mercoledì 24 luglio 2019

PAOLO DI TARSO E L'ORIGINE DELLA GNOSI, di Francesco Cuccaro


PAOLO DI TARSO E L'ORIGINE DELLA GNOSI
di Francesco Cuccaro
 
 
 
 
Il più antico ritratto di San Paolo, catacombe di Santa Tecla nei pressi della Via Ostiense a Roma.
 
 

Il confronto dell'Apostolo delle Genti con il mondo culturale grecofono del I secolo appare problematico e complesso.

Rimane tuttavia audace, ma non sufficientemente fondata, la posizione esegetica di alcuni biblisti di area protestante, oppure di indirizzo razionalistico ( soprattutto di qualche secolo fa ), che vorrebbe ravvisare nelle lettere paoline la sedimentazione di una 'gnosi' che avrebbe indotto Paolo di Tarso, o quanto meno coloro che si richiamano al suo pensiero teologico, ad una opposizione irriducibile al Giudaismo dell'epoca- con il ricorso frequente delle  antitesi ( come fede-legge, spirito-carne, uomo nuovo-uomo vecchio, uomo spirituale-uomo carnale, ecc. ), con l'insistenza di nozioni come 'mysterion' e 'pleròma' o di alcune citazioni ricche di sensi doppi, abbastanza sibilline ed oscure ( si cfr., 1 Cor. 2,16 : "per conto nostro, noi abbiamo la mente di Cristo !"; 2 Cor. 5,16 : "e se anche abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più"; tanto per citare ).

Se l'ipotesi di una gnosi paolina risulta essere priva di credibilità (così come rimane debole l'argomentazione di chi vuol considerare il Nostro come il vero fondatore del Cristianesimo), ciò non toglie che lo Gnosticismo eterodosso del II secolo abbia ravvisato nell'Apostolo delle Genti e nell'evangelista Giovanni i suoi rilevanti punti di riferimento teorici ed inattaccabili da contrapporre, nel contempo stesso, alle correnti giudeo-cristiane eterodosse.
Fin dall'epoca patristica sono sorti problemi di autenticità di numerose lettere che la tradizione ha attribuito a Paolo, accentuati poi nell'età moderna, in seguito alla controversia protestante e alla diffusione di orientamenti razionalistici.

* * * * * * * *

1. Per poter confutare l'opinione di un Paolo “gnostico” ( o proto-gnostico ), come primo compito occorre procedere all'accertamento dell'autore del suo epistolario. Perché, finché rimarrà valida la convinzione secondo la quale un suo collaboratore ( o uno che segue il suo orientamento teologico ) espone un proprio messaggio a questa o a quell'altra chiesa, attribuendolo al Nostro in modo inappropriato ( come nei casi di pseudonimia ), le probabilità di sconfessare una presunta "gnosi paolina" potrebbero risultare minime.

2. Non si tratta di stabilirne solo l'autenticità. E' indispensabile anche l'analisi critica del contenuto di ogni singolo documento dell'Apostolo di Tarso, confrontandolo con quelli che sono gli schemi culturali, lo stile, il lessico, le immagini letterarie, gli orientamenti speculativi ricorrenti, in quel tempo, nel mondo ellenistico. Se otteniamo più riscontri, nel contenuto e nel linguaggio, del Nostro con documenti gnostici coevi ( come quelli di Nag-Hammadi ), il rischio di considerare Paolo un pensatore dualista non risulterà per questo inesistente*.

*Non si può tuttavia negare l'influsso del pensiero paolino sul futuro Gnosticismo. Su questo non vi possono essere dubbi neanche tra gli studiosi cattolici.

3. In terzo luogo occorre scoprire in Paolo la garanzia di continuità tra il Gesù della storia e il Cristo kerygmatico : rilevando, nelle sue lettere, i suoi richiami abbastanza sobri ( lo ammettiamo ) alla storia di un personaggio vissuto in Palestina e morto sulla croce durante la prefettura di Ponzio Pilato ( 1 Tm. 6,13 ), e alla valenza salvifica degli episodi che lo vedono coinvolto; nonché la serietà e realtà della stessa morte del Redentore.

4. Ci si deve interrogare se la posizione paolina, concernente il 'sacrificio vicario ed espiatorio di un uomo crocifisso', sia originale solo nel senso che non deve concedere nulla o ben poco a quelle concezioni che, tuttavia, sono presenti e diffuse nel mondo ellenistico-romano ed espresse nei tanti culti misterici, sorti alcuni secoli prima dell'affermazione del Cristianesimo, incentrati sul sacrificio di una divinità.

Queste annotazioni si possono richiamare l'una l'altra e dovranno servire per una indagine mirante a stabilire l'estraneità dell'Apostolo delle Genti alle correnti gnostiche ( o protognostiche ).

Per quanto concerne l'ultimo punto, sovviene la sincerità del Nostro che rivendica una sua linea continua nel processo rivelativo con l'A.T., con particolare attenzione alle profezie e ai salmi che illustrano, pur in modo velato, la credenza nella liberazione di Israele e di tutto il genere umano dal peccato per mezzo di un uomo designato da Dio. Il Vangelo paolino é quello conforme alla tradizione apostolica, ma segna anche il tragico punto di rottura con il Giudaismo ufficiale dell'epoca.
La Lettera ai Corinti accenna al Cristo crocifisso come "scandalo per i Giudei" (1 Cor. 1,23) e la Lettera ai Galati ( si cfr. tutto il cap.3 ) mette davanti il punto di vista degli israeliti, secondo i quali il 'kerygma apostolico' contraddice e vanifica qualsiasi prospettiva di salvezza  soprannaturale, insistendo sul tema della 'crocifissione'. Al riguardo, il rabbinismo é inflessibile nel suo ragionamento abbastanza stringente che ruota attorno alla 'maledizione della Legge'. La citazione deuteronomica esprime una sentenza :

"Maledetto chiunque non rimane fedele a tutto ciò che é scritto nel libro della Legge, mettendolo in pratica" (Dt. 27,26).

Ne segue la logica conclusione :

"Tutti coloro infatti che si appellano alle opere della Legge stanno sotto maledizione….." (Gal. 3,10).

C'é un'altra sentenza irrevocabile, formulata nel Pentateuco, ed é questa :

"Maledetto chiunque pende dal legno" ( Dt. 21, 23 ).

Ne consegue che Gesù Cristo é incorso in queste due sentenze perché appeso alla croce. E' rimasto soggetto al 'potere della maledizione della Legge' ma non per molto......

Perché un evento nuovo ed insolito, nonché paradossale, mette in discussione non la correttezza  logica, quanto la presunta verità di questo ragionamento di fondo. Vale a dire la 'Resurrezione' !     Un contrario che scaccia un altro contrario che é la morte.

Con la sua Resurrezione Gesù ha vanificato il potere di maledizione della Legge e l'ha potuto fare in quanto Dio, superiore alle stesse prescrizioni mosaiche. E continuerà sempre a vanificarlo per tutti i credenti che si affidano a lui, ma che conformano soprattutto la propria esistenza alla fede nel suo sacrificio espiatorio. La Nuova Alleanza poggia sulla fede nella promessa fatta ai Patriarchi ed espressa nelle profezie messianiche, promessa superiore alla stessa Legge ( si cfr. Gal. 3,15-29 ), avveratasi con l'Incarnazione di Dio in Cristo e con l'effusione dello Spirito.

Effettivamente, tutto il N.T. ( e soprattutto Paolo ) ci presenta un Gesù fortemente stilizzato. Del resto, può essere vero il contrario ?  Il Maestro di Nazareth é un personaggio straordinario dalla valenza carismatica, "potente in parole e opere" ( Lc. 24,19 ), valenza riconosciuta anche da una fonte extrabiblica di tutto rilievo quale 'Le Antichità  Giudaiche' di Giuseppe Flavio. Tanta eccezionalità capace di suscitare interesse ovunque, con adesioni (non disgiunte da perplessità) e anche violente opposizioni.

Passano i decenni e alle precedenti generazioni succedono le nuove. La Chiesa primitiva non é più granitica come lo é stata all'epoca della Pentecoste. La figura del Nazareno viene sempre più enfatizzata dagli Apostoli e dai loro collaboratori. E questi ultimi, come tutti i testimoni oculari della vita terrena del Maestro galileo, vengono meno già nel corso del I secolo. In queste persone é vivo ed impresso il ricordo di come egli ha vissuto, di cosa ha detto, insegnato, fatto.
Ma il mondo dei Gentili extrapalestinesi non ha conosciuto il Gesù storico ( si cfr. il "Cristo secondo la carne" in 2 Cor.5,16 ) da vicino e si é affidato alla testimonianza dei missionari che annunciano il Vangelo con un ardore e un entusiasmo incredibili, alimentati dalle cristofanìe post-resurrectionem nonché dal dinamismo pentecostale nel quale é sorta la Chiesa.
Questi predicatori si trovano a diffondere il 'kerygma' in un contesto nuovo che ignora completamente la Rivelazione veterotestamentaria, e dove le sue categorie sono diverse e, in più di un caso, opposte rispetto a quelle circolanti nel mondo israelitico.

La cultura greca fa propri : una concezione ciclica del tempo; il fatalismo e il determinismo (che non prende neanche in considerazione l'ipotesi del miracolo); l'eternità del cosmo e della materia. Quello di Paolo é un lavoro immane e sorprendente nel far assimilare ai neofiti il suo messaggio, inducendoli a superare i loro pregiudizi di base, favorendo la loro rigenerazione interiore in Cristo.

Una tale "forma mentis" dell'uomo ellenistico ostacola, tuttavia, l'accettazione del duplice dato della 'resurrezione corporea di Cristo e degli uomini alla fine dei tempi' . Questo dato costituirà il primo fattore discriminante tra i veri e i falsi credenti, tra i garanti della 'traditio apostolica' o 'paradosis'** e i sostenitori di filosofie religiose del mondo ellenistico-romano (compresa la gnosi eterodossa).

**'Traditio apostolica' della quale il pensiero teologico di Paolo di Tarso é componente essenziale.

Se non si accetta questo principio indiscutibile della resurrezione corporea di Gesù Cristo, nucleo essenziale del kerygma primitivo degli Apostoli e dei loro collaboratori, ma anche della predicazione di Paolo, vuol dire che si diffonde un vangelo diverso ed alternativo a quello ufficiale.

L'uomo ellenistico ostenta una certa refrattarietà ad accogliere questa verità di fede. Questa constatazione vale anche per molti cristiani che Paolo ( nella 1 Cor.3,1 ) giudica "nepioi", cioé "immaturi" o "infanti". Del resto -così essi ragionano- questo giudeo proclama la resurrezione fisica di un uomo dalla morte. Ma é mai avvenuto questo evento ?    La tomba vuota rimane, pur sempre, un mistero irrisolto ancor oggi. Non si dubita della sua buona fede. Non si può negare che Paolo e i suoi compagni così entusiasti abbiano avuto una percezione profonda della valenza salvifica della Passione, la consapevolezza di una loro comunione profonda con l'Autore di tutte le cose che va partecipata anche dagli altri. E, pertanto, la resurrezione di Gesù va intesa in un modo diverso da come ci é stata annunciata la prima volta, cioé in un modo non puramente letterale e banale.

Tenuto conto della straordinarietà delle manifestazioni carismatiche beneficiate da Paolo e dagli altri missionari, é indubbio che, per poterle vivere, occorre avere uno stato di grazia che si accompagni a questa profonda consapevolezza interiore.

Ecco l'atteggiamento psicologico e spirituale di fondo che é all'origine della 'gnosi cristiana' che non sembra, quasi per niente, richiamare il patrimonio teologico dell'Antico Testamento nella sua fissazione canonica. Anzi, tale atteggiamento presuppone la suddetta "forma-mentis" dell'uomo ellenistico che considera la materia eterna e corruttibile, la natura immodificabile, un eterno ritorno dell'eguale, ecc., la tendenza all'ipostatizzazione di categorie metafisiche e/o morali. Un orientamento eterodosso che si può ricostruire, per esempio, leggendo ed esaminando con molta attenzione tutta la Prima Lettera ai Corinti.

La preoccupazione dell'Apostolo delle Genti é quella di correggere una teologia della gloria che imperversa nella chiesa corinzia, basandosi su una falsa o, quanto meno, riduttiva percezione del mondo escatologico del quale i Corinzi si sentono già di far parte e di considerarsi predestinati rispetto agli altri fratelli nella fede, in forza dei carismi diffusi e di prese di coscienza spirituale conseguite attraverso un esame attento delle Sacre Scritture e in virtù del discernimento profetico.

Ma con quali conseguenze sul piano etico-esistenziale ?  Vanagloria religiosa ed intellettuale, individualismo esasperato, settarismo, trascuratezza sul piano della carità, presunto stato di impeccabilità di chi si considera puro e forte nei convincimenti morali, disimpegno nell'esercizio delle virtù e nei confronti della storia, tiepidezza nel rifiuto dell'idolatria, sono i risultati di questo grave e fuorviante orientamento teologico.

Questa mal elaborata e vissuta 'teologia della gloria' non poggia solo sui carismi, ma anche su un estremo allegorismo***che insiste molto sul senso spirituale e morale della Resurrezione di Gesù e sulla potenza dello Spirito Santo ritenuto non solo ( anche se non a torto ) come un principio gnoseologico e di vita nuova nel credente, ma addirittura come secondo rivelatore dopo Gesù Cristo.

***Non da sottovalutare l'efficacia -come pure non si possono ignorarne i limiti- dell'egregia attività catechetica di Apollo ( At.18,22-28; 1 Cor,1,12.3,6.16,12; Tt.3,13 ), giudeo di Alessandria d'Egitto e già conoscitore del battesimo di Giovanni, convertito anche lui al Cristianesimo, nonché amico e collaboratore di Paolo di Tarso. Proviene dall'Egitto dove, nella colonia ebraica di Alessandria, si é sviluppata una scuola biblica che fa uso dell'interpretazione allegorica e tipologica.
Il celebre filosofo ebreo Filone, del resto, é un sostenitore convinto di una tale metodologia.
L'allegorismo, comunque, se fatto valere in modo indiscriminato e unilaterale, rischia di far vanificare la storicità degli eventi salvifici relativi alla vita di Cristo come, per esempio, la sua resurrezione fisica, il suo concepimento  verginale,  l'eucaristia,  persino  la  sua  stessa  morte  sulla  croce.

E' congeniale ai Corinti solo la resurrezione mistica ( del resto compatibile con il messaggio paolino ), in corrispondenza all'attività dello Spirito che produce in loro una nuova consapevolezza di vita e di fede. Alcuni, però, vanno oltre: negano la resurrezione corporea dei morti; altri, invece, la intendono solo in senso allegorico e figurato.
L'Apostolo di Tarso deve intervenire per ribadire il fondamento biblico e storico di questo articolo di fede, non solo rivendicando la sua personale e straordinaria esperienza sulla via di Damasco, ma anche la veridicità delle cristofanie "post-resurrectionem" ( 1 Cor.15,5-8 ); inoltre, per spiegare le modalità di questo evento che interesserà tutti gli uomini alla fine dei tempi ( 1 Cor.15,35-58 ).

Questa teologia della gloria dei Corinzi -che estremizza il ruolo salvifico dello Spirito Santo- secondo Paolo nasce dallo 'svuotamento della Croce di Cristo' ( 1 Cor.1,1-17 ), vale a dire dalla mancata consapevolezza della reale serietà sia delle sofferenze che della morte corporea del Redentore, sia della legge dell'Incarnazione.

Gesù é realmente uomo e Dio allo stesso tempo. Non é uno spirito puro, una specie di angelo, che si é unito ad un corpo, ma un vero uomo che, attraverso la carne, ha dovuto portare ad un livello di compiutezza tutta l'economia salvifica, Per riscattare il genere umano dal peccato e dal potere di maledizione della Legge, ha dovuto soffrire e morire in modo reale, per giunta infamante.
Nel suo ministero pubblico Gesù, pur manifestando il carattere unico ed originale del suo vangelo di salvezza, si é sempre rifatto alla tradizione del suo popolo, ha sempre avuto la consapevolezza di essere radicato nel tempo e nello spazio, in una parola, nella storia.

E Paolo rivendica la storicità del kerygma apostolico, richiamando le profezie e le figure tipologiche dell'A.T., sottolineando il legame della nuova fede con Israele. L'Apostolo delle Genti supera l'ebraismo ma lo presuppone anche****.

****E' ancora legato a schemi e categorie biblici. Pensiamo, per esempio, alla concezione antropologica dell'unitarietà dell'uomo, vista sotto tre angolature diverse ( sòma, psiché e pnéuma ), dove in questo caso non abbiamo a che fare con una tricotomia di tipo platonico. La stessa contrapposizione tra 'pnéuma' e 'sarx' si dà tra due atteggiamenti esistenziali : l'uno caratterizzato dall'amore disinteressato per Dio e per gli uomini e dalla vera 'conoscenza di Cristo'; l'altro dal ritenere la ragione misura di tutto, da un esercizio non sempre controllato delle passioni, dall'egoismo e dalla volontà di appropriazione.

Questo 'svuotamento della Croce' comporta : la conseguenza di vanificare la storicità di questo terribile ma solenne episodio; come pure il mancato attingimento del suo valore salvifico universale e soprannaturale, sancendo una prima separazione tra l'ortodossia e l'eresia nel contesto del Cristianesimo primitivo. E può essere ben ravvisato tanto all'origine della 'gnosi', quanto in qualsiasi velleitario tentativo di razionalizzazione del mistero.

Da questo svuotamento ne discende, consequenzialmente, la negazione del dato biblico della resurrezione corporea di Gesù Cristo. Il caso di Imeneo e Fileto, due dottori della chiesa di Efeso e apostati, é al riguardo illuminante ( 2 Tm,2,17-18 ).

Eppure Paolo di Tarso riferisce nella Lettera ai Colossesi :

"Voglio infatti che sappiate quale grande lotta sto sostenendo per voi, per quelli di Laodicea e per quanti non videro la mia faccia di carne, affinché i loro cuori vengano consolati e, essendo strettamente uniti nella carità, ( acquistino ) ogni ricchezza di pienezza, di intelligenza, allo scopo di penetrare nella 'perfetta conoscenza del mistero di Dio, di Cristo' cioé, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza" (Col. 2,1-5).


Più avanti :

"Non vogliate mentire gli uni agli altri, poiché vi siete spogliati dell'uomo vecchio con le sue opere e vi siete rivestiti dell' ( uomo ) nuovo, il quale si rinnovella in una 'conoscenza' più accurata secondo l'immagine di colui che lo ha creato : ove non c'é più né Greco né Giudeo, né circoncisione né in circoncisione, né barbaro né Scita, né schiavo né libero, ma tutto é in tutti é Cristo" ( Col. 3, 9-11 ).

E nella Lettera agli Efesini :

"Egli ci ha fatto inoltre, conoscere il mistero della sua volontà, conforme al beneplacito già in anticipo stabilito in lui, per la economìa della pienezza dei tempi : il proposito cioé di ricapitolare tutte le cose in Cristo, sia quelle celesti, sia quelle terrestri" ( Ef. 1, 9-10 );

"Per questo anch'io, avendo appreso notizie della vostra fede nel Signore Gesù e della carità che avete verso tutti i santi, non cesso di ringraziare per voi, ricordandovi nelle mie preghiere affinché Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui" (Ef, 1, 15-17);

"…..E' per questo, dico, che io piego le mie ginocchia davanti al Padre, da cui ogni paternità in cielo e sulla terra prende nome, perché vi conceda secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati, in virtù del suo Spirito, nell'uomo interiore. ( Egli faccia sì ) che la Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori e che voi siate radicati e fondati nella carità, affinché possiate comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, e la lunghezza, l'altezza e la profondità ( del mistero ), e conoscere l'amore di Cristo superiore a ogni conoscenza, onde siate riempiti di tutta la pienezza di Dio " ( Ef. 3, 14-19 );

"per la edificazione del Corpo di Cristo, fino a che perveniamo tutti alla perfetta unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, all'uomo perfetto, alla misura ( cioé ) dell'età in cui si abbia la pienezza di Cristo" ( Ef. 4, 13-14 ).

In tutte queste citazioni ricorre il termine 'conoscenza', in lingua greca 'gnosis'. Anche Paolo affronta il tema della 'conoscenza del mistero di Dio, di Cristo' .
Con il termine 'gnosis', a differenza però dei dualisti, il Nostro non prende in considerazione né lo sforzo speculativo, tantomeno una conoscenza intuitiva trasmessa da Gesù ai suoi Apostoli e da questi ultimi ai loro iniziati, adeguata a penetrare ( nelle ) le realtà divine.

Se poniamo attenzione al substrato concettuale semitico del suddetto vocabolo, per Paolo la 'conoscenza' é una 'unione', un 'incontro', che coinvolge tutto l'individuo anche nei suoi aspetti emozionali e pragmatici, predisponendolo all'azione nella storia e nella Chiesa. Si potrebbe parlare di essa come di una 'conoscenza esistenziale' (1), come 'vera e autentica conoscenza' (2), ma che non escluderebbe la comprensione concettuale, vale a dire la 'ricerca teologica'. Una 'conoscenza vissuta', vissuta nella carità e nell'umiltà, perché capace di produrre la trasformazione integrale dell'uomo e, quindi, del cristiano, e contribuire alla riconciliazione generale con il tutto. Ma si tratta anche di una 'conoscenza spirituale' (perché lo Spirito Santo é il principio interno dell'uomo nuovo), ottenuta per mezzo della 'Rivelazione' e della fede come risposta a quest'ultima. La 'mistica' é all'apice di questa conoscenza.

Ma la 'salvezza' non viene dall'intelligenza (3), né da un'ardita elucubrazione concettuale e nemmeno da una sorta di illuminazione, tanto per intenderci, come vuole la gnosi eterodossa.

N.B. Si può essere valenti teologi oppure vanitosi storici della chiesa antica nelle università statali, del tipo di quelli grossolani e meschini che stabiliscono per gli esami quattro-cinque programmi per i non-frequentanti, oltre ad essere privi di scrupoli morali e di decenza.

Poi, se per 'intelligenza', ci atteniamo al suo etimo originario ( in latino "intus legere", "cogliere dentro", e come recita il motto agostiniano "credo ut intelligam et intelligam ut credo" ), si può ben asserire che lo Spirito aiuta l'uomo a superare un orizzonte mentale ristretto, a rafforzare la sinderesi ( cioé la facoltà che induce a discernere, a desiderare e volere il bene e ad evitare e odiare il male ) e le virtù cardinali, a disciplinare le passioni e ad aprire il "cuore" all'amore disinteressato e alla lotta contro l'egoismo. La 'salvezza' proviene dalla 'fede alimentata dalla carità'. 'Fede' e 'conoscenza esistenziale' si implicano l'una l'altra. La seconda presuppone la prima.

Se poniamo attenzione, di nuovo, al corrispettivo semantico ebraico della parola greca 'gnosis' , Paolo ne ignora volutamente il significato di una conoscenza tanto discorsiva quanto illuminativa, per indicare in modo paradossale, con questo vocabolo, la stessa 'fede' intesa non solo come atto di adesione soggettiva (4), ma anche 'ciò che oggettivamente viene comunicato, rivelato e operato da Dio' (5) al credente che lo accoglie.

La Lettera ai Colossesi, nei capp. 2 e 3, a detta di Mons. Ravasi, espone una 'teologia della conoscenza' (6), bensì una riflessione sulla 'fede' che, pur non eludendo il giusto valore da attribuire alla conoscenza intellettuale, smentisce invece qualsiasi funzione salvifica ad un sapere globale ed esaustivo che Paolo denomina 'philosophia' ( Col. 2,8 ), fondato su una "tradizione degli uomini" ( Col. 2,8 ) e su un "intellettualismo etico" che sottolinea come il peccatore in realtà sia solo un ignorante*****

*****Se la realtà più profonda del Vangelo -per effetto di una commistione con i tanti culti misterici, con il platonismo, con orientamenti razionalistici collegati ad una rigorosa prassi ascetica- si riducesse ad una dottrina esoterica valida solo per alcuni, ad una religione solo per i "forti" perché "più illuminati", i "deboli", i "miserabili", rimarrebbero nelle paludi e nelle nebbie della loro sensorialità, della loro debolezza carnale (7).
Si riproduce nel movimento gnostico, paradossalmente però su un versante antitetico al giudaismo, un fariseismo di maniera anche nel mondo pagano che riproduce discriminazioni tra gli uomini.
Altro che 'redenzione universale' operata dal Cristo morto sulla croce !

Le premesse dell'affermazione dello Gnosticismo del II secolo si avvertono in dottrine già denunciate da Paolo nella Lettera ai Colossesi e anche nella Prima Lettera a Timoteo : nell'uso esasperato dell'allegoria; nella negazione del dato biblico della resurrezione corporea di Cristo e di tutti gli uomini alla fine dei tempi, a favore esclusivamente di una resurrezione mistica; in una metafisica spiritualistica che non fa i giusti conti con la storia; nella moltiplicazione di esseri intermedi ed intermediari in ordine alla creazione e alla salvezza;  dal fatalismo e dal pessimismo che considerano la materia il male e il creato come una immagine degradata del pleròma divino.

Già a partire dal secolo scorso, gli studiosi sono propensi a stabilire una distinzione tra 'Gnosi' e 'Gnosticismo'.
Con il secondo termine si intende un complesso di svariati insegnamenti esoterici, affermatisi nel II secolo in Egitto, in Siria, in Mesopotamia e in Asia Minore. Si può dire che non prima del 120 d.Cr. se ne hanno le prime elaborazioni sistematiche. Queste ultime sono prodotte dalle scuole dei Sethiani, di Basilide, Epifane, Valentino, Eracleone, Tolomeo, Teodoto, Carpocrate, Marcione, Bardesane e che si richiamano al samaritano Simon Mago, concorrente degli Apostoli nella diffusione del Vangelo. Lo Gnosticismo nasce da un sincretismo tra Cristianesimo, Giudaismo, filosofìa greca, culti misterici e credenze iraniche.

Una proto-gnosi eterodossa é un orientamento misteriosofico che si afferma, intorno alla metà del I secolo, nell'ambito delle comunità cristiane di fondazione paolina, sul tipo della strana "filosofìa" religiosa circolante nella chiesa di Colossi. E' chiaro che si tratta di una visione del mondo e dell'uomo nata in ambiente ellenistico, ma che trova nel Cristianesimo nascente il referente religioso ( e mitico ) adeguato per poter essere divulgata e assimilata dalle masse, alle quali é precluso, però, l'attingimento dell'essenza più profonda di una tale cosmovisione.

Un culto degli angeli certamente si sviluppò negli ultimi quattro secoli prima dell'era volgare, nel contesto della religione mosaica in Palestina, ma anche in Mesopotamia dove si trovarono relegati numerosi Ebrei sotto l'egemonia dei Persiani, la cui cultura e le credenze zoroastriane esercitarono un non lieve influsso sul Giudaismo soprattutto in tema di credenza in angeli e demoni.
Con il passare del tempo, degli angeli non solo si insistette sul loro ruolo di messaggeri ed esecutori della volontà di Jahveh e dei decreti divini, ma si amplificò la portata ontologica dei medesimi fino a sostenere una loro partecipazione non solo nella rivelazione della Legge di Mosé e nella storia della salvezza, ma perfino nell'evento della Creazione.
Fu inevitabile che una tale posizione teologica spingesse il Giudaismo ufficiale ad esasperare la soprannaturalità e l'inaccessibilità di Dio, non andando oltre nel rivendicare, come fece poi la gnosi eterodossa cristiana, una "presunta natura divina" delle potenze angeliche.
Inoltre, si prendano in esame le cognizioni pre-scientifiche e geografiche degli Ebrei e dei Greci dell'epoca, dove si ritenne l'universo naturale chiuso e finito in una prospettiva geocentrica. I Greci pensarono che il cosmo fosse composto di quattro elementi più uno (cioé terra, aria, acqua, fuoco più l'etere), di sette pianeti (luna, marte, mercurio, giove, venere, sole, saturno) e dalle stelle fisse del firmamento. I sette pianeti descrivevano, attorno alla terra, un'orbita "circolare" e il Sole esercitava una funzione esclusivamente vitale sui vegetali e sugli animali. Da qui la sua divinizzazione nella figura mitologica di Phebos o Helios, corrispondente al latino Apollo. Gli Ebrei, invece, ritennero che l'universo fosse costituito dalla terra, dallo sheòl ( dal mondo sotterraneo, sede delle anime dei morti ) e dal mondo celeste ( stelle fisse, le cateratte d'acqua, i summenzionati sette pianeti ). Ma Dio era al di sopra dell'universo e lasciava agli angeli, intesi come pure intelligenze, il governo del creato.
Le concezioni pre-scientifiche dell'epoca antica ebbero la loro smentita nell'Età moderna, con le osservazioni astronomiche di Galilei e Keplero, oltre che dalla scoperta della legge di gravitazione universale ad opera di Newton, dal successo della concezione meccanicistica della natura e, in tempi più recenti, con la scoperta dei principi della termodinamica. Tutte constatazioni che indussero Rudolf Bultmann a sostenere che il Nuovo Testamento andasse "demitizzato", nel senso che, essendo superate tali cognizioni pre-scientifiche degli Ebrei, si doveva rigettare la credenza in angeli e demoni e nell'Inferno, ecc.
Ma sappiamo come la scienza sperimentale non solo non ha prodotto la felicità per il genere umano e non ha abolito la sofferenza, la vecchiaia e la morte biologica, ma appare lacunosa e non poggia su certezze indiscutibili. Anzi, i suoi limiti sembrano fare appello all'esistenza di Dio e avvalorare l'esigenza di una filosofia della natura che la completi.

Le stesse cognizioni pre-scientifiche degli Ebrei rientrano nel "bagaglio" culturale di Paolo di Tarso che non nega né un moderato e sano culto degli angeli, né un loro ben precisato ruolo di intermediazione nella storia della salvezza e, tanto meno, una loro valenza metafisica ( esseri superiori all'uomo, intelligenti e più potenti delle altre creature ), sempre nei limiti concessi da Dio.
Ma esasperare il loro ruolo nella creazione, a guisa del Demiurgo platonico (e poi gnostico), fino ad oscurare il primato universale di Cristo, per l'Apostolo delle Genti appare inaccettabile.

Quest'ultimo accenna ad una strana credenza intorno agli 'elementi del mondo' ( 'stoichéia tou kòsmou' ), diffusa dai falsi dottori di Colossi. Non riusciamo a condividere l'interpretazione esegetica del noto biblista padre Joseph-Marìe Lagrange OP, secondo la quale, con questa espressione, si intendono gli ordinamenti della religione mosaica (circoncisione, osservanze rituali, sabati, noviluni, ecc.).

La maggior parte degli studiosi é propensa a considerare gli 'elementi del mondo' ( o del cosmo ) come gli astri condizionati da energie cosmiche e da potenze angeliche, ma anche queste ultime.

Al riguardo, Mons. Cipriani riferisce :

"Di fatti, il termine 'stoichéion' significa originariamente 'base, elemento', oppure le parti di cui é composta la cosa o di cui consta una serie o una fila; così si parlava dei quattro elementi del mondo fisico, delle lettere dell'alfabeto come elementi del linguaggio ( sulla constatazione delle" lettere dell'alfabeto", aggiungiamo noi, si svilupperà la Qabbalàh ebraica a partire dal Rinascimento ), dei rudimenti di una disciplina, ecc. Più tardi, nel greco ellenistico, il termine significò anche gli astri ( così, per esempio, presso gli Apologisti cristiani ) e infine gli spiriti che si credeva abitassero negli astri e li guidassero" (8).

Con la conseguenza dell'incentivo della divinazione, dell'astrologia e della magia, anche sulla base di una corrispondenza simpatetica tra le varie creature, pratiche proibite dalla stessa Legge di Mosé.

Paolo difende una giusta credenza negli angeli e, in conformità al Giudaismo, riconosce che la Legge di Mosé "fu promulgata per il ministero degli Angeli....." ( Gal.3,19 ). Ma sottolinea anche la loro dissomiglianza da Dio, al contrario dei falsi dottori di Colossi, probabilmente provenienti dal paganesimo ( ma che sostituiscono l'antico politeismo antropomorfo della religione  ellenica  con  uno  nuovo  più  spiritualistico ), la loro assoluta sottomissione a Cristo, smentendo un mal inteso provvidenzialismo relativo a queste forze cosmiche.

"Egli ( =Cristo ) é l'immagine del Dio invisibile, primogenito di ogni creatura, poiché in lui furono create tutte le cose, quelle che stanno nei cieli e sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili, siano Troni, o Dominazioni, o Principati, o Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Ed egli é prima di tutte le cose e tutte le cose hanno in lui consistenza" ( Col, 1, 15-17 ).

Solo nel Logos, anzi nel Logos incarnato, tutte le cose ( comprese quelle dei cieli, cioé astri ed angeli ) hanno in lui consistenza e sono state create.

In un altro passo della Lettera ai Colossesi Paolo asserisce :

"Poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e in lui voi siete stati riempiti, lui che é il Capo di ogni Principato e di ogni Potestà" ( Col. 2, 9-10 ).

E' interessante esaminare questo versetto. Nella persona del Cristo -che ha assunto la natura umana- c'é il 'pleròma', tutta la 'pienezza di Dio' che non é propria degli angeli ( e tantomeno degli eoni del futuro Gnosticismo ). Ma Paolo non esclude che questa 'pienezza' possa essere, in un certo modo, partecipata dalle creature, dagli uomini e da quelle elevate come gli angeli ( si cfr. Col 2,9 : "in lui siete stati riempiti" ).
Contro una misteriosofia, quindi una strana proto-gnosi eterodossa, che insiste su un esagerato ascetismo riassunto dall'Apostolo ironicamente nelle parole "non prendere !", "non gustare !", "non toccare !" ( Col.2,21; ma si cfr. pure 1 Tm. 4,3-5 ), ancora più esasperato del legalismo farisaico dell'epoca perché, essendo di matrice filosofica greca, constata nella materia, nel divenire e nella molteplicità, il male assoluto, un male metafisico indipendentemente dalla libertà della creatura traviata ( altro "nodo dolens" dello Gnosticismo ), Paolo polemizza salvaguardando, in modo paradossale, proprio la dignità del 'corpo' per alcuni validi motivi : a) solo nel corpo crocifisso di Cristo gli uomini possono sperare di salvarsi; b) nel corpo assunto da Cristo all'atto dell'Incarnazione, crocifisso e risorto, inabita tutta la divinità nella totalità delle sue perfezioni ( si cfr. ancora Col.2,9 ); c)il corpo del redento é tempio dello Spirito Santo ( 1 Cor. 6,12 ), e quindi di Dio; d)nell'eucaristia é presente realmente, ma solo a livello sacramentale, il corpo di Cristo; e) é un corpo destinato ad essere ri-vivificato all'atto della resurrezione dei morti.
Paolo oppone la dignità del 'corpo' a qualsiasi filosofia religiosa di orientamento dualistico, non solo in relazione all'umanità di Cristo, ma fino a fare dello stesso 'corpo' l'immagine della Chiesa, tema esposto nelle due 'Lettere della prigionia' ( Col.1,18.24-2,19; Ef.1, 22-23.4,4.13.15-16.5.23.30 ).

"Nessuno pertanto vi condanni riguardo al cibo o a bevande, o a motivo di feste, di noviluni o di sabati, tutte cose che sono ombra di quelle venture, mentre il 'corpo' ormai é quello di Cristo. Che nessuno vi defraudi a suo arbitrio del premio, con la scusa di umiltà e del culto degli Angeli, sprofondandosi in ciò che avrebbe visto, vanamente gonfiato dalla sua mente carnale, non più legato al 'Capo', da cui tutto il 'Corpo', mediante le giunture e i legamenti, riceve sostentamento e coesione e cresce della crescita di Dio" ( Col. 2,16-19 ).

L'Apostolo non sembra contrastare la percezione -che hanno i neoconvertiti- del proprio tempo come di un tempo escatologico, anche se insiste sul carattere improvviso ma non imminente della 'Parusìa del Signore' :

"Pertanto questo vi dico, fratelli : il tempo é raccorciato; non rimane altro che coloro i quali hanno moglie siano come se non l'avessero, quelli che piangono come non piangessero, quelli che godono come se non godessero, quelli che comprano come se non possedessero, e quelli che usano del mondo come se non ne fruissero appieno : passa infatti la figura di questo mondo ! Io vorrei che foste senza preoccupazioni….." ( 1 Cor. 7,29-32 ).

Sottolinea in primo luogo la relativizzazione di tutto ciò che esiste a Dio. Il Nostro considera utile il matrimonio, ma eccellente lo stato di verginità per chi consacra il proprio corpo a Dio, evitando le compromissioni con un mondo avvertito sempre più come evanescente e pericoloso, in quanto lontano da Dio (e non perché materiale come per la gnosi eterodossa).

Anche le stesse disposizioni fisiologiche del corpo, pur necessarie all'uomo, verranno meno con la morte e non serviranno più nella nuova condizione dei risorti :

" Tutto mi é lecito !'. Però non tutto mi é vantaggioso. 'Tutto mi é lecito !". Però non mi ridurrò mai sotto il potere di nessuno. 'I cibi sono per il ventre e il ventre é per i cibi !' Ma Iddio distrugge sia quello che questi. Il 'corpo' poi non é per la fornicazione, ma per il Signore; e il Signore é per il corpo. E Iddio, che ha risuscitato il Signore ( Gesù ), risusciterà anche noi per la sua potenza" ( 1 Cor.6, 12-14 ).

Per combattere la fornicazione che animalizza l'uomo, dando alimento all'egoismo di sopraffazione e al disordine sociale, occorre una sana pudicizia che freni e canalizzi gli impulsi sessuali.

Interessante  la  riflessione  di  Mons. Cipriani a pag. 150 del suo libro "Le Lettere di S. Paolo" della Cittadella Editrice, dove lo studioso fa notare l'inconsistenza del pansessualismo dell'epoca dell'Apostolo delle Genti, che tende ad equiparare l'inclinazione al rapporto sessuale alla pari degli altri atti fisiologici come il mangiare, il bere, il dormire (9). In quest'angolatura non si avvertirebbe il peccato, se tutte le volte gli uomini assecondassero le pulsioni erotiche come un fatto necessario ed inderogabile. Ma va ricordato come l'atto sessuale contribuisca alla sopravvivenza della specie, in quanto finalizzato alla procreazione, aprendosi all'origine di una nuova vita. Inoltre esso é un linguaggio di amore inteso come donazione di sé da parte dell'uomo e della donna. Solo così l'istituto del matrimonio viene giustificato moralmente nel suo uso corretto.
La fornicazione, invece, si ha quando si considera una persona come oggetto esclusivo di godimento egoistico, il più delle volte svincolato dalla procreazione, avvilendo il proprio e altrui corpo.

Non solo la concupiscenza della carne, esercitata nel modo più abietto, ma anche la cupidigia di possesso, paragonata ad una vera e propria idolatria peggiore di quella religiosa diffusa nel mondo ellenistico-romano del tempo ( Col.3,5 ), umilia tanto il corpo quanto lo spirito.

Paolo, al contrario dei proto-gnostici, non disprezza la natura vista come un contesto pieno di energie da valorizzare, ma anche da sottometterle a Cristo e alla signorìa divina :

"Nessuno ha mai odiato la propria carne; al contrario la nutre e se ne prende cura come anche Cristo (fa per) la Chiesa, poiché siamo membra del suo Corpo" ( Ef. 5,29-30 ).

Mentre é impegnato a contrapporre, come Gesù e gli Apostoli, il Vangelo al 'mondo', il cui corrispettivo é il 'secolo' nella sua connotazione etica ed antropologica, caratterizzato dalla corrosione del peccato e dall'azione di Satana.

Rivendicando la dignità del corpo umano e la sua elevazione sacramentale, il Nostro ritorce la perniciosa accusa dei dottori di Colossi che lo indica come un falso apostolo attaccato all'impurità della materia, ritenendo tali dottori schiavi dell'immaginazione e i loro insegnamenti come espressione di una ristretta "mente carnale" ( Col.2,18 ) che li conduce lontano da un giusto senso della realtà, della misura e delle proporzioni.
Con l'apparenza di una falsa modestia supportata dall'esasperazione della trascendenza di Dio, fino al punto di sopravvalutare, in modo arbitrario, il ruolo e il culto degli angeli, si nasconde in loro un atteggiamento proprio dell'uomo carnale o psichico, espresso nella vanagloria religiosa ed intellettuale.  E questi falsi dottori non sono più legati "al Capo da cui tutto il Corpo, mediante le giunture e i legamenti, riceve sostentamento e coesione e cresce della crescita di Dio" ( Ef.2,19 ), analogamente al corpo umano, la cui testa esercita una funzione di comando ("l'egemonikon") ordinando le parti al concorso del tutto, in un perfetto equilibrio, garantendone l'unità più profonda.

* * * * * * * *

La 'gnosi eterodossa' non é solo una corrente antica che ha fatto la storia della Chiesa "quando quest'ultima era giovane", ma é stata sempre trasversale al Cristianesimo bimillenario, una vera spina nel fianco. Ancor oggi si assiste alla fioritura di sette e di movimenti neognostici alternativi alle Chiese confessionali.
Ma quel che é certo é che la Chiesa primitiva ha dovuto fronteggiare un pericolo mortale, insidioso perché capace di mimetizzarsi e di conquistare le menti dei dotti, ma anche di stravolgere la fede dei semplici credenti con racconti fantastici e mitici su Gesù Cristo, senza alcun riscontro con gli scritti neotestamentari dichiarati ispirati dalla tradizione apostolica e senza il sostegno di fonti non-cristiane coeve.

Saranno i diretti successori degli Apostoli e, soprattutto, la scienza teologica di Ireneo di Lione, di Clemente Alessandrino, di Ippolito di Roma e di tanti altri ancora, a sconfiggere questo "cancro", confrontandosi soprattutto con un autore da loro amato, al pari dei loro avversari eterodossi : Paolo di Tarso.


 



 
N O T E :

( 1 ) : Gianfranco Ravasi, "Lettere ai Colossesi e agli Efesini", p. 105;
( 2 ) : op. cit., p. 105;
( 3 ) : op. cit., p. 105;
( 4 ) : op. cit., pp. 99-100;
( 5 ) : op. cit., p.99;
( 6 ) : op. cit., pp. 99-103;
( 7 ) : op. cit., p. 100;
( 8 ) : Settimio Cipriani, "Le Lettere di S. Paolo", Cittadella Editrice, p. 519;
( 9 ) : op. cit., pp. 150-151.




 


Fonte : scritti e appunti del teologo Francesco Cuccaro , e-mail  cuccarof@alice.it  .












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