PERCHE' IL DOLORE ?
di Clara Antoniani Di Gennaro
Perché, ci chiediamo, c'è dolore nel mondo ?
Per cercare una risposta non bastano le deduzioni razionali ma bisogna chiedere
una particolare illuminazione, una intelligenza spirituale e avere un cuore
aperto per riceverla.
Non è ribellione ma è solo un tentativo di voler
comprendere perché ci siano fatti dolorosi quando l'opera creatrice è fatta da
un Dio Amore, per amore, per la felicità della creatura. Il dolore è
ripugnante, può mai Dio compiacersi di veder soffrire ? Perché allora la
salvezza si deve realizzare attraverso la via dolorosa della sofferenza di
Cristo e mia ? S. Agostino risponde che se il Padre avesse scelto un'altra
via la nostra stoltezza avrebbe sempre chiesto: "Perché così ?". In
Efesini 16 abbiamo una risposta: "Secondo il beneplacito della mia grazia".
Il Figlio, che in obbedienza al Padre e per amor
nostro accetta la sofferenza, ci esorta: "Vi ho dato l'esempio, perché come ho
fatto io, facciate anche voi" (Gv 13,15). "Io sono la via. Io sono la
porta... chi vuol venire dietro di me prenda la sua croce ogni giorno e mi
segua" (Lc 9,24).
Per Giovanni la croce è categoria di
elevazione, è il trono di Cristo. Sulla croce Cristo è Re ! Egli
stesso per tre volte annuncia: "Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a
me" (Gv 12,32), e lo afferma a Nicodemo: "Come Mosè innalzò il serpente nel
deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo perché chiunque
crede in lui abbia la vita eterna" (Gv 3,14), facendo così memoria della
prefigurazione del serpente di rame di Nm 21,9 e in Marco rivela: "E' necessario
che il Figlio dell'uomo soffra" (Mc 8,31).
Gesù sa che il Padre potrebbe mandargli subito più
di dodici legioni di angeli per liberarlo ma non lo chiede (Mt 26,53).
Solo quando l'uomo potrà innalzare lo sguardo al
Cristo crocifisso sarà salvo.
Il simbolo della croce è presente nella Chiesa.
Ci segniamo con la croce perché vogliamo che i frutti salvifici di morte e
risurrezione siano applicati a noi e c'è anche l'invito ad accettare un
comportamento corrispondente.
Nel Battesimo il cristiano è segnato con la croce,
si benedice col segno di croce, sulle tombe c'è la croce.
In ogni Messa noi ci immergiamo in questa realtà:
Cristo con la sua passione e morte ci ha redenti. Il sacerdote mostrando
l'ostia ripete: "Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in
sacrificio per noi". Parimenti elevando il calice dice: "Bevetene tutti,
questo è il calice del mio sangue versato per voi".
Com'è entrato il dolore nel mondo, se Dio dopo aver
creato vide che "quanto aveva fatto era cosa molto buona" ? (Gen 1,31).
Egli ha creato l'uomo per la felicità, non ha creato il dolore ! Ma in
Genesi leggiamo che l'uomo usò male la propria libertà rifiutando Dio che per
giustizia divina lo colpì con il dolore.
"Alla donna disse: con dolore partorirai i figli".
All'uomo disse: "Maledetto sia il suolo per causa tua! Con il dolore ne trarrai
il cibo" (Gen 3,16 sg). Quindi il dolore è segno del disordine introdotto
dall'uomo con il suo "no" a Dio e nessun essere vi sfugge. Dietro questa
punizione c'è la misericordia di Dio che non vuole la morte del peccatore ma che
si converta e viva !
Il dolore appare dopo la caduta e come profetizza
Isaia e Apocalisse 21, non è destinato ad esistere per sempre. I miracoli
che Cristo compie sono segni del Regno futuro ove non ci sarà più dolore.
Come giustificare allora il dolore che Giobbe "uomo
integro e retto che temeva Dio ed era alieno dal male" (Gb 1,1) ? E di
Tobia che "segue le vie della verità e della giustizia" ? Certo è prova
della loro capacità di fede ! E tutti gli innocenti che soffrono ?
La riflessione si ferma sulla contropartita della "Comunione dei Santi".
Cristo è "l'innocente" che offre la sua sofferenza
per salvare tutti. Ma se il dolore ha valore salvifico ci deve essere un
aspetto positivo della sofferenza ! Allora capiremo che il dolore è visita
di Dio, è mezzo provvidenziale per renderci capaci di autocostruirci per una
crescita personale per potere poi partecipare alla gloria.
Rom 8,18 ci incoraggia: "Le tribolazioni presenti
non sono paragonabili alla gloria futura che deve essere rivelata a noi".
S. Francesco canta: "Ogni pena mi è diletto tanto è il bene che mi aspetto".
S. Pietro nella sua prima lettera ci raccomanda: "Nella misura in cui
partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella
rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare" (1Pt 4,13).
Ma più ancora saliamo sulla montagna dietro a Cristo e ascoltiamo le sue parole
che ci suggeriscono il programma per la felicità futura: "Beati gli afflitti !"
(Mt 5,3 sg).
Quando siamo provati dal dolore possiamo dire:
"Padre mio, se è possibile passi da me questo calice! Però non come voglio io,
ma come vuoi tu" (Mt 26,39), perché certo nessuno si compiace del dolore che
assumerà valore solo se portato "con" Cristo e offerto "per"
Lui.
La prima persona che partecipa al sacrificio del
Figlio di Dio è sua madre Maria e poi gli apostoli: "Vi uccideranno a causa
mia!".
E' certo che Dio dà a ciascuno la grazia di stato
per potere sopportare il proprio dolore.
Allora la risposta al "Perché"
del dolore nel mondo lo cogliamo nel Vecchio Testamento come punizione e come
prova di fede; nel Nuovo testamento è Cristo stesso che assume su di sé
tutto il dolore del mondo con valore salvifico ed è anche occasione per rilevare
la gloria del Padre come Gesù stesso rivela ai discepoli (Gv 9,1).
Auguriamoci di capire il valore salvifico del dolore
e dopo avere chiesto a Dio di allontanare da noi la sofferenza, sapere dire "sia
fatta la Tua volontà".
Ricordiamo le parole di Giovanni Paolo II nella sua
Enciclica "Sacrifici doloris":
"... La Sofferenza è presente nel mondo per
sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per
trasformare tutta la civiltà umana nella civiltà dell'Amore...".
Questo è il senso ultimo del dolore.
Fonte : scritti e
appunti della teologa Clara Antoniani Di Gennaro .
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