martedì 23 luglio 2019

LA " PASSIONE " DI GIBSON, di Giovanni Tonelli



LA " PASSIONE " DI GIBSON

di Giovanni Tonelli 
 


Carissimi, siccome qualcuno di voi un pò di tempo fa mi ha chiesto cosa penso di questo film, ora, dopo averlo visto per la terza volta, mi sento in grado di dare una compiuta opinione in merito.
Secondo me, pur essendo una rappresentazione della Passione del Signore molto cruda e realistica, con una violenza che in alcune scene sfocia nella brutalità, si tratta di un film bellissimo.
Bellissimo, per la stupenda fotografia dei paesaggi, dalle ripetute inquadrature verso i cieli, simbolo dell'infinito, alla rappresentazione nuda e cruda dell'impervio paesaggio dei sassi di Matera, dove il film è stato girato.
Bellissimo, per l'ambientazione epidermica e realistica che, per via dei dialoghi in latino ed aramaico, quasi cala lo spettatore dentro la vicenda.
Bellissimo, per la fede e la magistrale bravura con cui è stato diretto e girato, e per l' intensa e convincente interpretazione di tutti gli attori, in particolare i ruoli di Gesù e Maria.
Bellissimo, per l'intenso gioco di sguardi che esprimono 
ciò che con le parole non si mai sarebbe potuto esprimere: sentimenti di 
amore e dolore, amicizia e tradimento, coraggio e paura, con un silenzio impregnato d'amore e di commossa partecipazione alle sofferenze del Signore.
Infine, bellissimo per la contrapposizione simmetrica e frontale (quasi manichea) 
tra alcuni simboli (la via del dolore verso il Calvario contrapposta alla via della gioia nel flashback dell'ingresso del Signore a Gerusalemme nella domenica delle Palme; la montagna del Calvario che diventa montagna di ascensione verso Dio con il flashback sul  Discorso della Montagna;
l'acqua della morte nella quale Pilato si lava le mani e l'Acqua usata dal Signore per la lavanda delle mani e dei piedi durante l'Ultima Cena).
 
Orbene, dopo avere sobriamente parlato dei suoi pregi, 
ora vorrei cercare brevemente di rispondere alle tre principali obiezioni
che sono state mosse contro questo film:
1: è antisemita. 
2:contiene molti errori.
3: la violenza è troppo accentuata ed esagerata.
 
Per quanto riguarda la prima obiezione, l'antisemitismo, sfido chiunque a trovare una sola scena, o un solo fotogramma del film che siano, anche vagamente o lontanamente, antisemiti.
Anche se alcuni Ebrei di quell'epoca hanno voluto la morte di Gesù sulla Croce, tuttavia, come ha affermato il Concilio Vaticano II, la vera causa della Passione e Morte del Signore sono stati i peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi.
Ebbene, il regista mette bene in evidenza questo concetto, nella scena della crocifissione, dove il braccio che si vede conficca il primo chiodo è il suo.
In tale modo il regista ha voluto sapientemente simboleggiare in un fotogramma proprio tutti i peccati di tutti gli uomini, i suoi per primi. 
Per tale ragione, secondo me quest'obiezione è totalmente inconsistente e destituita di ogni fondamento.
Per quanto riguarda poi gli errori del film, è vero che ci sono alcune inesattezze (lo scambio di figure tra la Maddalena e l'Adultera; la Croce portata sulla via del Calvario già costruita nei due assi invece che solo nell'asse orizzontale; l'apposizione dei chiodi nel palmo delle mani invece che nei polsi).
Tuttavia, secondo me tali inesattezze o imperfezioni, che pure ci sono,
non sono così gravi da intaccare la bellezza strutturale del film, che non
è mai offensivo, irriverente, o irrispettoso nei confronti dei Vangeli, e
sono dovute più che altro alla libera interpretazione dei fatti, o "licenza artistica" del regista.
In fondo, un regista che ha investito tutti i suoi soldi in un film,
senza essere aiutato da nessuno (anzi che è stato combattuto, ostacolato, ed osteggiato da molti), se ha voluto dare una libera interpretazione ad alcuni fatti, penso che abbia avuto tutto il diritto di farlo.
Per quanto riguarda la terza obiezione, l'esagerazione, secondo alcuni parossistica, della violenza di alcune scene, il discorso secondo me qui è un pò più complesso.
Ho avuto la fortuna di assistere ad alcune interessanti conferenze sulla S.Sindone che sono in corso presso la mia parrocchia già da alcune settimane, e tali conferenze hanno messo in evidenza alcuni dati che sono il frutto di decenni di studi e di ricerche compiute da autorevoli studiosi sul sacro lino.
Orbene, riassumendo questi dati si può dire quanto segue.
L'Uomo della Sindone presenta qualcosa come 700 piaghe (dicasi 700!) sparse in tutto il corpo.
Il volto dell'Uomo della Sindone è pressoché deformato da percosse, tumefazioni, e contusioni varie. La parte superiore dell'emisfero cranico presenta la rottura di quasi tutti i vasi sanguigni ivi presenti, dovuta alla trafizione del capo da parte di profondi aculei intrecciati circolarmente tra loro.
L'emitorace destro è stato trafitto da uno strumento affilato che ha intercostalmente trapassato il cuore da parte a parte.
Il nervo ulnare, in prossimità dei polsi è stato trapassato da profondi chiodi, così come i piedi, provocando all'organismo che doveva in qualche modo muoversi sulla croce per non soffocare, atroci sofferenze.
Le spalle sono piagate e scarnificate, a causa di una cruenta flagellazione, e del peso enorme di un tronco di legno orizzontale, che molto probabilmente l'Uomo della Sindone ha portato sulle sue spalle per un lungo tragitto.
Ebbene, di fronte a questi dati, crudi, oggettivi, ed incontrovertibili, sono io che faccio una domanda a chiunque voglia rispondere, e cioè: si può davvero sostenere, di fronte a tali dati, che la violenza del film di Gibson sia esagerata?
Secondo me semmai è l'esatto contrario. Se il regista ha sbagliato, ha sbagliato non per eccesso, ma per difetto, ha cioè addolcito, mitigato, ed edulcorato una Passione che è stata, molto probabilmente, assai più cruenta (a chiunque fosse interessato consiglio per un confronto critico il bellissimo libro "La Passione del Signore nelle visioni di Anna Katherina Emmerick", ed. San Paolo, a cui il regista si è liberamente ispirato).
In pratica, delle due l'una: o si accetta l'idea di una Passione cruda e violenta, dando credito alla testimonianza discreta e silenziosa dell'Uomo della Sindone, oppure si sposa l'idea di una Passione "morbida", e così se da un lato si potrebbe affermare che il film di Gibson è esagerato, dall'altro però si dovrebbe avere il coraggio e la coerenza di concludere che l'Uomo della Sindone non è Gesù Cristo, e che la Sindone è un falso prodotto dall'opera di un geniale falsario medievale. 
Si dice che il S.Padre, dopo aver visto in proiezione privata il film, avrebbe detto: "it is as it was", cioè "è, come è stato". 
Questa frase, che ha fatto il giro del mondo, contiene il giudizio più sapiente ed equilibrato che sia stato dato finora su questo film, che  è una rappresentazione cruda e realistica, e storicamente corretta, della Passione e Morte del Cristo.
Se poi si rifiuta la violenza del film di Gibson per una pregiudiziale ideologica, allora il discorso è completamente diverso.
Il film di Gibson non è e non vuole essere un film comodo, né un film che fa comodo. Tra i tanti meriti, ha quello di avere spazzato via una certa idea "morbida" della Passione e Morte del Signore, che l'immaginario collettivo ha interiorizzato, determinata da molti film del passato.
Il Gesù di Gibson non è il Gesù con i "quattro graffietti
sulla schiena" della cinematografia hollywoodiana degli anni '50-'60, ne è il Gesù zeffirelliano (bello, ma forse troppo occidentale) delle nove frustate o della corona di spine appena timidamente appoggiata sul capo, e non è neppure il troppo ammiccante e smaliziato Gesù del film "Jesus" di qualche anno fa.
Il Gesù del film di Gibson è tutt'altra cosa. Grazie anche alla magistrale interpretazione del protagonista, è un Gesù divino ma anche molto umano, che con sguardi intensi e bellissimi comunica i suoi stati d'animo interiori allo spettatore ed a tutti gli altri protagonisti della vicenda.
Guarda intensamente Giuda mentre è brutalmente fatto precipitare giù da un dirupo poco dopo essere stato arrestato, guarda intensamente Pietro per ricordargli del giuramento che aveva fatto, scambia sguardi d'amore con la Madre (altra stupenda interpretazione) che lo segue e
lo sostiene durante tutta la Passione, fino alla Morte in Croce.
Con la violenza brutale di alcune scene, il regista, a fin di bene, vuole mettere in difficoltà lo spettatore, sconvolgerlo, farlo riflettere sulle sofferenze del Cristo, e bisogna dire che ci riesce in pieno: alla fine di quasi tutte le proiezioni, il pubblico non esce dal cinema commentando il film, ma in silenzio, quasi in un atteggiamento di mesta contemplazione.
Dunque è un film girato con fede ed amore, e sicuramente
non per fini di spettacolo.
Riprendendo una definizione di Mons. Joseph Augustine Di noia, domenicano statunitense e Sottosegretario della Congregazione per la dottrina della fede, data in un'intervista, 
questo film è "un'opera di apostolato, con la quale il regista ha saputo approfondire il significato teologico della Passione e Morte di Cristo, con grande sensibilità artistica e religiosa". In pratica, un capolavoro.
Lasciatemi concludere che la sequenza iniziale del Cristo agonizzante nel Getsemani che schiaccia la testa del serpente, con un chiaro riferimento biblico (cfr. Gen. 3,15), quella della lacrima del Padre per la Morte del Figlio ed infine la stupenda scena finale del Cristo risorto circonfuso da un alone di luce divina, sono talmente belle che penso
meritino, come tutto il film, di entrare a pieno diritto nella storia del cinema.
Un Abbraccio a Tutti.
Giovanni







Fonte : lettera e-mail inviata ad ARTCUREL dal nostro caro amico dott. Giovanni Tonelli .
 










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