mercoledì 24 luglio 2019

MIRACOLO DI NATALE , Racconto di Elisabetta Modena



MIRACOLO DI NATALE
 

Racconto di Elisabetta Modena 
 
 


Cecilia, 16 Novembre
Stamattina mi sono svegliata con la voglia di fare qualcosa di bello… e guardami qui: cosa diavolo ci faccio davanti alla “Signora con bassotto” di De Chirico? I giornali hanno acclamato al ritrovamento del decennio… mezza Italia in coda ad ammirare il genio…!
Certo che la vita è strana, buffa, imprevedibile: una mattina ti alzi, vorresti che le cose andassero per un verso, ed invece prendono tutt’altra piega, deludente…
Potessi dare una scrollata alla mia vita (che, per inciso, se dovessi dipingerla visto che ho velleità di pittura, spazia tra viola, nero e grigio, un totale schifo insomma…)…ed invece mi ritrovo a sprofondare sempre di più nel solco della mia quotidianità monotona…
Per trascinarmi fin qui mia madre mi ha sventolato davanti il vessillo di Ettore, il mio ex… Mi sembra ancora di sentirla, mia madre: “Fai bene a vedere la mostra. Così ti svaghi un po’… In fondo, dovrebbe piacerti; tu dipingi da sempre”. E implicitamente sottinteso: “Così per un paio d’ore non pensi a Ettore che ti ha piantato per la tua amica Sandra”.
Mia madre la fa semplice… lei! Ha una vita lineare come il percorso di un tram. E anche il suo modo di pensare è una linea retta: “vieni”, “fai”, “dammi”, “dimmi”… peccato invece che io sia complicata, e che non mi piaccia vivere il tempo come fosse un binario che ha solo due stazioni: casa-lavoro, lavoro-casa. Io voglio sentirmi viva, parte della mia città, delle persone che ci abitano, cambiare anche più lavori se serve… non voglio appiattirmi sull’unica cosa che so fare e trascinarmela dietro in eterno. “Finchè morte non vi separi”: no, grazie. Non fa per me.
…Certo che il tempo atmosferico non è stato clemente oggi! Per forza che sono finita al Museo! Dopo mia madre, il cielo lanuginoso e la nebbiolina fine con le sue miriadi di odiose goccioline umidicce hanno fatto il resto. Mi sono detta: “Meglio rimanersene al riparo in un luogo caldo che passeggiare a zonzo per le vie della città alla ricerca dell’ennesimo nuovo lavoro”.  Solo che, così, il tenue filo della speranza di una mia piccola felicità è volato via, ingoiato da questo impietoso giorno di novembre.
Ricordo… alle dieci mi sono infilata tra la comitiva di signori di mezza età che mia madre ha scrupolosamente preparato a questa mostra. “Se vuoi puoi intervenire anche tu, Cecilia…” mi ha suggerito lei. “Ma è pazza?” ho pensato. Io con quei matusalemme non aprirò certo bocca! C’è già  lei, c’è la guida, cosa vuole di più? Che anch’io faccia scena?
Io sono venuta qui solo perché fuori la pioggia sta cominciando a picchiettare monotona sui tetti e sui rami spogli. La sento tamburellare sui finestroni. Incredibile come proprio ora mi venga in mente la filastrocca che mia madre mi ripeteva da bambina:
“Pioggia pioggerellina, fine e argentina, cadi birichina / sui tetti e sulle foglie, sui muri disadorni e sulle mani spoglie,/ lavi piccioni e passanti buoni, ti prego prendi i miei desideri e cambiali in tanti doni!”.
 
 
Luca, 16 Novembre
Concentrati sui quadri, Luca, e lascia perdere le bollette che scadono oggi… non ti possono di colpo tagliare il telefono, o la corrente…! Fai una cosa alla volta: adesso pensi a portare a termine questo lavoro che, tra l’altro, ti dà una grande soddisfazione. In fondo, la vita non ti ha riservato cattive sorprese: ti sei laureato in lettere per insegnare, ed ecco che almeno qui riesci ad esaudire il tuo sogno di sempre… Non avrai un uditorio di alunni, ma con i tempi che corrono forse ti è andata pure meglio! Oggigiorno gli studenti se ne infischiano delle lezioni dei loro prof… Questa qui invece è gente che pende dalle tue labbra! L’ha detto anche tua sorella: “Campi insegnando l’arte a chi nozioni di arte non ha… non fai certo una gran fatica!”.
Allora, ecco il dunque: finisci il giro, saluti la gente che ha visitato con pazienza la mostra, passi a ritirare l’assegno in banca – oggi è il tuo giorno di stipendio – e questo pomeriggio ti sorbirai buono buono la tua seconda dose di “coda” quotidiana… eh sì, perché dopo la banca ti aspettano  le poste: fai parte di quel sistema arcaico ma ancora in vigore di italiani che si recano lì per pagare le bollette… E’ proprio vero che il mondo è una ruota che gira; comunque vadano le cose, fare la coda, tanto per dirne una, tocca a tutti. Se non la fai in banca, la fai alle poste, sennò ti tocca al supermercato, e se non è lì, ti capita l’ingorgo in macchina, o in edicola, o al centro commerciale, o nell’ambulatorio medico…Mi sa che fare la coda è una di quelle cose che non sparirà mai, come fare il pane da mangiare o che so io…
… Ehi, però, mica male la biondina accodata in fondo alla comitiva! Chissà cosa ci fa in mezzo a tanta gente di mezza età…
Devo trovare un modo di avvicinarla. Porca miseria! Faccio la guida per loro, non sarà difficile escogitare  una banalissima scusa…!
 
 
E’ ormai mezzogiorno quando la piccola comitiva si sta sciogliendo nei pressi del book-shop del Museo. Chi si attarda a comprare qualche gadget, chi si scambia le ultime impressioni, chi si saluta e si mette d’accordo sui prossimi appuntamenti per ritrovarsi insieme. Sono uomini e donne sul finir dell’età lavorativa o già in pensione, per loro è importante sapere di poter trascorrere del tempo libero in piacevole compagnia.
L’unica ragazza giovane in mezzo a quelle facce solcate già dalle prime rughe evidenti, un profilo esile con un bel viso aggraziato, incorniciato da biondi capelli lisci fino alle spalle, sta lentamente scivolando lungo gli ultimi quadri.
 
 
Cecilia
Ecco, lo sapevo. Forse facevo meglio ad andare a portare in giro i curriculum. Qui mi sto annoiando e basta! Quel gufo di guida è un impiastro che ci snocciola avvenimenti, date ed episodi della vita del pittore…uffa! Ad ogni quadro stiamo incollati dieci buoni minuti. Non ce la faccio più!
E poi continua a venirmi in mente Ettore… perché mi ha mollata? Cos’ho che non va? No, forse lo so… è perché si è stufato di me. Io, così servizievole e pronta a dirgli sempre di sì…per qualunque cosa… ; Sandra invece! Lei sì che è tosta! Sa quello che vuole. Ha un lavoro, vive già per conto suo, ha un sacco di hobby, è tanto gentile e carina, lei sì  che ha mostrato di capirlo subito! ...
La odio!
 
 
Luca
Peccato che sia così triste, però… chissà cosa le passa per la testa! Di sicuro non è felice. Se non m’invento presto qualcosa questa qui esce con tutti gli altri della comitiva e non la rivedo più.
Un attimo… ecco che si attarda verso gli ultimi quadri, come se non volesse uscire.
Si è tenuta in disparte dalla comitiva per tutto il percorso della mostra… Ora guarda com’è pensierosa, non c’è pericolo che si confonda con il branco di sessantenni… quelli si muovono in truppa, ascoltano religiosamente, attaccano domande una dietro l’altra come si credessero in diritto di reclamare tutto a loro disposizione: tempo, persone… lei no, la sua mente è lontana da qui; anzi, secondo me non ha seguito nemmeno una parola di quello che ho detto.
Vorrei tanto trovare le parole giuste per lanciarle un segnale di vicinanza…ehi, eccomi, sono qui!
 
Le si avvicina la giovane guida del gruppo. E’ un po’ impacciato nella sua tenuta in giacca e cravatta, lo costringono a vestire in modo serio mentre il casual lo metterebbe più a suo agio. Ma in un Museo l’apparenza è tutto.
“Le è piaciuta la Mostra?”.
Lei lo squadra. Sembrano coetanei.
“Abbastanza”.
“Solo abbastanza?”
“Perché, è un reato non approvare del tutto …?”. Continua a scrutarlo guardinga.
Il giovane sorride. “No, ha ragione. Mi scusi. Io la trovo fenomenale, ma “de gustibus non est disputandum”. Allarga le braccia in segno di resa. E’  simpatico.
“A ognuno i suoi gusti” risponde. Adesso lei è più gentile.
“Cosa ci fa qui con loro?”.
“Mia madre ha organizzato la “gita”. Mi sono accodata perché anch’io dipingo”.
“Caspita! E cosa dipinge?”
“Paesaggi, nature morte… non mi sono ancora cimentata con i ritratti però”.
“Bè, c’è tempo per ogni cosa… vedrà che riuscirà anche nei ritratti”.
“Speriamo”.
“Le auguro di poter fare anche lei una mostra, un giorno”. Il tono è spontaneo, volutamente confidenziale. Il ragazzo dimostra una schiettezza naturale.
“La ringrazio”. Lei apprezza la sincerità.
Il giovane le porge la mano. “Luca Spadoni”.
“Cecilia Risi”. Lei gliela stringe forte.
Lui la guarda allontanarsi. Non può fare a meno di seguirla finchè gli occhi glielo permettono. Quando lei gira l’angolo, prova dispiacere. Senza che se ne accorga, subito le sue gambe cominciano a dirigersi nella stessa direzione di Cecilia.
 
 
Cecilia, 18 Novembre
Non capisco perché Luca mi piace, cosa mi abbia colpito di lui. E’ troppo “per bene” per i miei gusti, eppure provo lo stesso il desiderio di vederlo. La sera del concerto, ad esempio, mi veniva da abbracciarlo… meno male che non l’ho fatto! Vista poi come è finita…! Ma cosa ti prende, Ceci? Lui non è il tuo tipo… nessuno come lui lo è mai stato…
Però non tutto di questa storia è da buttare via: il giorno che l’ho conosciuto, ad esempio… meno male che mi ha rincorso e abbiamo fatto quella chiacchierata fiume al bar. Alla fine mi ha pure offerto il pranzo!
Adesso che ci penso, delle cose in comune le abbiamo: l’amore per l’arte, per il buon cinema…ognuno di noi tiene un sacco alla sua compagnia di amici; apprezziamo i libri…
E poi finalmente uno che mi sembra sincero. Peccato che, però, amerò soltanto Ettore… con Luca  forse potrà venire fuori una buona storia, un’amicizia profonda, ma l’amore no… l’amore è fuoco che brucia dentro, è fremito, è desiderio, è istintività, passione, voglia… e uno come Luca non mi accende il desiderio…queste cose si sanno a pelle, si riconoscono a prima vista!
 
Luca, 17 Novembre
Il bar è un’ottimo posto per chiacchierare e conoscersi… non so come potremmo fare senza, noi italiani!
Parli del più e del meno…scopri che la ragazza che ti piace ama i concerti… e tu cosa fai? La inviti al coro gospel di stasera al Filarmonico…! Buon per me che quella vecchia volpe di Gaetano mi ha rimediato in meno di ventiquattr’ore un altro biglietto per il teatro. Speriamo che il coro le scaldi il cuore e glielo renda un tantino più malleabile. Ieri m’è piaciuta un sacco: bella, intelligente, spiritosa, ma ha un pungolo che le fa male… chissà cos’è… Per fortuna, ha gusti simili ai miei:  la musica classica, il cinema, i concerti dei cantanti italiani, la pittura… Ebbene sì, cara Cecilia, tu mi stuzzichi. Saranno i tuoi capelli morbidi che ti arricci con le dita, il tuo fisico esile che m’invoglia ad abbracciarti, le labbra piccole ma carnose a forma di cuore… Caspita, Luca, rallenta e metti un freno all’immaginazione!
 
La sera  in una città d’arte è un momento magico. Il riverbero delle luci soffuse sui palazzi d’epoca, certi scorci che il tempo pare non aver sfiorato con la sue dita inclementi, i muri con i loro mattoni a vista e i volti in pietra che sembra trasudino le storie di chi ci ha vissuto dentro, le coppie che passeggiano a braccetto sussurrandosi parole delicate, l’aria fredda che fa camminare vicini anche due semplici amici.
Il coro gospel aveva cantato egregiamente. Cecilia si era persino commossa, bellissima nel suo tubino scuro e stivali aderenti che avevano fatto girare la testa a Luca fin dal primo momento in cui lui l’aveva vista.
Quella sera, poi, l’atmosfera per le vie del centro era fiabesca, con le vetrine dei negozi addobbate a festa e le luminarie natalizie appese in alto, ai fili della luce.
“Fra poco verranno le bancarelle di Natale” buttò lì Luca, mentre si dirigevano con calma verso il posteggio. Cecilia, anche se si vedeva che era soddisfatta della serata, non si era dimostrata una amabile compagnia. Aveva trascorso la maggior parte del tempo immersa nei suoi pensieri.
“Non che mi attirino particolarmente…non ho soldi da spendere”.
“Appena troverai un nuovo lavoro, potrai fare tutto lo shopping che vuoi”.
“Sì, ma non certo alle bancarelle. Scherzi, vero!? Lì si trova solo un’accozzaglia di maglioni, calze, ninnoli natalizi… no guarda, non invitarmi alle bancarelle. Non le sopporto”.
“Non lo dicevo per lo shopping; è per l’atmosfera calda che sanno suscitare. Ogni anno assaggio le frittelle e compero un rametto di vischio e agrifoglio da regalare. Se poi quest’anno nevicasse presto, sarebbe fantastico! Pensa che spettacolo la piazza con lo sfarfallio della neve contro i lampioni! E la stella dell’Arena… che meraviglia nel suo biancore lunare! Pare messa lì da sempre! E gli arcovoli le fanno corona!”.
“Sei proprio un romanticone”.
“Sì. E tu no, scusa? Ma forse hai qualcosa che non va. Sei la prima che sento che non ama le bancarelle di Natale.”.
“Dacci un taglio, Luca. Non sarò di certo la prima e neppure l’ultima. E poi Natale ormai è una festa solo per chi ha tanti soldi da buttare via, e può permettersi il ristorante, il viaggio, i regali… insomma, tutto quello che fa “l’aria natalizia”, come dici tu”.
Luca si fermò, il volto rabbuiato. “Perché dici così? Lo pensi veramente?”.
“Certo che sì! Ma guardati intorno: c’è qualcuno a cui interessa ancora che la notte di Natale nasca un bambino che si chiama Gesù? Nessuno più ci pensa a lui… credimi! Tanto, non mi pare che le cose cambino solo perché lui nasce. Con o senza di lui, è tutto uguale”.
“Invece a me interessa quel bambino”. Luca tace un po’. Poi domanda: “E i tuoi cosa dicono del Natale?”.
“Con i miei di queste cose non parlo. O scusa, Luca, lo so che ti sembro cinica… senti, è che stasera quelle canzoni gospel, così gioiose ma anche così lontane dal nostro mondo reale, mi hanno lasciato l’amaro nel cuore”. Perché diavolo continuo a pensare a Ettore…
“Come vuoi. Lasciamo stare questi discorsi”.
Le macchine di Luca e Cecilia sono parcheggiate sul lungoAdige. Pochi metri ancora e sono arrivati. “Grazie della serata” dice Cecilia frugando nella borsetta alla ricerca delle chiavi. “Scusami ancora. Lo so che poteva finire meglio”.
 “Il concerto ti è piaciuto, no? E allora per me va bene così. Mi spiace solo che adesso, per te, non è alle porte un buon momento dell’anno”. Sono sicuro che è tutta l’amarezza che ha dentro che le ha fatto dire quelle cose assurde poco fa…
“Sì” sussurra a malincuore. “Non riesco a smettere di pensarci”.
Luca le si avvicina. Lei sussulta. “Eh? Non riesci a non pensare al Natale? Strano… O ti riferivi forse a qualcosa d’altro…”.
Cecilia trasecola. “Come hai detto, scusa?”
Luca ha uno sguardo penetrante. Sa di colpire nel segno “A chi non riesci a non pensare Cecilia? E’ tutta la serata che leggo delusione nei tuoi occhi. Trasmetti dolore. E’ a causa di qualcuno, non è vero?”.
“E se anche fosse, perché dovrei venire a dirlo proprio a te?”
“Perché sono tuo amico, o per lo meno vorrei esserlo”.
Cecilia lo scruta in silenzio. “Fatti gli affari tuoi” risponde tagliente come una lama di coltello. Poi sale in macchina e con un rombo del motore si allontana.
Però fa in tempo a scorgere dallo specchietto retrovisore Luca che, immobile sul marciapiede, la guarda allontanarsi finchè spariesce dietro la curva.
 
 
Luca, 18 Novembre
Ma come si fa ad amare l’arte, a proclamarsi esteti e sinceri estimatori delle cose belle come la musica, la letteratura, e poi non provare amore per il Natale? Come si fa…?
Natale è attesa, è speranza, è un barlume di meraviglia nuova…è un bambino che nasce… ogni uomo che s’affaccia alla vita per la prima volta reca con sé una bellezza arcaica, senza tempo, che rimanda al mistero dell’inizio …
Steso sul suo letto in dormiveglia nel pigro pomeriggio, Luca medita sul totale insuccesso della sera precedente con Cecilia.
Ha una corazza inscalfibile, chissà chi o che cosa le hanno fatto male a tal punto da diventare così aspra…
Proverò a domandarle scusa, ammesso serva a riguadagnare terreno con lei… certo che è incredibile, perché mi interessa ancora uscire con lei  dopo che mi ha trattato così?
Mentre scivola nel sonno in quel languido pomeriggio d’inverno, è certo di avere già la risposta. Perché intuisce che in lei, sotto quella scorza ruvida e dura, in realtà si muove qualcosa d’altro in grado di attrarlo… come un richiamo che lui solo sa decifrare…lui è in grado di capire… le loro parole vibrano insieme su una stessa lunghezza d’onda… ma si tratta di trovare la frequenza giusta, perché si uniscano nella stessa vibrazione.
Anche se sta già dormendo, nel suo animo si affacciano le parole del cantico:
Tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana…a lungo  ti ho cercata, finchè ti ho trovata…
 
 
Cecilia, 22 Novembre
Se prima mi sembrava che mi piacesse, adesso sono sicura di essermi sbagliata! Più ci penso e più mi sembra che Luca si sia intromesso troppo nella mia vita… ma come si permette? Cosa pretende?
Accidenti, mi vengono i nervi al pensiero… ma come si è permesso quell’imbecille di farmi l’esame di coscienza! Garantito che con me lui ha chiuso! Ho fatto bene a non rispondere ai suoi idioti messaggini di scuse…
E poi ho saputo che tra Sandra ed Ettore comincia ad esserci mare in burrasca…
 
“Mi ha scritto una poesia, capisci?”. Al telefono Cecilia parla sempre a voce troppo alta.
“Ma scusa, quel tizio che tu hai piantato in asso la sera del concerto?”
“Bè, il concerto era finito, comunque”.
“Magari lui già allora voleva farti una mezza proposta…”
“No. Lui voleva solo farmi la predica sui buoni sentimenti e sul Natale. Della serie: a Natale siamo tutti più buoni…”
“Guarda che, per via del Natale, sono d’accordo con lui”.
“Gabriella, fammi un piacere. Ragiona! Tu saresti contenta che, al primo appuntamento, il tuo accompagnatore si metta a farti la radiografia ai raggi x del tuo stato d’animo…”
“Eh dai…”
“Ti giuro che mi ha letto dentro! In quel momento stavo pensando ad Ettore. E lui mi ha chiesto: “A chi pensi?”.
“Uau…ha i poteri super-normali! Non è che lo presenti a me visto che tu fai tanto la preziosa?”
“No, non è il tuo tipo…” sbotta.
“E come fai a dirlo?”
“Non è il tuo tipo e basta. Ti chiamo domani. Scusa, adesso ho da fare”. Riattacca stizzita.
 
Certo che sono proprio acida… Luca aveva ragione sul fatto che mi irrito per cose da nulla. Perché mai ho sbattuto in faccia il telefono a Gabriella? Non se lo meritava di certo… se penso che non ha una storia decente da tre anni, per forza che vuole conoscere Luca… Eppure io non voglio che lo conosca. Che Luca m’interessi allora? Ma non capisco esattamente perchè mi dovrebbe interessare… oh, insomma: perché diavolo Ettore non si decide a mollare Sandra?
Uhm… forse Luca è solo un modo per scacciare l’odioso tarlo di Ettore, la saggezza popolare è chiara in questo senso: chiodo scaccia chiodo… però non potrei sopportare una seconda volta che una mia amica mi rubi il ragazzo…oddio, ho pensato a Luca come al mio ragazzo! Ma quanto fuori sono! … Cecilia deciditi: o fai sul serio con Luca, o tanto vale che lo presenti a Gabriella!
 
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A volte l’amore è imprevedibile. Nasce, sparisce, risorge. Sempre lo stesso, eppure diverso, nuovo.
Cecilia ha richiamato Luca per ringraziarlo della poesia e scusarsi del suo comportamento lunatico. “Nessuno mi aveva dedicato una poesia prima d’ora” gli dice mentre passeggiano per le vie della città, diretti all’ingresso del mercatino dei pastori di Betlemme.
Luca ha per mano il suo nipotino. Beniamino ha 5 anni. Ha saputo a scuola che un gruppo di pastori di Betlemme fa tappa nella sua città per fare scorta di viveri e coperte da portare a Gesù bambino; ha fatto i salti mortali per farsi accompagnare dallo zio.
Luca, a sua volta, ha insistito con Cecilia perché si accodasse a loro.
“Oltre a me, c’è qualcun altro a cui interessa il Natale…” le ha detto per convincerla, al cellulare.
Cecilia ha capitolato.
“Dov’è questo mercatino?” chiede Cecilia.
“E’ nel teatro della mia chiesa” risponde entusiasta Benny; è così che lo chiamano di solito.
“E perché devono venire proprio qui, con tutti i posti che ci sono?”
“Perché così io posso vederli”.
“Ah, giusto! Vengono per te!”
“Anche per me e per te, Ceci” interviene Luca.
Così trotterellano mano nella mano tutti e tre verso il luogo dell’appuntamento. La grande sala è addobbata con luci, stelle di natale, fette di pandoro e termos di thè bollente sui tavoli apparecchiati con tovaglie rosse. Appena Benny entra, felice si precipita a portare il pacco che regge sottobraccio dentro l’enorme cesto che raccoglie tutti gli altri pacchi che i pastori consegneranno al bambinello.
 
 
Luca, 25 Novembre
Cecilia oggi mi è parsa contenta. Tutti e tre, dopo la visita ai pastori, siamo andati a bere una cioccolata fumante e abbiamo riso un sacco.
Sono queste le cose che contano: gli affetti semplici, genuini. Non sbandierati ai quattro venti come fossero un trofeo da mostrare. Per questo sono  resistenti.
Pensare che Benny si fida di quei genitori della scuola travestiti da pastori… lui crede veramente che siano i pastori che recheranno i regali a Gesù bambino. Come non potrebbe essere altrimenti? D’altronde lui è un bambino…si fida ciecamente degli adulti che lui ama. Spero tanto che anche Cecilia si fidi di me un po’ di più…
 
Cecilia, 27 Novembre
Vorrei avere una famiglia come quella di Luca. Qualche giorno fa ho conosciuto il suo nipotino, che è meraviglioso…ieri mi portato di nuovo da Benny perché sua sorella doveva sbrigare una commissione e gli ha chiesto di fare da baby-sitter. Io l’ho accompagnato, così abbiamo scambiato due parole con Clara, al suo ritorno. Ci ha preparato il caffè e ci ha offerto le pastafrolle che fa lei per Benny. Io non sono abituata a parlare così spontaneamente come fanno loro. Sembra che per loro due non ci siano segreti. Ma come fanno? Se provo a parlare così a mia madre, lei mi guarda strana e leggo nei suoi occhi diffidenza. Ma scusa mamma, che razza di privacy hai da difendere con me? Sono tua figlia o no? Non credo di rubarti del tempo, quando ti cerco… o di esigere qualcosa di speciale quando ti chiedo di anticiparmi dei soldi.
Sto così male che mi viene da piangere… no, forse sto sbagliando tutto; faccio solo pena a Luca. Lui sta facendo una buona azione, sta un po’ con me quando ha tempo, parliamo del più e del meno, io mi rilasso. Però poi io torno qui nel mio inferno e lui sta sul suo ramo di cielo.
 
 
Cecilia, 30 Novembre
Non mi ha mai baciata… Mi ha detto che vorrebbe mettersi con me, è vero. Perché non mi bacia allora?
Però, anche  ammesso succedesse, ho paura che dovrei cambiare troppo. Lui non vuole che andiamo a vivere insieme, dice che non è vero amore. Ma dove vive? Vero amore… sì, Romeo e Giulietta, Antonio e Cleopatra … ma sono solo storie. Tutte storie! Per giunta finite male! Il vero grande amore non esiste, altrimenti perché mio padre ci avrebbe lasciate, me e mia madre?! Che colpe abbiamo avuto? …
Quando stavo con Ettore se non facevo l’amore con lui almeno due, tre volte alla settimana lui cominciava a inquietarsi e poi mi teneva  il muso per giorni. O quell’altra volta che, siccome non ho rinnovato l’abbonamento a Sky, e lui non poteva guardarsi i suoi film preferiti, mi ha dato un sonoro ceffone. In modo che io capissi bene l’antifona…
No, come può volermi bene uno che è troppo perfetto… mi ha parlato dell’Avvento, del Natale, del bambinello che vuole nascere nei nostri cuori… ma io so dove finisce quel bambinello. Su un pezzo di legno nudo! E io, se mi fido di lui, non voglio tornare a soffrire se poi qualcosa va storto… Devo darci un taglio. Lui non mi deve più prendere in giro in questo modo.
Non credo a tutte le tiritere sul matrimonio cristiano che ha tirato fuori per convincermi, che lui non approva la convivenza… scusa, ma come faccio a capire se lui è l’uomo adatto a me se non lo conosco un po’ meglio di come lo conosco ora? Cioè vivendoci insieme?
Cos’ha di speciale poi sposarsi in chiesa? E’ tutta una farsa, uno spreco inutile di tempo e soldi… tanto anche quei matrimoni lì poi falliscono… e allora dove sta la differenza degli sposi cristiani con quelli che si sposano in comune, o con quelli che proprio non si sposano?
Luca mi ha citato qualcosa della Bibbia o giù di lì: “Forte come la morte è l’amore…”… sì, l’ha detto col suo solito modo di fare così tenero che mi cattura anche quando non vorrei; infatti mi è piaciuto quando l’ha detto… Luca ha fascino da vendere. “L’amore è una forza paragonabile solo alla morte” mi ha sussurrato. Per convincermi. “Infatti quando finisce la gente sente il bisogno di fargli il funerale, che sarebbe il divorzio… Ma a chi crede in Lui, Dio ridona l’amore, glielo ridona più forte di prima, così forte che nemmeno le grandi acque potranno travolgerlo…Io ho visto matrimoni rinati in questo modo. Quello che ti dico è tutto vero!”.
… Ma io sono pronta a crederci? Quando mio padre se n’è andato, del suo amore cosa è rimasto a me e alla mamma? Niente. Non è rimasto niente. Cos’è che rimane, allora? Appunto: la tomba. Quando l’amore finisce rimane la tomba. E tu sei lì fuori… la guardi, la osservi… ti chiedi dov’è andato il tuo amore, quello che ti faceva gioire il cuore nel petto, le cui carezze erano dolci e leggere, la cui voce  respiravi, la cui mano forte tenevi per mano quando ti portava al parco giochi… no, non posso più continuare con questi ricordi, non posso più ferirmi così, mi salgono le lacrime agli occhi…
Luca, 30 Novembre
Mi sono dichiarato. Era inutile perdere altro tempo. E lei cosa ha fatto? Mi ha detto: no, grazie tante, tu non sei fatto per me. Anzi, meglio che non ci vediamo più.
Ma che diavolo vuol dire che non esce più con me? Io proprio non la capisco…a colpi è gentile e finanche commossa. E’ felice e mi dice che tocca il cielo con le dita. Poi torna in sé e si rabbuia. E non mi fa entrare nel suo mondo interiore, nelle prigioni del suo cuore. Se anche avesse incatenato lì tutti i suoi desideri più veri e santi, come potrei scendere fino a quelle profondità e liberarli? Io non posso… solo un Altro sarebbe in grado…uno che sa leggere dentro fin nei meandri aggrovigliati del nostro animo contorto… Tu che sei giusto, Gesù di Nazareth, aiuta la mia dolce Cecilia…ti prego! Abbi pietà di noi!
Le ho annunciato che tu stai per nascere, ma lei mi ha detto che non ha bisogno di te. Di un'altra illusione. “Tutte storie,  roba da preti…” mi ha risposto beffarda.
Avrei voluto mollarle uno schiaffone.
 
 
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Mezzogiorno di sabato, 20 Dicembre. Cecilia si è sentita male sul lavoro e ha mandato un messaggio a Luca, sperando che lui le risponda. Almeno a messaggini, continuano a sentirsi.
“Ti raggiungo appena stacco qui al Museo”. Scrive la sua risposta sul cellulare e poi la invia.
“Sono in piazza Duomo, al bar” lei gli risponde.
“Aspettami fra mezz’ora”.
“Ok”.
 
“Come stai adesso?”
“Mi sento svenire. Ma non credo di avere l’influenza. Nemmeno quella intestinale”.
“E chi può dirlo?”.
“Ho chiamato la guardia medica che mi ha prescritto un’antibiotico blando. Però mi ha detto una cosa che mi ha sconvolta…”.
“Cioè?”
“Che non dovrei prendere gli antibiotici se sono incinta”.
Silenzio. “E perché mai dovresti essere incinta? Hai i sintomi?”.
“Ho un sacco di nausea; e ho anche vomitato.” Luca la scruta rabbioso. Le altre parole sono uno schiaffo in pieno viso: “Dai, Luca, tu hai le fette di prosciutto sugli occhi se credi che io mi sia arresa a non rivedere più Ettore solo perché ho conosciuto te”.
Luca abbassa gli occhi gonfi d’ira. Fa fatica a respirare, è come se sentisse due mani premergli il costato: una gli schiaccia i polmoni e l’altra con una lama affilata gli trapassa il cuore. “E tu sei incinta?”.
“Non lo so, uffa!” sibila. Ma in realtà sa di esserlo. E sta cercando aiuto.
“E perché queste cose le vieni a raccontare a me?”. Non c’è imbarazzo in lui, nemmeno indignazione, rassegnazione o sconforto. Nemmeno volontà di comprendere. C’è solo odio.
“Perché tu sei buono. Capisci senza giudicarmi”.
“Però non sono stupido”.
“Neanch’io”.
“Tu lo sai quello che provo per te. E allora perché vieni a dirmi che forse saresti incinta? Mi sento trattato come un’idiota. Hai tradito la mia fiducia”.
“Non siamo mai stati insieme” puntualizza Cecilia. “Quindi non hai nessun diritto di sentirti tradito”.
Luca non le risponde nemmeno. In silenzio afferra una salvietta di carta dopo l’altra dal contenitore e comincia a tagliuzzarle.
“Con chi altro potevo confidarmi…” riattacca  a dire imbarazzata. Sta cambiando strategia perché si accorge che Luca sta peggio del previsto. Senza volerlo gli occhi le si inumidiscono. Capisce di aver fatto uno sbaglio enorme a sperare di poter trovare aiuto da lui.
“Anche tu non farti illusioni. Io avrò il salame sugli occhi, ma tu speri ancora in qualcuno che ha smesso di amarti. Anzi, che forse non ti ha mai amato veramente”.
Cecilia comincia a piangere piano, silenziosamente. Senza singulti e singhiozzi. Luca le porge il suo fazzoletto. “Intanto bisogna vedere se sei incinta veramente”.
Sì, lo sono…Mio Dio cosa è successo! Credevo di potere riconquistare Ettore, ed invece…che stupida!
“Ho già preso il test. Posso chiamarti se è …”. Prova ad imbastire un discorso.
“No”.
“Per piacere…”.
“Non chiamarmi solo come ripiego”.
“Sì, ho capito”.
“Guarda che, forse, è meglio se non mi chiami proprio”.
“Davvero…?”.
“Non chiamarmi più. E’ a qualcun altro che devi dirlo. Scommetto che non gliel’hai ancora detto, vero?” le risponde con tutta l’amarezza e l’astio che ha in corpo. Poi si alza e si allontana, lasciando Cecilia da sola. Esattamente quello che lei non voleva accadesse. L’unico motivo per cui si era decisa a chiamarlo era per provare a chiedergli aiuto. Non voleva sentirsi sola.
 
 
Cecilia, 20 Dicembre
Sono incinta di Ettore, ma l’ho detto a Luca. E non trovo il coraggio di dirlo al vero padre… ma cosa stai facendo, Ceci? Cosa cavolo vuoi tu, dalla vita? Vuoi una storia da schifo con Ettore? Ma anche ammesso Luca mi perdonasse e mi amasse ancora, come potrebbe passare la vita con una che ha un figlio non da lui, anzi, da un tizio che Luca conosce benissimo? Dio in che spirale d’inferno sono finita…e poi come faccio a mantenerlo, questo bambino? Con il mio stupido lavoro di cameriera? Chi mi terrebbe il bambino mentre sono al lavoro? Chi mi insegnerebbe a svezzarlo? Ad accudirlo? Chissà, forse potrei chiedere aiuto a Clara… no, dopo che l’avrà saputo non vorrà più vedermi.  Mia madre? No, so già che direbbe di farmi fare il timbro e si andare all’ospedale e farla finita con questa scocciatura. “Adesso non è ora” mi direbbe. Scusa mamma, ma quando sarebbe ora? Ho ventotto anni… allora, devo farmi forza e dirlo a Ettore. Non mi resta altra scelta logica. Tanto con Sandra si sono mollati da un pezzo. Forse Ettore mi vuole ancora, sennò, perché sarebbe venuto a cercarmi? Ma io, lo voglio ancora?
 
 
Luca, 20 Dicembre
Signore, tu mi scruti e mi conosci. Tu sai quando mi alzo e quando mi corico…
Tu mi vedi, Signore, sono una maschera carica d’odio…
… dovrei rinunciare ai miei pensieri, a questi pensieri di rancore e vendetta… ma come fare? Che cosa assurda la vita! Eppure io l’amo…! O forse no? Mi  sto confondendo… Non capisco più niente, non so più cosa voglio…
Il mio cuore non ha più pretese ormai, è nudo e sanguina per il dolore di sapere cosa mi ha fatto Cecilia…
 
 
Cecilia, 21 Dicembre
Ettore mi ha riso in faccia e mi ha detto che quel figlio non lo vuole, “ammesso sia mio” ha sghignazzato. Mia madre si è messa a urlarmi che allora non mi ha insegnato nulla, che esistono gli anticoncezionali, che Ettore è instabile e insignificante, che sono una pessima figlia ad essermi innamorata di uno come lui… che ho fatto scappare l’unico che aveva una posizione sociale decente. Se si riferisce a Luca, bè, non so se fare la guida al Museo sia un lavoro degno di ammirazione. E poi è stipendiato a progetto, ci sono periodi dell’anno che lavora di più, altri di meno…nessun stipendio fisso. Nessuna idennità di malattia, di ferie, di licenziamento. Che mondo schifoso il nostro! Che non tutela i giovani che pur lavorano! Però come ragazza madre potrei domandare una casa in affitto al comune: con la mia dichiarazione dei redditi dovrebbero prendere paura abbastanza e assegnarmene una in fretta. Se poi metto in moto l’assistente sociale, magari sta a vedere che io e il cosino andiamo a vivere per conto nostro, io e lui… soli e magari un po’ felici. Troverò qualcuno che me lo tiene. Luca mi aiuterà a cercare qualche studentessa che accetta di essere pagata un po’ meno. Almeno Luca non si tira indietro se c’è da aiutare qualcuno. E’ il suo punto debole. Però sto male se penso che potrebbe mettersi con una brava ragazza, in futuro. …Cos’è che mi ha detto l’ultima volta che ci siamo sentiti per telefono? Ah sì, di cominciare a recitare qualche Ave Maria. Ma quanto matto è? Come fosse una specie di miracolismo magico…allora, là in alto, se c’è qualcuno di voi in ascolto, ecco cosa voglio: un lavoro più sicuro. Una casa in fretta. Lettino, fasciatoio, vestiti, pannolini e carrozzina per il cosino. E poi… no, questo è troppo… vorrei Luca!
 
 
Luca, 22 Dicembre
…Cecilia capirà bene adesso cos’è il Natale… pure lei ha un bimbo nella pancia… che provi adesso a dirmi che non le interessa il Natale…! Dio mi sento come San Giuseppe! Non dovevi farmi questo!
Amo una donna che aspetta un figlio che non è mio…!
 
 
 
Vigilia di Natale, 24 Dicembre
 
Dentro il Duomo è tutto un brulichio di persone in cerca di un posto da occupare. La messa di mezzanotte sta per iniziare.
La gente infagottata nei cappotti e nelle pellicce si affolla sulle navate, si stringe, si accalca, rotea gli occhi meravigliati sulle volte affrescate, contempla gli addobbi luccicanti.
I bimbi hanno già adocchiato il presepe; le stelle di natale traboccano dalle gradinate del presbiterio e ai lati, ai piedi degli altari maggiori.
La Madonna del Popolo è illuminata a festa. I candelabri dal soffitto riverberano la loro luce dorata.
Nel buio della notte brilla la stella della Chiesa, un altro anno ancora in attesa del lieto evento. Dio non si è ancora stancato dell’umanità.
Di fianco al presepe una donna si appoggia alla colonna. I biondi capelli lisci le ricadono morbidamente sulle spalle. Un caldo cappotto le avvolge il corpo, fasciato in vita da una cintura. Non sembra venire toccata dal movimento intorno; il suo sguardo è assorbito dalla contemplazione silenziosa del presepe.
Una forza misteriosa l’ha trascinata fino in chiesa, lei che non ci metteva piede da una vita. Non sa che nome dare a questa forza: disperazione? Paura? Solitudine? Si limita ad abbeverare il suo sguardo in quella grotta illuminata dai fuochi dei pastori, dalla notte stellata in cui brilla la cometa.
Ad un tratto sgrana gli occhi. Qualcosa ha catturato la sua attenzione. Su qualche banco più avanti c’è lui con tutta la sua famiglia. Occupano un banco intero: lui e la sorella con il marito ed il piccolo Benny, i due vecchi genitori signorili nel loro portamento.
Istintivamente abbassa gli occhi, si tocca la pancia e si vergogna. Non si aspettava certo di trovarlo in Duomo, e così vicino a lei. Che razza di cose che capitano! Forse era meglio se stava a casa. Vorrebbe farsi piccola, diventare invisibile, sparire in mezzo alla folla, ma le è impossibile muoversi. C’è troppa ressa. Così si rassegna a rimanere lì dov’è. Torna ad appoggiare lo sguardo carico di sofferenza nell’unico luogo che le da un po’ di sollievo. Su Maria.
“Anche tu ti sei vergognata quando ce l’avevi in grembo, Maria?” le sorge spontanea in testa la domanda. E intanto fissa la statua che, pur nella sua fissità, sembra protendersi verso il bambinello.
Poi rialza lo sguardo e lo ammira: “A cosa stai pensando Luca?” si domanda.
Lo vede immobile sul banco, assorto nella celebrazione. Sembra distante da lei anni luce, lontano dalla sua vita, dai suoi problemi. Chiuso in quel mondo fatto di preghiere ed incenso che non è il suo, non lo è mai stato. Eppure ora lo vede, l’ha ritrovato, è lì accanto, poco più avanti. Se lo sente anche vicino. E terribilmente vicini si fanno i ricordi. Ricordi vividi, presenti, potenti.
La messa scivola lenta, solenne, come è proprio delle grandi occasioni. Ora si attarda, ora si desta, ora prende una piega meditativa, ora langue, ora esulta. Ogni momento non è mai uguale al precedente.
La prima lettura scatena un uragano nel cuore di Cecilia: i suoi occhi si sciolgono in lacrime. Si volta verso la colonna per non farsi vedere. Ma le parole che ha sentito sono troppo forti per il suo debole cuore. “E’ apparsa la grazia di Dio”… le trivellano dentro senza pietà.
E’ un attimo. Come seguendo un istinto misterioso Luca si volta. La vede, pur senza essere visto. Anche lei riprende a scrutare in direzione dell’ambone ed i loro sguardi ora si incrociano. Le loro labbra si piegano a disegnare un esile sorriso. Il loro sguardo è intenso, ma velato, come una carezza già triste in partenza. Non c’è odio, ma non c’è nemmeno speranza… semmai delusione, rammarico, amarezza.
Il loro animo fa a pugni con quanto si respira nell’aria.
Però Luca mormora qualcosa all’orecchio di sua sorella. Poi con la scusa di far sedere al suo posto una vecchina provvidenzialmente in piedi lì vicino, si alza e si avvicina a Cecilia. Le si mette accanto ed ascoltano insieme il Vangelo.
Hanno un brivido quando sentono: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, nella mangiatoia”. Istintivamente i loro sguardi si cercano, consapevoli che ciò che li separa può diventare anche quello che potrebbe legarli. Forse per sempre.
Il presepe è sempre lì, con i pastori stipati a raggiera attorno alla mangiatoia, con le pecore di lana vera, con la Madonna e San Giuseppe in ginocchio nella grotta. Il bambinello sembra guardare proprio Luca e Cecilia anziché i suoi genitori veri.
Cecilia lancia un’occhiata significativa a Luca. Lui le sorride. E’ un sorriso sincero, disarmato. Si capiscono.
E intanto a Luca vengono in mente le parole di San Pietro: “Signore, abbiamo pescato tutta la notte senza risultato. Ma sulla tua Parola getterò le reti!”.
Che il Signore gli stia dicendo di “gettarsi” nella storia con Cecilia? Pensa Luca. Eppure… gli sembra proprio che sia così… Una gioia immensa allora lo pervade nell’intimo del suo essere, come un fiume in piena travolge ogni sua resistenza, ogni ragionamento, ogni logica umana.
 
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La neve ricopre l’argine del fiume che scorre in mezzo alla città fasciandolo come fosse una morbida coperta di lana bianca, soffice. E’ la mattina di Natale.
Cecilia ha freddo, avvolta nel suo cappotto. Luca allora le cede la sua sciarpa calda, per offrirle un po’ più di tepore sulle spalle.
Passeggiano vicini, lei sottobraccio a lui, stando attenti a non scivolare.
“Come mai hai voluto vedermi?” gli chiede lei.
“Volevo sapere come stai”.
“Come vuoi che stia? Non credere che stia meglio di te”.
“Ieri notte credo di averti perdonata. Ho sentito che quel bambinello ci stava osservando. Anche tu l’hai avvertito, vero?”
“Sì… esattamente come dici tu. E’ davvero incredibile! Non so spiegarmi a parole quello che ho provato…”.
“Io ti voglio bene Cecilia. L’amore che provo per te non è stato distrutto da quello che è successo. Sì, in questi giorni ho provato a dire basta… mi sono detto: meglio finire qui questa storia, che seguito può avere… ; però sono rimaste solo parole… nient’altro che parole vuote”.
Cecilia ascolta in silenzio. Felice.
Così Luca prosegue: “Quindi è come se anch’io amassi un po’ il tuo piccolino lì nella pancia. E non dire che tanto non è mio figlio”.
“Ma come fai a dire che te ne importa qualcosa del mio cosino?”
“E’ un bambino, non un cosino”.
“Sei sempre senza fantasia, Luca. Lascia che lo chiami come voglio”.
Cecilia si ferma. Gli prende la mano e gliela posa sulla sua pancia.
“Ci vuoi tutti e due?”.
Luca li guarda come fissasse in quel momento una cosa nuova, meravigliosa. Si lascia sfuggire un sorriso di gioia, mentre una lacrima di commozione gli spunta da un ciglio. “Certo che vi voglio, sciocchina!” le risponde abbracciandola.
E se ne stanno lì abbracciati all’altezza di ponte Pietra, mentre la neve comincia a cadere piano, lenta. E per i due innamorati pare che la vita si sia riazzerata, ed inizi ora, da qui, da un marciapiede velato di bianco come lo strascico di una sposa, dal vento che increspa l’acqua del fiume, da un panorama candido sotto un cielo grande come il loro amore appena sbocciato.
 




Fonte : 
Note biografiche sull'Autrice Elisabetta Modena : www.artcurel.it/ARTCUREL/ARTE/LETTERATURA/ElisabettaModenaBio.htm .
Per leggere alcuni scritti di Elisabetta Modena si può consultare la sua Rubrica su ARTCUREL : "Leggere la Nuova Narrativa Cristiana", oppure i Blog : www.elisabettam.splinder.com ; http://biblogit.splinder.com   .  E-mail:  francescotex@interfree.it .  












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