la nuova creatura, deve solo attendere i nove mesi, che servono per la maturazione del proprio corpo, per venire alla luce. In questa creatura, fin da primo istante della sua esistenza nel grembo materno vi è tutta la realtà spirituale che fa dell’individuo umano una persona umana: l’anima, lo spirito, l’intelligenza, la volontà, l’affettività, la coscienza, la capacità a comunicare, a dialogare e persino ad amare. Questa nuova creatura una volta venuta alla luce sarà capace di relazionarsi ulteriormente ed Amare a sua volta, amando per prima i genitori ed imparando poi ad amare Dio e, con Dio e con Dio, il prossimo e col prossimo se vorrà liberamente a sua volta potrà intraprendere una sua personale relazione bipersonale. E così l’Amore si perpetua, per ora nel tempo. Ecco perché il rapporto sessuale fecondo deve avvenire solo tra i due coniugi, cioè nell’ambito di una relazione volutamente stabile cosa richiesta non solo da Dio ma anche dalla sola e semplice legge naturale quest’ultima scritta nel cuore di ogni creatura umana.
Tale rapporto non può non avere per sé ed in sé una volontà non effusiva di sé stessi, cioè d’Amore vero, cioè procreativo ed aperto ogni volta alla vita, anche se solo virtualmente cioè come possibilità ed eventualità di procreare diversamente, l’atto copulativo (atto sessuale completo) è tradito nel suo stesso fine e nella sua perfezione ed è tradito, nella sua perfezione, lo stesso amore interpersonale che dovrebbe sempre alimentare ogni atto coniugale ed, in particolare, quello copulativo.
Se quest’ultimo non è così finalizzato almeno nell’intenzione, esso diventa un atto di contraddizione esistenziale pratico, reale, poiché ogni azione specifica esprime sempre un preciso corrispondente pensiero ed è sempre rivolto al suo proprio specifico fine. Se ciò che facciamo non esprime quello che facciamo allora siamo dei falsi!
Tutto ciò non esclude il poter programmare, con mezzi leciti (come per esempio il metodo della misurazione della temperatura basale) e nei tempi leciti (cioè il tempo del matrimonio), sia il momento del concepimento che il numero dei figli. È per tali motivi che è richiesto al battezzato ed alla battezzata di non avere rapporti prima del matrimonio, tanto meno quelli completi né altri tipi di rapporti intimi, che di per sé portano e sono finalizzati dalla natura stessa al rapporto completo (rapporti preliminari).
Tali rapporti intimi a metà od incompleti sono destinati ad essere atti abortivi in senso lato, monchi, morti in sé stessi poiché hanno, nella mente di chi li compie o la non volontà al concepimento oppure la paura del concepimento o, come nel caso in cui c’è già il vero Amore, la volontà al concepimento stesso ma pratica non possibilità a non poterlo attuare per motivi ovvi, incomprensibili.
Tali atti, pian piano se non trovano il loro libero fine naturale, seppur all’inizio possono essere sostenuti da un Amore vero, non fanno che sciupare, spesso per sempre, ciò che di buono c’è, c’era o vi sarebbe potuto naturalmente esservi: sentimenti veri, autentici e spontanei.
In seguito diremo se sarà possibile il perché di tutto ciò, altri motivi che ci dicono e ci fanno capire che non è bene avere rapporti intimi prematrimoniali di alcun genere, né, per quanto riguarda l’ambito stesso del matrimonio, l’avere rapporti completi interrotti al momento dell’eiaculazione (coitus interruptus).
San Paolo, nei suoi scritti, afferma che l’uomo battezzato può fare tutto, ma non tutto può fare di quello che vorrebbe, poiché non tutto è bene. Si riferiva, infatti, ad un contesto culturale di allora e, per molti versi con molti problemi morali uguali ai nostri (1Cor 6,12).
Molti sono i danni, spesso nascosti in noi senza che ce ne accorgiamo in modo chiaro, danni provocati da quanto subito qui sopra esposto: cioè da rapporti prematrimoniali, da rapporti completi interrotti. Il tutto potrebbe sembrare un po’ eccessivo, ma se si andasse a verificare nei centri di assistenza alle coppie, che si trovano presso alcune università o nei centri in cui viene assistita normalmente la coppia che normalmente ha rapporti prematrimoniali allora si avrebbe un quadro più facilmente accettabile al riguardo delle problematiche sopra indicate e dei suoi aspetti negativi relativi. I danni vanno innanzitutto a ciò che è la componente più importante del rapporto uomo-donna: cioè all’amore vero dove questo c’è e se questo c’è.
Ancora i danni sono a carico del corpo stesso e della psiche in diverso grado e modo, sia nell’uomo che nella donna e ciò per l’uso, oltre che di tecniche condannate direttamente da Dio e poi anche dalla Chiesa (vedi infatti Genesi 38,9), anche di altri mezzi come: il profilattico maschile, quello femminile, la spirale, schiume e pillo spermicide, pillola anticoncezionale, la “pillola del giorno dopo”, per non parlare della sterilizzazione maschile e femminile.
Al riguardo della pillola del giorno dopo (194), usata per precauzione il giorno dopo di un rapporto completo e per eliminare ogni eventuale concepimento sopravvenuto durante le poche ore successive al rapporto completo stesso, essa è un vero abortivo potenziale, a tutti gli effetti. Chi la usa, esprime senz’altro la volontà di liberarsi da un’eventuale o sicuro concepimento, ovunque ed in qualunque modo.
È stato accertato che spesso questa pillola, una volta venduta di contrabbando ed ora non più, viene adoperata spesso da studentesse già al livello delle Scuole medie inferiori!
Altri danni ancora bisogna considerare sia sulla psiche che sul corpo, sia separatamente che congiuntamente. Queste conseguenze, che a volte non sono immediatamente né chiaramente visibili, sono spesso il frutto della pratica di rapporti intimi anche senza rapporti sessuali completi.
Il riferimento è al petting, che in gergo i ragazzi chiamano “pomiciamento”. Il riferimento è anche alla masturbazione, persino al bacio colombino e a tutto quanto rientra, tutto sommato, nei preliminari di un rapporto completo. E i fatti constatati nella mia esperienza personale non mi contraddicono.
Spesso, la frigidità femminile, che tende ad essere come conseguenza di questi anomali rapporti la forma di patologia più frequente insieme alla sterilità maschile (entrambi più delle volte manifestatisi proprio nell’ambito matrimoniale), hanno in queste pratiche suindicate la loro origine.
Da questa analisi si può ora comprendere il perché la Chiesa dice essere peccato quelle stesse cose che lo sono anche e prima per il nostro Dio.
Il peccato è tale non per un arbitrio di un Dio che tutto sommato viene considerato tanto lontano da noi o da noi estraneo tanto da non poterci comprendere, e da non poterci comprendere tutti, da non poterci conoscere nelle difficoltà che ogni attimo abbiamo per la lotta contro il Male e contro le nostre cattive inclinazioni (eppure è il nostro Creatore e Padre).
Ma il peccato è tale e proibito l’atto morale in quanto arreca danni a noi stessi ed agli altri, è un disordine che si inserisce in noi e, quindi, nell’Universo, essendo noi parte di questo stesso.
Danneggiando la nostra persona, noi offendiamo oltre che noi stessi, sia come semplici creature che come figli di Dio offendiamo Dio stesso in persona, sia come nostro Creatore che come nostro Padre.
Inoltre si viene a pesare negativamente e, quindi, a mancare verso quelle stessa Umanità nella quale facciamo parte, verso la Chiesa di Cristo ed infine in modo più forte verso la stessa Chiesa di Cristo, della quale facciamo parte in quanto battezzati.
Concludendo, i concetti sopra esposti potrebbero ad uno sguardo sommario ed affrettato, dimostrarsi eccessivamente rigorosi, fuori dalla realtà concreta della vita di ogni giorno e dai nostri giorni. In effetti non è così, in quanto, con una più approfondita analisi medico-scientifica, psicologica, biologica, secondo una morale non soggettivistica, secondo una retta e viva coscienza, il tutto trova una ancor più forte valida conferma.
La difficoltà dei tempi, che rendono in modo particolarmente difficile il sano comportamento morale non può farci desistere dal nostro dovere cristiano ed umano e non può darci alcuna giustificazione per un qualunque tipo di compromesso che si voglia scegliere a riguardo della stessa vita  morale cristiana e non. Il non condividere un valore, non potrà mai darci il diritto di deformare per una qualunque motivazione soggettiva la realtà oggettiva ed universale di quello stesso valore, di qualunque tipo di valore si tratti.
È qui, infatti, la fatica più grande dell’essere uomo, maschio e femmina che sia.

 




Fonte : Dal libro "Un figlio di un grande albero" , di Ugo Abate; chi è interessato al libro, essendo edito in proprio,  può contattare l'Autore scrivendo a  ugoabate@libero.it  , oppure telefonando al n° 3291861293.









Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari negli ultimi 30 giorni