L'ONNIPOTENZA DI DIO SI MANIFESTA SOPRATTUTTO NEL PERDONO E NELLA MISERICORDIA
di Padre Claudio Traverso
Parlare
di perdono, di riconciliazione, è per gli uomini e le donne del nostro tempo un
invito a ritrovare le parole stesse con cui il nostro Signore Gesù Cristo volle
inaugurare la sua predicazione: “Convertitevi e credete al Vangelo !”,
accogliete cioè la lieta novella dell’amore e della fratellanza.
Sappiamo
bene che il nostro mondo è lacerato da profonde e dolorose divisioni.
Per
quanto tali lacerazioni appaiano impressionanti, soltanto osservando in
profondità si riesce a individuare la loro radice: questa si trova in una
ferita nell’intimo dell’uomo. Alla luce della fede noi la chiamiamo “il peccato”.
Eppure
sappiamo cogliere altrettanto bene il desiderio da parte degli uomini sinceri e
di buona volontà, di ricomporre le fratture, di rimarginare le lacerazioni, con
una vera nostalgia di riconciliazione che si esprime nello sforzo concreto e
quotidiano di conversione da parte dell’uomo sorretto dalla grazia di Dio, conversione
che passa dal cuore alle opere e, quindi, all’intera vita del cristiano.
Di questa
riconciliazione parla la Sacra Scrittura come di un dono misericordioso di Dio
all’uomo, come frutto della conversione e la via necessaria alla concordia fra
le persone.
Tutto
quello che Gesù ci ha insegnato per la riconciliazione del mondo non lo
conosciamo soltanto dalla storia delle sue azioni passate, ma lo sentiamo anche
nell’efficacia di ciò che egli compie al presente nella sua Chiesa per la quale
Egli ha dato se stesso e che ha costituito segno e insieme strumento di
salvezza.
Dio,
ricco di misericordia, non chiude il cuore a nessuno dei suoi figli: Egli li
attende, li cerca, li raggiunge là dove il rifiuto della comunione li
imprigiona nell’isolamento e nella divisione, li chiama a raccogliersi intorno
alla sua mensa, nella gioia della festa del perdono e della riconciliazione.
La prima
via di questa azione salvifica è quella della preghiera.
Nella
sincerità della preghiera, riconoscersi peccatore, capace di peccato e portato
al peccato, è il principio indispensabile del ritorno a Dio: pentirsi,
manifestare il pentimento, assumere l’atteggiamento concreto del pentito che è
quello di chi si mette sulla via del ritorno al Padre.
Dai
racconti biblici riusciamo a percepire quel che di oscuro e di inafferrabile si
cela nel peccato. Questo, senza dubbio, è opera della libertà dell’uomo, ma vi
agiscono fattori per i quali esso si situa al di là dell’umano, nella zona di
confine dove la coscienza, la volontà e la sensibilità dell’uomo sono in
contatto con le forze oscure che, secondo San Paolo, agiscono nel mondo fin
quasi a signoreggiarlo (cf. Rm 7,7-25; Ef 2,2; 6,12).
Nel
racconto di Babele, l’esclusione di Dio non appare tanto in chiave di contrasto
con lui, ma soprattutto come dimenticanza e indifferenza di fronte a lui, quasi
che Dio non meriti alcun interesse nell’ambito del disegno operativo ed
associativo dell’uomo. Ma, in ambedue i casi vien troncato con violenza il
rapporto con Dio.
Esclusione
di Dio, rottura con Dio, disobbedienza a Dio: lungo tutta la storia umana
questo è stato ed è, sotto forme diverse, il peccato, che può giungere fino
alla negazione di Dio e della sua esistenza.
Il
peccato è dunque un atto suicida, poiché con il peccato l’uomo rifiuta di
sottomettersi al suo Creatore, e anche il suo equilibrio interiore si rompe:
proprio nel suo intimo scoppiano contraddizioni e conflitti.
Perché il
peccato ha le sue prime e più importanti conseguenze nel peccatore stesso: cioè
nella relazione di questi con Dio che è il fondamento stesso della vita umana,
ma anche nella sua interiorità, indebolendone la volontà ed oscurandone
l’intelligenza.
Così
lacerato l’uomo produce quasi inevitabilmente una lacerazione nel tessuto dei
suoi rapporti con gli altri uomini e con il mondo creato.
L’uomo
contemporaneo vive sotto la minaccia di una eclisse della coscienza, di una
deformazione della coscienza, di un intorpidimento della coscienza.
E insieme
con la coscienza viene oscurato anche il senso di Dio, e allora, smarrito
questo decisivo punto di riferimento interiore, si perde il senso del peccato,
che si ristabilisce soltanto con un chiaro richiamo agli inderogabili principi
di ragione e fede.
Suscitare
nel cuore dell’uomo la conversione e offrirgli il dono della riconciliazione, è
frutto della misericordia di Dio ed è la connaturale missione della Chiesa che
continua l’opera redentrice di Cristo.
E’
indispensabile custodire una coscienza retta, dal momento che nei sussulti a
cui è soggetta la cultura del nostro tempo, la coscienza personale viene spesso
aggredita, messa alla prova, sconvolta, ottenebrata.
La
coscienza è il nostro occhio interiore, una capacità visiva dello spirito in
grado di guidare i nostri passi sulla via del bene, una sorta di senso morale
che ci porta a discernere ciò che è bene da ciò che è male.
E’
necessario un sincero esame di coscienza, che diversamente da una ansiosa
introspezione psicologica, si propone come un confronto sincero e sereno con la
legge morale, con le norme evangeliche proposte dalla Chiesa, con lo stesso
Cristo Signore che è per noi maestro e modello di vita, e con il Padre Celeste
che ci chiama al bene e alla perfezione.
A questo
punto la confessione è il momento in cui il peccatore pentito entra in contatto
con la potenza e la misericordia di Dio, e l’assoluzione ricevuta dal
sacerdote, ministro del perdono, è il segno efficace della sua risurrezione
dalla morte spirituale.
Gesù ha
espresso questo percorso spirituale verso la vita ritrovata superando la
condizione di peccato, nella parabola del figliol prodigo (cf. Lc 15, 11-32).
L’uomo è
questo figliol prodigo, ammaliato dalla tentazione di separarsi dal Padre per
vivere indipendentemente la propria esistenza; caduto nella tentazione; deluso
dal nulla che, come miraggio, lo aveva affascinato; solo, disonorato,
sfruttato, travagliato anche nel fondo della propria miseria. A questo punto
emerge il desiderio di ritornare alla comunione col Padre.
Ma la
parabola mette in scena anche il fratello maggiore che rifiuta il ritorno del
fratello che si era allontanato.
Su tutto
viene affermato che Dio attende il ritorno del suo figlio peccatore fin dal
momento della sua partenza. Lo abbraccia al suo arrivo e fa preparare la festa:
segno della misericordia di Dio sempre pronto al perdono.
Ma
fintanto che il fratello non si converte e non si riconcilia col padre e col
fratello, la festa dell’incontro e del ritrovamento non può iniziare.
La
riconciliazione è principalmente un dono del Padre celeste.
Gesù
prende su di sé tutti i mali del mondo, tutti i peccati degli uomini e,
sublimando il dolore, ci insegna che essendo tutti fratelli possiamo e dobbiamo
ricostruire il mondo nella giustizia e nella pace con la nostra libertà,
riportandolo non solo alla primitiva bellezza del paradiso terrestre, ma molto
di più.
La croce
di Gesù è la parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci
sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio, ma in realtà Dio
ha parlato, e la sua Parola è la Croce di Cristo: una parola che è amore,
misericordia, perdono.
Cristo ha
bisogno delle nostre braccia per fare quello che abbiamo ascoltato nella sua
Parola, perché quelli che credono in Lui e gli danno testimonianza diventano le
braccia di Dio per la sua azione concreta nel mondo.
Gesù-Uomo
è incompleto senza di noi uomini, suoi fratelli.
Tanto
grande è l’amore e la considerazione che Dio ha per le sue creature.
Links al video collegato con la riflessione :
Fonte : Padre Claudio Traverso , e-mail: padreclaudio_c@libero.it
Su
You Tube
canale video attivato da Padre Claudio Traverso con i suoi spunti di riflessione,
vedi il seguente link
vedi il seguente link
https://www.youtube.com/channel/UCncVZ2qXM4Wan_gttx8h-bQ
Gli stessi video sono pubblicati anche in Gloria TV : http://gloria.tv/?user=11912&medias=videos&language=KiaLEJq2fBR (home page dei video)
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