LA " PASSIONE " DI GIBSON
di Giovanni Tonelli
Carissimi, siccome qualcuno di voi un pò di tempo
fa mi ha chiesto cosa penso di questo film, ora, dopo averlo visto
per la terza volta, mi sento in grado di dare una compiuta opinione in merito.
Secondo me, pur essendo una rappresentazione della
Passione del Signore molto cruda e realistica, con una
violenza che in alcune scene sfocia nella brutalità, si tratta di
un film bellissimo.
Bellissimo, per la stupenda fotografia dei
paesaggi, dalle ripetute inquadrature verso i cieli, simbolo dell'infinito,
alla rappresentazione nuda e cruda dell'impervio paesaggio dei sassi
di Matera, dove il film è stato girato.
Bellissimo, per l'ambientazione epidermica e
realistica che, per via dei dialoghi in latino ed aramaico, quasi cala lo spettatore dentro la vicenda.
Bellissimo, per la fede e la magistrale bravura
con cui è stato diretto e girato, e per l' intensa e convincente
interpretazione di tutti gli attori, in particolare i ruoli di Gesù e Maria.
Bellissimo, per l'intenso gioco di sguardi che
esprimono
ciò che con le parole non si mai sarebbe potuto
esprimere: sentimenti di
amore e dolore, amicizia e tradimento, coraggio e
paura, con un silenzio impregnato d'amore e di commossa partecipazione alle sofferenze del Signore.
Infine, bellissimo per la contrapposizione
simmetrica e frontale (quasi manichea)
tra alcuni simboli (la via del dolore verso il
Calvario contrapposta alla via della gioia nel flashback dell'ingresso del
Signore a Gerusalemme nella domenica delle Palme; la montagna del Calvario che diventa
montagna di ascensione verso Dio con il flashback
sul Discorso della Montagna;
l'acqua della morte nella quale Pilato si lava le
mani e l'Acqua usata dal Signore per la lavanda delle mani e dei piedi
durante l'Ultima Cena).
Orbene, dopo avere sobriamente parlato dei suoi
pregi,
ora vorrei cercare brevemente di rispondere alle
tre principali obiezioni
che sono state mosse contro questo film:
1: è antisemita.
2:contiene molti errori.
3: la violenza è troppo accentuata ed esagerata.
Per quanto riguarda la prima obiezione,
l'antisemitismo, sfido chiunque a trovare una sola scena, o un solo fotogramma del
film che siano, anche vagamente o lontanamente, antisemiti.
Anche se alcuni Ebrei di quell'epoca hanno voluto
la morte di Gesù sulla Croce, tuttavia, come ha affermato il Concilio Vaticano
II, la vera causa della Passione e Morte del Signore sono stati i peccati
di tutti gli uomini di tutti i tempi.
Ebbene, il regista mette bene in evidenza questo
concetto, nella scena della crocifissione, dove il braccio che si vede conficca il primo chiodo è il suo.
In tale modo il regista ha voluto sapientemente
simboleggiare in un fotogramma proprio tutti i peccati di tutti gli uomini, i
suoi per primi.
Per tale ragione, secondo me quest'obiezione è
totalmente inconsistente e destituita di ogni fondamento.
Per quanto riguarda poi gli errori del film, è
vero che ci sono alcune inesattezze (lo scambio di figure tra la
Maddalena e l'Adultera; la Croce portata sulla via del Calvario già
costruita nei due assi invece che solo nell'asse orizzontale; l'apposizione dei chiodi nel palmo delle mani invece che nei polsi).
Tuttavia, secondo me tali inesattezze o
imperfezioni, che pure ci sono,
non sono così gravi da intaccare la bellezza strutturale
del film, che non
è mai offensivo, irriverente, o irrispettoso nei
confronti dei Vangeli, e
sono dovute più che altro alla libera interpretazione dei
fatti, o "licenza artistica" del regista.
In fondo, un regista che ha investito tutti i
suoi soldi in un film,
senza essere aiutato da nessuno (anzi che è stato combattuto, ostacolato, ed osteggiato da molti), se ha voluto dare una
libera interpretazione ad alcuni fatti, penso che abbia avuto tutto il diritto di
farlo.
Per quanto riguarda la terza obiezione,
l'esagerazione, secondo alcuni parossistica, della violenza di alcune scene, il
discorso secondo me qui è un pò più complesso.
Ho avuto la fortuna di assistere ad alcune
interessanti conferenze sulla S.Sindone che sono in corso presso la mia
parrocchia già da alcune settimane, e tali conferenze hanno messo in evidenza alcuni
dati che sono il frutto di decenni di studi e di ricerche
compiute da autorevoli studiosi sul sacro lino.
Orbene, riassumendo questi dati si può dire
quanto segue.
L'Uomo della Sindone presenta qualcosa come 700
piaghe (dicasi 700!) sparse in tutto il corpo.
Il volto dell'Uomo della Sindone è pressoché
deformato da percosse, tumefazioni, e contusioni varie. La parte
superiore dell'emisfero cranico presenta la rottura di quasi tutti i vasi
sanguigni ivi presenti, dovuta alla trafizione del capo da parte di
profondi aculei intrecciati circolarmente tra loro.
L'emitorace destro è stato trafitto da uno
strumento affilato che ha intercostalmente trapassato il cuore da parte a
parte.
Il nervo ulnare, in prossimità dei polsi è stato
trapassato da profondi chiodi, così come i piedi, provocando
all'organismo che doveva in qualche modo muoversi sulla croce per non soffocare,
atroci sofferenze.
Le spalle sono piagate e scarnificate, a causa
di una cruenta flagellazione, e del peso enorme di un tronco di legno orizzontale, che molto probabilmente l'Uomo della Sindone ha portato sulle sue spalle
per un lungo tragitto.
Ebbene, di fronte a questi dati, crudi,
oggettivi, ed incontrovertibili, sono io che faccio una domanda a chiunque voglia
rispondere, e cioè: si può davvero sostenere, di fronte a tali
dati, che la violenza del film di Gibson sia esagerata?
Secondo me semmai è l'esatto contrario. Se il
regista ha sbagliato, ha sbagliato non per eccesso, ma per difetto,
ha cioè addolcito, mitigato, ed edulcorato una Passione che è
stata, molto probabilmente, assai più cruenta (a chiunque fosse
interessato consiglio per un confronto critico il bellissimo libro
"La Passione del Signore nelle visioni di Anna Katherina Emmerick", ed.
San Paolo, a cui il regista si è liberamente ispirato).
In pratica, delle due l'una: o si accetta l'idea
di una Passione cruda e violenta, dando credito alla testimonianza discreta e
silenziosa dell'Uomo della Sindone, oppure si sposa l'idea di una Passione
"morbida", e così se da un lato si potrebbe affermare che il film di Gibson è esagerato,
dall'altro però si dovrebbe avere il coraggio e la coerenza di concludere che
l'Uomo della Sindone non è Gesù Cristo, e che la Sindone è un falso prodotto dall'opera
di un geniale falsario medievale.
Si dice che il S.Padre, dopo aver visto in
proiezione privata il film, avrebbe detto: "it is as it was", cioè "è, come
è stato".
Questa frase, che ha fatto il giro del mondo,
contiene il giudizio più sapiente ed equilibrato che sia stato dato
finora su questo film, che è una rappresentazione cruda e realistica, e
storicamente corretta, della Passione e Morte del Cristo.
Se poi si rifiuta la violenza del film di Gibson
per una pregiudiziale ideologica, allora il discorso è completamente
diverso.
Il film di Gibson non è e non vuole essere un
film comodo, né un film che fa comodo. Tra i tanti meriti, ha quello di
avere spazzato via una certa idea "morbida" della Passione e Morte
del Signore, che l'immaginario collettivo ha interiorizzato,
determinata da molti film del passato.
Il Gesù di Gibson non è il Gesù con i "quattro
graffietti
sulla schiena" della cinematografia
hollywoodiana degli anni '50-'60, ne è il Gesù zeffirelliano (bello, ma forse
troppo occidentale) delle nove frustate o della corona di spine appena
timidamente appoggiata sul capo, e non è neppure il troppo ammiccante e
smaliziato Gesù del film "Jesus" di qualche anno fa.
Il Gesù del film di Gibson è tutt'altra cosa.
Grazie anche alla magistrale interpretazione del protagonista, è un Gesù
divino ma anche molto umano, che con sguardi intensi e bellissimi
comunica i suoi stati d'animo interiori allo spettatore ed a tutti gli altri
protagonisti della vicenda.
Guarda intensamente Giuda mentre è brutalmente
fatto precipitare giù da un dirupo poco dopo essere stato
arrestato, guarda intensamente Pietro per ricordargli del giuramento che aveva
fatto, scambia sguardi d'amore con la Madre (altra stupenda
interpretazione) che lo segue e
lo sostiene durante tutta la Passione, fino alla
Morte in Croce.
Con la violenza brutale di alcune scene, il
regista, a fin di bene, vuole mettere in difficoltà lo spettatore, sconvolgerlo, farlo
riflettere sulle sofferenze del Cristo, e bisogna dire che ci riesce in pieno: alla fine
di quasi tutte le proiezioni, il pubblico non esce dal cinema commentando il film, ma in
silenzio, quasi in un atteggiamento di mesta contemplazione.
Dunque è un film girato con fede ed amore, e
sicuramente
non per fini di spettacolo.
Riprendendo una definizione di Mons. Joseph
Augustine Di noia, domenicano statunitense e Sottosegretario della Congregazione per la dottrina della fede, data
in un'intervista,
questo film è "un'opera di apostolato, con la
quale il regista ha saputo approfondire il significato teologico della
Passione e Morte di Cristo, con grande sensibilità artistica e religiosa".
In pratica, un capolavoro.
Lasciatemi concludere che la sequenza iniziale
del Cristo agonizzante nel Getsemani che schiaccia la testa del
serpente, con un chiaro riferimento biblico (cfr. Gen. 3,15), quella
della lacrima del Padre per la Morte del Figlio ed infine la stupenda
scena finale del Cristo risorto circonfuso da un alone di luce divina, sono
talmente belle che penso
meritino, come tutto il film, di entrare a pieno
diritto nella storia del cinema.
Un Abbraccio a Tutti.
Giovanni
Fonte : lettera e-mail inviata ad ARTCUREL dal nostro caro amico dott. Giovanni Tonelli .
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