LA CONCEZIONE ETICO-RELIGIOSA
DI EMANUELE KANT :
VALORI E LIMITI ALLA LUCE DEL
CRISTIANESIMO
di Elisa Sparano
Il problema religioso e quello
morale affrontati nelle sue opere da Emanuele Kant, massimo esponente
dell’Illuminismo tedesco, affondano le loro radici nel nocciolo della sua
speculazione filosofica, intesa a ricercare i limiti che caratterizzano la
condizione umana in tutti i campi, da quello della conoscenza , come vediamo
nella “Critica della Ragion pura “ ( 1781 )a quello etico,come nella “Critica
della Ragion pratica” ( 1788 ), a quello religioso, come in “La religione
entro i limiti della sola ragione “ ( 1793 ).
Tale ricerca è presente in tutti i
suoi celebri scritti, che sono,perciò,strettamente collegati, come afferma lo
stesso Kant in una lettera del 4 maggio del 1793 inviata a Karl Friedrich
Staudlin,professore di Teologia a Gottinga,a proposito di “La religione entro i
limiti della sola ragione “,con cui egli intende portare a compimento l’ultima
parte del suo ampio progetto filosofico (dedicato alla conoscenza , all’etica
e alla religione ) . L’analisi della religione che compie in questo lavoro è la
conclusione e la conferma di quanto già sostenuto nella Critica della Ragion
pura e nella Critica della Ragion pratica ; in esso compare esplicitamente la
parola “limiti”, diretta ad esprimere una ben precisa concezione religiosa che
si estrinseca in quel “razionalismo religioso “ caratteristico della sua
filosofia della religione.
Già nelle opere precedenti, infatti,
la sua visione strettamente razionale lo ha portato a costruire una filosofia
essenzialmente critica, che estendesse i poteri della ragione alla ragione
stessa, per coglierne i limiti e le possibilità,giungendo così, a formulare una
teoria della conoscenza secondo la quale è il nostro pensiero (la ragione
teoretica) che dà ordine e significato alle cose, le quali sono materiale cieco
offerto dai sensi , trasformato in esperienza dall’attività della coscienza.
Solo grazie alla sintesi tra una
forma a priori , che è la funzione del nostro intelletto, e un contenuto a
posteriori fornito dai sensi avviene la conoscenza : “la forma senza il
contenuto è vuota ed il contenuto senza la forma è cieco “ .
Essendo la conoscenza , come
vediamo, limitata al campo dell’esperienza (fenomeno), tutto ciò che va al
di là di essa non può essere dimostrato e non è oggetto di conoscenza, come il
soprasensibile e quindi gli oggetti della metafisica (anima , Dio , etc.), i
quali diventano semplicemente postulati della Ragion pratica. La ragione
teoretica, infatti, costretta a fermarsi al mondo dell’esperienza, di fronte al
soprasensibile, ha solo il compito di riconoscere che le esigenze della
metafisica rispondono ad un bisogno insopprimibile dello spirito umano.
In quest’ottica che pone
illuministicamente la ragione al di sopra di ogni cosa,è ovvio che la visione
etica Kantiana rimanga in un ambito puramente razionale e che la religione sia
contenuta nei limiti della sola ragione, come sostiene nell’opera omonima del
1793.
Secondo lui, infatti, i limiti della
ragione umana possono essere determinati soltanto dalla ragione stessa e non le
possono essere imposti dal di fuori perché l’attività della ragione è autonoma e
non può assumere dall’esterno la direttiva e la guida del suo procedimento.
Perciò egli combatte ogni tentativo
di segnare i limiti alla ragione in nome della fede o di una qualsiasi
esperienza mistica o trascendentistica.Nello stesso tempo polemizza contro
l’arroganza della ragione che pretende di oltrepassare i limiti umani, cercando
di conoscere il soprasensibile e contro ogni forma di misticismo,che egli
considera trasgressione dei limiti della ragione umana e che definisce “
fanatismo “. Critica anche le varie prove per dimostrare l’esistenza di Dio,
perché non possono essere spiegate dalla ragione per via dell’esperienza, in
quanto Dio è al di là di ogni esperienza.
Gli scritti dei suoi ultimi anni
sono in buona parte diretti contro i tentativi di evasione dalla ragione che
scrittori e filosofi contemporanei venivano effettuando per sfuggire ai limiti
della ragione stessa e per raggiungere un dominio in cui fosse possibile
conoscere con certezza ciò che alla ragione è negato.
Il dominio a cui in genere si faceva
ricorso era quello della fede o del misticismo e contro queste concezione sono
diretti lo scritto “Che cosa significa orientarsi nel pensiero “ del 1786 ,
sul “fanatismo “ del 1790, “ Sul tono nobile della filosofia “ del 1795 e la
prefazione allo scritto di Jach Mann del 1800 .
In ultima analisi, perciò, solo la
ragione rimane l’arbitra della nozione di Dio e della convinzione della sua
esistenza ; sottrarsi alla ragione significa cadere nel fanatismo ed il
fanatismo è la negazione della libertà .
La sua ragione critica lo porta ad
ammettere solo una fede razionale , che scaturisce dalle esigenze morali,
nell’esercizio della ragion pratica : è la morale a fondare la religione e non
viceversa. Le varie forme di culto, dunque,non hanno senso perché ha valore solo
la condotta morale dell’uomo, la fede pratica. Se questa si trasforma in
affermazione dogmatica, decade in superstizione , come pure sono superstizione
le varie religioni costituitesi storicamente , nonché la stessa figura del
Cristo storico.
Il vero culto, pertanto, è per
E.Kant l’azione morale che risponde alla legge del dovere che ognuno deve
riscontrare nella propria coscienza. “Dovere per il dovere “ ,”tu devi,quindi
puoi “ : ecco la morale kantiana in tutto il suo rigorismo !
Detta legge è basata su un
imperativo categorico : imperativo,perché è un comando inesorabile della ragione
e categorico perché incondizionato,non subordinato a nessuna ipotesi.
L’uomo,cioè,non deve perseguire
nessuno scopo particolare o egoistico, ma deve avere come regola d’azione
massime universali che possano valere per tutti,come ad esempio “Agisci in
modo che la massima della tua azione possa sempre valere come principio
universale di condotta “ ; oppure “ Agisci in modo da trattare l’umanità in te e
negli altri sempre come fine e mai come mezzo “ ; etc.
Senza dubbio, dobbiamo riconoscere
che elevatissimo è il messaggio etico di Emanuele Kant, che invita l’uomo ad
obbedire ai dettami della propria coscienza,a seguire fini universali,avulsi da
ogni forma di soggettivismo e di utilitarismo e che in alcuni aspetti tanto si
avvicina all’etica cristiana !
Ma tale dottrina morale, con la
conseguente fede puramente razionale sostenuta da Kant, a mio avviso, non può
essere sufficiente a fondare una vera religione,come ad esempio quella cristiana
: essa rimane soltanto una bellissima concezione etica basata sulla ragione e
non può considerarsi una religione !
E’ da tener presente, infatti, che
molte volte la ragione, se non è ben sorretta da valori che la trascendono ,
può deviare o seguire criteri sbagliati.
Basti pensare alle guerre fratricide
in nome di ideali ritenuti validi da entrambi le parti opposte ; oppure alla
cosiddetta legge del più forte applicata in alcuni casi…; oppure ad alcune
ideologie , come quella hobbesiana per cui lo stato deve fondarsi sul calcolo
egoistico di vantaggi e svantaggi ; oppure ancora alle visioni unilaterali della
scienza che a volte stravolgono la morale ; etc.,etc.
Dobbiamo considerare,inoltre,che
l’uomo non è costituito solo di ragione ma anche di impulsi sensibili che spesso
prendono il sopravvento sulla ragione, la quale non sempre riesce a tenerli a
freno.
Come può dunque rimanere una
religione nell’ambito della sola ragione ? !
Io ritengo che questi
interrogativi se li sia posti varie volte E.Kant e che si sia anche reso conto
delle difficoltà epistemologiche della sua concezione religiosa, intrisa, tra le
righe, di un elemento divino che non riesce ad eliminare del tutto e che è
difficilmente conciliabile con la sua presunta razionalità.
E’ questa la causa di alcune
oscillazioni ed incertezze che emergono dal suo pensiero, il quale non riesce a
superare quella visione etico –razionale che gli sta tanto a cuore,perché
fortemente legato alla sua cara ragione.
Che se ne sia reso conto, si evince,
innanzitutto, dalla accurata analisi che fa della natura finita dell’uomo, del
disaccordo tra la volontà e la ragione e della lotta tra la legge del dovere ,
che esige di essere attuata e non cessa di comandare anche se trasgredita e le
nostre inclinazioni , che ci spingono alla soddisfazione di bisogni soggettivi.
E inoltre che se ne sia reso conto è
ancora più evidente nella stessa opera “La religione entro i limiti della sola
ragione “.
E.Kant, infatti, che aveva confinato
nella superstizione le religioni storiche, i dogmi religiosi e la stessa figura
del Cristo storico, si trova, in quest’opera, di fronte ad un evento che proprio
la storia ci attesta,l’evento tragico del “male radicale “, nei cui confronti la
ragione si mostra impotente e che non sa né spiegare né risolvere.
Kant si trova costretto a
riconoscere che , siccome l’uomo non può con le sue sole forze eliminare questo
male radicale ,è stato necessario l’intervento diretto di Dio mediante la venuta
sulla terra di Gesù Cristo. In tal modo, il nostro filosofo riapre il discorso
sul Cristo storico, nonché sulla necessità che ha la ragione di estendersi fino
ad “idee trascendenti “ e sull’opportunità che essa, nella consapevolezza
della sua impotenza a soddisfare le proprie esigenze morali, si faccia aiutare
da una fede che,anche se non dogmatica, si potrebbe chiamare , secondo lui,
“riflettente “.
E’ evidente , quindi, che Emanuele
Kant da una parte avverte il fascino dell’intervento divino e l’esigenza di
inserire l’elemento storico della venuta di Gesù nella sua concezione religiosa,
ma dall’altra parte,come abbiamo detto prima, se ne astiene .
Considerando,dunque,anche le
incertezze del grande illuminista Emanuele Kant, non si può fondare una
religione solo sulla ragione, essendo l’uomo un essere razionale finito, cioè
costituito di sensibilità oltre che di ragione.
Occorre, quindi, porre dei pilastri
solidi a cui ancorare una religione.
Uno di questi pilastri è costituito
dalla fede che deve illuminare la ragione per evitare possibili deviazioni ;
nello stesso tempo, però, è necessario porre a difesa della fede la ragione,
dato che ogni uomo, in quanto essere razionale è parte della ragione universale
ed è in grado, anche se parzialmente, di cogliere le verità della fede.
Del resto l’uomo non è frutto della
cieca casualità, ma è stato voluto,progettato ed amato da Dio, il quale lo ha
creato per un libero atto di donazione e di amore.
Proprio la fiducia in un Dio buono e
misericordioso e la certezza della Sua esistenza mancano nel pensiero kantiano.
Mancano, inoltre, il concetto di Amore e di compassione (da cum – patire) che
inducevano Gesù a compiere miracoli ed a sacrificare la Sua vita per noi.
E manca ancora quello slancio
mistico ( confinato da Kant nel “fanatismo”) che unisce l’uomo a Dio e che in
alcuni Santi raggiunge addirittura l’estasi (come in Sant’Agostino e in Santa
Monica sulla spiaggia di Ostia ).
Per tali motivi egli nella sua
opera “La religione entro i limiti della sola ragione” , pur avvertendo
fortemente l’esigenza del trascendente, non riesce a superar la sua razionale ed
austera, anche se nobilissima,legge del dovere, che deve albergare nella
coscienza di ognuno.
Mi piace a tal punto affiancare alla succitata
opera di E.Kant, quella di Agostino di Tagaste “De vera religione “, in quanto
entrambi i filosofi in questi scritti compiono una approfondita e laboriosa
ricerca etico-filosofica per risolvere il problema religioso.
Sia l’uno che l’altro ritengono che per
raggiungere la Verità e per poter compiere azioni giuste e buone si debba
seguire la via dell’interiorità coscienziale. Mentre, però,Kant ritrova
nell’intimo della coscienza solo l’imperativo categorico e si ferma ad
esso,rimanendo imbrigliato nelle maglie della ragione, che considera “il bene
più alto della terra “ e “l’ultima pietra di paragone della verità “, il
filosofo Sant’Agostino conclude la sua faticosa ricerca con la convinzione che
la Verità è Dio che si rivela all’uomo che amorosamente lo cerca nell’intimo del
proprio Io; Dio come Amore e Luce interiore che illumina la ragione e le
fornisce le norme di ogni giudizio e di ogni valutazione: “In interiore homine
habitat veritas “.
Fonte : scritti
e appunti della professoressa Elisa Sparano. E-mail:
gabrirobur@alice.it .
Nessun commento:
Posta un commento