LA RESPONSABILITA' DELLA PACE
di Padre Claudio Traverso
Il
termine “pace” rimane un termine ambiguo, carico non raramente di un potenziale
ideologico, interpretabile in modi molto diversi: è una parola che può essere
messa al servizio di Cristo, come al servizio del male.
Per l’uomo
onesto il fatto che il male si presenti come figura della luce, del bene
operare, della necessità storica, di ciò che è giusto socialmente, ha un
effetto sconcertante; ma per il cristiano che vive della Bibbia, è appunto la
conferma della abissale malvagità del male:
Pace dunque
è una parola spesso depotenziata, ridotta, perché la logica della storia
sarebbe quella della sopraffazione e della violenza.
Non c’è
modo di giungere alla pace per la via della sicurezza. Poiché per la pace si
deve arrischiare, perché è una grande temerarietà, e non si può mai stare sul
sicuro.
Pace è il
contrario di sicurezza. Cercare sicurezza significa avere diffidenze, e queste
generano a loro volta guerra. Cercare sicurezza significa volersi proteggere.
Per il
cristiano pace significa affidarsi totalmente al comando di Dio e, nella fede,
porre in mano a Dio onnipotente la storia dei popoli, e non volerne disporre a
proprio arbitrio.
Purtroppo
il potere ci rende facilmente dei demoni, dei grandi o piccoli tormentatori di uomini.
Ci sono molti vizi, ma nessuno che porti maggiore infelicità agli uomini
dell’abuso di potere.
La pace,
come ordine di Dio è sottoposta nella storia a due condizioni: quella della
verità e della giustizia.
Non si
può avere una pace fondata sulla menzogna e sul torto: non è questa la pace che
va mantenuta, ma la pace di Dio, fondata sulla remissione dei peccati e perciò
sulla coscienza del limite, a cui è sottoposta ogni costruzione umana.
Il
problema della pace porta alla domanda: come viene la pace?
La pace è
lo “straordinario” della vita cristiana: “Beati quelli che si adoperano per la
pace, perché saranno chiamati figli di Dio !”
(Mt 5,9)
Innanzitutto
le beatitudini non rappresentano un programma politico e sociale, ma sono un
appello per portare l’uomo alla salvezza: rinunciare a una “propria” giustizia,
e alla “propria” dignità, per partecipare alle difficoltà degli altri, con un
amore irresistibile per i piccoli, gli ammalati, i miserabili, gli umiliati e
gli oltraggiati, per quelli che subiscono ingiustizie, per tutti quelli che si
tormentano e si preoccupano.
Le
beatitudini evangeliche ci chiamano alla pace; ma ciò implica di “non”
accontentarsi della pace ricevuta e un “dover” operare per ridarle forza e
vigore, accettando di pagare di persona.
Se lo
scopo del male è riconoscibile nel generare altro male, l’unica possibilità di
resistenza è identificata nel rifiuto di una reazione cieca che peggiori la
situazione.
La novità
di Gesù sta nel porre accanto alla non resistenza il principio dell’amore per
il nemico che rappresenta uno “scandalo insopportabile” non solo per l’uomo
naturale.
Eppure,
come seguace di Cristo, non posso comportarmi da discepolo nel momento in cui
mi trovo di fronte al fratello e in modo diverso quando sono di fronte al nemico.
Gesù mi
comanda l’amore per il nemico perché “quello” è il suo amore.
Attraverso
questo amore il discepolo condivide il destino della passione di Gesù stesso, e
così lo straordinario coincide con la croce, con quella morte che rappresenta
la vittoria sulla morte.
Il posto
del cristiano non è l’isolamento di una vita claustrale, ma lo stare in mezzo
ai nemici. Lì si svolge il suo compito e il suo lavoro: Il Regno si compirà in
mezzo ai tuoi nemici !
E chi non
vuole sopportare questo non vuole appartenere al Regno di Cristo, ma preferisce
restare in mezzo ad amici; non vuole stare in mezzo ai malvagi ma alla gente
pia.
Se Cristo
avesse fatto così, se fosse rimasto sempre soltanto in mezzo ai suoi discepoli,
chi mai si sarebbe salvato ?
Seguire Gesù
comporta una conversione continua, con lo sguardo rivolto a Colui che solo ci
può indicare la via del bene.
Tale
conversione deve essere sperimentata su se stessi, mai pretesa dagli altri.
Solo così è possibile l’irruzione dello straordinario nella vita del mondo.
La
conversione diventa rifiuto di sottoporre l’altro al mio giudizio, ma in tal
modo è affermata la verità di un unico giudizio sulla storia: quello di Dio.
La pace
come operare per la giustizia rientra nelle condizioni di cui l’uomo ha la responsabilità,
che sia espressione concreta della sua fede e della credibilità della sua
testimonianza.
L’azione
buona sorge non dal pensiero, ma da una prontezza alla responsabilità.
“Fare
ed osare, non una cosa qualsiasi, ma il giusto.
Non
ondeggiare nelle possibilità, ma afferrare coraggiosamente il reale. Non nella
fuga dei pensieri: solo nell’azione è la libertà.
Entra
nella tempesta degli eventi sostenuto solo dal comandamento di Dio e dalla tua
fede, e la libertà accoglierà giubilando il tuo spirito”.
(Dietrich Bonhoeffer)
Link al video collegato con la 1° riflessione:
LA PACE COME DONO DI DIO CI RENDE UOMINI DI PACE
La pace è un grande dono
di Dio che dipende innanzitutto dalla contemplazione. Se Cristo è
veramente la nostra pace, è a partire dalla contemplazione del suo
mistero testimoniato dalla Parola di Dio che noi possiamo essere
costituiti uomini di pace e quindi essere chiamati figli di Dio (cf. Mt
5,9).
Il
Cristo Risorto fa risuonare ancora e sempre il suo saluto: "Pace a voi!"
(Lc 24,36), ed è soltanto nella misura in cui i nostri cuori lo
riconoscono come presente e vivente, che a noi è dato di conoscere la
pace, e di riceverla da lui. La situazione che noi abbiamo sotto gli
occhi in questi anni conosce invece una certa impotenza dell'annuncio
cristiano della pace. Ma mai come oggi
la chiesa e gli uomini parlano di pace, anzi si fa sempre più numeroso e
forte il coro di coloro che gridano: "Pace! Pace!", che moltiplicano i
discorsi sulla pace. Nell'umiltà più autentica, nella coscienza di
essere peccatori con colpe ed errori precisi nei confronti della pace,
ognuno di noi e la chiesa tutta nel suo insieme ci pone di fronte alla
vera alternativa: da una parte la Parola di Dio da ascoltare e a cui
obbedire, qui e ora, dall' altra i discorsi, dominati dalla presenza
degli idoli che producono sempre la morte: i missili, le armi nucleari,
le armi terrestri, spaziali, stellari... Di fronte alla radicalità della
Parola di Dio il discorso oggi
praticato dai cristiani sulla pace appare mancante di un'anima
profetica che coinvolga le radici umane fino alla conversione, appare
mancante di quella efficacia che deriva dalla preghiera, come
contemplazione e assiduità del credente con il suo Signore che è la
Pace.
La
pace rivela infatti la sua essenza e si attua quando è collocata nel
cuore del mistero cristiano che è ascolto di Dio, abbandono fiducioso in
lui, intercessione solidale per gli uomini. Prima di manifestarsi come
pace terrena, come pace sociale e interumana, la pace sgorga soltanto da
Dio che, amando l'uomo di amore folle, "ha riconciliato a sé tutte le
cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di
lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (cf. Col 1,20).
La
vera pace è immagine ed effetto della pace di Cristo promessa e offerta
come dono da Dio Padre a ogni uomo e all'umanità intera.
L'Evangelo
è annuncio di salvezza e di pace, è dono di Dio, manifestazione della
sua iniziativa assolutamente gratuita nei confronti dell'uomo,
iniziativa efficace nonostante l'ostacolo frapposto dall'uomo peccatore.
La pace costituisce pertanto l'intervento supremo e irreversibile di
Dio nei confronti dell'umanità rappresentato dall'invio del Figlio, del
Messia, della Pace fatta Persona nell'evento dell'Incarnazione.
Questa
pace si rivela come presenza divina fatta carne nel bambino nato per
noi, nel Figlio che ci è stato donato e il cui nome è "Principe della
pace" (cf. Is 9,5 s.). Egli è il re che instaura veramente la pace
inaugurando il Regno di Dio, la regalità di Dio nella storia (cf. Is
52,7). Dio infatti è la fonte della pace e la sua azione è instaurazione
della pace. Tutto questo è distante dal nostro modo consueto di pensare
la pace, ma la contemplazione e l'assiduità con la Parola ci svelano
che la pace è sì un dono storico e una realtà che tocca tutti i
rapporti, ma innanzitutto è una persona: il Messia, Gesù Cristo. C'è
pace per l'umanità quando quest'ultima si inserisce nel piano storico
della salvezza, cioè in Cristo, quando accoglie lo Spirito di Cristo e
adotta i mezzi e i metodi di Cristo, che sono contrassegnati dalla
mitezza, dalla debolezza, dall'umiltà, dalla rinuncia alla violenza,
alla prevaricazione, all'autoaffermazione e all'orgoglio. Il Dio-Pace
stabilisce la pace stringendo l'alleanza con gli uomini e suggellandola
con la consegna del Figlio-Messia curvato e umiliato, che avanza
cavalcando un asino, in atteggiamento di povertà e sottomissione (cf. Zc
9,9-10).
Questo
è l'agire di Dio, la via di Dio che sfocia in una nuova creazione,
nella creazione di un cuore nuovo e di uno spirito nuovo, nel dono di un
cuore di carne al posto del cuore di pietra, che dà finalmente all'uomo
la possibilità di vivere secondo la Parola di Dio e di obbedire ai
comandi della sua Legge e che consente così l'instaurarsi della pace
universale (cf. Ez 36,26 ss. e Ger 31,33 ss.). Rinnovati e redenti a tal
punto in radice, nella profondità del proprio essere che la Scrittura
chiama "cuore", allora "gli uomini forgeranno le loro spade in aratri,
le lance in falci, un popolo non alzerà più la spada contro un altro
popolo e non impareranno più l'arte della guerra" (cf. Is 2,2-5).
Le
vie della pace sono dunque possibili e praticabili da parte degli
uomini, tuttavia essi resteranno sempre sotto la minaccia della guerra
in quanto peccatori; ma nella misura in cui vinceranno il peccato,
vinceranno anche la violenza. Israele sa e annuncia che la pace è una
possibilità reale per l'uomo che rimane in alleanza con Dio. Ma la pace
abbisogna della conversione dell'uomo e della ricerca della giustizia. I
profeti ripetono sempre questa necessità fino a polemizzare con i falsi
profeti che parlano di pace e promettono la pace senza richiedere la
radicale conversione dell'uomo.
Dio
non si limita a presentare se stesso come fonte della pace, come colui
che dona e consegna la pace, ma rivela anche che la fonte della guerra,
la radice della violenza, dell'odio, del disprezzo del fratello sta in
un cuore indurito, vecchio, diviso, di pietra, cioè in un cuore
disobbediente alla Parola.
La
lotta che il cristiano combatte per la pace è perciò una lotta contro
se stesso, contro le proprie tendenze aggressive e omicide, per arrivare
alla mitezza.
Se
la pace è conosciuta nella sua verità attraverso la Parola, se ci è
donata nell'assiduità con la Parola, può allora anche scaturire come
azione e prassi dalla preghiera.
La
preghiera infatti è sorgente di pace, e non solo a livello individuale -
in quanto ci restituisce la pace con Dio e la pace del cuore -, ma
anche a livello collettivo, perché immette nella storia una forza
efficace. La preghiera è infatti una componente della storia, perché
energia, attività che crea eventi, che fa storia. Nel linguaggio
biblico, pregare significa "decidere con Dio".
Occorre
dunque pregare per la pace "innalzando verso il cielo mani pure senza
collera né violenza" (1 Tm 2,8) e questa è operazione primaria del
credente che chiede a Dio una vita in pace e tranquilla per tutti gli
uomini. E il cristiano è operatore di pace, è uomo di pace solo se a sua
volta riceve la pace nella contemplazione e nella preghiera, solo se
nell'assiduità con la Parola è trasformato da uomo che tiene in sé
ribellione e violenza in uomo obbediente a Dio e pacifico: "lo sono
per la pace, e la annuncio; ma essi vogliono la guerra" (Sal 120,7)
Non
è certamente un caso che nella preghiera della chiesa, la liturgia, più
volte risuonino le parole: "La pace sia con voi", "La pace sia con te",
saluto di Cristo Risorto alla sua comunità, saluto efficace che vuole
instaurare la pace nella chiesa, costituire figli di pace (cf. Lc 10,6)
capaci di comunicarla e di attuarla nella compagnia degli uomini. Questo
saluto di pace, o abbraccio di pace, nella preghiera possiede una forza
obbligante per colui che porge il saluto e rende responsabile della
pace colui che la riceve.
Nella liturgia infatti non si fanno auguri, ma si dicono parole efficaci e si compiono azioni divine!
Se
pregare significa entrare nei pensieri del Dio della pace, se significa
condividere la sua volontà di pace, allora, pregando e contemplando, si
è fatti uomini di pace.
Fonte : Padre Claudio Traverso , e-mail: padreclaudio_c@libero.it
Su
You Tube canale video attivato da Padre Claudio Traverso,
vedi il seguente link
vedi il seguente link
https://www.youtube.com/channel/UCncVZ2qXM4Wan_gttx8h-bQ
Gli stessi video sono pubblicati anche in Gloria TV : http://gloria.tv/?user=11912&medias=videos&language=KiaLEJq2fBR (home page dei video)
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