Padre Claudio Traverso
SPIRITUALITA' DEL DIGIUNO
Il digiuno si traduce in una
esperienza religiosa quando non si limita a influire sul fisico, ma agisce anche
positivamente sullo spirito.
Nella Bibbia troviamo
moltissimi passi di riferimento. Esemplare è il brano del profeta Isaia
(58,1ss): sottolinea che il digiuno gradito a Dio deve essere accompagnato da
uno spirito di vera penitenza e dall'osservanza della giustizia e della carità.
Fondamentale non è quindi il
digiuno, ma la conversione cui esso conduce.
La tradizione della Chiesa,
oltre a far riferimento all'Antico Testamento, si richiama all'esempio di Gesù,
che digiuna quaranta giorni e quaranta notti nel deserto (Mt 4,2; Mc 1,13; Lc
4,2).
Quantunque Cristo non abbia
imposto il precetto del digiuno, tuttavia annunzia ai discepoli che avrebbero
digiunato (Mt 9,14-15) in attesa del suo ritorno e del digiuno prescrive il
modo, dicendo di evitare l'ostentazione e l'ipocrisia (Mt 6,16-18).
Dunque anche gli apostoli
hanno digiunato, soprattutto nei momenti dell'elezione dei ministeri (At
13,3-2).
Secondo la concorde tradizione cristiana la
pratica del digiuno appare strettamente connessa alla conversione e alla
purificazione interiore.
Tale pratica nell'arco
della storia della Chiesa non è mai venuta meno sia pure in mezzo a eccessi o a
rilassatezze.
Gli aspetti piu'
importanti del digiuno sono i seguenti:
- è considerato come un
momento di grazia, capace di fortificare le virtù, generare la preghiera, essere
fonte di serenità, facilitatore di tutte le buone qualità; ma soprattutto
consente all'uomo di aprirsi a un altro cibo: la volontà di Dio (Gv 4,31-34).
- ha uno stretto legame
con la preghiera: non si conta che su Dio (Tb 12,8; Gdc 20,26; Sal 34,13); è
gesto visibile con cui si chiede perdono e misericordia (Gl 1,14; 2, 17; Gdt
4,13; Mt 17,21; Mc 9,29); è segno di amore per gli altri (Est 4,16; Sal 34,13;
Didachè 1,3); dispone a un'impresa difficile (Mt 4,2; At 14, 23; Es 34,28; 1 Re
19,8; Dn 9,3.27; 10,12).
- comporta il cambiamento
della vita; infatti non ha validità in se stesso, ma solo se connesso alla
conversione (Mt 9,13; 6,16-18) secondo una duplice direzione: l'autodisciplina,
e l'esercizio della carità spirituale e materiale.
I santi digiuni.
(dagli scritti di San Doroteo di
Gaza)
"Fratelli, beato chi
custodisce se stesso come si conviene, confidando in Dio e offrendo preghiere e
digiuni.
Infatti, anche se gli
accade di peccare, dato che è un essere umano, per debolezza o per negligenza,
Dio gli ha offerto questa possibilità per pensare alla propria anima, vigilare
umilmente su di sè, fare penitenza ed essere così purificato dai suoi peccati.
Divenuto uomo nuovo
grazie alla penitenza dei santi digiuni, partecipa ai santi misteri senza
riceverne condanna, dimora nella gioia e nella letizia spirituale.
Chiunque vuol essere
purificato dai suoi peccati, deve anzitutto guardarsi dalla mancanza di
discrezione nel mangiare.
La mancanza di
discrezione nel cibo, infatti, è fonte di ogni male nell'uomo.
Chi vuole purificarsi dai
suoi peccati deve vigilare attentamente ed evitare queste cose.
Non si mangia infatti per
un bisogno del corpo, ma si esagera per una passione e se si accondiscende a
questa passione si pecca.
E come digiuniamo con il
ventre, digiuniamo anche con la lingua, tenendoci lontani dalla maldicenza,
dalla menzogna, dalle chiacchiere, dalle offese, dalla collera, insomma da ogni
peccato che si compie con la lingua.
Dobbiamo far digiunare
allo stesso modo anche gli occhi, non guardare cose vane, non essere sfacciati,
non osservare sfrontatamente gli altri e dobbiamo impedire ogni azione malvagia
anche alle mani e ai piedi.
Praticando così un
digiuno gradito a Dio, come dice San Basilio, ci è possibile partecipare meglio
ai santi misteri come uomini nuovi, purificati e più vicini al Signore.
La sobrietà nei
Santi Padri
(dagli scritti di Filoteo
Sinaita: "Sulla sobrieta' ")
Si arriva all'unione
profonda con Dio attraverso l'esercizio costante della sobrietà e del ricordo di
Dio.
La sobrietà può essere
definita come l'atteggiamento di uno spirito presente a se stesso, vigilante,
attento a non lasciarsi sorprendere dalle tentazioni che cercano di insinuarsi
nel nostro cuore tramite i pensieri, pronto a respingerli drasticamente fin dal
loro primo apparire.
In questo consiste
essenzialmente la custodia del cuore.
Riguardo al significato
originario della parola "sobrietà" (sobrio = non ubriaco), di per sè il termine
sottolinea la capacità dello spirito di vedere chiaro, di distinguere
rettamente, al contrario dell'ubriachezza che comporta una vista annebbiata.
Per questo scopo il
digiuno costituisce un grande aiuto, attraverso la moderazione nel prendere
cibo, alla rinuncia volontaria, che mantiene le facoltà più pronte all'azione
della grazia favorendo lo spirito di preghiera.
Infatti dobbiamo
ricordarci sempre la ragione per cui offriamo il digiuno, perchè svuotandoci di
noi stessi, rinunciando alla piena soddisfazione, facciamo più spazio a Lui nel
nostro cuore e nella nostra vita.
Il ricordo di Dio è
l'invocazione "incessante" del Signore perchè intervenga in nostro aiuto. Va
unito strettamente alla sobrietà perchè non siamo noi a combattere il nemico, ma
il Signore costantemente invocato.
La sobrietà, la moderazione, unita alla preghiera umile, è
strada che conduce al Regno, al Regno di Dio che è dentro di noi e al Regno
futuro, come opera spirituale, in quanto modella e purifica lo spirito,
facendolo giungere a una sufficiente pace interiore.
Si potrebbe ancora paragonare la sobrietà ad una
finestrella luminosa alla quale Dio si affaccia per rivelarsi al nostro spirito
(cf. Cantico dei cantici 2,9).
Là dove sono riuniti umiltà, ricordo di Dio associato alla
sobrietà e all'attenzione interiore, preghiera costante a sostegno della
vigilanza contro le tentazioni, là è in realtà il luogo di Dio (cf. Gen
28,16-17); è il cielo del cuore dove dimora Dio.
Buon cammino!
Padre Claudio
Fonte : http://www.cantalleluia.net
, website a cura di Padre Claudio Traverso .
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