Adele Caramico
FAMIGLIA E
VITA
Sacra Famiglia
LA PERSONA UMANA E LA SUA
DIGNITA'
In televisione, tempo fa, una donna in
politica, ha preteso di spiegare cosa sia un embrione e lo ha fatto affermando
che è “soltanto un centimetro”. Come se ciò non bastasse ha anche “esplicitato”
la sua definizione con un gesto che indicava tale unità di misura
[cfr. A. FIORI, Soltanto un centimetro, in Medicina
e Morale 4 (2001), p. 649].
“Le parole ed il gesto invitavano a non dar peso
alla sorte di una <<cosa>> così piccola che può stare nel breve spazio della
pinza di due dita. Pensate invece, voleva forse dire, a quelli già nati, ai
bambini, agli adolescenti, agli adulti, ai vecchi, ai loro <<diritti civili>>.
(…) Soltanto un centimetro? Qualche richiamo embriologico può consentire una
migliore lettura di ciò che racchiude questa misura. (…) L’embrione lungo 1
centimetro corrisponde dunque ad un mese e mezzo di gravidanza e le sue
sembianze sono già umane, con notevole sviluppo del capo e formazione delle
membra, del viso, degli orecchi, del naso e degli occhi”
[cfr. A. FIORI, o. c., p. 649].
La vita umana, al suo
sorgere, già al suo affacciarsi nel grembo materno, è in pericolo, se viene
considerata soltanto come un piccola dimensione di un centimetro, quasi come se
la sua lunghezza fosse direttamente collegata alla sua importanza! Senza
parlare poi di quelle vite umane che vengono create in laboratorio, ma
che comunque hanno diritto di vivere come le altre.
L’orizzonte del progresso umano non può
considerarsi in sviluppo se alla vita dell’uomo non viene concesso di vivere,
indipendentemente dallo stadio in cui si trova. Come si può pretendere di amare
e rispettare la dignità dell’adulto se al neoconcepito vengono negati i diritti
della persona umana e, primo fra tutti, quello di vivere?! Fino a quando l’uomo
penserà di poter gestire o decidere circa la sorte di un’altra
vita, quale quella dell’embrione umano, non riconoscendolo come persona, la
stessa società non potrà mai considerarsi nell’orizzonte del progresso, bensì si
potrebbe asserire che l’uomo stia tornando indietro riguardo alle varie
tappe della civiltà.
Definire la persona umana non è facile. Ma, prima
di farlo, è necessario tener presente che esiste una differenza enorme fra il
mondo, cosiddetto delle cose, ed il mondo degli uomini. Questo grossa differenza
è dovuta al fatto che l’uomo (quando parliamo di “uomo” intendiamo sia il sesso
maschile che quello femminile), considerato in modo oggettivo, è e rimane sempre
“qualcuno”, mentre tutto il resto delle cose create è un insieme di “qualche
cosa” [Cfr. K. WOJTYLA, Amore e
responsabilità, Casale Monferrato (AL) 19834, p. 15].
E la differenza non sta solo in questo.
“Noi consideriamo cosa
un essere non soltanto privo di ragione ma anche di vita; una cosa è un
oggetto inanimato. Esiteremmo a chiamare cosa un animale o persino una pianta.
Tuttavia non si può parlare di persona animale. Si dice invece <<individuo
animale>>, intendendo con ciò semplicemente <<individuo di una specie
animale>>” [K. WOJTYLA, o. c., p. 15].
Per poter dare una
definizione del termine “uomo” non è sufficiente il catalogarlo come individuo
di una specie, bensì per lui si usa il termine di “persona” in quanto “c’è in
lui qualche cosa di più, una pienezza e una perfezione d’essere particolari, che
non si possono rendere altro che con la parola <<persona>>. (…) La
persona, (…), è (…) un soggetto unico nel suo genere, totalmente diverso da quel
che sono, per esempio, gli animali (…)” [K.
WOJTYLA, o. c., pp. 15-16].
La persona umana ha
una propria vita interiore che la differenzia notevolmente da qualsiasi
individuo animale.
La psicologia, quando parla di “persona”, intende
spesso il suo temperamento e il suo carattere
[cfr. E. SGRECCIA, Manuale di bioetica, vol.
I, Milano 20003, p. 106].
Guardando, invece, l’uomo da una prospettiva metafisica, vediamo che per primo
deve essere messo in risalto “il carattere spirituale, intellettivo e morale
della persona: la persona è unità di spirito e di corpo”
[E. SGRECCIA, o. c., p. 107].
E’ necessario quindi definire l’essenza della persona e, tale essenza, non può
prescindere dal considerare sia la corporeità che la spiritualità come due
componenti unite [cfr. E. SGRECCIA
, o. c., p.108].
Parlare di persona umana, parlare dell’uomo,
significa parlare del suo essere unione di un corpo e di un’anima, di una
corporeità e di una spiritualità senza le quali l’uomo non potrebbe essere
definito perché non sarebbe più tale.
Molte scuole, per secoli, hanno diversamente
affrontato il rapporto corpo-anima, parte materiale e parte spirituale
dell’uomo. C’è chi ha svalutato l’uno e sopravvalutata l’altra, chi ha fatto il
contrario, o chi invece ha cercato una via di mezzo. Diverse sono state le
chiavi di interpretazione dell’uomo, come diversi anche oggi sono i modi di
considerare la persona umana e la sua dignità.
Nel nostro tempo, continua il
dibattito su quando inizia la persona umana e, quindi, su quando le si può
attribuire l’insieme dei diritti che le spettano.
L’uomo, col suo mistero, oggi,
diviene l’oggetto delle svariate scienze moderne, le quali ne sottolineano ora
un aspetto ed ora un altro. Ma la persona umana continua a cercarsi uno spazio
nel quale possa essere libera ed autentica e, dentro il quale, abbia la
possibilità di porsi in modo centrale rispetto a qualsiasi ricerca che la
riguardi [Cfr. R. FRATTALLONE, Persona e atto umano,
in F. COMPAGNONI – G. PIANA – S. PRIVITERA (a cura di), Nuovo Dizionario di
Teologia Morale, Cinisello Balsamo (MI) 19943, pp. 932-933].
Nella cultura del nostro secolo notiamo una grande difficoltà nel riuscire a
definire il mistero della persona umana [Cfr. R.
FRATTALLONE, o.c., p. 937].
Il Cristianesimo ha il merito di
aver introdotto nella storia dell’umanità Occidentale il concetto di “persona”.
Come persona si intende un “essere sussistente, cosciente, libero e
responsabile” [E. SGRECCIA, o. c., p. 117]. Con tale termine si indica anche “il
soggetto umano in quanto portatore di diritti e di doveri. Persona è
l’essere verso il quale riteniamo di avere obblighi e diritti come verso noi
stessi” [F. COMPAGNONI, Quale statuto per l’embrione
umano?, in M. MORI (a cura di), La Bioetica. Questioni morali e politiche
per il futuro dell’uomo, Milano 1991, p. 95].
L’essere umano, da quando è
stato creato, è un essere che non può vivere da solo ma in relazione, e tale
relazione va verso un essere in comunione [Cfr. R.
FRATTALLONE, o. c., p. 939].
Leggendo Gen 1, 26-27
vediamo che l’uomo è stato creato ad immagine del suo Creatore, dominatore su
tutti gli altri esseri fino a quel momento creati. Ed ancora, in Gen 1,
29-30 leggiamo la consegna, da parte di Dio all’uomo, di tutto ciò che c’è sulla
terra: c’è il pieno affidamento del mondo animale come di quello vegetale
[Cfr. GS, n. 12; cfr. R. FRATTALLONE, o. c., p. 939].
L’uomo quindi, come immagine di
Dio, è “capace di conoscere e di amare il suo Creatore” [GS, 12]. Ma,
come già detto, l’uomo (inteso qui come maschio) non può vivere da solo, perciò
accanto gli viene posta la donna da Dio stesso e l’unione tra uomo e donna si
può considerare come il primissimo “tipo” di comunione tra le persone. La
creatura umana non riuscirebbe a sopravvivere nell’isolamento, ha sempre bisogno
di avere rapporti con i suoi simili [cfr. GS, 12] in quanto “per sua
intima natura è un essere sociale” [GS, 12].
All’uomo viene concesso di
dialogare con Dio e può avere il dominio su tutto il creato a nome e per
l’autorità del suo Creatore. La persona umana ha il privilegio del dono della
vita divina con la quale viene ad essere associata alla stessa Vita del suo
Creatore [Cfr. E. SGRECCIA, o. c., p. 117].
Anche se col peccato l’uomo si è
allontanato da Dio, non è mai stato lasciato solo, ma il suo Signore l’ha sempre
seguito ed aiutato, mandando suo figlio per riscattarlo. Quando l’uomo rifiuta
di riconoscere in Dio la sua origine, rompe l’armonia sia con se stesso che con
i suoi simili, oltre che con tutto ciò che è stato creato. Trovandosi diviso in
se stesso, l’uomo sperimenta quella lotta interiore tra ciò che è bene e ciò
che è male. Dio, che non ha mai abbandonato la sua creatura prediletta, va
incontro all’umanità e la rinnova sconfiggendo colui che è l’origine del male
[Cfr. GS, 13; cfr. R. FRATTALLONE, o. c., p. 939].
L’uomo, considerato come
un’unione di corpo e di anima, porta dentro di sé la sintesi delle cose che sono
materiali, le quali, arrivano a raggiungere i vertici più alti proprio
attraverso la creatura umana. Quindi egli è superiore a tutto ciò che è legato
alla materia [Cfr. GS, 14], difatti “egli trascende l’universo delle cose
(…), ma va a toccare in profondo la verità stessa delle cose” [GS, 14].
Abbiamo detto precedentemente che dalle prime pagine bibliche emerge, come dato
importante, che l’uomo è immagine del suo Creatore e che non può vivere se non
in comunione. Con il Nuovo Testamento l’uomo, oltre ad essere immagine di Dio,
diventa pure l’immagine della Trinità [Cfr. R. FRATTALLONE,
o. c., p. 939].
“Così l’uomo, partner
dell’alleanza divina portata a compimento nella Pasqua del Cristo, (…),
raggiunge in Cristo i livelli più alti della comunione con Dio. L’uomo, quindi,
(…), non esiste se non in relazione e dipendenza vitale da Dio”
[R. FRATTALLONE, o. c., p. 939].
Con Gesù l’uomo, immagine del
Creatore, diventa una creatura rinnovata, nuova e ciò è ovvio che porti con sé
un cambiamento anche del suo essere persona umana. Quest’ultima diventa la base
di ogni rapporto umano, in quanto “è il fondamento di ogni etica autenticamente
umana; infatti la persona è il primo e fondamentale valore etico, a partire dal
quale derivano e si strutturano gli altri valori” [R.
FRATTALLONE, o. c., p. 939].
L’essere stato creato ad
“immagine” dice anche la natura dell’uomo ed il suo fine e, nello stesso tempo,
ricorda continuamente la dipendenza dal Creatore. Dio, facendo la sua creatura
prediletta a sua immagine, le ha dato una caratteristica particolare che altre
creature non hanno: una sua propria dignità, la quale non può permettere a
nessuno di considerarla come una “cosa” della quale potersi servire
[Cfr. L. MOIA (a cura di), Dionigi Tettamanzi. Famiglia,
morale, bioetica, Casale Monferrato 1998, pp
. 124-125].
La dignità dell’uomo nasce
proprio dal suo cuore, nel quale egli “trova” già una legge che non si è dato da
solo ma che proviene da Dio. L’essere coerenti a questa legge è la dignità
stessa della persona umana [cfr. GS, 16]. L’uomo, però, è stato creato
libero. Egli effettua le sue scelte di vita senza che l’obbedienza a Dio gli
venga imposta con la forza, ma deve essere una sua scelta libera. L’uomo può
scegliere il bene solo se è libero, altrimenti la sua non sarebbe più una scelta
ed il bene non sarebbe più tale se fosse una costrizione. Il Creatore, per
questo, non ha imposto all’uomo di sceglierlo, ma lo ha lasciato libero di
cercarlo spontaneamente. L’uomo deve fare buon uso di questa libertà. Per “vera
libertà” non si deve intendere il poter fare qualsiasi cosa, ma il cercare
spontaneamente ciò che è bene [cfr. GS, 17].
“La persona, in quanto capacità
di autocoscienza e autodeterminazione, supera per novità, livello ontologico e
valore, il mondo materiale; è il mondo che prende significato nella persona
umana che rappresenta il fine dell’universo” [E. SGRECCIA,
o. c., p. 123]. Rappresentando “il fine dell’universo”
l’uomo non può essere considerato come le altre creature. Egli possiede una
dignità che lo pone, senza dubbio, su un piano molto più alto rispetto al mondo
creato, pur facendo parte integrante di esso.
La dignità dell’uomo si
manifesta nel suo essere capace di apertura e di accoglienza dell’altro. Essere
aperti ed accogliere l’altro significa dargli la possibilità di esprimersi come
persona e, così facendo, ne rispettiamo anche la sua stessa dignità. Quando non
lasciamo che la persona si esprima come tale, le neghiamo quella dignità che le
è propria e che vorremmo per noi stessi. In effetti, il non rispettare la
dignità dell’altro diventa, volendo adoperare una terminologia usata da Mounier,
un “peccato contro la persona”. Quando trattiamo la persona umana
identificandola con una delle funzioni che svolge, la escludiamo dalle sue reali
capacità e la riduciamo ad una “cosa” oppure ad uno “strumento”: in questo modo
le neghiamo la dignità che spetta ad ogni uomo [Cfr. E.
MOUNIER, Personalismo e Cristianesimo, (introduzione e traduzione a cura
di A. LAMACCHIA), Bari 1977, pp. 51-53].
L’uomo, proprio perché è stato
creato libero di accettare o di rifiutare il disegno del Creatore, deve essere
una creatura che agisce con responsabilità e consapevolezza. Da ciò ne consegue
che il suo comportamento rispecchia l’essere ad immagine del suo Creatore e,
quindi, il suo agire sia nel rispetto pieno dell’altro. La creatura umana è in
grado di riflettere sulla sua stessa umanità, perciò il suo modo di rapportarsi
agli altri non può, e non deve, essere istintivo, bensì deve rivelare la sua
superiorità rispetto a tutto il resto del creato. L’uomo può fare ciò in quanto
possiede l’autocoscienza, la quale gli permette di rendersi conto del proprio
comportamento, sia rispetto a se stesso che agli altri [Cfr.
L. MOIA (a cura di), o. c., pp. 130-131].
Adele Caramico
Fonte :
www.bioeticaefamiglia.it , sito di Morale familiare e Bioetica a cura
della dott.ssa Adele Caramico.
Fonte immagine : Sacra
Famiglia
www.preghiereagesuemaria.it/immaginisacre/sacra_famiglia2.jpg
Nessun commento:
Posta un commento