Padre Claudio Traverso
I MARTIRI : TESTIMONI DELLA
FEDE
( prima parte )
Il termine "martire" deriva dal greco e significa "testimone". Designa una persona che ha dato testimonianza per Cristo e per la sua dottrina con il sacrificio della vita.
I martiri ebbero una opportunita' privilegiata di testimoniare la loro fede negli interrogatori che ordinariamente precedevano la condanna a morte.
Molte volte, poi, non ha neppure avuto luogo un regolare processo, ma essi venivano eliminati di nascosto, oppure messi in condizioni tali che arrivano alla morte a causa delle privazioni e degli stenti sofferti.
Il martire e' testimone di Cristo non solo con la professione di fede, ma anche con la sua vita e con la sua morte, e imita cosi' l'opera e la morte salvifica del Redentore. Egli e' dunque un testimone speciale: la testimonianza dei martiri non e' soltanto una manifestazione umana, ma una attestazione dello stesso Spirito Santo e percio' particolarmente preziosa (cf. Mt 10,19-20).
L'eminente santita' dei martiri fu riconosciuta gia' dai primi cristiani. Fu proprio la percezione da parte dei fedeli, dell'intima unione fra Cristo e i martiri che indusse i cristiani, ancora perseguitati, a rivolgersi a questi affinche' essi pregassero per loro e intercedessero presso Dio per ottenere la grazia di imitarli nella professione integra della fede.
La certezza della vita eterna in Cristo che i martiri si erano acquistata con le sofferenze da loro ammirevolmente sopportate; il saperli santi e perfetti per aver essi dato la prova maggiore di amore donando per Cristo la vita; il riconoscerli amici di Cristo, e, nello stesso tempo sempre vicini a coloro che ancora sono sulla terra; il credere percio' nel loro potere di intercessione furono proprio il fondamento e l'anima del culto ai santi quale sorse e si sviluppo' in seno alla chiesa primitiva.
Sono questi principi che ci danno spiegazione delle celebrazioni alle sepolture dei martiri, celebrazioni tenute ogni anno non gia' il giorno della nascita temporale del defunto, ma il giorno anniversario del martirio, cioe' della nascita celeste del cristiano; celebrazioni che, per questo stesso motivo, hanno il carattere di feste anziche' di lutti.
La vita del santo non e' una manifestazione di grandezza umana, bensi' piena espressione nell'uomo fedele del Dio dell'alleanza.
Il martirio annuncia un mondo nuovo futuro, eppure gia' sostanzialmente presente. La predicazione del regno di Dio fatta da Gesu' e' partita dall'annuncio delle beatitudini. Anche il martirio e' una beatitudine: "Beati voi quando vi oltraggeranno e vi perseguiteranno e diranno, mentendo, ogni male contro di voi per causa mia. Gioite ed esultate, perche' grande e' la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,11-12).
La morte di Gesu', il martire per eccellenza, e' stata il tragico esito di una lotta tremenda tra forze antagoniste ( "... questa e' l'ora delle tenebre !" Lc 22,53).
Il martirio diventa segno del regno di Dio solo in questa logica delle beatitudini, nella tensione del "gia' e non ancora", in cui l'annuncio fa scaturire un orizzonte di speranza futura.
I martiri protestano contro una situazione in cui domina il male, con la suprema offerta della loro vita. Anche se non si ribellano direttamente contro le potenze oppressive, le minacciano ben piu' pericolosamente dei rivoluzionari.
Essi sanno vedere che non solo gli oppressi, ma anche gli oppressori sono delle vittime, e anticipano cosi' un rovesciamento radicale della condizione umana.
Il martirio e' annuncio della fedelta' di Dio, fatto di fronte e contro un mondo in cui l'ingiustizia trionfante e' diventata purtroppo la consuetudine istituzionalizzata.
Tenere il martirio davanti agli occhi significa per la Chiesa di oggi assumere l'atteggiamento giusto di fronte al mondo: ne' quello della resa accomodante, ne' quello della provocazione ad oltranza.
L'atteggiamento dei martiri di tutti i tempi ha saputo trovare nella promessa contenuta nelle Beatitudini la luce sufficiente per camminare incontro al Signore che viene, sopportando la tribolazione, senza mai spegnere il canto.
Il canto dei martiri, che abbiano a subire o no la prova cruenta, e' quello intonato da Giobbe: "Si, io lo so: il mio Redentore e' vivo, e so che, ultimo, si ergera' sulla polvere ! Dopo che questa mia pelle sara' distrutta, io vedro' Dio e i miei occhi lo contempleranno non da straniero" (Gb 19,25-27).
IL
NUMERO DEI MARTIRI
Non e’ assolutamente possibile anche solo immaginare l'enorme numero dei martiri nel corso dei secoli, a partire dall'inizio del Cristianesimo.
Nelle sole persecuzioni romane parecchie migliaia di cristiani furono uccisi per la loro fede. Sappiamo pure che l'evangelizzazione dei paesi dell'Europa costo' la vita a non pochi cristiani e che lo stesso deve dirsi nei riguardi degli inizi della propagazione della fede in quasi tutte le terre di missione.
In questa prima parte della meditazione sul martirio, per accompagnare le immaginette vorrei partire da una memoria liturgica, quella dei Santi Primi Martiri della Chiesa Romana, che si celebra il 30 giugno.
Questa celebrazione e' dovuta perche' nel nuovo calendario liturgico non figura piu' una serie considerevole di martiri antichi di Roma, nonostante che questi santi avessero goduto fino ad ora di un culto universale in Occidente fin da epoche antichissime.
Si tratta in genere di martiri di cui si erano perse le corrispondenti fonti biografiche: di conseguenza, nel corso del tempo, una pia immaginazione si era preoccupata di supplire anche con la fantasia per informarci sulla loro vita e sul genere di martirio da essi subito. Per questa ragione il Concilio Vaticano II° ha ritenuto di eliminare le singole memorie per riunirli in un'unica celebrazione liturgica.
I primi martiri della Chiesa di Roma sono le numerose vittime della persecuzione di Nerone, scoppiata dopo il famoso incendio della citta' del 19 luglio del 64. Li esalta San Clemente Romano e ne parla anche Cornelio Tacito.
Sono testimoni antichissimi della fede; tanto antichi che, per essere morti in un'epoca in cui il culto del martiri era ancora molto incipiente, non ottenero subito un posto nella liturgia.
Tuttavia Clemente Romano scrive: "Una grande moltitudine di eletti, soffrendo a causa della gelosia dei delatori molti oltraggi e tormenti, divennero un esempio bellissimo fra noi" (Ai Corinzi, 6).
Una testimonianza davvero notevole e' quella di Sant'Ignazio di Antiochia.
Ignazio fu il successore di Pietro come vescovo della chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere del circo, fu condotto a Roma e la' subi' il glorioso martirio nell'anno 107. Abbiamo in una lettera la sua testimonianza:
" Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morro' volentieri per Dio. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio.
Sono frumento di Dio, e saro' macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perche' per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.
Io cerco Colui che e' morto per noi, voglio Colui che per noi e' risorto. E' vicino il momento della mia nuova nascita.
Ogni mio desiderio terreno e' crocifisso e non c'e' piu' in me nessuna aspirazione per le realta' materiali, ma un'acqua viva mormora in me e mi dice: "Vieni al Padre".
Non voglio piu' vivere la vita di quaggiu'. Gesu' Cristo vi fara' comprendere che dico il vero: Egli e' la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verita' “.
Non e’ assolutamente possibile anche solo immaginare l'enorme numero dei martiri nel corso dei secoli, a partire dall'inizio del Cristianesimo.
Nelle sole persecuzioni romane parecchie migliaia di cristiani furono uccisi per la loro fede. Sappiamo pure che l'evangelizzazione dei paesi dell'Europa costo' la vita a non pochi cristiani e che lo stesso deve dirsi nei riguardi degli inizi della propagazione della fede in quasi tutte le terre di missione.
In questa prima parte della meditazione sul martirio, per accompagnare le immaginette vorrei partire da una memoria liturgica, quella dei Santi Primi Martiri della Chiesa Romana, che si celebra il 30 giugno.
Questa celebrazione e' dovuta perche' nel nuovo calendario liturgico non figura piu' una serie considerevole di martiri antichi di Roma, nonostante che questi santi avessero goduto fino ad ora di un culto universale in Occidente fin da epoche antichissime.
Si tratta in genere di martiri di cui si erano perse le corrispondenti fonti biografiche: di conseguenza, nel corso del tempo, una pia immaginazione si era preoccupata di supplire anche con la fantasia per informarci sulla loro vita e sul genere di martirio da essi subito. Per questa ragione il Concilio Vaticano II° ha ritenuto di eliminare le singole memorie per riunirli in un'unica celebrazione liturgica.
I primi martiri della Chiesa di Roma sono le numerose vittime della persecuzione di Nerone, scoppiata dopo il famoso incendio della citta' del 19 luglio del 64. Li esalta San Clemente Romano e ne parla anche Cornelio Tacito.
Sono testimoni antichissimi della fede; tanto antichi che, per essere morti in un'epoca in cui il culto del martiri era ancora molto incipiente, non ottenero subito un posto nella liturgia.
Tuttavia Clemente Romano scrive: "Una grande moltitudine di eletti, soffrendo a causa della gelosia dei delatori molti oltraggi e tormenti, divennero un esempio bellissimo fra noi" (Ai Corinzi, 6).
Una testimonianza davvero notevole e' quella di Sant'Ignazio di Antiochia.
Ignazio fu il successore di Pietro come vescovo della chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere del circo, fu condotto a Roma e la' subi' il glorioso martirio nell'anno 107. Abbiamo in una lettera la sua testimonianza:
" Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morro' volentieri per Dio. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio.
Sono frumento di Dio, e saro' macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perche' per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.
Io cerco Colui che e' morto per noi, voglio Colui che per noi e' risorto. E' vicino il momento della mia nuova nascita.
Ogni mio desiderio terreno e' crocifisso e non c'e' piu' in me nessuna aspirazione per le realta' materiali, ma un'acqua viva mormora in me e mi dice: "Vieni al Padre".
Non voglio piu' vivere la vita di quaggiu'. Gesu' Cristo vi fara' comprendere che dico il vero: Egli e' la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verita' “.
Fonte : http://www.cantalleluia.net
, website a cura di Padre Claudio Traverso ; per la versione integrale
dell'articolo accompagnato con immaginette sacre della Collezione Privata Ercole
Oliva si rinvia al sito Cantalleluia.net .
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